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Autore: RobTwili    14/03/2011    4 recensioni
Fan Fiction su Tom Sturridge.
Dal primo capitolo: '“Non mi interessa allora. Ridammi il copione”. Tesi la mano con il palmo verso l’alto aspettando che mi desse il copione senza ulteriori perdite di tempo.
“Quarta”. Lo ghignò divertito e alzai lo sguardo di scatto per fissarlo.
“Come hai detto?”. Spalancai la bocca come ogni ragazzo di 25 anni in preda agli ormoni avrebbe dovuto fare.
“Bagnina, di massimo 24 anni, bionda, occhi azzurri, quarta di tette, decisamente single, etero!”. Sorrise compiaciuto del resoconto e mi alzai di scatto in piedi.
“Andiamo in piscina! Ho voglia di nuotare!”.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE: Questa storia sarà aggiornata 2 volte alla settimana, il Lunedì e il Venerdì.
 
 







Quando ero rientrato in appartamento dopo l’appuntamento a quattro, avevo accuratamente evitato di farmi sentire da Rob perché non cominciasse a parlare.
Mi ero diretto in camera con un passo degno di un ladro ed ero riuscito a non svegliarlo, forse ci ero riuscito aiutato anche dalla tequila che gli aveva regalato un bel sonno pesante e ristoratore e che l’aveva accolto la mattina dopo con un mal di testa che l’aveva fatto imprecare per ore.
Nel momento in cui gli avevo chiesto che cosa fosse successo con Peach quando se ne erano andati, aveva alzato le spalle.
“Come alzi le spalle? Mi sembrava che ti piacesse”. Lo punzecchiai sogghignando e scosse la testa.
“No, non la sopporto. Troppo sicura di sé e troppo altezzosa. Troppo so tutto io e troppo… insomma, troppo tutto”. Aspirò una boccata di sigaretta e decisi di metterlo ancora più in difficoltà.
“Anche troppo sexy?”. Lo fissai ringraziando le mie doti di attore che mi permisero di rimanere serio.
“Si”. Annuì convinto per poi scuotere la testa energicamente. “No. No, che troppo sexy? Che cosa mi fai dire? Non confondermi le idee”. Scosse la testa cominciando a fumare più insistentemente.
“Sei tu che hai detto che è troppo tutto, io ho solo chiesto”. Alzai le spalle e lo vidi fulminarmi con lo sguardo.
“Beh, impara a non chiedere queste cose”. Era decisamente confuso.
Segno che si stava rendendo conto che Peach aveva qualcosa che lo attirava.
La curiosità però non era solo donna.
La curiosità era anche Sturridge.
“E allora? Che è successo quando ieri sera ve ne siete andati?”. Tornai alla domanda precedente sperando che mi rispondesse.
“Non lo so, ok? Non mi ricordo nulla!”. Alzò il tono della voce frustrato e lo guardai confuso.
Da quando in qua Robert Pattinson perdeva la memoria per qualche tequila?
“Strano, questa notte eri decisamente loquace. Peach di qua, Peach di là, rumori strani”. Alzai le spalle tentando di rimanere serio.
In verità non aveva parlato, ma mi piaceva prenderlo in giro.
“Ho parlato nel sonno?”. Sgranò gli occhi e annuii triste.
“Si, Robert”. Quando lo chiamavo con il nome intero era perché la situazione era pesante. “L’hai chiamata per nome ma non credo che voi abbiate parlato nel tuo sogno”. Abbassai lo sguardo per non scoppiare a ridergli in faccia.
“Cioè vuoi dire che questa notte mi sono sognato di… di… con Peach? Con lei?”. Sgranò gli occhi e fece cadere la sigaretta per terra dallo stupore.
“Eh si Robert. Forse è per quello che è successo ieri sera? Che cosa è successo?”. Lo guardai sempre non ridendo e scosse la testa preoccupato.
“Io non lo so più! Credevo che fosse un sogno ma non so se ci siamo baciati! Le ho mandato un messaggio questa mattina ma non mi ha nemmeno risposto! Come faccio a sapere quello che è successo adesso?”. Parlò velocemente passandosi una mano ripetutamente tra i capelli e alzai le spalle senza ridere.
“Non lo so, è un bel problema”. Annuii pensieroso e sbuffò.
“E se l’ho baciata davvero? Dai, non posso aver baciato Peach!”. Scosse la testa quasi schifato dall’idea.
“Più che altro, quello che mi stupisce è che lei ti abbia baciato”. Annuii e si fermò di scatto.
“Vero. Quindi non è successo nulla”. Tentò di rassicurarsi da solo ma non gliel’avrei data vinta così facilmente.
