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Autore: Abraxas    14/03/2011    19 recensioni
Insomma, all’inizio gli era sembrata tutta una gran figata. Trasformarsi in un lupo gigante e far scappare con la coda fra le gambe i Vulturi o quel che erano? Proprio una gran figata.
Poi sono cominciati i problemi, problemi che al momento si concentrano tutti nel non avere una sola maglietta adatta alla sua nuova taglia. Oh, ed anche nell’essere costretto a dover continuamente controllare le sue emozioni. E nel ritrovarsi appioppati turni di guardia nell’orario in cui qualunque persona con un minimo di vita sociale sarebbe fuori casa a spassarsela. E nel non poter nemmeno protestare. E nel…
Ok, non si concentrano per niente da nessuna parte. Restano solo un enorme, schifoso mucchio di problemi.

(Storia prima classificata al contest Quando divenni lupo, indetto da Jakefan e Kagome_86, e vincitrice del premio Humour)
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Misprinting' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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La maglietta è troppo corta.

David sbuffa e la tira verso il basso il più possibile, nel tentativo di farla arrivare almeno almeno alla cintura, ma niente. Il cotone sembra prendersi gioco di lui, rifiutando di coprire quelle due dita di pelle che si ostinano a restare scoperte.

Andiamo, stupida cosa! Allungati!

Dà un deciso strattone al bordo, e con un secco snap! le cuciture intorno al collo saltano. Terza maglietta in due giorni.

“Fantastico. Davvero fantastico”, ringhia indispettito mentre si toglie di dosso la magl… l’ex-maglia. L’ondata di calore che accompagna sempre i suoi momenti di nervosismo si fa strada dentro di lui. Risale rapidamente dallo stomaco alla testa, ovatta i rumori, cancella gli odori, cerca di imporsi sulla sua mente. La bestia preme per uscire.

Calma. Inspira-espira.

Trasformarsi in camera non è il massimo…

Calma. Inspira-espira.

E’ solo una t-shirt. Una sciocchezza. Non vale la pena…

Calma. Inspira-espira.

Non adesso.

Non. Adesso.

Il tremore passa rapido come è arrivato. Con un colossale sospiro David si lascia cadere sul letto, e cerca di non fare troppo caso al cigolio di protesta delle molle. Chissà se reggeranno ancora il suo nuovo peso…

Che vita di merda.

Insomma, all’inizio gli era sembrata tutta una gran figata. Trasformarsi in un lupo gigante e far scappare con la coda fra le gambe i Vulturi o quel che erano? Proprio una gran figata.

Poi sono cominciati i problemi, problemi che al momento si concentrano tutti nel non avere una sola maglietta adatta alla sua nuova taglia. Oh, ed anche nell’essere costretto a dover continuamente controllare le sue emozioni. E nel ritrovarsi appioppati turni di guardia nell’orario in cui qualunque persona con un minimo di vita sociale sarebbe fuori casa a spassarsela. E nel non poter nemmeno protestare. E nel…

Ok, non si concentrano per niente da nessuna parte. Restano solo un enorme, schifoso mucchio di problemi.

Per questo ha deciso di mandare al diavolo le raccomandazioni di Sam e di uscire con Nate e Susan.

“Devi lasciarteli alle spalle, Dave”, scimmiotta la voce del capobranco, “Non puoi permetterti di metterli in pericolo, gnè-gnè-gnè. Ma che si fotta.”

Sicuramente non ha intenzione di dimenticare anni di amicizia solo perché gliel’ha ordinato l’onnipotente ed onnisciente Alfa del branco. Per piacere. Blabla, tribù, blabla, fardello dei nostri antenati, blabla, responsabilità, blabla… Può anche sopportare tutte quelle idiozie raccontate dagli anziani, ma che non si azzardino a tenerlo lontano da Nate e Susan. Specialmente da Susan.

Oddio, ha davvero sospirato? Nah, certe cose sono solo da ragazzine. Lui non…

Merda, le quattro. Dovrei essere già fuori casa!

Uscire di casa in ritardo non è certo il modo migliore di presentarsi dopo quasi un mese di isolamento sociale. E non può certo far attendere Susan, no? Certo che no. Quindi, muoversi!

E’ già con un piede fuori dalla camera quando la consapevolezza di essere ancora a torso nudo lo colpisce con la delicatezza di un’incudine.

Ops.

Questi dettagli insignificanti hanno una certa tendenza a sfuggire alla sua attenzione, specialmente quando c’è di mezzo Susan.

Ah, Susan…

Gli piace tutto di lei. Dai capelli così banalmente castani alla vita fin troppo stretta, dal sorriso sempre pronto a quel suo delizioso modo di mangiarsi le unghie quando è nervosa, dai seni troppo piccoli a quella minuscola cicatrice sul palmo della mano. Non ha ancora capito cosa la faccia spiccare così tanto sulle altre sue amiche. Non ha i lineamenti delicati di Danielle, né gli occhi azzurri di Naomi, e neppure la sicurezza di Anne. Lei è… è Susan, punto, ed è molto meglio di tutte le altre messe insieme, sissignori.

Si accorge solo in quel momento che si è appoggiato allo stipite della porta, di nuovo perso a fantasticare.

Ma non ero in ritardo?

Ritardo. Susan aspetta. Pessima impressione.

Ciò è male.

Lancia un’ultima occhiata ai vestiti gettati alla rinfusa per la stanza, tutti scartati perché troppo stretti, e poi si rassegna a prendere in prestito una delle camicie di suo padre. Puzza di tabacco in maniera intollerabile per il suo naso ipersensibile, ed è anche un po’ stretta sulle spalle, ma è sempre meglio di niente… se arrotola le maniche, ovviamente, e se lascia aperti i primi bottoni, ovviamente. E’ un focoso licantropo, dopotutto, e non ha nessunissima intenzione di morire di caldo mentre è impacchettato dentro uno stupido pezzo di stoffa.

Passa davanti allo specchio, ispezionandosi accuratamente. Ah, forse sarebbe stato meglio indossare la camicia azzurra. E mettere l’altra cintura. Ed usare meno gel. E met…

Quattro e cinque.

Oh, merda.

Bofonchia insulti a raffica mentre si fionda fuori di casa e corre verso il ponticello alla fine di River Drive. In questo caso l’essere un licantropo è bene, dato che gli permette di raggiungere il punto d’incontro in un terzo del tempo che avrebbe impiegato normalmente, e senza soffrire l’aria gelida di fine gennaio. Oh, certo, quando il vecchio Abe lo saluta strombazzando allegramente dal suo furgoncino per un momento teme di restare sordo a vita, ma questo è solo un piccolo inconveniente, così come l’essere costretto a tapparsi il naso passando accanto alla pescheria. Deve ancora abituarsi a tutti gli optional inclusi nel pacchetto mutaforma.

I suoi genitori hanno fatto molto più in fretta di lui. In particolare sua madre… continua a ripetere che la sua stanza non è mai stata così pulita ed ordinata. Per forza che è pulita! Per il lupo è già abbastanza problematico sentirsi costretto dentro quattro mura, se poi le quattro mura sono anche puzzolenti… Insomma, niente scuse per scampare le famigerate pulizie bisettimanali, e pensare che una volta erano mensili. Per il momento i pro dell’olfatto sono in netta inferiorità rispetto ai contro.

