Capitolo 15- Against destiny
Il palazzo era
tutto in fermento, pieno di gente che andava avanti e dietro, portando ceste
ricolme di fiori bianchi e rosa. La servitù era sempre occupata nel rendere
In realtà, quelle
luccicanti immagini, che quelle donne amavano così tanto guardare, non erano
altro che l’apparenza pura e semplice. Perché,
Relena avrebbe
voluto vedere questo biglietto, per avere un po’ di conforto dalle sue parole,
o magari per trovarvi la forza di lasciare perdere questa farsa, che sarebbe
stata la sua vita, sposando Heero e fingendo di amarlo, ma, avendo saputo solo
quelle piccole e brevi parole di scusa verso la figlia, a Relena montò anzi una
maggiore rabbia, che non sapeva spiegare, verso Duo, anche se sapeva nella
profondità del cuore, che era lei che stava sbagliando, accettando le nozze e
dando un’ implicita conferma a Duo di quello che aveva sempre temuto. Per
questo, il suo umore era un continuo oscillare e preferiva rimanere sola per
lunghe ore alla mattina, rifugiandosi nel giardino della Reggia, mentre la
notte guardava in silenzio gli occhi di Daphne, illudendosi di avere ancora
accanto la persona più importante della sua vita.
Tutti a palazzo
si erano accorti del suo cambiamento, ma, ormai pensavano solo che la
principessa fosse stanca, e avesse bisogno di stare da sola. In fin dei conti,
era sempre un essere umano, anche se conduceva una vita che era quella che solo
una macchina robotizzata avrebbe potuto tollerare. Heero la cercava spesso, ma,
non trovandola, pensava che avesse da fare e tornava al suo lavoro. In realtà,
anche lui la vedeva molto poco, troppo poco per accorgersi della vistosa
trasformazione della ragazza, che quando lo incontrava, faceva enormi sforzi
per fingere di essere quello che non era.
Solo Laurie,
Hilde, Chanelle, Soraya ed Annie sapevano che cosa avesse, e facevano tentativi
continui per spingerla a mettersi in contatto con Duo, ma lei rispondeva che
non era lui il suo problema, era solo stanca. E alla fine, loro finirono per
credere a questa sua versione, sebbene Laurie continuava a fare pressioni su
Duo, affinché tornasse sulla Terra. Ma Duo, che ora viveva a casa di Isabelle,
la sua madre adottiva, replicava che era convinto che Relena doveva sposare
Heero e non voleva che lei fosse forzata da lui, a fare una scelta diversa, da
quella che aveva autonomamente fatto.
“Ma tu l’ami
ancora, Duo! Come puoi permettere che lei sposi Heero?!” urlava al telefono,
paonazzo, Laurie.
Duo rimaneva in
silenzio qualche secondo, attorcigliando il filo del telefono tra le dita e
poi, mordendosi le labbra, diceva, soffocando il dolore nel petto, schiacciato
da infiniti sentimenti: “Basta Laurie! Lo sappiamo tutti che è Heero l’anima
gemella di Relena… io sono stato solo una storia passeggera… e poi, anche se la
amo ancora immensamente, non posso imporle una vita, che lei non vuole e non
deve avere… io non ce la farei più a stare con lei… lei è troppo per me…”, poi
rideva triste, straziando il cuore a Laurie: “… le Principesse sposano il loro
eroe dell’adolescenza, non il poveraccio di passaggio, che permette che siano
rapite…”. E, a questo punto, anche se Laurie insisteva per ore, dicendo che non
era stata colpa sua se Relena era stata rapita, Duo riagganciava, dicendo che
aveva da fare.
E così questa
situazione eternamente bloccata, continuava ad andare avanti, fino a quando
arrivò il 5 maggio. La giornata era particolarmente importante, non solo per il
battesimo di Daphne, ma soprattutto perché così facendo, Relena avrebbe
finalmente riconosciuto, come sua erede legittima la figlia. La cerimonia si
tenne nel Parco della Reggia, dove c’erano solo pochi amici e i membri più in
vista del Consiglio di Stato. Relena aveva lasciato la gestione dei preparativi
a Chanelle, perciò non sapeva minimamente come fosse stata organizzata la cosa,
e sinceramente neanche la interessava. Voleva solo che quei tre interminabili
giorni, finissero quanto prima, in modo che tutti i suoi dubbi potessero
svanire magicamente dalla sua testa, anche se temeva che allora sarebbero
diventati rimpianti, e non aveva la minima idea, se fossero più o meno facili
da tollerare.
Relena scese in
giardino, verso le dieci, un’ora prima, che la cerimonia cominciasse e sfoggiò
a tutti un meraviglioso sorriso, facendo sperare in tutti che la giovane donna
stesse finalmente meglio e che ora fosse serena. Alcuni si trattenevano a
stento dal chiedere che fine avesse fatto Duo, ma il viso della Principessa
mostrava chiaro che Duo era scordato. Relena, che indossava un vestito corto,
di seta rosa, a fantasia, sembrava il ritratto della felicità, stretta nel
braccio di Heero, che la osservava raggiante. Ma, il cuore della Principessa
era letteralmente straziato, e la sua tristezza aumentò, quando vide dove
Chanelle aveva organizzato la cerimonia. Nel Parco, c’era un piccolo gazebo
bianco, dove lei adorava stare nelle giornate di primavera e dove…
…l’aria era così dolce, calma, tranquilla… una
sensazione, che non provava più da tempo e che adesso le riempiva le vene di
ebbrezza, l’ebbrezza della gioia, non più del dolore, non più della colpa.
Sollevò lo sguardo dalla tela, che stava dipingendo e guardò
D’un tratto, vide una figura avvicinarsi, correndo,
preceduta da un pastore tedesco. Si schermò gli occhi con il palmo della mano…
il cane voltò bruscamente a sinistra, perdendosi nella boscaglia, mentre
l’inseguitore
si fermava a prendere fiato, appoggiandosi su una
colonna del gazebo.
“Sei qui, Relena? Non ti avevo visto…” disse Duo,
la fronte imperlata di sudore e il fiato corto.
Relena arrossì nel guardarlo, poi disse lo sguardo
curioso e divertito: “Che ha fatto Delia, stavolta?”.
Duo si sedette sul gradino del gazebo, sotto quello
su cui era seduta lei. Poi si voltò e disse: “Mi ha rubato una scarpa… me l’ha
distrutta!”.
Relena scoppiò a ridere e così fece Duo, dopo che
lei confermò che ne aveva rubata una anche al vecchio maggiordom0 di Relena.
Rimasero un po’ in silenzio, poi Duo disse, con
voce di rimprovero: “Se avessi saputo, che fare il suo Comandante, Principessa,
sarebbe stato così impegnativo, non avrei mai accettato…”.
Relena arrossì ancora, poi replicò: “mi dispiace
Comandante Maxwell, ma sa che proteggere
Duo la guardò in viso, poi le disse, dolce ma
deciso: “Relena, stavo scherzando… non sei un incarico per me, sei…”, a questo
punto, il giovane Comandante si fermò; sapeva di voler dire: “… la persona più
importante della mia vita…”, ma era consapevole anche che non poteva dirlo.
Relena era ancora così fragile e non voleva sconvolgerla confessandole il suo
am0re.
Relena, il viso sempre più rosso, chiese,
bisbigliando: “… sono?…”.
Lui si voltò e la guardò negli occhi. Furono solo
tre secondi, prima che lui le rispondesse: “… la mia migliore amica!”,
spezzando un po’ delle sue illusioni, ma furono necessari a farle capire che lo
amava pazzamente e che stava ormai per cedere al bisogno quasi naturale di
essere amata da lui.
La settimana dopo, il giorno del suo
ventiquattresimo compleanno, Duo sarebbe entrato in camera sua con due
biglietti per Parigi.
Relena, nel
vedere di nuovo quel gazebo, che aveva accuratamente evitato, da quando Duo se
ne era andato, ebbe un capogiro, e si resse al braccio di Heero, che le chiese:
“Relena, stai male?”.
Relena, il viso
pallido, la mano sul petto, mentre altri invitati si avvicinavano, rispose:
“Niente… avevo chiesto che quel gazebo fosse distrutto, perché è ancora lì?!”.
Chanelle le si
avvicinò e disse: “Lo so, ma mi era sembrato così bello, che ho preferito
usarlo per il battesimo di Daphne… perché non ti piace?!”.
Relena si sollevò
a fatica, poi sorrise a stento e disse che era stupendo. Poi si allontanò con
una scusa.
Heero chiese
allora a Laurie, che si era avvicinato: “Ma quel gazebo, quando lo hanno messo
nel Parco? Quando c’ero ancora io, non c’era…”.
Laurie,
titubante, rispose: “Lo fece costruire Relena, due anni fa… lo usava per
dipingere, si rilassava lì…”.
Hilde intervenne,
tirando la manica del marito: “Fino a poco tempo fa, Relena ci passava tutto il
giorno… dipingeva e giocava con Delia… certe volte, dovevo trascinarla a forza
da lì, quando aveva un appuntamento!”.
Anche Chanelle si
intromise: “Già, quando venivo a trovarla, era sempre lì con Duo!”.