“Però, è anche vero che eravate ubriachi, quindi potrebbe essere successo, chi lo sa?”. Alzai le spalle prendendo un sorso di birra e mi fissò spaventato.
“Smettila di confondermi le idee Tom! Vado a trovare Lizzy!”. Si chiuse la porta alle spalle con la sigaretta tra le labbra.
Quando fui sicuro che se ne era andato cominciai a ridere per il mio scherzo idiota fino alle lacrime.
 
Era passato quasi un mese dal nostro appuntamento a quattro.
Robert se ne era tornato in America per finire di girare il film e sinceramente, non avevo ancora capito come si erano lasciati con Peach.
La loro era una situazione decisamente indescrivibile, fatta di continue frecciatine e battutine, di seduzione e di tira e molla.
Io ero uscito con Jude più e più volte in quel mese ma il fatidico bacio non c’era ancora stato.
Qualche piccolo, veloce, bacetto a stampo, ma non il primo bacio.
Contavo di darglielo proprio quella sera.
Avevo rallentato gli allenamenti in piscina, così era da ben due giorni che non la vedevo.
Eravamo rimasti d’accordo che sarei passato a prenderla io, a casa sua, e poi saremmo andati da qualche parte.
Arrivai davanti al suo palazzo puntuale come un orologio svizzero e mi sedetti sulla panchina che aveva ospitato il mio regale fondoschiena per minuti e minuti in attesa di Jude.
Un quarto d’ora dopo Jude non era ancora uscita da casa.
Strano.
Di solito tardava di cinque, dieci minuti.
Decisi di aspettare ancora qualche minuto.
Un ritardo di mezz’ora non c’era mai stato così provai a chiamarla ma il suo telefono era staccato.
Preoccupato, mi avvicinai al campanello e suonai insistentemente fino a quando la voce di Jude, quasi irriconoscibile, rispose.
“Si?”. C’era qualcosa di strano nella sua voce.
“Jude, sono io, Tom. Tutto bene?”. Glielo chiesi seriamente preoccupato.
“Tom? Che ci fai qui?”. Sembrò sorpresa.
“Noi… noi avevamo un appuntamento mezz’ora fa”. Mi schiarii la voce in imbarazzo e la sentii imprecare.
“Tom mi sono completamente dimenticata di chiamarti. Scusami, davvero. Ho l’influenza”. Ecco il perché della voce strana.
“No, tranquilla. Non fa niente. Ma va tutto bene?”. Cominciai seriamente a preoccuparmi, non era da Jude comportarsi così.
“Si, è solo la febbre. Ci sentiamo appena guarisco”. Voleva chiudere, era chiaro.
“Aspetta. Vengo a salutarti se mi apri”. Tentai di sorridere ma la sentii tossicchiare.
“Tom, davvero. Sono in condizioni pietose, cammino per casa in pigiama e non sto mangiando nulla da due giorni. C’è la signora al piano di sotto che si occupa di me, non ti preoccupare. Prenderesti paura se mi vedessi così”. Lo ridacchiò stancamente e sorrisi.
“D’accordo. Guarisci presto”. Sorrisi salutandola dal citofono e mi ringraziò.
Pensava veramente che lasciassi correre così?
Jude, Sandy e Mandy avevano l’influenza e io dovevo rimanere a casa mia come se tutto fosse stato normale?
No, decisamente Jude non stava ragionando per la febbre.
Guardai i nomi sui campanelli del piano sotto quello di Jude e mi accorsi che l’unico che poteva riferirsi alla signora era quello di Betty Harrison.
Suonai il campanello pensando di improvvisare al massimo.
“Si?”. Rispose al citofono una voce di donna anziana, sembrava gentile anche nel parlare.
“Buonasera signora, sono un amico di Jude e Peach”. Meglio parlare di entrambe così magari si sarebbe fidata di più. “Sono venuto a trovare Jude perché so che ha la febbre solo che ha il telefono staccato e non vorrei suonare perché se sta dormendo la disturbo. Potrebbe gentilmente aprirmi? So che Jude chiama lei se ha bisogno di qualcosa”. Rigirare la frittata per riuscire ad entrare.
“Certo caro, ti apro subito”. La voce della donna era veramente dolce.
“La ringrazio”. Un sorriso enorme spuntò sul mio volto quando sentii aprirsi il portone del palazzo e cominciai a salire le scale facendo i gradini a tre a tre.
“Salve signora!”. Arrivato al terzo piano (senza usare l’ascensore perché ero troppo carico) salutai una signora con i capelli bianchi e una collana di perle che mi sorrise.