Invece la supervista è proprio una figata. Adesso, per esempio, riesce a vedere Susan e Nate anche se sono ancora lontani. Sta guardando un quaderno, probabilmente il blocco degli schizzi di Nate, e non si sono ancora accorti di lui.

Per un attimo sente una vampata di invidia. Invidia, perché Nate sa disegnare benissimo, perché a Susan piacciono un sacco i suoi disegni, perché David vorrebbe tanto ricevere tutte quelle attenzioni. A Nate non importa, per lui Susan è solo un’amica.

Per David no.

E’ molto di più, talmente tanto che non riesce bene a capire quanto. Se la vita fosse una favola direbbe che lei è la sua anima gemella, e…

E non riesce a concludere il pensiero, perché l’hanno sentito ed ora lo stanno guardando. Lo stanno guardando con stupore, realizza una parte microscopica del suo cervello, ma non c’è nessuno ad ascoltarla. Tutti i pensieri di David sono fissi sul viso che ha davanti. Un viso che ha appena sistemato tutto il puzzle della sua vita.

Gli occhi nocciola, piccoli e lucidi.

Tac! La trasformazione adesso ha un perché. Un tassello è appena scivolato al suo posto.

Le ciglia più lunghe del normale, ma perfette così.

Tac! Gli odori ed i rumori adesso sono molto più sopportabili. Un altro.

Il naso lievemente a patata.

Tac! Anche la continua richiesta di autocontrollo ora ha uno scopo. Un altro ancora.

Le labbra a formare una doppia curva perfetta.

I denti bianchissimi.

I capelli corvini.

Tac! Tac! Tac! I turni massacranti, l’obbedienza a Sam, la doppia vita. Adesso tutto si spiega, ed il puzzle è finito. Che risultato stupendo! Come ha fatto a non accorgersene prima?

Adesso che finalmente vede non è in grado di prestare attenzione a nient’altro, perciò resta imbambolato a metà del ponte, con la bocca spalancata. In assoluta contemplazione.

Finché un moscerino non ha la brillante idea di finirci dentro.

Puah! Che schifo!

Brusco ritorno alla realtà. Odori e rumori tornano di colpo, come se qualcuno avesse appena fatto scattare l’interruttore. E’ difficile, ma se si sforza riesce quasi – quasi – a prestare attenzione a ciò che i suoi amici gli stanno dicendo. Sono sempre stati dei gran chiacchieroni, ma adesso sembra di essere sommerso da un fiume in piena… beh, effettivamente sono tre settimane che non li sente, quindi adesso il terzo grado su dov’eri finito, come stai, ti senti meglio, perché non ci hai chiamato, cosa ti è successo, da dove spuntano questi centimetri in più, eccetera eccetera se lo merita tutto.

Poi la consapevolezza di quello che è appena successo si fa strada dentro di lui, insieme ad una discreta ondata di panico.

Oh, merda. Merda merda merda.

* * *

 

Sam fa paura.

Appoggiato a lato della porta, immobile, braccia incrociate sul petto mentre lo fissa con aria a dir poco omicida… fa paura. David è sprofondato nella poltrona in mezzo alla stanza, ha non poche difficoltà a mantenere intatta la sua espressione di assoluta noncuranza quando in realtà se la sta facendo sotto, e si ritrova a pensare se per caso esista una regola che dia il permesso agli Alfa di pestare i propri sottoposti indisciplinati. Insomma, non se la passa granché bene. Certo, negli ultimi giorni non si è comportato da bravo mutaforma, ed oggettivamente si meriterebbe una buona ripassata vecchio stile… però, che cazzo, voglio solo smettere di trasformarmi! Non ho ucciso nessuno, no?

Dallo sguardo del capobranco non si direbbe. Perciò insiste a fissare un punto non meglio precisato davanti a sé, fingendo di non dar peso alla sua espressione nonostante la paura boia. Ed è sicuro di sapere che Sam sa di fargli paura, lo sente dal suo odore. E’ così… così Sam. Emana sicurezza, calma ed autorità da tutti i pori.

David invece sente di puzzare di sudore e paura. In maniera imbarazzante, oltretutto.

Si chiede quanto durerà ancora quel silenzio. Forse Sam sta facendo il poliziotto cattivo, come nei film, e fra poco spunterà fuori il poliziotto buono… magari Emily. Sì, Emily, accompagnata da un gigantesco vassoio di muffin. Oppure con una grossa fetta di torta… cioccolato e pere, ecco, la sua preferita, e lo farà capitolare prendendolo per la gola. Una fetta di cioccolato e pere sembra un prezzo ragionev…

“David.”

Oh, porca…

No, così non va. Calma. Deve restare calmo, non deve fargli capire di essere spaventato. Non deve far…

“Allora?”

“A-allora cosa?”

“Piantala di comportarti da deficiente, David, sappiamo benissimo entrambi che non lo sei. Vuoi dirmi qual è il problema?”

“I-il problema…”

Perché cazzo sta balbettando? Sembra un bambinetto delle elementari convocato dal preside che ha paura del castigo.

Beh, sì, effettivamente ha paura del castigo. Deglutisce, e prova a tirare avanti.

“…è che n-non voglio più trasformarmi. Tu-tutto qui.”

Sam inarca un sopracciglio, senza smettere di perforarlo con lo sguardo.

“E’ vero!”, sbotta, cercando di suonare convincente.

“No che non lo è. Prima eri così felice di…”

“No, non lo ero!”

Cosa cazzo ne sa lui di come si è sentito?

“Non interrompermi”, ordina, e David controvoglia è costretto a zittirsi. Il tono dell’Alfa non lascia molta scelta.

“Prima eri così felice di essere diventato un lupo, ed ora, da due settimane a questa parte, non fai altro che cercare di farti odiare da tutto il branco… senza contare i turni saltati ed altre sottigliezze del genere. Vorrei sapere cosa c’è che non va senza dovertelo ordinare, David. Come tuo Alfa è mio dovere assicurarmi che tu stia bene dentro e fuori dal branco: i tuoi problemi sono anche nostri, non dimenticarlo.”

“Ho detto che non…”

“Non mentire!”

Non fare questo, non fare quello, non-non-non… Sam è davvero irritante, ha un modo tutto suo di far saltare i nervi e trasformare la paura in rabbia.

Oh-oh. No no no.

Calma. Inspira-espira.

E’ soltanto colpa sua. E’ soltanto colpa di Sam.

Calma. Inspira-espira.

Lui e la sua stupida convinzione di sapere sempre quale sia la cosa giusta da fare.

Calma. Inspira-espira.

Lui e la sua totale mancanza di tatto.

“David, calmati. Stai trem…”

“Lo so benissimo che sto tremando!”, gli urla contro. Vedere la sorpresa sul suo volto gli fa provare un briciolo di piacere, che si trasforma subito in furia.

Lui non capisce. Non capisce, e pretende di comandare.

Stavolta sa benissimo che la bestia non si accontenterà di restare calma dentro di lui. Perciò si alza e corre fuori dalla casa, verso la foresta, lontano da quell’idiota del suo capobranco.