Laurie, Hilde e
la stessa Chanelle si ritrassero, a disagio. Heero si voltò verso di loro e
chiese: “Si fermava lì con Duo?!”.
Una voce
interruppe i quattro, che si guardavano evidentemente carichi di tensione: “Di
che cosa ti meravigli, Heero? Lo sai meglio di noi che Duo e Relena stavano
assieme…”. Era la voce di Soraya, che accompagnata da Annie, si era avvicinata
a loro.
“Dobbiamo
smetterla tutti noi…” continuò la ragazza sinceramente “Relena non riesce a
soffrire, non le stiamo dando questa possibilità, continuando ad evitare
l’argomento Duo, o scattando come molle, quando parliamo di lui…era un nostro
amico, e Relena lo ha amato davvero molto, Heero, qualunque cosa tu possa
pensare… se Duo non fosse importante per lei, non avrebbero mai avuto Daphne… e
credo che se continuiamo così, Relena non lascerà mai più il ricordo di Duo…”.
Soraya tacque, circondata dagli sguardi bassi degli amici, mentre Heero era
immobile e livido, come se avesse avuto uno schiaffo, poi si mosse per cercare
Relena.
Soraya,
allontanatosi Heero, riprese con gli amici: “… e non è neanche giusto verso
Heero e lo sapete… loro si stanno per sposare e non possono, se Relena scatta
come una molla, ogni volta che vede qualcosa che le ricorda Duo…”.
Annie intervenne,
stringendosi nelle spalle sottili: “A volte, sembra quasi che Relena ami ancora
Duo…”.
Soraya replicò:
“Lo so, anche per me è lo stesso… lo ama ancora, ma per questa benedetta storia
della Principessa, pensa che sta facendo la cosa giusta… noi siamo amici di
Heero e non sarebbe bello convincere Relena a non sposare Heero e a tornare da
Duo, ma credo che dobbiamo cercare di istillarle il dubbio, in modo che ci
pensi davvero bene prima di sposare Heero…”.
Gli altri
annuirono in silenzio, poi si accorsero che Relena era vicino al prete, che
avrebbe battezzato Daphne. La cerimonia era cominciata, e si protrasse per
circa un’oretta nel silenzio dei presenti, che si misero leggermente più
attenti, solo quando Relena pronunciò il nome che avrebbe avuto sua figlia, da
quel momento in poi.
“Come vuole che
sia chiamata sua figlia, che lei ha ora riconosciuto, Principessa?” chiese il
Rappresentante del Parlamento.
Relena abbassò lo
sguardo, poi sorrise, la mano sul petto…
“Ah già, dimenticavo che mia figlia dovrà
avere una decina di nomi…”.
Relena sollevò lo
sguardo e rispose, decisa: “Daphne Isabelle Marie Maxwell Peacecraft… sarà
questo il suo nome.”.
La gente era
rimasta leggermente interdetta. Erano tutti convinti, che avrebbe messo alla
bambina il cognome di Heero, e anche il ragazzo, anche se non teneva a queste
cose, rimase confuso. Le aveva messo il cognome di Duo… credeva che non sarebbe
potuto essere un padre per Daphne?
Soraya sorrise,
poi disse agli amici: “Avete visto? E’ lampante… la nostra cara Principessa è
ancora persa di Duo Maxwell…”.
Il giorno
successivo passò velocemente per Relena, che mise a dura prova, il simulacro di
sorriso, che aveva imparato da quando era Principessa di Saint Kindom. Durante
la mattina, fece promessa di sposare Heero. Era arrivata in parlamento stanca e
provata da una lunga notte insonne, che si era risolta, solo quando scavando
tra i cassetti, aveva trovato la lettera, che le aveva scritto Duo. Quando
aveva letto Per
questo, non ti preoccupare: le cose dovevano andare così le era montata addosso una rabbia pazzesca.
Che diamine ne sapeva lui? Che ne sapeva che era così che doveva andare a
finire? Lei non lo aveva mai voluto, ma lui aveva fatto tutto di testa sua e
l’aveva lasciata, senza darle il tempo di spiegare, senza farle dire che lei lo
amava, amava solo lui, e non più Heero. Ma, nonostante adesso lo avesse capito,
quella consapevolezza era affondata sotto la rabbia cieca che provava verso di
lui… perchè, l’aveva lasciata, perché…? E poi perché lei non aveva avuto il
coraggio di fermarlo?
Ma ancora una volta, la rabbia prese il sopravvento su di lei, e,
indossata la rituale tunica bianca della promessa, aveva promesso al suo paese
di sposare Heero Yuy, la corona di fiori di mirto tra i capelli.
Al termine della cerimonia, indossato un lungo vestito di broccato blu,
a disegni dorati, fu incoronata Regina di Saint Kindom.
Dopo, non volle vedere più nessuno e rifiutò persino la festa di addio
al nubilato, che le aveva organizzato Chanelle, chiudendosi in camera sua. Guardò
il suo riflesso nello specchio, e si disse: “Chi diamine sei, regina di Saint
Kindom?! Chi diavolo sei, Relena Peacecraft, se non sei stata capace di fermare
il corso, che stavano prendendo gli eventi? Perché non ci sono riuscita,
perché… Duo, ho tanta voglia di vederti, mi manchi da morire, e adesso ti ho
perso per sempre… che cosa dirò a Daphne, quando sarà grande? Che non vive con
suo padre, perché io non ho avuto il coraggio di tornare da lui?”.
A questo punto, scoppiò a piangere e si gettò sul letto, toltasi la
corona troppo pesante, che le ingombrava il capo. Poi, ancora tremendamente
arrabbiata, prese ad urlare: “Perché diamine non sono una persona normale?!
Perché non mi hai dato un motivo per tornare indietro, Duo?! Perché?!”.
Poi, si sollevò e quasi istintivamente, prese una scatola, ancora
chiusa, che Milliardo le aveva portato, dopo lo sgombero, che aveva ordinato a
Seaflower. La aprì delicatamente, togliendo lo scotch con le unghie. Dentro,
c’erano fotografie di lei e Duo, album e tante altre cose, che aveva preso a
raccogliere pazientemente, quando stavano ancora assieme. Non ebbe la forza di
rovesciare interamente la scatola, ma estrasse solo la prima foto che le capitò
davanti agli occhi: c’erano lei e Duo, mentre ballavano… lei aveva un vestito
celeste chiaro, mentre lui indossava la divisa bianca delle Guardie di Palazzo…
si ricordava quella foto, era stata la sera del giorno dopo, che era uscita
dalla clinica, c’era stata una festa. Le aveva sceso la scalinata, come aveva
fatto milioni di altre volte, ma stavolta, si era trovata davanti ad aspettarla
Duo, che l’attendeva al termine della scala, cosa che non aveva mai fatto
Heero. Le aveva teso il braccio e le aveva detto: “Siete un sogno,
Principessa”, e lei era arrossita, perché aveva pensato la stessa identica cosa
di lui. Poi avevano ballato e Hilde li aveva fatto una foto a sorpresa, che poi
le aveva dato.
Accarezzò la fredda superficie della foto e ricominciò a piangere, poi…
Ti
avrei lasciato a Heero.
…la strappò
violentemente, si gettò sul cuscino e pianse, fino ad addormentarsi.
Heero era nella
sua camera e stava giocando con una matita, mentre la mente era chiaramente
anni luce da lì. Non riusciva a togliersi dalla mente Relena; sì, era vero, il
giorno dopo, sarebbero finalmente diventati marito e moglie, ma c’era qualcosa
in lei che oramai non capiva. Relena era cambiata molto, non sapeva se in bene
o in male… era molto più sicura di sé, camminava persino in modo diverso. Era
diventata una donna. Ma, allo stesso tempo, non erano stati solo quei quattro
anni a cambiarla, ma anche la persona, con cui li aveva vissuti: Duo. Lei
traspariva la sua presenza in ogni cosa, anche se lui chiaramente non era con
loro, e sembrava sempre che ogni cosa, anche la minima sciocchezza, lei la guardasse
con occhi diversi, annoiati, perché o l’aveva già fatta con Duo, o magari
perché la voleva dividere con lui… era quella per esempio, la sua espressione,
la mattina precedente, quando era andata in giardino e aveva visto quel gazebo,
ricoperto di fiori rosa, quando si era stretta il cuore… ma, allo stesso tempo,
Heero aveva scritto nel suo cuore e nella sua mente, che Relena amava lui, lui
soltanto, che avesse sbagliato d innamorarsi di Duo, e che era stato lui a
spingerla a tradirlo, e fuori da questa idea, niente, assolutamente niente era
contemplato.