“Ciao caro, sono così felice che qualcuno sia venuto a trovare Jude! Peach non è in città e non è che mi pesi andare qualche volta nel suo appartamento per controllare, ma sai, sono vecchia e se non devo muovermi tanto va bene lo stesso”. Cominciò a parlare quando entrammo in ascensore e la ascoltai sorridendo e annuendo. “Queste sono le chiavi dell’appartamento di Jude, vuoi che te le lasci?”. Mi sorrise e scossi la testa.
“Basta solo che mi apra, poi quando ho salutato Jude me ne vado, la ringrazio ancora, veramente”. Le sorrisi e cominciò a ridere quasi imbarazzata portandosi una mano davanti alle labbra.
“Se Jude si decidesse a trovarsi un fidanzato sono sicuro che tu saresti il primo della lista! Bello, gentile e premuroso!”. Posò una sua mano sul mio braccio e le sorrisi.
“La ringrazio ancora”. Aprì la porta dell’appartamento di Jude e dopo avermi salutato cominciò a scendere le scale lentamente.
Posai la mano sulla maniglia e, dopo un respiro profondo per incoraggiarmi da solo, aprii la porta.
“Jude?”. Chiamai a voce alta, magari era nuda.
Non che mi dispiacesse, certo!
“Signora Betty, sto bene. La ringrazio”. La voce di Jude arrivò dal divano ma sembrò provenire dall’oltretomba.
Quando feci un passo in avanti e richiusi la porta alle spalle mi resi improvvisamente conto che dentro quell’appartamento c’erano come minimo 25 gradi.
“Jude sono Tom”. Cominciai a camminare lentamente verso il divano per non spaventarla.
“Ahh, no! No di nuovo il delirio da febbre”. La sentii sbuffare e non riuscii a non ridere.
Mi vedeva quando delirava.
“Jude, sono Tom, non è un delirio della febbre”. Mi avvicinai di nuovo, trovandomi a mezzo metro dal divano.
Quando si rese conto che la voce era troppo vicina Jude si alzò a sedere di colpo e spalancò gli occhi.
“ODDIO! Sei vero! Che cosa ci fai qui?”. Si alzò in piedi di colpo e rimasi per qualche secondo a fissarla.
Altro che pigiama!
Quello era un velo!
La magliettina bianca fasciava Sandy e Mandy e le rendeva ancora più grandi del solito (come se fosse stato possibile) e quei pantaloni bianchi, a vita decisamente bassa, lasciavano scoperti i suoi fianchi e la sua pancia.
“Io… io… ehm”. Mi schiarii la voce tornando a guardala in viso. “Sono venuto a vedere come stavi”. Mi avvicinai lentamente notando le occhiaie marcate che aveva e il colorito pallido.
“Ma come sei entrato?”. Si portò una mano alla fronte tornando a sedersi sul divano come se improvvisamente avesse avuto un capogiro.
“La signora del piano di sotto. Le ho detto che ti conoscevo, è gentile”. Sorrisi avvicinandomi di più a lei e mugugnò qualcosa coprendosi il viso con le mani.
“Ti avevo detto di non venire. Sono impresentabile”. Si raggomitolò in pancia bassa e mi girò le spalle lasciandomi vedere il suo sedere (nudo sotto i pantaloni che lasciavano vedere le brasiliane scure che portava) e la sua schiena mezza nuda.
“Ma cosa dici? Sei bella come sempre”. Sorrisi posandole una mano sulla spalla per farla girare.
“Non è vero. Sono in pigiama, tutta struccata e ho la febbre. Vai via”. Fece forza perché non la girassi e sorrisi.
“Andiamo Jude, come se di solito ti truccassi tanto”. Lo ridacchiai e scosse la testa di nuovo.
“Vai via. Ti prenderai qualcosa”. Parlò da sotto il cuscino che si era messa sopra la testa e risi di nuovo.
“Non importa. Dai Jude, fammi sentire se hai la febbre”. Tentai di girarla e ci riuscii perché non oppose resistenza.
Si girò supina, con gli occhi chiusi e le labbra aperte, i capelli tutti scompigliati e la maglietta mezza storta.
Bellissima, anche così lo era.
Posai una mano sulla sua fronte e immediatamente la tolsi.
“Jude, scotti! Hai la febbre altissima! Prova a misurarla!”. Cercai il termometro che era sopra al tavolino davanti al divano bianco e quando guardai se poteva misurarsi la febbre mi accorsi che segnava 39.2 ° dall’ultima volta che se l’era misurata.
Scossi la testa e cominciai a sbattere il termometro prima di darlo a Jude che bonfinchiò qualcosa prima di metterlo sotto al braccio.