Il respiro si fa affannoso, i sensi si acuiscono. E’ sempre come la prima volta, ma non ci ha mai fatto davvero l’abitudine.

Il calore aumenta, si espande dal torace alle braccia, alle mani, alle gambe, ai piedi, e poi… bang! Il corpo esplode, ed il lupo si mostra al mondo.

Il lupo sa gestire l’ira molto meglio di David. Il lupo ha bisogni e problemi molto più semplici.

Il lupo deve distinguere fra i vari odori, quale è foresta, quale cibo, quale casa, quale amico. Il lupo deve distinguere fra i suoni, quale è acqua, quale vento, quale vita. Il lupo deve e sa farlo, David no.

L’unica cosa che David sa è di essere incazzato nero con il suo Alfa. Anche con sé stesso, a dire la verità, ma questo è un altro discorso. Il lupo vuole correre, per smaltire la rabbia. Fare così ha sempre funzionato, ed allora corre.

Sente altre due coscienze insieme a lui. Lascia che sia l’istinto a comandare, per non farsi sfuggire nulla. Maledizione alle menti condivise.

Un rumore di trasformazione, poco lontano da casa Uley. Sam si è trasformato. Il lupo avverte l’odore e ringhia.

- Jared, Noah, lasciateci soli.

Un assenso, e poi le due menti scompaiono. Restano di nuovo soli. Il lupo che corre lontano, e Sam che trotterella calmo nella sua direzione.

- David, per favore, torna indietro.

La sua sicurezza traballa, l’istinto gli dice di ubbidire all’Alfa. Ma David no, e spinge il suo corpo più veloce, per andare più lontano. Se ci tiene davvero così tanto a parlare, dovrà ordinargli di fermarsi.

- Se è questo che vuoi… Fermati e torna indietro, dobbiamo parlare.

Il corpo lo tradisce, non può fare a meno di ubbidire all’ordine. No. No no no, no, cazzo! Stupida natura da lupo!

Sam lo aspetta in un piccolo spiazzo erboso, seduto sulle zampe posteriori. Nonostante tutta la sua rabbia, il lupo si appiattisce a terra ed abbassa le orecchie di fronte al compagno più grosso, riconoscendone la superiorità.

- David, ti prego, vuoi spiegarmi cosa c’è che non va? Non puoi continuare così, stai facendo impazzire tutti quanti. Dimmi come possiamo esserti d’aiuto.

E’ l’Alfa, ed è preoccupato per il suo branco. Comprensibile, quasi lodevole. Ma questo non cambia le cose.

- Non c’è nulla da spiegare. Non voglio più essere un licantropo, voglio smettere di trasformarmi.

- Perché? Non mi dir…

- Perché mi fa schifo, d’accordo? Schifo! Sono costretto a comportarmi come un soldatino, a correre di qua e di là solo perché tu me lo ordini, a nascondere tutto ai miei amici, a trovarmi legato per…

No, cazzo, quello non lo voleva dire! E Sam è fin troppo attento per non cogliere quel brandello di pensiero.

- …per sempre ad una persona che non ti vorrà mai? Con chi hai avuto l’imprinting, David?

Maledizione alle menti condivise.

Questo non glielo spiegherà. Almeno questo barlume di dignità riuscirà a mantenerlo.

Ma il ritratto si forma involontariamente nella sua testa, e Sam lo può vedere chiaramente.

Gli occhi nocciola. Piccoli e lucidi.

Le ciglia più lunghe del normale, ma perfette così.

Il naso lievemente a patata.

Le labbra a formare una doppia curva perfetta.

I denti bianchissimi.

I capelli corvini.

Ed un nome, un nome che il suo corpo riconosce come sacro. Un nome che è pura musica, un nome che è l’unica certezza nel suo futuro.

Nate.

* * *

Nate.

Silenzio.

Vorrebbe tanto morire.

Silenzio.

Terra, spalancati e inghiottimi, per piacere.

Silenzio.

Terra?

Silenzio.

Vaffanculo, terra.

Poi Sam sembra riprendersi.

- Nate? Ma… Tu… questo vorrebbe dire che tu… sì, insomma…

Normalmente sarebbe stato felice di lasciare senza parole l’onnipotente Alfa. Normalmente… Come se qualcosa fosse ancora rimasto normale, nella sua vita.

- Vuol dire cosa? Se l’hai capito illuminami, o grandissimo e potentissimo capo! Vieni da me mentre sono malato e mi dici che mi sto trasformando in una palla di pelo extralarge, che devo proteggere la riserva da una banda di sanguisughe troppo cresciute, poi non faccio in tempo ad abituarmi a camminare su quattro zampe che vengo scaraventato in prima linea in una battaglia per salvare una di quelle schifose zecche, torno a casa e mi appioppi turni di guardia ed assurdità simili, mi vieti di vedere i miei amici e di dar loro un briciolo di spiegazione! A loro, che mi conoscono da quando sono nato! Mi costringi a vivere una vita di merda per tutto questo tempo, e adesso che mi ritrovo ad essere… legato alla persona sbagliata per il resto della mia vita non sai cosa dirmi? Ho io qualcosa da dirti: vaffanculo, Sam!

- Dave, mi dis…

- Non dire che ti dispiace, non me ne faccio un cazzo della tua compassione! Non dire che mi capisci, non dire che sai quanto sia difficile, perché sono tutte stronzate. Cosa ne sai tu di me, eh? Cosa ne sai di quello che mi sento dentro, di quello che ho provato in tutto questo tempo e di quello che provo adesso? Non venire a raccontarmi palle sul fatto che mi leggi dentro, che sei l’Alfa e queste cose le senti, perché mi sono rotto di essere preso per il culo!

Vorrebbe saltargli addosso e fargli male. Mordere, strappare, ferire, uccidere. Ma deve trattenersi, e la cosa non fa altro che aumentare la sua rabbia.

- David, ascoltami. Arrabbiarti non servirà a nulla, se non a peggiorare le cose. Quello che è successo… beh, devi accettarlo. Non puoi opporti all’imp…

- Certo che mi oppongo, mi rifiuto di cedere ad uno schifo del genere! Io non sono gay, cazzo, la mia metà è Susan, non certo Nate!

- David…

- Ho detto Susan!

Ringhia, ma è un ringhio debole. Nel momento stesso in cui lo dice sa che non ci crede veramente. Sam ovviamente percepisce la sua incertezza, e ne approfitta. Il bastardo.

- Lo so che può essere strano. Credi di amare una persona, credi nel tuo per sempre, e poi scopri all’improvviso che non è niente. Ma… l’imprinting è fatto apposta per te, per renderti felice. Se ti opponi farai solo del male, a te e a chi ti sta intorno.

La cosa dovrebbe calmarlo? Per niente. Non gliene frega nulla dell’assurdo triangolo Leah-Sam-Emily che si vede allegramente sbattuto in mezzo ai suoi pensieri.

- Non mi importa. Io voglio Susan. Con lei stavo bene, con lei non ci sono mai stati problemi. Siamo anime gemelle, lo so, ne sono sicuro. Perché Nate, Sam? Perché?

L’ultima domanda è uscita come un pensiero fin troppo da frignone, con buona pace del suo proposito di fare il duro incazzato fino all’ultimo.