Si alzò dal
letto, dove era disteso, e decise di andare a trovare Relena. Erano giorni, che
non le parlava direttamente e voleva vederla, in modo da ricacciare quelle
fastidiose domande, che si accavallavano nella sua testa. Uscì dalla sua camera
e percorse il corridoio degli appartamenti dei soldati, poi salii ai piani
superiori, dopo aver attraversato la grande sala di rappresentanza, che era
vuota e buia, ad eccezione di alcune candele. Percorse il corridoio, che era
presenziato da alcune guardie e chiese di poter entrare negli appartamenti
della Regina. Le guardie, ovviamente, acconsentirono, dandosi di gomito e
dicendosi: “Mi sa che questa è la volta buona… al Comandante Yuy, non è mai
andato giù che
Entrò in silenzio
nella camera, che era buia, e si accorse che Relena dormiva, stesa sul
letto. Non vi si era infilata dentro, ma
dormiva sul copriletto di seta rossa, una mano sotto la testa. Si avvicinò
lentamente a lei; anche in quel momento, che indossava solo il pigiama, le
sembrò comunque bellissima. Si sedette sul letto e prese ad accarezzarle
dolcemente i capelli, mentre lei continuava a dormire profondamente.
Ad un tratto,
alla luce della luna, che entrava dalla finestra, si accorse che qualcosa nella
camera non andava. Relena, che era di solito, così ordinata, aveva gettato
distrattamente il suo vestito, su una poltrona, con la corona, che le era stata
data quella sera stessa. Poi, sul letto, c’era una scatola, piena di chissà che
cosa e che lei aveva lasciato lì aperta. Non seppe mai perché, ma preferì non
guardare in quella scatola, che nella luce fioca della stanza, le sembrava un
immenso buco nero. Ma, al contempo, notò che sul cuscino, accanto a Relena,
c’era uno tralcio di fotografia, che la ritraeva abbracciata a chissà chi,
completamente ignara che qualcuno le stesse scattando una foto. Aveva un bel
vestito celeste chiaro e i capelli, tirati su, e sorrideva, sorrideva, come non
l’aveva vista mai fare, mai. Quel suo sorriso era strano: caldo, dolce, ma
pieno di emozione, esplodeva e quasi le devastava il viso di gioia e di un
sentimento, che non sapeva spiegare verso la persona, che aveva di fronte.
… un sentimento, che non sapeva spiegare… amore, c’era amore, puro, fortissimo, in quel suo
sguardo.
Rimase per
qualche minuto, con quella foto tra le mani, chiedendosi se l’altra persona
fosse Duo, o fosse lui. Non voleva rispondersi, non voleva saperlo, e così,
lasciò la stanza di Relena, dopo averle rubato un bacio, mentre non sapeva che,
tanti anni prima, un’altra persona le aveva rubato un bacio, quando Relena non
era ancora sua, ma che, mentre Heero la baciava, riposava nei suoi sogni.
Heero lasciò la
stanza, pronto ora a tornare a dormire, non accorgendosi che Relena stringeva
tra le dita, l’altro pezzo di quella foto, il frammento mancante che gli
avrebbe fatto capire quale era la verità.
Era mattina e
Relena era seduta, dietro la finestra, mentre alcune donne di servizio le
sistemavano i capelli, annodandoglieli sul capo, e ponendole la corona, sempre
sulla testa. Lei evitava di guardarsi allo specchio, perché, se lo avesse
fatto, avrebbe visto il suo riflesso, cinto da quell’abito da sposa, e avrebbe
certamente ricominciato a piangere. Non voleva farlo, anche perché si era ormai
convinta che aveva preso la decisione giusta. Sebbene amasse Duo e sebbene lo
avrebbe amato per tutta la vita, doveva sposare Heero, lo aveva ormai promesso
al suo Paese e anche a lui stesso. Se non era stata capace di dire la verità,
di essere onesta, e di impedire che Duo andasse via, ora ne doveva pagare tutte
le conseguenze. Avrebbe sposato Heero, e, così facendo, quella storia si
sarebbe conclusa. Sarebbe tutto finalmente finito, come aveva voluto Duo.
Una delle donne,
le disse che era pronta e che, da lì a qualche minuto, sarebbe arrivata la
tradizionale carrozza a prenderla per portarla nella Cattedrale, dove si
sarebbe celebrato il matrimonio. Lei annuì leggermente e le pregò di lasciarla
sola. Le donne uscirono, e lei si mise dietro la finestra, la mano sul petto,
cercando, per quella che sarebbe stata l’ultima volta, di vedere ancora
Seaflower, il luogo, dove era stata più felice in tutta la sua vita. Ma, non
essendoci riuscita neanche stavolta, distolse la vista dalla finestra.
Ad un tratto,
sentii la porta bussare.
“Avanti” disse,
sedutasi di nuovo sulla poltrona, dietro la finestra.
Nella stanza,
entrò Soraya, che aveva in mano qualcosa. La ragazza, che aveva i capelli
castani legati in una crocchia elegante sul capo, la salutò, poi si sedette
accanto a lei.
“Allora, è
arrivato il grande giorno” disse Soraya “Scommetto che non stai più nella
pelle!”.
Relena annuì,
sorridendo, con quel falso sorriso, che la fiaccava sempre psicologicamente.
Soraya sospirò di
nascosto, capendo chiaramente che l’amica stava ancora ed inequivocabilmente
fingendo. Poi le prese la mano e le disse: “Senti, Relena, noi siamo amiche da
tanti anni, e tu lo sai che io ti voglio un bene dell’anima. Se tu stai male,
anch’io ne soffro…”:
”Non capisco che
cosa vuoi dire” disse Relena, che, come al solito, si era rinchiusa freddamente
nel suo guscio.
“Ascoltami,
Relena, voglio farti una domanda…chiamami stupida o anche impicciona, ma vorrei
che, per favore, tu mi rispondessi…” iniziò Soraya.
“Dimmi”
“Perché vuoi
sposare Heero?” sussurrò Soraya.
Relena si voltò a
guardare l’amica, la fronte corrugata per la sorpresa della sua domanda, poi si
calmò e rispose, senza tenerezza nelle parole: “Perché sono innamorata di lui”.
Soraya disse, la
voce decisa: “Allora non ti importa niente di questa…” e mostrò a Relena quello
che teneva in mano: una busta, piccola e bianca.
“Che cosa è?”
chiese, senza effettivo interesse.
“Una lettera di
Duo” replicò Soraya “L’ha scritta a Laurie…”.
Relena si scosse
dal suo torpore, poi guardò Soraya, il viso in fiamme e il cuore in gola. Una
lettera di Duo…
Gli occhi le si
annebbiarono, pieni di lacrime e disse: “Ti prego, Soraya, se mi vuoi bene,
portala via…”.
Invece Soraya
gliela pose in grembo, e disse, prima di lasciarla sola: “E invece proprio
perché ti voglio bene, voglio che tu la legga…”.
Relena, rimasta
sola, la lettera sulle gambe, che emergeva candida, sul vestito panna, la
soppesò a lungo con lo sguardo. Poi, la prese tra le mani e la scartò
lentamente. Stese il foglio, davanti a sé, poi, sospirando per darsi forza,
iniziò a leggere.
Laurie,
ho deciso di risponderti, solo perché alle volte,
il peso che porto nel cuore, è così insostenibile, che non ce la faccio neanche
a respirare. Perché, se fossi davvero una persona coerente, non avrei dovuto
neanche leggere la tua lettera. Non ce l’ho con te, credimi, ma è solo che non
capisco come mai tutti voi continuate ad affannarvi tanto. Non lo negherò mai,
è vero, neanche in punto di morte, di amare ancora Relena, di amarla ancora
come quella volta, che la vidi sulle scale della Reggia, quando mi accolse, in
quella fredda sera autunnale. Ero stanco e non sapevo neanche perchè ero venuto
da lei. Non ero venuto da Heero, anche allora lo sapevo, ero venuto da quella
Principessa, che avevo sempre visto di sfuggita, durante
DUO
Relena rimase,
come inebetita, di fronte a quella lettera, e, anche quando la vennero a
chiamare, per andare in chiesa, obbedì come un’ automa. Aveva infilato la
lettera in tasca, non riuscendo a smettere di pensare a ciò che vi era scritto…
Duo l’amava
ancora, Duo l’amava ancora e non aveva mai smesso di farlo… adesso, era seduta,
nella carrozza, dove tanti anni prima, anche sua madre si era mossa per sposare
suo padre. Chissà, se lei lo amava in quel momento, le venne da pensare. Era
come narcotizzata da quella lettera che la bruciava calda sul cuore, e che le
percuoteva la testa, con un ritmo quasi assordante, non vedeva il mare di
gente, che si accalcava accanto a lei, e non si accorse neanche che il tragitto
per arrivare in chiesa fosse stato brevissimo e che era ormai già arrivata.
Scese dalla
carrozza, lo sguardo perso nel vuoto, mentre migliaia di flash scintillavano
attorno a lei. Raggiunse Milliardo, che l’attendeva per condurla all’altare. Il
fratello le sorrise e le disse qualcosa, ma lei non capì e neanche rispose.
All’altare, Heero
la stava aspettando. Gli occhi di Relena ripresero improvvisamente contatto con
la realtà e si riempirono di lacrime. In quella visione sfuocata, le sembrava
quasi che Heero così compunto e fermo vicino all’altare, fosse Duo… ma non è
lui, non è il mio Duo, non è lui… ma che
cosa sto facendo???!!! Si disse,
crudelmente, mentre il fratello la trascinava verso l’altare.