“Forse ne ho un po’. Ora che ci penso fa freddo”. Annuì socchiudendo gli occhi e la guardai stupito.
“Magari se ti coprissi con una coperta sentiresti meno freddo”. Cercai di non suonare sarcastico.
“No, alza un po’ il termostato per favore”. Segnò con il braccio un angolo del salotto e mi alzai per raggiungere il termostato.
Temperatura esterna: Londra.
Temperatura interna: Messico.
“Jude! 27 gradi dentro casa?”. La fissai rendendomi conto che stavo sgrondando di sudore per il caldo.
“Ho freddo. Ho la febbre. Devo stare al caldo”. Lo disse non alzandosi dal divano e posizionai il termostato a trenta gradi scuotendo la testa.
“Sarebbe meglio se ti vestissi di più”. Annuii sedendomi di fianco a lei sul divano e la vidi scuotere la testa.
“No, mi da fastidio rimanere con dieci coperte addosso”. Si passò una mano davanti alla fronte e si allungò per prendere il bicchiere d’acqua mezzo pieno che c’era sopra al tavolo.
“Fammi vedere”. Mi allungai verso di lei per prendere il termometro e inavvertitamente sfiorai Sandy.
Quando guardai la temperatura segnata quasi mi venne un colpo.
39.6°.
“Jude, dobbiamo andare all’ospedale. Hai più di 39.5°!”. Mi alzai a sedere di colpo e la vidi scuotere la testa.
“No, non ti preoccupare, ho sempre portato la febbre alta. Mi serve solo una Tachipirina”. Segnò con il mento la scatola di pastiglie sopra al tavolo e subito lanciai una pastiglia dentro al bicchiere perché si sciogliesse.
“Scusa, mi tolgo qualche strato di vestiti altrimenti faccio la sauna”. Sorridendole mi tolsi il giubbotto e la giacca per rimanere con una maglietta a mezze maniche.
“Se vuoi toglierti anche le scarpe non ci sono problemi”. Sorrise alzando un angolo delle labbra e socchiuse gli occhi.
“Perché non mi hai chiamato prima? Sarei venuto volentieri qui. Non sapevo che Peach fosse andata via per lavoro”. La fissai porgendole il bicchiere con la pastiglia sciolta.
“Perché ce la faccio anche da sola”. Prese il bicchiere rabbrividendo per il contatto freddo con la mia mano. “E’ solo un po’ di febbre, non succede nulla”. Alzò le spalle prima di cominciare a bere e scossi la testa.
“Non è un po’ di febbre. È febbre alta. Stai male e sei da sola, la prossima volta mi chiami subito”. La fissai leggermente arrabbiato e la vidi sorridere.
“Sei l’unico ragazzo che si è mai preoccupato per me. Solo mio cugino è stato così protettivo”. Sorrise posando il bicchiere vuoto sul tavolo e girandosi verso di me.
“Allora tuo cugino è l’unico ragazzo con un po’ di buon senso che tu abbia mai conosciuto, oltre a me, ovviamente!”. Le feci l’occhiolino e la sentii ridacchiare.
“Mi dispiace per l’appuntamento di questa sera, mi sono completamente dimenticata”. Socchiuse di nuovo gli occhi e scossi la testa.
“Non ti preoccupare, non fa nulla. Ora cerca di dormire un po’”. Abbassai leggermente il tono della voce per aiutarla a dormire ma Jude tentò di aprire gli occhi.
“No, non sarebbe gentile, altrimenti rimani qui senza fare nulla”. Parò sottovoce affievolendo sempre di più il tono.
“Shh. Dormi Jude”. Le lasciai una carezza sulla guancia e la vidi annuire con un sorriso prima di cominciare a dormire.
Mi alzai lentamente dal divano per non svegliarla e cominciai a guardare a destra e a sinistra per cercare di fare qualcosa.
Nonostante non fosse completamente in ordine, casa di Jude non si poteva definire disordinata (per capire appieno quel termine ci sarebbe voluta una foto dell’appartamento che dividevo con Rob a Soho), però non mi sembrava una buona idea quella di mettere apposto.
Non mi sembrava giusto ficcanasare in casa di Jude, Sandy e Mandy così, mentre loro erano distese in divano che tentavano di far scendere la febbre.
“Peach…”. Jude lo sussurrò ridendo e velocemente camminai verso di lei pensando che forse si era svegliata.
Quando mi accorsi che stava sognando non riuscii a trattenere un sorriso.
Aveva cominciato a sudare a causa della medicina e si stava muovendo continuamente, come se fosse stata nel bel mezzo di un sogno movimentato.
“Si, te l’ho detto”. Rise ancora e mi sedetti per terra, davanti a lei, con un sorriso.