- Ammettiamo anche che lei fosse quella giusta per te. Ma tu? Sei sicuro che saresti stato quello giusto per lei? Pensaci.

Certo che sì, vorrebbe urlare, ma non ci riesce. E Sam insiste, inarrestabile.

- Tu stavi bene con lei, ma lei? Sicuro che fosse lo stesso? Sicuro che anche lei non vedesse l’ora di trovarsi sola con te, ogni giorno? Che…

Fa male. Molto male.

- Piantala! Perché, invece Nate è meglio, no? Oh, immagino che non vedrà l’ora di trovarsi il mio…

Il ringhio di Sam non gli permette di completare la frase, ma l’immagine mentale è abbastanza vivida da fargli lanciare un guaito di disgusto. Ben gli sta.

- Ecco. Cosa ti fa pensare che lui la possa prendere meglio? Anzi, cosa ti fa pensare che io la possa prendere meglio! Io non voglio questo imprinting, quindi lasciami in pace!

Si volta e corre via, nel profondo della foresta. Senza una meta, l’importante è correre. Il lupo è felice di poter correre, di non dover pensare.

Ma è costretto a seguire i ragionamenti di Sam. Sam che si domanda come mai lui possa coscientemente resistere a quel legame sovrannaturale, Sam che si domanda se anche lui avrebbe potuto farlo e risparmiare tutto quel dolore a Leah, Sam che si domanda come potrebbe aiutarlo.

Il lupo ringhia.

Il lupo non vuole l’aiuto di nessuno.

* * *

Di una cosa bisogna dar credito a Sam: quando ci si mette, riesce sempre a far fare agli altri ciò che vuole. Dev’essere qualche oscuro trucco magico, altrimenti David non saprebbe proprio spiegarsi come mai si trovi ancora seduto nella stessa poltrona di casa Uley, dopo la loro ultima litigata. Acceso scambio di opinioni, preferisce chiamarlo quel grosso idiota che ora è tutto intento a scrutarlo dall’altra parte del tavolo. Emily li ha lasciati soli, in compagnia di una sua torta. Cioccolato e pere, pure.

Se questo non è fare i leccaculo…

Ah, ma lui non capitolerà così facilmente.

“David, ascolta…”, comincia incerto. Incerto. Chi avrebbe mai detto che avrebbe visto il giorno in cui Sam Uley si sarebbe mostrato incerto? Fantascienza pura.

“…lo so che abbiamo cominciato questo discorso con il piede sbagliato, ma…”

Ma niente, Sam. Non c’è nulla di cui discutere, mi pare chiaro. Non ho intenzione di contrattare alcunché. Non mi voglio trasformare, e non lo farò. Fine della questione.”

“Lo sai che non servirà a cancellare l’imprinting, vero? Non è una cosa che puoi cambiare così per così. E’… per sempre.”

“NO!”, urla, scattando in piedi. “No. No.”, ripete mentre si lascia cadere di nuovo sul cuscino.

Non lo voglio.

“David, per favore…”, mormora Sam con un filo di voce.

E’ strano. Adesso non sembra più il Sommo ed Onnipotente Alfa del branco. No, è solo un uomo con un peso troppo grande sulle sue spalle.

“Va bene. Sentiamo”, bofonchia.

“Ho cercato una spiegazione alla tua insolita… situazione, ecco…”

Situazione. Ma come sei bravo con le parole.

“…ne ho parlato con gli anziani, e…”

“Hai fatto cosa?”, lo interrompe.

Calma. Inspira-espira.

“Crediamo di aver trovato un perché al tuo imprinting.”

Lui e la sua dannata smania di avere sempre tutto sotto controllo.

“Tu… tu hai sventolato i fatti miei davanti a tutto il Consiglio, quando sai benissimo che non è una cosa che voglio si sappia in giro?”

Calma. Inspira-espira.

Calma un paio di palle. Ha fatto di tutto, di tutto, per non lasciar trapelare nulla riguardo a Nate in presenza di altre persone, e adesso scopre che quell’immenso idiota ne ha tranquillamente discusso davanti a chissà quanta gente.

Calma. Inspira-espira.

Immenso, pomposo idiota.

“Stavo solo cercando di capire meglio, e forse ci sono riuscito.”

Vorrebbe mandarlo a farsi fottere, lui ed il suo capire meglio, ma la curiosità è più forte di tutto il resto. Anche lui vuole sapere il perché di questo… di questo errore.

“Per Billy Black l’imprinting ci assicura di trovare la compagna con cui dare alla luce lupi più forti. Nel tuo caso… beh… tu sei malato, lo sai, no?”

Cos’è, lo piglia anche per il culo?

“Sì. Fenlilchetunuria, o qualcosa del genere.”

Fenilchetonuria”, lo corregge. E’ proprio insopportabile quando fa il maestrino. “E’ una malattia genetica che si manif…”

“So che cos’è, grazie. Cosa c’entra con il mio imprinting?”

“Ecco… noi crediamo che sia un modo per metterti fuori gioco, per assicurarsi che non nascano mutaforma malati, e nello stesso tempo darti una persona che resterà al tuo fianco per tutta la vita…”

Sono malato. Sono diverso… sono un mostro fra i mostri.

“…e pensiamo che sia sempre per questo che il tuo imprinting sia meno… intenso, diciamo, degli altri. Per questo riesci ancora a pensare a Susan: Nate non è propriamente la tua anima gemella. E’ più che altro un suggerimento.”

“Un suggerimento? Ma ti senti quando parli, Sam? Secondo te io mi ritrovo attratto da Nate per uno stupido suggerimento non richiesto?”, ringhia.

Un suggerimento, soltanto un suggerimento. Per fortuna, in un certo senso, così può ancora pensare a Susan. Per Jared, Paul e Sam esistono solo le loro donne… non sa se riuscirebbe a sopportare il fatto di vedere solo Nate. Susan… oh, merda, sa di provare qualcosa per Susan! Prima l’amava, ne era certo, ed ora la desidera comunque. Sì, perché David desidera la sua Susan. Il lupo potrà anche volere Nate, ma David continua a vedere la sua compagna in Susan. Non importa che quel bastardo stia cercando di soffiarle il posto, per lui esisterà solo Susan. Susan, Susan, Susan!

“David, ti prego… se la prendi così rendi solo tutto più difficile.”

“E come la dovrei prendere secondo te?”

“Non lottare contro il tuo corpo.”

“Il mio corpo non sa quel che chiede!”, urla, per poi alzarsi ed uscire dalla casa a grandi passi.

Stupido corpo.

Stupido corpo malato, oltretutto.

E stupido Nate, che si è infilato nella sua vita e che ora la sta distruggendo senza sapere nulla. Che non sa di essere sognato tutte le notti, che non immagina neanche quanto sia desiderato.

Che schifo... che enorme schifo.

E adesso tutti sanno tutto di lui.

Calma. Inspira-espira.

Vorrebbe tanto piangere, a dire il vero, come quando era piccolo. Solo che ora…

“Che ci fai qui, checca?”

Proprio tutti.

Non deve nemmeno sforzarsi: stringere le dita, sollevare il braccio e colpire Noah in piena faccia sono azioni perfettamente naturali. Cric, fa il setto nasale mentre si sbriciola sotto al colpo, e la cosa lo rende stranamente felice. Il pugno successivo lo centra in mezzo allo stomaco. Il terzo viene bloccato dalla mano di Sam prima che possa partire.