Si guardò attorno
e vide il mare di suoi amici e di suoi parenti, che magari in cuor loro,
avevano sempre desiderato che quel giorno arrivasse. C’era Wufei, con accanto
Patrick, poi c’erano Rareba e Dorothy, con il loro figlioletto Danny, Trowa,
Noin che teneva in braccio Elisa, mentre Jeannemarie reggeva Daphne… la persona
che però la colpì di più fu Catherine, con il suo nuovo ragazzo… lei era
felice, raggiante, stretta nel abbraccio del suo amore … lei ha
lasciato Trowa, è andata contro tutto quello che sembrava che le avessero
imposto gli altri e il destino delle anime gemelle… perché, io non posso?
Perché io non posso tornare da Duo, ora che so che lui mi ama e che mi ha
lasciato solo perché aveva paura, tanta quanta ne avevo io?
“Perché, io sono
Avere in mano i
destini degli altri
E il mio? Chi ce l’ha in mano il mio???
Nessuno e tutti.
Nessuno può dirti che cosa sia la cosa giusta da fare, sei solo tu che lo puoi
e lo devi decidere, ma, intanto, devi sempre tenere conto che ogni tuo gesto
debba essere giusto e conveniente per il tuo paese. Non è conveniente che una
Regina torni indietro sulle sue scelte, che rompa le promesse, che abbia paura,
che sbagli…
Ma Relena
Darlian, invece?
Relena, invece, ha avuto Daphne, senza essere
sposata, e poi… e poi Relena ama un’altra persona, mentre si accinge a sposare
un altro…
Relena Darlian
non è andata contro il destino delle anime gemelle? Non l’ha fatto, forse?
Sì, Relena ha amato e ama un uomo, che non è la sua
anima gemella… Heero Yuy è la mia anima gemella, è lui, ma io amo Duo Maxwell…
Dunque,
hai lasciato il tuo eterno e grande amore per Duo Maxwell?
Sì, l’ho fatto… anche se non volevo, io
l’ho fatto. L’ho rotto il mio destino di anima gemella di Heero Yuy, e sono
uscita da quella storia già scritta… la mia vita mi ha cambiato, o magari un altro
destino ha rotto quello precedente… il destino che ha scelto il mio cuore.
Lo
sai o no, che
Sì, lo so, ma
Si
fermò, mentre stava per arrivare all’altare.
“Che
hai Relena?” le chiese Milliardo, mentre migliaia di sguardi le perforavano il
viso.
“Milliardo,
io non posso!” disse la voce, rotta dalle lacrime, poi sentii la voce di Heero
chiederle: “…che cosa non puoi fare?!”. La sua voce le fece un male atroce, la
sua voce, che ora le sembrava brutale, come quella prima volta, che lo aveva
visto… com’era dolce la voce di Duo, quel giorno che le aveva detto: “Non
ti lascerò mai, mia dolce principessa…non lo farò mai, perché ti amo da morire…”. Lei non aveva risposto quel giorno,
quando lui le aveva detto quelle parole, ma ora sapeva che, quella sera, mentre
rispondeva al suo bacio, lei si era legata a lui con una tacita e silenziosa
promessa, mille volte più forte e solida, di quella evanescente e stupida, che
aveva urlato al suo Paese il giorno prima. E non avrebbe più permesso più a
nessuno di soffocare quella promessa, che aveva fatto, e che aveva voluto
cancellare a forza dal suo cuore e dalla sua anima, straziata dalla paura e dal
timore.
Disse,
sollevando lo sguardo, ancora pieno di lacrime, verso Heero: “Heero, io non
posso… mi dispiace, ma ho fatto una promessa che non posso rompere”.
“Quale
promessa?!” le disse Heero, scuotendola per le spalle “A chi hai fatto una
promessa?!”.
Lei
rispose, sussurrando, senza essere sentita da nessuno: “Alla mia anima
gemella”, poi si liberò della stretta di Heero e in lacrime, corse verso una
stanzetta attigua alla chiesa, dove si rinchiuse a chiave. Non voleva veder
nessuno, nessuno… tutte quelle facce, agghindate e vestite a festa, le
ricordavano quanto fosse stata stupida.
Dopo
essersi chiusa la porta alle spalle, fece qualche passo, poi inciampò nel lungo
strascico del vestito, e cadde per terra. Rimase immobile qualche secondo, la
faccia premuta sul marmo freddo, poi si sollevò e si mise seduta. Vide il suo
riflesso nel marmo del pavimento. Aveva il viso di una regina, aveva il viso di
sua madre; prima di uscire, aveva visto una foto del loro matrimonio. Aveva
persino gli stessi occhi arrossati di pianto, che aveva lei…
Anche mia madre ha pianto quel giorno…
chissà se ha pianto di gioia o di dolore… forse, aveva anche lei un’anima
gemella, che si era imposta di lasciare dietro di sé… forse, è stata lei a
farmi fermare…
“Grazie
mamma” mormorò tra le lacrime.
Si
alzò in piedi e poi, lentamente, si tolse la corona, che aveva ancora sul capo
e la adagiò su una sedia lì vicino. Si tolse anche gli orecchini, i bracciali e
la collana di diamanti, che le avevano imposto di mettere.
Si
sciolse i capelli e solo allora, si riconobbe come sé stessa.
Ad un
tratto, sentii la porta bussare.
“Chi
è?” chiese, sollevandosi in piedi, ormai forte, che niente e nessuno, l’avrebbe
ancora costretta a mentire al suo cuore.
“Relena,
sono io, sono Heero… per favore, fammi entrare”. La voce di lui si era
addolcita. Chissà, magari lo avevano tranquillizzato, dicendogli che la sua
futura moglie aveva avuto solo una giustificabile crisi prematrimoniale… di certo, non
pensavano che quelle nozze non si sarebbero tenute, né allora, né mai più…
“Che
cosa vuoi?” chiese Relena, lontana dalla porta.
“Voglio
parlarti… per favore, fammi entrare”
“No,
parlami da fuori” rispose, fredda.
Heero
sospirò, poi le chiese: “Che cosa ti è successo? Sei stanca? Vuoi rimandare la
cerimonia?”.
“Heero,
io non posso sposarti, non posso fare a me stessa questo” rispose, le lacrime
agli occhi, poi proseguì, più calma e con la voce leggermente addolcita “E non
posso neanche farlo a te… tu sei una persona meravigliosa, credimi, e io ti
voglio un bene dell’anima, ma non posso mentirti, come ho fatto, fino a questo
momento…”.
“Tu
non mi hai mentito, mai” rispose il ragazzo la voce ferma e decisa “Sei sempre
stata onesta con me”
“Forse
prima, forse quando eravamo più piccoli” replicò lei, il cuore che chiedeva di
dire tutto quanto prima possibile, ma che, allo stesso tempo, aveva ancora
paura di farlo “Da quando tu sei tornato, non ho avuto il coraggio di dirti una
cosa che, per me, era troppo importante, ma che volevo nascondermi, perché ne
avevo troppa paura. Ho finto che non esistesse, ma, invece, era troppo forte in
me, e oggi non ce l’ho fatta più a tenerla nascosta. Mi è scoppiata nel cuore,
Heero…”.
“Che
cosa non mi hai mai detto?” chiese Heero, in un sussurro. Per la prima volta
nella sua vita, aveva paura. Una paura matta della risposta, che sarebbe venuta
dall’altra parte di quella porta, e che non voleva neanche pensare o provare ad
immaginare.
Relena
sospirò a lungo, poi disse, in un bisbiglio: “Heero, io sono innamorata di Duo
e, se il mio senso del dovere e di colpa, potrebbero sposarti e lo stavano per
fare, il mio cuore non può. Io amo Duo…”.
Heero
sentii la vista annebbiarsi. Era quella la risposta, che temeva più di tutte.
Qualsiasi cosa, tranne questa!
Qualsiasi cosa, tranne questa! Tutte, tranne questa! Che mi dica che mi odia,
che non mi sopporta, ma per favore, non che quello che prova per lui, è più
forte di quello che prova per me…
Iniziò
a battere i pugni sulla porta, urlando: “Relena, tu sei solo spaventata! E’
solo questo, amore mio, credimi! Apri questa porta! Ti prego, apri questa
porta!”.
Relena
si avvicinò alla porta, poi disse: “Heero, io non so come spiegarti, ma credimi
mi dispiace, mi dispiace tanto! Ho mentito a me stessa per tutto questo tempo,
ma io lo amo ancora, e avevo troppa paura ad ammettere che quello che provavo
per te fosse finito, e non fosse eterno, come avevo sempre pensato! So che
forse Duo non vorrà più saperne niente di me, ma io non potevo mentirti ancora
così, solo per la mia sciocca paura! Che cosa dirò un giorno a mia figlia? Le
dirò che amavo da morire suo padre, ma che l’ho lasciato andare via?!”.
Heero
smise di battere pugni sulla porta e le chiese: “Perché lui, Relena? Perché
lui?!”.
Lei
rispose:” Non lo so perché, Heero, e, a volte, vorrei saperlo… vorrei darti una
spiegazione, qualsiasi cosa meglio di questo, ma non ci riesco, non ci riesco,
Heero! Io so solo che lo amo e che non potevo continuare ad andare avanti
così…”.