Jude parlava nel sonno.
Ottimo!
Le accarezzai leggermente con la punta dell’indice le labbra secche per toglierle una ciocca di capelli che era caduta sopra e vidi Jude fare una smorfia.
Con la febbre era comica.
Certo, guardarla dormire dava un senso di ossessione e forse anche di qualche tipo di malattia, però era bello.
Quando Jude si svegliò, quasi due ore dopo, aprì gli occhi lentamente e quando mi vide davanti a lei sorrise.
“Ben svegliata chiacchierona!”. Le sorrisi e si stiracchiò facendo una smorfia.
“Spero di non aver detto nulla di male mentre ho dormito”. Lentamente si mise a sedere sul divano e ridacchiai.
“Eh, non te lo svelerò mai, però ho scoperto un sacco di cose che non credevo facessi”. Annuii e Jude sbarrò gli occhi ancora assonnati e rossi per la febbre.
“Beh, qualsiasi cosa io abbia detto sappi che non era vera perché era dettata dalla febbre”. Annuì e mi sedetti di fianco a lei porgendole il termometro.
“Quindi quando hai detto che ero brutto in verità volevi dire che ero bello?”. Le sorrisi quando posizionò il termometro sotto il braccio per misurarsi la temperatura.
“No, decisamente”. Sorrise spostandosi la frangia dalla fronte sudata. “Magari dovrei anche farmi una doccia”. Arricciò il naso e sorrisi.
“Non ti preoccupare, se vuoi il mio modesto parere non puzzi, anzi, profumi di orchidea e agrumi se devo essere sincero”. Annuii serio per farle capire che non era una bugia e sorrise togliendosi il termometro.
“Ho 37.5°, perfetto. Vado a farmi una doccia. Fai come se fossi a casa tua”. Mi sorrise indicando la casa e non riuscii a non sbirciare di nuovo il suo fondoschiena che si intravedeva sotto i pantaloni bianchi mezzi trasparenti.
Accesi la tv e cominciai a vagare da canale a canale per ammazzare il tempo.
Quando mezz’ora dopo Jude tornò, il sorriso mi morì sulle labbra.
Peggio di prima!
La magliettina si era trasformata in canottierina trasparente e Jude e Mandy erano coperte da un reggiseno bianco che faticava a tenerle coperte.
I pantaloni si erano allargati ma erano lo stesso semi trasparenti.
“Almeno così sono leggermente più umana”. Jude sorrise sedendosi di fianco a me sul divano e annuii.
“Andava bene anche come prima”. Sorrisi guardandola. “Comunque dovresti mangiare qualcosa. E non fare così”. La fissai arrabbiato quando fece una smorfia perché non aveva fame. “Una spremuta, una minestrina, qualcosa di caldo magari”. Annuii e Jude scosse la testa.
“Voglio un bel cucchiaio di Nutella. Tanta, con la panna montata”. Sorrise e la fissai stupito.
“Pensavo non avessi fame!”. Mi alzai per dirigermi verso la cucina e Jude cominciò a ridere.
“No, ho voglia di mangiare ma so che tra mezz’ora salirà di nuovo la febbre e devo mangiare leggero”. Annuì quando le portai un bicchiere di spremuta d’arancia per lei e uno per me.
“Che ne dici, guardiamo un film?”. Le sorrisi puntando alla sua dvdteca.
“Non credo ci sia qualcosa che ti piace lì”. Lo disse cominciando a bere il succo d’arancia e iniziai a guardare i titoli.
Horror.
Quasi tutti horror.
“Direi di evitare gli horror così non fai incubi. Potremmo scegliere qualcosa di più leggero”. Fissai i titoli fino a quando trovai quello che poteva andare bene. “Questo ad esempio”. Annuii inserendo il DVD nel lettore e facendo partire il film.
“Che film hai scelto?”. Jude si spostò un po’ più verso di me sul divano e lo stesso feci io dopo aver spento la luce.
Big fish, ti piace?”. Mi girai per sorriderle e annuì facendo brillare i suoi occhioni azzurri alla luce della tv.
Guardammo il film commentando le scene, alla fine, quando cominciarono a scorrere i titoli di coda, Jude si alzò dal divano per togliere il DVD, ma improvvisamente perse l’equilibrio e riuscii a prenderla prima che cadesse a terra.
“Jude, tutto bene?”. La fissai in viso preoccupato.
“Benissimo”. Annuì sorridendo e portai una mano sulla sua fronte bollente.
“Ti è salita di nuovo la febbre”. La accompagnai a sedersi sul divano tenendole un braccio sotto alle spalle per sorreggerla.