Peccato.

“Basta così, David”, intima il capobranco.

“Come vuoi, capo”, risponde. Fa spallucce e se ne va, lasciando quell’imbecille di Sam ad aiutare quell’imbecille ancora più grande di Noah. Perlomeno l’averlo preso a pugni è servito a farlo star meglio.

Ma, realizza con orrore, è un’altra la persona a cui David vorrebbe spaccare la faccia. E rabbrividisce spaventato, mentre l’immagine di Nate steso a terra con il volto maciullato appare stranamente allettante ad una piccola ed oscura parte di lui.

Cosa sono diventato?

* * *

Un panettiere ha calcolato che, fissando il prezzo dei pretzels a $ 1.50, le vendite arriveranno a 96 pretzels al giorno. Alzare il prezzo a $ 2.25 comporterebbe una diminuzione delle vendite a 60 pretzels. Si chiami y il numero dei pretzels che il panettiere vende a x dollari ciascuno. Si scriva un’equazione lineare per rappresentare il numero di pretzels venduti al giorno, considerando il prezzo di x dollari cadauno.

Vaffanculo. Mangiarli senza farsi tutti questi problemi no, eh?

Sbuffa, e comincia a tamburellare nervosamente con la biro contro il bordo del quaderno, lo sguardo concentrato fisso sul libro accanto a sé. Uno dei tanti aspetti negativi della sua decisione di comportarsi da perfetto stronzo con tutti era non avere più l’aiuto di Nate in matematica.

Già. Nate…

Cric! Sente la biro incrinarsi sotto la sua presa ferrea. Quando scoppia si è già allontanato dal quaderno di algebra, salvandolo dall’ondata di inchiostro che invece sporca la felpa appoggiata al letto.

Bene. Perfetto.

Prende un profondo respiro cercando di controllare la rabbia, sua stabile compagna di vita da un paio di settimane, prima di scaraventare la felpa nella cesta dei vestiti sporchi. Innervosirsi è male. Mutare in lupo gigante in mezzo alla propria camera è male. Merda, avere l’imprinting con un maschio è male!

Non lo voglio. Non voglio uno stupido imprinting sbagliato!

Si sposta in bagno per lavarsi le mani. Accidenti all’inchiostro che non ne vuole sapere di venire via… e poi puzza in una maniera rivoltante. Altra cosa di cui ringraziare il proprio essere lupo, l’olfatto ipersensibile.

Possibile che da due settimane la mia vita faccia così schifo?

In meno di quattordici giorni è riuscito a litigare con ogni singolo membro del branco, a fare a pugni anche con quel rompipalle di Clearwater – che se non fosse stato più grande le avrebbe prese di santa ragione, sicuro – , a beccarsi due F in matematica, a non sentire più Susan dopo la sua fuga dal loro incontro, a sfondare il letto dopo una lunga agonia e, ciliegina sulla torta, a scoprirsi capace di pensare a Nate in ogni istante della giornata.

Già. Nate…

Riesce ad infilarsi in tutti i modi nel suo cervello, in qualsiasi momento, e la cosa lo sta tirando scemo. Quando si sveglia, si chiede se lui ha dormito bene. Quando prepara la colazione, si chiede cosa gli piacerebbe mangiare. Quando si lava i denti, si chiede che marca di dentifricio usi. Quando esce di casa, si chiede se non preferirebbe fare la strada con lui, così che magari non prenderebbe troppo freddo. Quando è in classe, si chiede se le lezioni lo interessino. Quando è in mensa, si chiede se il cibo sia di suo gradimento. Quando torna a casa, si chiede a cosa pensi durante la breve camminata. Quando incontra un altro lupo… beh, quando incontra un altro lupo ci litiga, e tutte le volte finisce per odiare ancora di più il suo imprinting. E’ riuscito a mandare a puttane la sua vita sociale con una facilità impressionante.

E Sam insiste con la cazzata del ti voglio dare una mano. Proprio lui, che ha distrutto la sua storia con Leah in una notte. Perché non vuole starsene fuori dai piedi?

Gira la manopola dell’acqua talmente violentemente che quasi si smonta.

Calmo…

Cosa avrà mai fatto di male per meritarsi una punizione del genere? Stupido corpo da lupo.

E’ innaturale. E’ sbagliato.

Sfrega con decisione le mani, ed il lavandino si tinge di blu. Dopo cinque minuti buoni di sforzi e di imprecazioni riesce ad aver ragione dell’inchiostro, almeno in parte.

Sospira, si lascia cadere per terra appoggiando la testa al vetro della doccia, gli occhi chiusi. Proprio come faceva da piccolo.

Gli sfugge un piccolo sorriso mentre ripensa a tutte le volte che la mamma si era arrabbiata perché così sporcava il vetro appena tirato a lucido. Aveva una vera e propria fissazione per i vetri splendenti, e le dava sui nervi dover pulire tutti gli aloni che David lasciava su qualsiasi superficie pulita. Poi però lui faceva la faccina dolce e lei lo perdonava subito. Chissà se quella tattica funziona ancora?

Probabilmente no. Non è più un soldo di cacio alto un metro ed una cicca, ed ha la netta sensazione che ciò influisca negativamente sul fattore tenerezza.

Nate invece è proprio bravo con le espressioni tenere.

Ancora!

Sbatte la fronte contro le ginocchia, e stringe a sé le gambe con le braccia. Non può andare avanti così. Non ci riesce.

Non riesce a fare a meno di Nate. Non riesce ad odiarlo come dovrebbe.

Gli ultimi giorni in cui l’ha ignorato sono stati un inferno. Che motivo c’è di continuare a ferirsi in nome di un amore che non prova più?

Ma io voglio Susan.

Fa male, continua a fare male anche se ha imparato a convivere con il dolore. Un dolore che è nulla paragonato allo schifo che prova per sé stesso.

Si può amare una persona con l’anima, mentre il tuo corpo ti dice altrimenti?

Per la prima volta da quando si è trasformato, David prova a pensare consapevolmente a come sarebbe la sua vita se non fosse improvvisamente mutato in un enorme lupo grigio. Fa ancora più male.

Si accorge solo adesso che sta piangendo in silenzio, da chissà quanto. Si asciuga con rabbia le lacrime, che lasciano una piccola scia salata sul dorso della mano. Non può ridursi così.

Forse, Susan…

Forse Susan niente. Forse è ora di aprire gli occhi e di smetterla di pigliare per il culo tutti quanti, sé stesso per primo. In questo momento ha bisogno solo di una persona, e quella persona è Nate. D’altronde è solo una visita, niente di che. Lo fa solo per sé stesso. Magari dopo si sentirà meglio.

Prova uno strano calore allo stomaco mentre si rialza e si avvia verso la porta di casa. Qualche tempo fa capitava solo quando doveva incontrare Susan, adesso quello schifoso bastardo le ha soffiato il posto.

Colpa sua. Tutta colpa sua.

“Esco, mà!”, urla in direzione della cucina.

“D’accordo!”, arriva puntualmente la risposta. Solo d’accordo, nient’altro.