Heero,
per un po’, non rispose. Aveva decine di sguardi addosso, ma non gli importava
niente, niente di niente. Che dicessero quello che volevano… si sentiva vuoto,
come lo era stato prima di conoscere quella meravigliosa persona, che ora era
barricata dietro quella porta materiale, ma da cui era ormai irrimediabilmente
lontano per via di quel suo sentimento, che lui non era più in grado di fermare
e di combattere… per la prima volta nella sua vita, non voleva combattere, e
neanche, pensandoci, poteva… aveva sempre avuto davanti a sé nemici fisici,
persone che detestava o che rappresentavano un ostacolo per l’adempimento delle
sue missioni. Ma, stavolta, aveva avanti quello, che doveva essere il senso
della sua vita, la persona, che amava di più al mondo, e a cui non avrebbe mai
potuto fare del male. L’ostacolo tra lui e quella persona era rappresentato da
un’altra persona, che ora non c’era, ma che anche se ci fosse stata, non
avrebbe mai potuto neanche sfiorare. Relena ne sarebbe rimasta straziata, se
lui fosse morto, e poi, anche se lo avesse effettivamente ucciso, il loro amore
non sarebbe finito.
Lentamente
si rivolse alla porta chiusa e disse: “ Vorrei dirti che stai sbagliando,
Relena, ma ti conosco troppo bene, e so che, se decidi qualcosa, è quella e non
c’è niente da fare. Vorrei poterti dire tutto quello che sto provando in questo
momento, ma sento solo un grande vuoto e so che forse le mie parole ti
convincerebbero a mentirmi ancora e so che non potrei più sopportarlo…. avere
il tuo corpo, ma non il tuo cuore, come è successo, da quando sono tornato… non
puoi immaginare, come vorrei tornare indietro, e cambiare quanto è successo,
non essere partito ed essere rimasto, ma so che pensarci ora è inutile… in
fondo, l’ho sempre saputo che tu non dovevi stare con me, ma con qualcuno che
ti facesse scordare chi sei, come sta facendo adesso, anche se a distanza, Duo…
e tu con me non hai mai scordato per un solo secondo chi eri, Relena…”.
Heero
tacque, il cuore sempre più schiacciato. Ormai non c’era più niente, più niente
da cui tornare. La porta lentamente, si aprì e Relena uscì. Era sempre
bellissima, ma ora era anche irraggiungibile. Anzi, ed era una cosa
stranissima, era più bella di quanto non lo fosse mai stata; mai, come in quel
istante, voleva averla, ma quello era forse l’unico momento della sua vita, in
cui era cosciente che Relena non era più sua, non lo era più, e questo lo
lasciava tramortito, come se ne fosse completamente devastato. Era un uragano e
non poteva fermare quell’ombra scura, che si stava rapprendendo sulla sua
anima, quell’ombra, che Relena aveva dissipato, ma che ora stava tornando. E
faceva male, cavolo quanto faceva male, un dolore acuto e sordo, che pensava
che non sarebbe mai morto. Ne sarebbe morto prima lui, ne era certo… solo ora, si rendeva conto che a renderla così bella era quello stesso
sguardo che aveva la prima volta, che l’aveva rivista… ecco, quale era stato il
suo errore: rimanere ottuso e non capire che lei era di Duo, anche quando aveva
accettato di sposarlo, e lo aveva baciato. Era stato quello il suo sbaglio, il
chiudersi per non capire, per non vedere, per non stare male, per non
convincersi e sapersi dire che l’aveva già persa, e che aveva fatto male a
tornare sulla Terra. Era chiaro che lei doveva essere cambiata, era chiaro…
solo lui era rimasto bloccato nella dimensione del tempo mai passato, solo lui.
Ma lei no . Era chiaro che lei doveva andare avanti… assolutamente sgradite,
gli tornarono in mente le parole di Duo, di tanto tempo prima…
… ora tu mi vieni
a dire che lei sarebbe dovuta morire per te, ma restarti fedele per sempre?!…
Relena lo guardò in viso, le lacrime che scendevano lungo le sue
guance: “Heero, io non so che cosa dire… io, io non posso lasciarti così… tu
non mi perdonerai mai, mi odierai per sempre, Heero…”.
Il ragazzo le disse, secco: “Ascoltami, Relena… ho capito che cosa è
successo e so che tu non potevi andare contro il tuo cuore, e non ti biasimo
per questo… ma ti prego, so che è solo questo il momento, in cui potrei farti
andare via, poi non ce la farò più… parlare di perdono è inutile, ora, e so che
adesso è il tuo ultimo pensiero… vai da lui… vai da Duo”.
Relena nascose il viso tra le mani, e scoppiò in singhiozzi più forti.
Poi, si mosse verso di lui e lo abbracciò velocemente, mormorando: “Scusami
Heero!”, poi corse via.
Heero rimase immobile per un po’, poi lasciò la chiesa, diretto verso
lo spazio. In fondo, Relena gli aveva insegnato che si doveva sempre continuare
a vivere, sempre. E lui, aveva una persona, da cui tornare, anche se non era
quella che doveva essere e avrebbe voluto che fosse.
Mentre era in taxi per raggiungere l’aeroporto, uscì dalla tasca il
cellulare e compose un numero.
“Pronto?” rispose una squillante voce femminile.
“Angie, sono io, sono Eddie… sto tornando a casa” rispose con un sorriso
melanconico, pensando che non la vedeva da almeno un anno.
“Si può sapere dove sei stato?!” chiese lei, trafelata.
“A cercare il mio passato…” rispose sconsolatamente.
“E l’hai trovato, almeno?”
“No, sono ancora Eddie Thompson” rispose deciso, più che mai a non
farle sapere niente di quello che era successo.
“Smettila Heero” disse dolcemente Angie “So benissimo chi sei…credi che
non ti abbia visto in televisione?!”
“Scommetto che non vuoi più che torni a casa…”.
“Non dire sciocchezze… muoviti e basta! Ti sto aspettando da un anno, e
poi devi conoscere Alex…”.
“E chi è Alex?!” chiese curioso.
“Tuo figlio… e, se non fossi partito così all’improvviso, avresti
saputo che ero incinta…”.
Heero rimase immobile, un tenue sorriso sul volto. Aveva anche lui un
figlio. In fondo, anche lui era in quel tempo, che credeva di non possedere
più.
Duo si era appena alzato da dormire. Guardò l’orologio sul comodino e
vide che erano le 11. Aveva dormito malissimo quella notte, guardando sempre
l’orologio, assolutamente incapace di addormentarsi. La lancetta delle ore
camminava lentamente, e, ad ogni ora, mormorava: “Tra dieci ore, Relena sposerà
Heero, tra otto ore…”. La notte era passata
e all’alba, lui si era addormentato, esausto. Erano ormai giorni, che
non dormiva. Ma che cavolo diceva?! Erano mesi, che non chiudeva occhio, da
quando aveva lasciato
Ma quella mattina, quando si alzò, e guardò per l’ennesima volta
quell’orologio, pensò, sebbene non volesse: “Relena sta per sposare Heero…
manca ormai mezz’ora…”, e sentii una fitta al cuore, fortissima, che lo fece
piegare in due sul letto. Non poteva, non poteva permettere che accadesse… non
poteva! Non poteva! Doveva tornare, doveva fermare tutto, doveva, altrimenti
non se lo sarebbe mai perdonato… doveva dire a Relena che lui l’amava, che
l’amava ancora, da morire, come il primo giorno. Che gli importava , per quale
motivo, lei sarebbe potuta tornare da lui, basta che lo facesse… basta che
tornasse a stare accanto a lui, a farlo sentire vivo, a fargli sentire che
voleva vivere ogni giorno, come se fosse l’ultimo…
Si alzò di corsa dal letto, e si vestì velocemente. Poi si precipitò
giù per le scale in cucina, salutò la madre e corse verso l’aeroporto. La
strada sembrava non finire mai, non finiva mai quella maledetta strada… girò
l’angolo, l’occhio sull’orologio… le 11, 15, non ce l’avrebbe mai fatta, ma,
intanto prese a correre ancora più forte, una fitta lancinante nel fianco, che
gli mozzava il respiro.
Si ricordò che cosa gli avevano detto i suoi addestratori, tanti e
tanti anni fa: “Quando una
cosa ti sembra impossibile, concentrati sul perché la vuoi fare… vedrai che, se
ci tieni davvero, riuscirai a superare tutte le leggi dello spazio, del tempo e
della possibilità…”.
“Io devo andare
da Relena, io devo andare da lei… devo dirle che io la amo, che non l’ho
dimenticata, devo spiegarle bene perché ho avuto paura e l’ho lasciata…” si costrinse a pensare,
mentre le gambe trovavano ancora dell’energia residua.
Arrivò all’aeroporto, che erano le 11, 25. Doveva prendere uno di quegli aerei
superveloci per portarlo sulla Terra, che ci impiegano una decina di minuti, e
sperare che ci fosse un collegamento, diretto per Saint Kindom.
