Sbatto con forza la porta.
Non resisto più in questa città.
Lancio chissà dove la maglietta e cerco il posacenere.
Fa troppo caldo qui e l’umidità è odiosa.
Il sole sta quasi tramontando, ma so già che non avrò tregua da questo calore.
Questo posto non mi appartiene.
Non ho mai visto questi grattacieli, non conosco il nome di queste strade.
Non so parlare questa lingua, non riconosco le pareti di questa stanza.
Siedo sul divano, aspiro il sapore di una Marlboro contemplando le forme create dal fumo.
Questa non è casa mia, non lo era nemmeno quella in cui mi trovavo due giorni fa
e non lo sarà neppure quella in cui mi troverò fra pochi giorni.
Questa vita caotica mi sta soffocando, voglio tornare a casa,
riconoscere qualche stupido monumento a cui non ho mai prestato molta attenzione,
il vento freddo e i colori unici dell’autunno della mia città,
camminare su strade percorse mille volte e girare la chiave nella serratura di casa mia.
Mi passo la mano sul viso sospirando rumorosamente.
Ai piedi del divano c’è lei.
La guardo intensamente per qualche secondo, aspiro l’ultimo tiro della mia sigaretta e la spengo.
Allungo una mano verso di lei, al solo sfiorarla una tempesta di emozioni imperversa dentro di me.
La avvicino a me, la osservo da vicino, accarezzando la bellezza di quel legno chiaro –Aiutami- le sussurro.
La mia mano destra scivola sulle corde lentamente, facendole suonare ad una ad una
mentre con la mano sinistra accenno a un semplice accordo.
Sì, lei può aiutarmi.
Inizio a suonare, non ho bisogno di pensare, è la musica che mi trasporta ovunque lei voglia.
Qualcosa di caldo mi scivola lungo la guancia fino a inumidirmi le labbra.
Nonostante sia a migliaia di kilometri,mi sembra di intravedere casa,
sentirne il profumo, riconoscerne i pavimenti e il colore delle pareti.
Le lacrime continuano a bagnarmi il viso ma io continuo a suonare
Fin quando il cielo diviene nero e il mio sguardo troppo stanco.
È solo un'illusione ma ora sono a casa.