Neanche un mese fa sarebbe partito l’interrogatorio. Dove, con chi, a far cosa, quando pensi di tornare. Adesso invece niente, perché le faccende del branco sono più importanti di tutto, e sa che lei è troppo orgogliosa di ciò che è diventato per vietargli qualcosa.

Non se ne è mai reso conto così tanto come in quel momento. La sua vecchia mamma gli manca.

* * *

A tirare sassolini contro la finestra di Nate si sente un perfetto imbecille, ma non riesce a pensare ad una soluzione migliore. Pensare… con Nate così vicino diventa quasi impossibile. Il suo odore è fortissimo, ed il lupo sta lottando per avvicinarsi, per poter entrare in quella stanza e riempirsi i polmoni di quell’aroma celestiale. E’ David a tentare di mettere un freno a quelle pulsioni innaturali, ed è un’impresa davvero difficile.

Certo che se quel cretino si desse una mossa…

“Ahio!”

Oops. A quanto pare quel cretino ha aperto la finestra nel momento sbagliato, e si è beccato una sassata dritta in fronte. Beh, ben gli sta.

Ben gli sta un corno. Sicuro che non si sia fatto male? Accidenti a me, potevo essere più attento. E se gli spunta un bernoccolo? Non ho nemmeno tirato piano, non me lo perdon…

“David? Che ci fai qui?”

Uh! Ottima domanda.

“Ehm… io… dovrei parlarti. Posso salire?”

“Non potevi suonare il campanello come tutte le persone normali?”

Persone normali. Quasi gli scoppia a ridere in faccia. Quasi.

“Volevo evitare teatrini davanti ai tuoi.”

“Se è solo per questo, stanno uscendo. Portano mia sorella al saggio di danza a Forks, o qualcosa del genere. Aspetta cinque minuti e puoi entrare.”

Aspettare? Non se ne parla nemmeno.

“Ho bisogno di parlarti subito. Spostati che salgo.”

“Ma…”

“Spostati!”

Salta, si aggrappa al cornicione del primo piano, si issa su senza troppa fatica, e da lì, entrare in camera di Nate è uno scherzo. Il fatto che il suo ospite lo stia squadrando a bocca aperta ed occhi spalancati lo rende inspiegabilmente orgoglioso. Gonfia il petto e gli rivolge un sorriso a trentadue denti mentre riaccompagna le ante della finestra dietro di sé.

“Recupera la mandibola, Nate”, ridacchia di fronte alla sua espressione incredula, dimenticando per un attimo tutti i suoi problemi. Per la prima volta da quando si è trasformato è accanto al suo imprinting. Nient’altro ha più importanza, nemmeno la voce lontana dei genitori che salutano mentre escono, al piano di sotto.

L’odore di Nate è ovunque. La stanza sa di lenzuola appena cambiate, di legno vecchio, di libri dimenticati sulla mensola, di polvere negli angoli e di vestiti da lavare, ma soprattutto sa di lui. Nate profuma di foresta dopo la pioggia, di fresco, di vita e di rabbia.

Di rabbia?

Ferma con una mano il pugno indirizzato al suo naso, giusto un attimo prima che lo colpisca.

Potrebbe farsi male.

“Che ti prende?”, chiede con stupore, lottando per non lasciarsi distrarre dai brividi provenienti dal punto dove la loro pelle si tocca.

“Che mi prende? Hai davvero il coraggio di chiedermi che mi prende?

Non è arrabbiato, peggio. E’ incazzato nero. Con lui.

“Tu, lurido schifoso, sei sparito dalla circolazione per più di un mese, non ti sei fatto sentire, niente messaggi, niente telefonate, niente di niente, mentre io e Susan eravamo qua a preoccuparci per te. Quando finalmente riusciamo a vederci scappi via senza nemmeno dirci ciao, e poi torni ad ignorarci! Speravamo che la nostra amicizia contasse qualcosa di più per te, ma a quanto pare non siamo ai livelli di Sam Uley e della sua banda di palestrati. Oh, certo, loro sono molto più fighi. E adesso che credevo di aver cominciato a dimenticarti ti ritrovo sotto casa mia, a lanciarmi sassolini alla finestra neanche fossi la tua ragazza. Cos’è, tutto d’un tratto hai deciso che meritiamo la tua attenzione? David, sei solo un emerito stronzo, ecco cosa sei!”

Non se l’è mai cavata granché con gli insulti, pensa mentre cerca di calmare la rabbia che è tornata ad attanagliarlo. Se il suo imprinting è arrabbiato, anche lui è arrabbiato. Schifoso legame lupesco.

Ma lui è arrabbiato con sé stesso, con quello che è diventato… ed anche con Nate, che ha preso senza troppi complimenti la sua anima e l’ha divisa in due.

Il suo corpo vorrebbe coprire quei pochi centimetri che li separano, abbracciarlo e sussurrargli parole dolci per tranquillizzarlo. David invece vorrebbe prenderlo a sberle per il modo in cui continua a distruggergli la vita senza nemmeno accorgersene, come se valesse meno di niente, come se non fosse degno della sua considerazione. Fa tanto l’offeso, ma può immaginare anche solo lontanamente quello che sta passando da quando si è trasformato per la prima volta? No, certo che no. L’egoista è troppo occupato a pensare alla sua stupida esistenza per preoccuparsi del fatto che possa esserci altra gente che soffre a causa sua.

Calma. Inspira-espira.

Vorrebbe anche fargli capire quello che sta provando.

Calma. Inspira-espira.

Vorrebbe spiegargli com’è sentirsi lacerato in due, vorrebbe spiegargli com’è essere costretto a spartire il proprio corpo con una bestia. Vorrebbe che lui capisse, che lo abbracciasse e che gli dicesse che va tutto bene. Vorrebbe che lo lasciasse libero di tornare a pensare a Susan.

Calma. Inspira-espira.

Vorrebbe tornare ad essere il David di sempre.

“Vattene, David. Non abbiamo più nulla da dirci”, mormora senza guardarlo negli occhi.

Quelle parole lo colpiscono come una stoccata gelida, mozzandogli il respiro. Non vuole ammetterlo, ma sa di aver bisogno di lui.

“Cosa vorresti…”

“Puoi tornare a tuffarti dalla scogliera con i tuoi nuovi amici.”

“Nate, ho… ho bisogno di parlarti.”

“Lo stai già facendo, e sai una cosa? Non me ne frega un accidenti di quello che mi devi dire.”

“Allora perché mi hai fatto salire?”

“Perché… perché sì”, mormora arrossendo.

“Nate…”

“Sparisci, David”, ripete, stavolta un po’ più deciso.

Non è quello che vuole, lo sa. Il lupo lo sa. Perché adesso Nate odora di foresta dopo la pioggia, di fresco, di vita, di rabbia e di desiderio.

Il suo corpo si muove di conseguenza, senza prendersi il disturbo di interpellarlo. Un attimo prima sta fissando Nate, un attimo dopo le loro labbra si toccano appena. Un attimo dopo ancora sono le loro lingue a premere l’una contro l’altra, ed in quell’attimo si sente pienamente appagato. Tutto quel mese di rabbia e frustrazione sembra non essere mai esistito. E’ questo il suo posto, lo sa. Lo è sempre stato.

Poi realizza coscientemente quello che è appena successo.