Ma, quando entrò nell’aeroporto, vide un sacco di gente, che sostava
alle uscite e alle entrate, con delle valigie, che attendevano, evidentemente
stanchi.
Gli venne un terribile sospetto…
“Scusa” chiese ad un uomo, che era lì vicino “Ma gli aerei non
partono?!”.
L’uomo rispose: ”C’è uno sciopero… non parte nessun aereo, fino
all’una…”.
Duo si sentii mancare, poi, pallido, chiese: “Ne sei sicuro?! Nessun
aereo?!”.
L’uomo rispose: “Sì, nessuno… io dovevo andare a Saint Kindom per il
matrimonio della Regina Relena, ma mi sa tanto che lo perderò…”.
Duo chiese, sperando con tutte le sue forze: “Non c’è una linea
privata, o qualcosa del genere?! IO DEVO ANDARE A SAINT KINDOM AD OGNI
COSTO!!!”.
L’uomo, visibilmente spaventato dalla reazione del ragazzo, disse
amichevolmente: “Mi dispiace, ma non c’è alcuna linea privata, niente di
niente… anch’io devo andare a Saint Kindom, ma tutti gli aerei sono fermi…”.
Duo si mise le mani tra i capelli, assolutamente incapace di dire e
anche di pensare qualcosa. Perché diamine aveva aspettato fino ad allora, per
capire che doveva tornare da Relena? Adesso era troppo tardi…
Sollevò distrattamente lo sguardo, e vide uno schermo, su cui stavano
trasmettendo il matrimonio di Relena. Molta gente guardava quelle luccicanti
immagini di magnificenza e splendore, gli occhi un po’ sognanti e un po’
invidiosi. Duo si avvicinò a quella gente e guardò anche lui verso lo schermo
della televisione.
La voce di un’annunciatrice stava commentando: “Ed ecco, la neo-
incoronata Regina Relena Eleanor Peacecraft, che fa il suo ingresso nella
Cattedrale di Saint Kindom…”. Duo fu completamente rapito dalla visione di
Relena in televisione. Mai, come allora, quando sapeva di non poterla avere, la
voleva accanto a sé, con tutto sé stesso. Lei indossava un lungo vestito da
sposa, di colore avorio, con un corpetto, con ricami, che splendevano luminosi.
Dietro di sé, portava un lunghissimo strascico, fissato con delle rose bianche
di seta trasparente. Sul capo, aveva la corona dei Peacecraft, quella corona di
diamanti brown, che lei non aveva mai voluto indossare, ma che ora stava
portando, con tanta eleganza e disinvoltura; anche il suo sguardo, era
cambiato, era fisso nel vuoto, come se sapesse esattamente a che cosa stesse
andando incontro.
Duo si allontanò velocemente e non udì neanche le persone che
mormoravano: “Guardate, la regina si è fermata!” e lasciò la sala
dell’aeroporto.
Quando fu fuori, gli sembrò che l’aria si fosse fatta più fredda.
Stringendosi nelle spalle, si disse, guardando il cielo, che crudele, lo
separava dalla sua Relena: “Era già troppo tardi…”.
Relena era stata intercettata, prima che uscisse dalla chiesa,
completamente presenziata dai giornalisti, dalle sue amiche e da Jeannemarie,
che l’avevano condotta in una stanzetta.
Jeannemarie le aveva sorriso, poi le aveva dato un pizzicotto sulla
guancia e le aveva detto: “Certo che lei è un continuo spasso, Relena! Ha avuto
il coraggio di lasciarlo, proprio sull’altare!”.
Relena aveva sorriso malinconicamente, poi aveva risposto: “Non volevo
farlo, ma non potevo neanche sposarlo, ora che ho capito che sono innamorata di
Duo…”.
Jeannemarie aveva annuito, con il capo più seria, e le aveva risposto
che aveva fatto bene.
A quel punto, Relena disse alle amiche: “Volevo ringraziarvi… tutte voi
mi avete aiutato a non commettere il più grande errore della mia vita…”.
Le quattro amiche sorrisero, poi aguzzarono le orecchie alle altre
parole di Relena: “Ascoltatemi, io devo assolutamente andare da Duo… ora so
anche dov’è, e non posso più sopportare di stare lontana da lui… ma non ce la
farò mai a lasciare questo posto… ci sono troppi giornalisti, per non parlare
degli invitati e dei Membri del Parlamento!”.
Chanelle scosse la chioma bionda e disse: “Già, è un bel problema!”.
“Ma non del tutto irrisolvibile!” disse, a quel punto, Hilde “Mi è
venuta un’idea!”.
“Che genere di idea?” chiese Relena, preoccupata. Quegli scatti di
Hilde, gli conosceva fin troppo bene; una ne faceva e cento ne pensava.
“Bene, il mio piano si articola in varie fasi” cominciò Hilde con aria
da cospiratrice “Avrò bisogno della collaborazione di tutte voi…”.
Dopo qualche minuto, i giornalisti videro uscire dall’ingresso
secondario della chiesa, una sagoma, avvolta da un vestito bianco, accompagnata
da altre due figure. Una giornalista, avvolta in un tailleur verde smeraldo,
urlò: “Ma quella non è
Gli altri si volsero a guardarla e videro che, in effetti, la figura,
che ora stava entrando in una auto con vetri neri, non poteva essere altro che
Nell’auto, Hilde sorrise, seduta accanto a Laurie: “Certo, che sono
proprio degli imbranati! Non hanno neanche sospettato che Relena è molto più
magra di questa pseudo-Regina, che abbiamo usato…”.
Chanelle, alla sua destra, borbottò, contorcendosi nel vestito da sposa
di Relena, per lei effettivamente un po’ stretto: “E’ normale che sia più magra
di Relena! Lei, con quel lavoro ingrato che fa, non mangia praticamente mai!”.
Laurie le disse amichevolmente: “Se continui a mangiare così, non
troverai mai un ragazzo, sorellina!”.
Chanelle si lamentò, colpita nel vivo dalle parole del fratello, poi li
incitò a chiamare Annie e Soraya, per dire che la prima parte del piano era
andata a buon fine. Annie, sentendo il suo cellulare, squillare, disse: “Ok, ce
l’hanno fatta!”.
Relena sospirò di sollievo. Non era stata molto convinta dal piano di
Hilde, ma adesso si sentiva sollevata dall’avere delle amiche, così speciali,
come loro. Sperava che, anche il resto procedesse bene… voleva raggiungere Duo
quanto prima.
Soraya si alzò dalla sedia, dove era seduta e disse: “Bene, adesso
tocca a me…”.
Annie la ammonì, con lo sguardo: “Mi raccomando, cerca di metterci un
po’ di emozione in quello che dici!”.
Soraya replicò freddamente: “ E tu cerca di non far precipitare lo
shuttle!”.
Annie non rispose, mentre l’amica usciva dalla stanza.
“Adesso, dobbiamo solo aspettare che Soraya distragga quelle vecchie
mummie dei parlamentari e dei consiglieri, e poi andremo da Duo” disse decisa
Annie a Relena.
Relena, che ora indossava un paio di pantaloni bianchi, corti sotto il
ginocchio, e una camicia celeste smanicata, rispose, la mano sul cuore: “Non
vedo l’ora…”.
Jeannemarie, che teneva in braccio Daphne, chiese preoccupata ad Annie:
“Ma tu sei sicura di saper guidare uno shuttle?!”.
Annie, leggermente offesa, rispose: “Ma certo che lo so fare! Ho preso
la licenza, ben tre mesi fa… e poi abbiamo ben poca scelta, c’è uno sciopero
degli aerei, e Relena deve vedere Duo quanto prima possibile. Se non ti fidi di
me, non venire, no?!”.
Jeannemarie replicò leggermente offesa, anche lei: “No, ci vengo, chi
se la sente la madre di Relena, se le succedesse qualcosa?! E poi, scommetto
che Duo, per prima cosa, vorrà vedere la sua bambina, in fin dei conti non l’ha
mai vista!”.
Relena annuì con dolcezza, il dito stretto nel pugnetto di Daphne.
Dopo qualche minuto, sentirono la voce di Soraya, che iniziava a
leggere il discorso che Relena aveva scritto, per comunicare la sua decisione
di rompere la promessa e di rinunciare al Trono, in favore di suo fratello.
Le tre donne lasciarono furtivamente la stanza, costeggiando
silenziosamente il muro della chiesa. Lentamente, riuscirono ad uscire dalla
chiesa. Relena respirò ancora di sollievo: nessuno si era accorto di loro. Li
avrebbe voluti salutare meglio, ma sapeva benissimo che, se lo avesse fatto,
non l’avrebbero fatta più andare via. Invece, lei doveva andarsene, doveva
andare da Duo. Non le importava più che cosa sarebbe successo dopo, basta che
avesse avuto lui. Le tre entrarono nella macchina di Annie e, in capo a qualche
minuto, raggiunsero l’aeroporto, che come prevedeva Annie, era presidiato dai
manifestanti. Relena si mise un cappello in testa e un paio di occhiali scuri
per non essere riconosciuta, poi raggiunsero gli hangar privati della Famiglia
Reale. Relena si sedette con Daphne, sulle ginocchia, accarezzando i capelli
biondi della bimba e mormorando: “Tra poco, vedrai il tuo papà, Daphne…
speriamo che lui voglia ancora stare con noi…”, mentre Jeannemarie, seduta
accanto a lei, era praticamente incollata al sedile.