“Sarà per quello che sento la testa leggera? Come se fosse dentro ad un bolla”. Annuì con un sorriso.
“Credo di si”. Annuii quasi divertito quando guardai l’ora. Era passato troppo poco tempo da quando aveva preso la Tachipirina. Bisognava aspettare. “Non posso darti la Tachipirina ora, dobbiamo aspettare un altro po’, almeno un’ora”. La guardai triste e Jude scosse la testa.
“Non fa niente, dico sul serio. Sto bene, ho solo un po’ di freddo”. Alzò le spalle raggomitolandosi su se stessa e andai ad alzare il termostato a 35 °. Sarei morto disidratato dentro a quell’appartamento.
Ma sarei morto con Sandy, Mandy e Jude al mio fianco!
“Dovresti dormire Jude, così almeno riesci a riposare un po’”. Cercai di sorriderle ma scosse la testa per dirmi di no come se fosse stata una bambina capricciosa.
“Parliamo un po’”. Si accoccolò su un fianco del divano e si girò a guardarmi. “Raccontami qualcosa”. Sorrise socchiudendo gli occhi. “Che cosa ti racconto? Ti racconto che fuori fa freddo anche se siamo a settembre e che tra poco più di un mese sarà Halloween e devo ancora trovare un vestito”. Annuii sedendomi e parlando lentamente per cercare di far addormentare Jude.
“Sei un fanatico delle feste?”. Parlò leggermente scocciata, tenendo sempre gli occhi socchiusi come se la luce le desse fastidio.
“Non eccessivamente, il giusto. Perché, tu no?”. Sorrisi guardandola e mi avvicinai di pochi centimetri per riuscire a sentirla meglio.
“No. Non le sopporto. Odio il fatto che tutti si travestano ad Halloween e regalino cioccolatini e fiori a San Valentino. Se un giorno dovessi avere un ragazzo che mi chiede di sposarlo a San Valentino gli dico di no. È troppo convenzionale. Come il vestirsi per Halloween, io mi vestirei il giorno dopo!”. Annuì sorridendo e non riuscii a trattenere un sorriso sentendo le sue parole.
“E da cosa ti vestiresti il primo di novembre?”. Sorrisi ascoltandola attento.
“Mi vestirei da Catwoman. Come Halle Berry. Era bellissimo quel costumino di pelle”. Annuì di nuovo e cercai di deglutire una saliva inesistente.
Immaginare Jude vestita da Catwoman non faceva bene né a me né a Terminator.
Sandy e Mandy poi, circondate da quel mini corpetto di pelle nera non aiutavano a rimanere lucidi.
“Addirittura da Catwoman? Donna di poche pretese, insomma!”. Cercai di scherzare ma Jude alzò solo un angolo delle labbra per ridere.
“Tu da cosa ti vestiresti?”. Lo sussurrò quasi mezza addormentata e sorrisi capendo che ero riuscito a farla dormire.
“Da James Franco”. Che cosa idiota che avevo detto.
La fece sorridere e aprì le labbra per parlare ma era troppo addormentata.
Quando, un’ora dopo la svegliai per farle bere la Tachipirina Jude aveva la fronte che scottava.
La febbre doveva essere veramente alta.
Appena finì di bere prese sonno di nuovo con la testa appoggiata alla mia spalla.
“Jude, sarebbe meglio se tu andassi a dormire a letto”. Lo sussurrai accarezzandole una guancia e lasciandole un bacio sulla fronte.
Non mi rispose ma respirò più profondamente.
Lentamente mi alzai in piedi e la presi in braccio per portarla in camera.
Mi avviai lungo il corridoio che un mese prima era servito come cassa di risonanza per una canzone rock e che aveva creato un disguido che mi aveva mostrato Jude in intimo e cercai di aprire una porta chiusa.
“Eccoci qui…”. Aprii la porta pronto per distenderla sul letto ma mi accorsi che avevo aperto il bagno. “Meglio andare in camera mi sa…”. Sorrisi da solo e aprii la seconda porta chiusa.
Accesi con il gomito la luce, cercando di non muovere troppo Jude, e rimasi per qualche secondo fermo a guardare la camera.
Era bianca, con un grande armadio blu che aveva uno specchio enorme su due ante.
Il letto, grande due piazze, era ancora sfatto.
Con un sorriso la posai dolcemente sul letto e la coprii con le coperte.
Come se Jude fosse stata sveglia, scalciò le coperte scoprendosi e attorcigliandosi su se stessa.
Ridacchiai sedendomi, il più distante possibile da lei, sul letto.
Non c’era nulla di male a rimanere seduto sul suo letto mentre lei dormiva.