“Oh, cazzo!”, ringhia, allontanandosi di scatto da un Nate improvvisamente pallido. “Cosa… cosa stai facendo?”, chiede, cercando di controllare la rabbia.

Calma. Inspira-espira.

“I-io…”

Calma. Inspira-espira.

“Cosa mi hai fatto? Rispondimi!”, urla.

Calma. Inspira-espira.

Normalmente troverebbe la sua voce quantomeno buffa. Ci ha messo un sacco di tempo ad abituarsi al nuovo tono che la trasformazione gli aveva regalato, e sentirlo così acuto è davvero ridicolo.

Ridicolo, sì. Tutto ciò è assolutamente ridicolo.

E sbagliato.

“Sei tu. E’ colpa tua, tutta colpa tua!”

Rabbia.

Nate non risponde. Lo sta guardando, ed è terrorizzato.

Tanta rabbia.

Ne ha perfettamente motivo.

Troppa rabbia.

Incontrollabile.

Rabbia, rabbia, rabbia.

Istinto.

Colpire, ferire, fuggire!

Urla.

Sangue.

Niente più urla.

Fuggire!

Ululare alla luna, ululare di dolore.

Fuggire!

Tanto sangue.

Sulle unghie, sul pelo, sulle zampe, sul muso.

Tanto sangue.

Fuggire!

Lacrime. Lacrime che si mescolano al sangue sul muso, sulle unghie, sulla terra. Lacrime colorate di rosso, lacrime che puzzano di morte.

Fuggire!

Dove?

Lontano.

Lontano dal dolore.

° * ° * ° * °

Un tempo i caribù della Kobuk Valley riuscivano ad essere più veloci dei loro predatori.

Ora non lo sono più, ed hanno imparato a temere il Grande Lupo Grigio.

Lo si vede spesso, di notte, mentre si arrampica sul masso che domina la vallata. E là egli rimane per qualche tempo silenzioso, ululando una volta sola, a lungo e lugubremente, prima di partire.

Sembra quasi urlare la sua sofferenza alle stelle, un dolore che conosce solo lui. In quei momenti nei suoi occhi brilla una luce che di animale ha ben poco, ultima traccia dell’essere che fu molto, molto tempo fa.

Non sempre è solo. Quando vengono le lunghe notti d'inverno e i lupi seguono il loro cibo nelle vallate più basse, lo si può vedere correre alla testa del branco nella pallida luce lunare o nei chiarori crepuscolari dell'aurora boreale, balzando gigantesco sopra i suoi compagni, la vasta gola mugghiante, mentre canta il canto del più giovane mondo, il canto del branco.

Allora, e solo allora, il dolore sembra sparire da quei due occhi innaturalmente scuri e profondi.

Due occhi vissuti, due occhi selvaggi.

Due occhi che di umano non hanno più nulla.

- - - - -

N.d.A.: Come detto nell'introduzione, questa storia ha partecipato al contest Quando divenni lupo partorito da quelle menti malate (ora posso dirlo) di Jakefan e Kagome_86. Si è classificata nientepopodimeno che prima ed ha vinto il premio humour, il che mi rende parecchio felice: a Misprinting tengo parecchio u.u
Colgo l'occasione per ri-ringraziare giudicie e partecipanti: è stato il mio primo contest, e mi è davvero piaciuto (bella forza, ci manca solo che mi lamenti...)


Il contest assegnava punti bonus nel caso si fosse introdotta nel testo una citazione di un'opera letteraria con protagonista un lupo. La parti grassettate alla fine sono brani de Il richiamo della foresta di Jack London.

La storia è stata betata da quella buonanima di Kukiness.

Beh, che dire, primo tentativo (piccolo) di slash. In un concorso, pure... viva viva l'innovazione :D



Qui i giudizi delle giudicie:

Punteggio: 59
Grammatica: 9
IC e caratterizzazione del personaggio: 10
Sfruttamento del tema proposto: 10
Originalità: 10
Gradimento personale: 10

Punti Bonus: 10

Jakefan

“Misprinting” di Abraxas
Togliamoci dai piedi subito alcune noticine sul testo, positive e negative.

• “convocato dal preside che ha paura del castigo” non mi piace. Sembra che sia il preside che ha paura del castigo.

• “Terra, spalancati e inghiottimi, per piacere.Silenzio.
Terra?
Silenzio.
Vaffanculo, terra.”
Bellissimo. Un marchio di fabbrica di Abraxas detto il Bracchetto-che-fa-ridere-a-sorpresa.


• “mi sto trasformando in una palla di pelo extralarge“ Altro marchio di fabbrica.
• “sa che non ci crede vivamente” immagino fosse “veramente” invece che “vivamente”
• “si vede allegramente sbattuto in mezzo ai suoi pensieri”: avrei scritto “…che vede allegramente sbattuto ecc”, senza il si che è ridondante, c’è già il “suoi”
• “talmente violentemente” non mi suona, direi “tanto violentemente”
• Altri errorini ti sono stati corretti a parte.

Ok, adesso a noi due.
Sono arrabbiatissima. Angosciata, triste, commossa, spiazzata. Maledizione, Bracchetto, sei un genio. Non mi immaginavo niente del genere, nessuna sorpresa di questo tipo. Hai preso il solito “E vissero felici e contenti” e ne hai fatto carta da… va beh, lasciamo perdere. La cosa che mi fa incazzare più di tutte, è che questa storia è un capolavoro. Finisce male, mi spezza il cuore e mi fa venire la nausea, ma non posso fare a meno di adorarla. Di apprezzarne l’assoluta originalità, la passione che emana, il dolore travolgente, la non-convenzionalità. Ho sofferto tutto il tempo insieme a David senza riuscire a smettere di leggere, mentre lui mi tormentava con il suo disagio senza darmi un attimo di pace.
Non hai scritto un racconto, hai scritto qualcosa di universale sul tema della Diversità. E mi sono convinta che David è vero, esiste, e forse tutti noi siamo lui quando ci siamo sentiti male con noi stessi almeno una volta nella vita.
Insomma, in teoria io sarei una che ama il lieto fine, tu mi hai tirato un pugno nello stomaco e ne sono pure felice. Ma come fai, sempre?
Quasi –ho detto quasi- sempre perfetto. Ho detto tutto.

Arahan86

Valutando i possibili scenari in cui potessero essere sviluppate le storie per il contest, non avevo mai preso in considerazione quello di una slash. Probabilmente questo è dovuto ad una mia forma mentis limitata. Ecco perché leggere la tua storia mi ha piacevolmente sorpresa. Credo che uno dei migliori modi per colpire la giuria di un contest sia quello di sorprenderla – bada bene, non scioccarla – e in questo sei riuscito benissimo. Sei riuscito a far apprezzare una slash a una che quando vede la dicitura tra le note passa subito avanti.