Sebbene il volo fosse stato abbastanza turbolento, le tre giunsero in
un’oretta sulla colonia D- 5648.
Uscirono dall’aeroporto, dove Relena riconobbe, imponendogli però di
stare zitto, un suo vecchio amico del liceo, che sembrava morire dalla voglia
di sapere perché aveva mollato sull’altare Heero Yuy, ma lei gli impose con lo
sguardo di tacere.
“Scusami, Mark” chiese Relena, visibilmente di fretta “Sai, per caso,
dove si trova Fredeiman Avenue?”.
Mark si grattò distrattamente, sotto il mento, poi disse: “Credo che
sia a tre isolati di qui… ma non ne sono del tutto sicuro… comunque, vorrei
chiederti solo una cosa: il tuo matrimonio non si fa più? Così, me ne vado a
casa…”.
Relena, rispose, seccata: “Te ne puoi andare a casa, Mark… non ci sarà
nessun matrimonio oggi”.
Mark disse, divertito: “Meno male, sai… mi ero scocciato di aspettare…
peccato, per quel tipo che doveva andare a Saint Kindom con tanta urgenza…”.
Relena, il cuore in gola, chiese: “Quale, quale tipo che doveva andare
a Saint Kindom urgentemente?!”.
“Non lo so” rispose Mark “Mi sembrava di conoscerlo di vista, ma non ne
ricordo il nome… comunque, era alto, i capelli castano chiaro e gli occhi blu…
perché, lo conosci?”.
Relena mormorò, sorridendo: “Spero di sì… hai visto dove è andato?”.
Mark rispose che lo aveva visto uscire, ma che non sapeva dove fosse
andato.
Relena lo salutò e lo ringraziò, poi si mise alla ricerca di Fredeiman
Avenue.
Duo era tornato a casa da qualche minuto, ed aveva chiesto alla madre
di non passargli nessuno al telefono e neanche, se fosse venuto qualcuno per
lui, di farlo venire. Aveva rifiutato di mangiare, e si era chiuso nella sua
camera, steso sul letto, lo sguardo incatenato sul soffitto bianco.
Si sentiva una nullità, uno stupido… era stato capace di perdere, di
nuovo, Relena. Lo sapeva che era brutto pensarlo, ma Heero aveva vinto, aveva
vinto di nuovo, e stavolta, non se la sentiva neanche di biasimarlo. Era stato,
in fondo, lui a lasciargli campo aperto, che altro avrebbe pensato che potesse
accadere, se avesse cessato di combattere come Heero aveva sempre, invece,
fatto? Era stato lui a voler perdere Relena, solo lui, per la sua sciocca
paura, perché non voleva rischiare di rimanere ferito, era stata colpa sua… e
adesso, doveva cominciare ad imparare che avrebbe dovuto, per sempre, convivere
con quella costante croce: non aver sconfitto il destino, che, se si era messo
contro di lui, non avrebbe mai e poi mai vinto… sì, come no, adesso si metteva
anche a fare il fatalista. Il destino siamo solo noi a costruirlo, e lui ce
l’aveva messa tutta per distruggere quello meraviglioso, che si poteva
conquistare.
Ad un tratto, sentii la porta bussare e la voce della madre chiamarlo.
“Che c’è mamma? Ti ho detto, non ho fame…” rispose, scocciato.
Isabelle disse: “Duo, c’è una persona che vuole vederti… puoi uscire
per favore?”.
Duo le rispose bruscamente: “Mamma, chiunque sia, mandalo via… non
voglio vedere nessuno, ok?”.
Per tutta risposta, la madre aprì la porta. Duo sospirò, sollevandosi
dal letto, poi disse ancora burberamente: “Si può sapere chi diamine è,
mamma?!”.
Isabelle fece cenno alla misteriosa persona di entrare. Duo, per poco,
non cadde dal letto. Era lei, era Relena… non poteva
crederci, era lì, era davanti a lui, che si stringeva nelle spalle sottili, e
lo salutava. Era ancora più bella, di come se la ricordava e di come l’aveva
vista quella mattina, in televisione… il suo sguardo, inoltre, sembrava che si
fosse rasserenato. Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla, per quanto fosse grande
la gioia di ritrovarla, dopo più di un anno, che non si vedevano. Lei non
sembrava eccessivamente cambiata, anche se l’ultima volta, che lui l’aveva
vista, quella fredda sera, in quell’hangar deserto, era ancora incinta di
Daphne e ora, invece, aveva già partorito. Si pentì di non esserle stato
vicino, in quei mesi… sebbene, non è che fosse molto cambiata, aveva
un’espressione nuova, più dolce e tranquilla, e gli sembrò abbastanza chiaro
che era perché era diventata mamma.
Ma, allo stesso tempo, non poté impedirsi di pensare: “O magari, sta così bene, perché è diventata
la moglie di Heero…”, il cuore che saltellava tra i suoi polmoni. La sua
espressione felice e sorpresa, si rabbui all’istante.
Relena non si
accorse di questo suo cambiamento di espressione, dato che aveva lo sguardo
piantato per terra. Appena era entrata, dopo aver lasciato Daphne con
Jeannemarie ed Annie, al piano terra, si era sentita quasi svenire, quando
aveva rivisto Duo. Lui era anche più attraente, di come se lo ricordava. Indossava
quella camicia grigio scuro, che lei gli aveva regalato per il suo compleanno,
e un paio di pantaloni chiari; non era cambiato, anche se era un po’ dimagrito.
Appena lo aveva visto, si era sentita il viso in fiamme, ma anche molto
tranquilla e, dopo averlo salutato, aveva taciuto. Non riusciva più a
ricordarsi nessuna di quelle belle frasi, che si era preparata in aereo, e
quando lui le chiese che cosa volesse, non fu capace di rispondere altro, che:
“Il mio orecchino… quello che hai preso per sbaglio…lo sai che ci tengo molto”
sussurrò, sentendosi un idiota.
Duo disse triste:
“Già, il tuo orecchino… aspetta, devo averlo messo da qualche parte…”.
Mentre rovistava
tra la sua roba, riuscendo finalmente a trovare il piccolo fiore di perline, si
disse: “Non potevo certamente illudermi che una donna, ormai, sposata, potesse
volere qualche altra cosa…”, anche se
non riusciva ancora a capire perché lei se lo fosse venuto a riprendere proprio
allora.
Si voltò verso di
lei e le tese la mano, con l’orecchino dentro. Lei, che ancora non riusciva a
guardarlo in faccia, tese la sua mano, lo sguardo basso, dove lui le fece
cadere l’orecchino. Le loro mani si sfiorarono solo per un attimo, ma fu
sufficiente a far tornare Relena in sé.
“Accidenti, Relena” si disse, scuotendo la testa “Non sei mica
venuta per questo stupido orecchino!! Lo vuoi perdere di nuovo?! Muoviti,
parla!”.
Si fece forza e alzò finalmente il capo, verso di lui, mentre sentiva i
loro occhi uniti, da un filo invisibile.
Duo arrossii visibilmente, mentre cercava di ripetersi: “Non guardarla, così, Duo… è una donna
sposata adesso, e poi è pur sempre la moglie di Heero… smettila!”, ma, anche se lo continuava a ripetere, non
riusciva a smettere di fissarla, mentre il desiderio di stringerla si faceva
lancinante nel suo cuore.
Relena, dopo
qualche attimo, in cui non era stata ancora capace di parlare, persa nel loro
silenzioso sguardo, disse: “Ascolta, Duo… non sono qui per l’orecchino… io, io
ho bisogno di parlarti…”.
“E’ successo
qualcosa a Daphne?” chiese, preoccupato, mentre si ricordava che non aveva
ancora visto la sua bambina.
“No” disse
Relena, negando con il capo, poi, mentre cercava di trovare le parole, disse:
“E’ qualcosa che riguarda me e… e te…”.
“Noi due?!”
chiese Duo, senza capire, poi, leggermente seccato, disse: “Non vedo che ci sia
ancora da dire, Relena… mi sembra chiaro che tra me e te, sia finita, se è di
questo che poi, vuoi parlare…”.
Relena si sentii
morire. Era davvero finita, allora per lui? Le venne da piangere, e si sentii
persa. Lui non la voleva più, lui pensava che fosse ormai finita… ma poi
sospirò e si fece forza. Che altro, in fin dei conti, poteva aspettarsi da lui,
per come lo aveva trattato, per non averlo mai cercato, che altro si poteva
aspettare, che lui tornasse da lei, anche se era l’unica cosa che ora voleva.
Ma poi, pensò che, in fin dei conti, non importava che per lui fosse finita,
non importava… la cosa più importante era dirgli che lei lo amava ancora, e che
era stato per quello, che non aveva sposato Heero… doveva essere finalmente
sincera, e voleva cominciare ad esserlo con la persona più importante della sua
vita.