Non avrei potuto di certo approfittare di lei in quelle condizioni e in ogni caso non ero così preso male.
Beh, forse ero preso male, ma avevo un profondo rispetto per Jude e per tutte le donne, e non avrei mai approfittato di lei in quel modo schifoso.
Posai la testa su cuscino sorridendo a Jude che cominciò a bonfinchiare il mio nome durante il sogno.
 
Labbra.
Morbide, dolci labbra sulla mia mascella.
Un sorriso si posò sulle mie labbra e tenni gli occhi chiusi per non svegliarmi.
Su e giù, dal meno a poco sotto il lobo dell’orecchio, dolci e delicate.
Solleticavano il mio viso anche da sopra la barba.
Sorrisi e sentii qualcuno ridacchiare vicino al mio orecchio.
Troppo reale per essere un sogno.
Se era Matilda che mi faceva uno scherzo assieme a Robert era troppo.
Aprii gli occhi di scatto, richiudendoli subito dopo perché la luce era troppo forte e mi aveva reso cieco per qualche secondo.
Quando tentai di aprirli, più lentamente, ci riuscii.
Le labbra continuavano a muoversi su e già lungo la mia mascella.
Dov’ero?
Quella camera bianca, con un armadio blu…
Casa di Jude!
Spostai all’improvviso gli occhi sulle labbra che mi stavano torturando e mi accorsi che appartenevano a Jude.
Jude che continuava a lasciare piccoli bacetti sulla mia mascella.
Jude che mi sorrise senza pensare di interrompere il lavoro delle sue labbra.
“Jude, come va?”. Tentai di parlare spostandomi per sentire se aveva la febbre ma mi posò un indice sulle labbra.
“Shhh”. Lo sussurrò spostandosi ancora più verso di me e posando le labbra ad un centimetro dal mio orecchio. “Chiudi gli occhi”. Lo sussurrò roca e dopo aver mandato giù una saliva inesistente e aver osservato i suoi splendidi occhi blu, lo feci.
Tornò a lasciare una scia di piccoli baci lungo tutta la mia mascella, poi, improvvisamente, cambiò rotta e salì lentamente verso le mie labbra.
Quando le sue labbra si posarono sulle mie aprii gli occhi di scatto e tentai di parlare.
“Jude… devi misurarti la febbre, devi avercela alta”. Tentai di alzarmi ma le sue mani si posarono sul mio petto.
“Voglio solo ringraziarti”. Lo sussurrò tenendo gli occhi fissi nei miei e improvvisamente mi trovai senza forze.
Mi distesi di nuovo sul letto e Jude sorrise quasi in modo maligno prima di tornare a baciare la mia mascella.
Una tortura.
Una tortura bella e buona, ecco cos’era!
Era mattina, Terminator era più sveglio che mai e Jude, mezza nuda, cioè coperta solo da quella canottierina bianca e quei pantaloni a vita bassa, mi stava facendo le coccole.
Situazione pericolosa!
Allarme rosso.
“Jude io…”. Tentai di girare il viso verso di lei per spiegarle che non era il caso ma posò una mano fredda sopra ai miei occhi.
“Tieni gli occhi chiusi”. Lo sussurrò ancora vicino al mio lobo e un brivido si propagò dalla punta del mio capello più lungo fino all’unghia dell’ultimo dito del piede.
Chiusi gli occhi istintivamente prima di sentire le labbra di Jude camminare ancora sulla mia mascella verso le mie labbra.
Quando sentii le nostre labbra a contatto non riuscii più a trattenermi e cominciai a baciarla.
Baciai lentamente il suo labbro superiore, con molta attenzione e delicatezza, poi passai a quello inferiore riservandogli lo stesso trattamento.
Lo mordicchiai lentamente, con molta calma, tanto che Jude si spostò e una sua gamba si allacciò alla mia.
Pessima mossa visto che inavvertitamente la sua gamba aveva sfiorato Terminator.
Mi girai in pancia bassa per aver maggior accesso alle sue labbra ma evitai di mettermi sopra di lei per non far degenerare la situazione. Quando, con la lingua, carezzai il labbro che prima avevo mordicchiato, sentii le mani di Jude correre tra i miei capelli e tirarne qualche ciocca.
Le sue labbra si schiusero chiedendo di più e non me lo feci ripetere due volte.
Pochi secondi dopo cominciammo a darci il nostro primo, vero bacio.
Le nostre lingue giocavano, si conoscevano, si parlavano, si accarezzavano.
Feci correre la mia mano fino al viso di Jude che accarezzai in punta di dita cercando di muovermi il meno possibile con il corpo per non perdere totalmente il controllo.