Ovviamente, la storia non si limita ai suoi “avvertimenti”, se così fosse sarei rimasta scioccata, non sorpresa.
Ci sono i personaggi, ben caratterizzati: David, con la sua rabbia sottopelle che non lascia sfogare se non alla fine, quando succede “il fattaccio”; Sam, con quel suo atteggiamento un po’ da padre e un po’ da fratello, che non capisce e vuole capire; Nate, presente e caratterizzato con brevi pennellate lasciate da David, è l’amico fedele che in realtà è sempre stato più di un amico, almeno da parte sua (e infatti ricambia il bacio, o almeno così mi sembra di aver capito).
C’è Susan, che separo volutamente dai personaggi perché lei di fatto non lo è: Susan è l’idea ossessionante del giusto, di quello che dovrebbe essere e che renderebbe tutti felici, almeno nella visione di David, prontamente rovesciata da Sam.
Ci sono le emozioni, che catapultano il lettore dentro la storia: la felicità di David, il suo rifiuto, la sua rabbia, e infine anche il suo dolore. Non solo. Il lettore prova anche le emozioni di Sam, nonostante vengano filtrate attraverso gli occhi di David: c’è quel suo ostinato voler capire, l’incessante ricerca di ciò che è bene per il fratello, i consigli “paterni” di chi soffre vedendo soffrire un figlio.

La OS, lunga quasi ai limiti del consentito per questo contest (si tratta di 6757 parole) risulta piacevole alla lettura, scorre sotto gli occhi portando quasi troppo velocemente al triste epilogo e lascia a chiedersi perché per David non possa esserci un lieto fine. E’ una capacità straordinaria quella di far affezionare il lettore ad un personaggio inesistente fino all’uscita dalla tua penna virtuale con relativamente poche semplici parole.
David è un ragazzo normale, con una famiglia normale, una madre oppressiva con manie di pulizia – normale anche lei -, che non accetta quello che è diventato. O meglio, non accetta quello che è. Prima di tutto non accetta la sua natura di lupo, che è nata con lui e che pertanto fa parte del suo essere. In conseguenza di ciò, non accetta quello che la sua natura di lupo vuole donargli: un compagno che non gli permetta di procreare, ma che comunque lo faccia sentire amato e al sicuro.
Il lettore si affeziona a questo ragazzo, e vorrebbe vederlo davvero felice, vederlo accettare il suo essere e amare il compagno a lui destinato. Come tanti adolescenti, però, David non riesce ad accettare quella che sembra essere la strada che si apre di fronte a lui, e di qui alla tragedia il passo è breve. C’è da dire che il finale arriva del tutto inaspettato: proprio nel momento in cui il protagonista sembra accettare il suo destino, un piccolo errore, un difetto di autocontrollo, quel minimo di rabbia in più che scatta nel rendersi conto che i suoi sentimenti sono ricambiati, fanno precipitare la situazione. La trasformazione sfocia in tragedia.
Meraviglioso vedere come anche senza troppi particolari tu sia riuscito a tratteggiare un momento di violenza pura rendendo il lettore partecipe della scena, quasi desideroso di mettersi tra David e Nate, di urlare “Smettila, calmati!” a quel lupo che ha del tutto perso se stesso. Ho davvero apprezzato il tuo non arrivare allo splatter, che mi avrebbe un po’ dato fastidio.

Un altro motivo per il quale ho amato particolarmente questa tua storia è l’uso delle spiegazioni: lungi dal perdersi in particolari noiosi, la discussione tra David e Sam sulla fenilchetonuria (PKU da qui in poi) chiarisce tutta la situazione di David. Secondo la mitologia meyeriana i lupi hanno l’imprinting per dare vita ad una discendenza più forte, o almeno questa è la spiegazione che ne danno gli anziani Quileute. Secondo i più giovani, infatti, serve a far trovare l’anima gemella senza troppi sforzi.
Tu unisci queste due motivazioni e le disintegri senza dissacrarle. David è portatore di un gene sbagliato, quello responsabile della PKU qualora sfortunatamente venga a trovarsi in coppia con un gene gemello, perciò nella malaugurata ipotesi che la sua compagna dovesse essere portatrice dello stesso gene potrebbe rischiare di dare vita ad un figlio malato. Ed ecco che l’imprinting, che diventa una sorta di “selezione naturale della specie”, fa in modo che questo gene non venga trasmesso, e allo stesso tempo permette a David di avere qualcuno che lo ami.
Giustissimo anche l’uso – scorretto – della parola “malato”. Nel caso di David, infatti, sarebbe stato più corretto utilizzare il termine “portatore”, ma, di fatto, una persona di cultura media come David e Sam non afferra bene la differenza tra i due termini, e non credo ci sia stato alcun medico che abbia perso un po’ di tempo a spiegarlo loro.

Per quanto riguarda grammatica, lessico e sintassi non trovo nulla di grave da segnalare, peccato per quel “che” mancante. Inoltre il linguaggio diretto, semplice e immediato, adatto alla voce narrante, aiuta il lettore ad immergersi nella storia.

Questi gli errori che ho riscontrato nella storia:

“ed ora da due settimane a questa parte non fai altro che”
- Inserirei due virgole a delimitare la proposizione incidentale “da due settimane a questa parte”, che definisce e specifica il termine “ora”, ma potrebbe essere anche eliminata, lasciando inalterato il senso della frase.
“ed ora, da due settimane a questa parte, non fai altro che”

“Anche con sé stesso”
- L’uso dell’accento su “sé” serve a differenziare il pronome personale dalla congiunzione. Quando seguito da “stesso” diventa impossibile confondere i due termini, quindi l’accento diventa superfluo. Non è un errore utilizzarlo, ma è superfluo.

“e la cosa lo sta tirando scemo”
- Non so se è una carenza mia, ma l’espressione “tirare scemo” mi sembra un regionalismo. Consiglio perciò un più universale “facendo diventare”.

“e sa che lei è troppo orgogliosa di ciò è diventato per vietargli qualcosa”
- Manca un “che” tra “ciò” ed “è”.

Complimenti vivissimi!

* * *

Edit 18/06/12: La storia ha anche partecipato al contest Pick Your Three! One Day contest indetto da Adamantina sul forum di EFP, classificandosi terza (quel genio dell'autore non si era accorto del divieto per gli OC. Cose che capitano) e vincendo il premio lacrima. L'angst impera!
 


 

Qui il giudizio della giudicia:
 

Grammatica: 20/20 punti

Lessico e stile: 20/20 punti

Originalità: 15/15 punti

Caratterizzazione e/o IC: 15/15 punti

Uso citazione: 20/20 punti

Gradimento personale: 9/10 punti

_Per un totale di 99/100 punti_

 

Ho la vaga sensazione che questa recensione sarà molto breve!

Che posso dire? La grammatica è perfetta (il che, per una storia così lunga, non è affatto scontato); il lessico è variegato e ricco; lo stile intrigante, veloce, scorrevole.

La storia è originale, il protagonista carattterizzato alla perfezione, soprattutto nella sua difficoltà di accettare l'imprinting.

La citazione è veramente perfetta per il finale, inserita in modo coerente con il testo.

Ora, forse ti chiederai perchè quel punto in meno nel giudizio personale. Semplicemente perchè tra i “non accetto” nel contest c'era l'avvertimento OC. Tuttavia, non me la sono sentita di toglierti di più, perchè la tua storia, come ormai avrai capito, mi è piaciuta davvero tanto. Prima di tutto c'è stato il colpo di scena dell'imprinting, e poi la conclusione -dolorosa e assolutamente inaspettata, ma gestita in maniera superba.

Ottimo lavoro!

   
 
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