Relena disse, la
voce ferma e sicura: “Sono contenta che, per te, sia tutto finito e, credimi,
non vorrei turbare la tua serenità, ma per me, invece, non lo è, e non posso
più negarlo a me stessa… “.
Duo le sussurrò,
non riuscendo ancora a capire: “Che cosa vuoi dire?”.
Lei respirò
profondamente e poi disse: “Duo, io ti amo ancora e, anzi, ti amo molto di più
di quanto ti amassi prima… era questo, che volevo dire … se, per te, è finita,
per me non lo è… e non crederò che riuscirò mai a smettere di amarti…”. Relena
alzò ancora lo sguardo, incatenandolo a quello sorpreso di Duo. Avrebbe ancora
voluto stringerla e non lasciarla più, ma, continuava a ripetersi che Relena
ora era la moglie di Heero, e che non poteva più tradirlo così.
Perché diamine,
non era venuta prima da lui, prima di sposare Heero, se davvero lo amava?
Adesso lo sapeva, era troppo tardi, e, se prima aveva sbagliato, adesso la
questione era molto più seria. Amava da morire Relena, era ovvio, ma non poteva
e neanche voleva che lei lasciasse, allo stadio attuale delle cose, Heero per
lui; pensare, poi, di proseguire, poi, la loro relazione clandestinamente, con
lei ancora sposata, era più che mai impossibile. Non avrebbe mai avuto la forza
e la sfacciataggine di farlo.
Si riscosse
lentamente dalle sue riflessioni e si rivolse a Relena, che lo guardava in
attesa di una risposta. La sua voce era dura e decisa, sebbene, nel profondo,
non avrebbe mai voluto dire quelle cose: “Ascolta, Relena, credo che sarebbe
inutile mentirti, quando tu sei stata così onesta con me… la realtà è che io e
te non stiamo più assieme da un anno, e, se non ci fosse ancora Daphne ad
unirci, tra me e te, non ci sarebbe chiaramente più nulla… so bene che il
sentimento che ci lega è qualcosa di ancora molto, e anche troppo, forte, ma le
cose sono cambiate, Relena, è tutto cambiato e non credo che potremmo andare
avanti, come prima… ci sarebbe sempre il pensiero di Heero a straziarmi, quando
starei con te…”.
Relena, che si
aspettava una risposta del genere, gli disse, la voce leggermente più alta: ”
Lascia fuori Heero, da questa questione, Duo, per una volta tanto! Io sto
parlando di te e di me, ed Heero non c’entra niente! L’ultima volta che ci
siamo visti, abbiamo litigato proprio per lui, e, se quel giorno non fosse
accaduto niente, le cose sarebbero andate molto diversamente…”
“Intanto, tu non
saresti stata rapita…” replicò Duo, chiaramente in colpa.
“Lascia stare
anche il mo rapimento, adesso, Duo!” continuò lei, la voce sempre più alta “Io
sarei stata rapita comunque, te lo posso assicurare… se non fosse stato quel
giorno, sarebbe stato un altro… e poi, credi che Heero avrebbe saputo
proteggermi meglio, visto che io ho sempre l’abitudine di fare di testa mia? I
rapitori avrebbero avuto altre occasioni, stanne certo… e poi, se proprio vuoi
saperlo, a parte la paura, il rapimento è stato utile per farmi capire molte
cose, e adesso so anche meglio come devo lavorare…”, poi si interruppe, e
riprese più silenziosamente: “… solo che non potrò mai riprendere a lavorare,
se non avrò te, accanto a me… non ci sono riuscita in questi mesi, e credo che
non ci potrò mai riuscire… Duo, io ho bisogno di te perché ti amo…”.
Duo, che stentava
a credere alle sue orecchie, era in procinto di cedere, poi ancora si ricordò
che Relena era la moglie di Heero, era sua moglie, adesso, e anche, se lei
diceva che il suo cuore apparteneva a lui, la sua vita era di Heero.
Al che, replicò
decisamente stizzito: “E Heero, invece? Lo ami, perché hai bisogno di lui? E’
un amore diverso, quello che provi per Heero?!”.
Relena, ancora
più arrabbiata e convinta sempre che lui sapesse che aveva rinunciato alle
nozze con Heero, disse: “Ma mi vuoi spiegare perché metti sempre in mezzo,
Heero, diamine?! Heero non c’entra, io …”, poi si bloccò e disse decisa,
fissandolo negli occhi: “Duo, mi ami ancora, sì o no? Io sono qui per sapere
solo questo, altrimenti me ne vado, e non sentirai più parlare di me.
Allora?!”.
Duo era chiaramente
alle strette, che cosa poteva dirle? Era palese che lui era ancora perso di
lei, ma che cosa sarebbe successo, se glielo avesse detto? Ma, poi si disse: “Devo
dirglielo… lei almeno, è stata onesta con me… lei mi ama ancora e voglio che
sappia che anch’io la amo… ma non potremmo mai più stare assieme, perché lei è
la moglie di Heero…”
Alzò lentamente
lo sguardo e le disse, lo sguardo fisso nei suoi occhi: “Mi sembra chiaro che
ti amo ancora da morire, ma, Relena, non possiamo, non possiamo, tu sei la
moglie di Heero, ora, e non potrei più tradirlo così!”.
Aveva parlato
tutto di un fiato, e quando la guardò ancora, la vide sorridere. Che bel
sorriso, che aveva, l’avrebbe ricordato per tutta la vita, quell’attimo. Lei
continuò a sorridergli, poi gli si avvicinò e gli disse, sussurrando: “Era
questo, il problema, Duo? Che io sono la moglie di Heero?”.
Lui, che aveva
cominciato ad arrossire, dopo che si era avvicinata a lui, disse, balbettando:
“E ti, ti sembra poco?!”.
Lei si avvicinò
ancora a lui, poi si mise in punta di piedi, ad un centimetro dal suo viso, e
disse dolce: “Duo, io non sono la moglie di Heero, e neanche lo sono mai stata…
ho rotto la promessa questa mattina… e l’ho fatto, perchè potrei essere la
moglie solo di una persona… e quella persona, ora, è di fronte a me…”.
Duo si sentii
sollevare da terra, come se migliaia di angeli lo stessero portando al centro
esatto dell’Empireo. Lei non aveva sposato Heero, lei non è la moglie di
Heero, non lo è…
continuava a recitare la sua mente E non lo è, perchè mi ama, perché vuole essere mia moglie…
Preso dalla
gioia, la prese in braccio e la fece volteggiare, attorno alla stanza. Lei
scoppiò a ridere, poi appena la mise per terra, lo baciò con trasporto,
stringendo forte le sue braccia, attorno al suo capo, mentre si sentiva, di
nuovo viva. Lui la strinse forte tra le sue braccia, cosciente di sentirsi
rinato al mondo. Solo un bacio, solo uno stupido sfiorarsi di labbra, li aveva
liberati del dolore e della sofferenza di un anno intero, solo quell’ancestrale
gesto era stato in grado di risvegliarli dal torpore della colpa e della paura,
che un destino, scritto da altri, li stava imponendo di vivere. Ma, il loro
cuore, aveva rotto quell’incantesimo, che, però tanti decidono di accettare,
allettati dalla possibilità di cingere una Corona, o di non rischiare di farsi
male.
Dopo qualche
minuto, Relena lo prese per mano e, dopo avergli detto che lo amava anche più
di prima e sentitasi risposta la stessa cosa, gli disse dolcemente: “Vieni, c’è
una persona, che scalcia dalla voglia di conoscerti…”.
Duo, che aveva
capito di chi si trattava, scese velocemente le scale, trascinandosi dietro
Relena, che urlava, ridendo: “Duo, stai attento, mi stai per far cadere! Adesso
la spaventerai!”.
Arrivarono in
salotto, dove Daphne era seduta in braccio ad Isabelle, che sorrise nel
guardarli, stretti, mano nella mano.
Duo lasciò Relena
e si diresse verso la figlia, che lo guardò attentamente, come se lo stesse
studiando, gli occhi blu, vigili. Duo si inginocchiò e disse, prendendole un
ditino nella mano: “Ciao piccolina! Sono il tuo papà…”.
La bimba lo
scrutò per un attimo, poi disse, la voce incerta: “Pa- pa- papà!” e fece segno
chiaro di volergli andare in braccio. Duo la prese e se la strinse, dicendo:
“Ciao principessina! Scusami se non ti sono venuto a trovare, ma io e la tua
mamma eravamo troppo occupati a comportarci da bambini!”.
Relena gli si
avvicinò e disse dolcemente: “Per dire il mio di nome, ci ha impiegato mesi…
immagino che non mi chiamerai più Principessa!” concluse, ridendo.
“Non credo”
disse, sorridendo e stringendo contemporaneamente Daphne e Relena “Sarete
entrambe le Principesse del mio cuore, anche se non lo sarete più di un Regno
per colpa mia … “
Relena si strinse
a lui e disse: “Principessa di un cuore… è mille volte meglio, che essere
Si baciarono
ancora una volta, mentre stringevano la loro bambina, figlia del destino, che
avevano plasmato con i loro cuori.