Quando la mia mano involontariamente toccò la fronte di Jude mi gelai.
Scottava di nuovo, meno della sera prima, ma scottava.
Cominciai a concludere il bacio tornando ad accarezzarle le labbra rosse fino a staccarmi causandole un brontolio infastidito.
“Cre…credo che mi sia salita la febbre di nuovo”. Sorrise guardandomi.
“Non dovevamo”. Scossi la testa sentendomi in colpa.
La parte razionale di me continuava a dirmi che avevo approfittato di lei sapendo che aveva la febbre.
La parte irrazionale, capitanata da Terminator e seguita da tutti gli ormoni e il testosterone che avevo in corpo, continuava a dirmi che ero un’idiota ad aver concluso il bacio.
“No, prima non avevo la febbre, ma credo che sia salita”. Arrossì ancora di più e sorrisi.
“Beh, aspetterò che passi allora, tanto sono il tuo dottore personale”. Le sorrisi girandomi sul fianco per poterla guardare meglio e piegando le gambe per cercare di nascondere Terminator.
“Mio dottore personale? Addirittura?”. Cominciò a ridere facendo ballare di nuovo Sandy e Mandy.
“Certo, ti ho curato in queste ore, dovresti portare un po’ di rispetto”. La guardai fingendomi arrabbiato e rise di nuovo.
“Allora dottore non funzionate bene, mi avete fatto salire la febbre di nuovo”. Si indicò sorridendo e scossi la testa.
“Io avevo detto riposo assoluto, non baci appena svegli”. Finsi di essere ancora arrabbiato e Jude annuì seria.
“A questo proposito, dottor castagna, devo dire che baciate molto bene!”. Sorrise di nuovo e scossi la testa.
“Ancora con questa castagna? Jude, per favore”. Feci uno sguardo insofferente che le procurò una risata.
“Va bene. Prometto che non ti chiamerò più castagna”. Annuì tentando di non ridere ma faticò un sacco.
“Sembra proprio vero, detto con quella faccia poi”. Scossi la testa divertito dal nostro battibecco.
“Ehi! Ho ancora l’influenza, non si offende mai una donna quando è ammalata! Si dice sempre che è bellissima, caro il mio castagna!”. Annuì e scossi la testa.
“Dovresti dormire, così la febbre ti va giù e guarisci”. Annuii sorridendole perché capisse che doveva veramente riposare.
“Mmhmm”. Mi fissò pensierosa arricciando il naso. “Non ho voglia di dormire”. Scosse la testa come una bambina cocciuta.
“E che cosa vorresti fare, sentiamo?”. La fissai divertito mettendo un braccio tra il cuscino e la testa per rimanere più comodo.
“Mi è piaciuto il modo in cui tu hai risposto al mio grazie”. Sorrise in modo furbo e scossi la testa.
“Un nuovo bacio è fuori discussione. I baci sono proibiti fino a guarigione completa. Per guarire bisogna dormire, quindi, fino a che il termometro non segnerà una tua guarigione completa le tue labbra non incontreranno di nuovo le mie”. Mi morsi la lingua per la stupidata che avevo detto ma una parte di me capì che era la cosa giusta.
Ero stato un idiota, le avevo detto che non avremmo più limonato fino a quando non fosse guarita del tutto!
“Shhh! Devo dormire”. Si portò una mano davanti agli occhi per non guardarmi e cominciai a ridere addirittura più forte quando Jude si girò dandomi le spalle per prendere sonno.
 
 
 
 
 
 
Ok, salve ragazze!
Capitolo che in sé non fa ridere ma che a me fa ridere.
Da quando ho cominciato questa  storia ho sempre preventivato questo capitolo con Jude ammalata e in questo bellissimo week-end mi sono presa una bella influenza da cui non sono ancora completamente guarita (purtroppo non ho il dottor castagna con i suoi metodi io!) e quindi, per uno scherzo del destino, mi sono ritrovata a scrivere i sintomi di Jude decisamente verosimili! :(
Una bella notizia, spero: all’inizio avevo detto che erano 7 capitoli compreso epilogo (quindi questo dovrebbe essere stato l’ultimo prima dell’epilogo) ma ne ho aggiunto uno! :)
Spero che sia una sorpresa gradita! :)
Nel prossimo capitolo ci sarà un’altra sorpresa.
Però, comincio a chiedermi, non vi piace più? Perché le recensioni sono calate e ho paura che non vi faccia più ridere come una volta… :(
Ci vediamo venerdì per l’ultimo capitolo prima dell’epilogo e per l’altra sorpresa! :)
Questa è Jude dopo la doccia! :P

Un bacio (pieno di microbi e di febbre!)

   
 
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