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Autore: unleashedliebe    22/03/2011    2 recensioni
Era innamorata? Peggio. Era persa per quel chitarrista.
Troppo, talmente tanto da sopportare tutti i suoi tradimenti,
anche dopo un anno che si conoscevano.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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so stay with me

(anna)

Questa one-shot l'ho scritta sviluppando l'idea fornitami da Alina. Specifico che i Tokio Hotel non mi appartengono (per loro fortuna, e mia sfortuna e tristezza); i fatti narrati non sono collegati con la realtà ma frutto della mia mente contorta e delle mie mani che si mettono a scrivere fino a mezzanotte. personaggi non rispecchiano quelli veri, poichè non li conosco ò.ò E' una storiella, perciò non vi aspettate chissà cosa, è su Tom e una ragazza, come tante altre vicende. Gradirei comunque una recensione, fanno sempre piacere, sia positive che non! L'idea mi è stata data anche da una canzone, di cui troverete le strofe all'inizio e alla fine, è Evelyn degli Hurts. Ascoltatela magari mentre la leggete, io amo quella canzone! Detto questo, buona lettura! ☮, ♥ & 丰.

* * * *

"In the night
As you sit and watch me sleep
I know you cry
But I never want to see.
So if you go
I don’t know what to do.
So don’t you go
Cause I’ve got no one but you
"

Si alzò piano dal letto ancora intatto, con i segni del suo corpo sulla coperta, guardando il ragazzo ancora distesovi. La ragazza sospirò, doveva smettere di vederlo, non era il ragazzo giusto per lei, non era il ragazzo giusto per nessuno. Dirlo era facile, la parte più difficile era farlo capire al suo cuore, che lo vedeva come la perfezione fatta a persona. Lo osservò con sguardo dolce, le sue spalle larghe si alzava lentamente seguendo il ritmo del suo respiro, la pelle è candida e sul cuscino sono sparse delle treccine nere. Tre mesi, era da tre mesi che la loro "storia" andava avanti, se così la si poteva chiamare: lui le inviava un messaggio e lei lo raggiungeva nella sua stanza d'albergo per passare la notte insieme. Si sentì sporca, non era mai stata né una ragazza facile né una così arrendevole, ma quel ragazzo riusciva a manipolarla a suo piacimento, ad annullare la sua forza di volontà con un'occhiata delle sue. E pensare che era iniziato tutto all'improvviso, inaspettatamente, una serata che aveva stravolto la sua vita. Lo sguardo della giovane si fece vacuo, perdendosi nei ricordi.

* * * *

Prese il pennarello nero e si appoggiò all'armadio della sua stanza, iniziando a scrivere o con la sua calligrafia leggera "ich bin nicht ich wenn du nicht bei mir bist". La frase che le rimbombava in testa prese forma sulla superficie, facendola sorridere soddisfatta. La scuola era appena finita, si sentiva finalmente leggera e spensierata, il peso degli esami era scomparso e poteva dedicarsi al divertimento, che aveva associato al gruppo che tanto amava, i Tokio Hotel. Tre anni prima, durante un noioso pomeriggio di giugno, aveva girato sul canale musicale venendo attratta da una melodia leggera, semplice. Sullo sfondo comparve un elicottero nero e bianco, con all'interno quattro strani ragazzi. Strani non era il termine adatto, si corresse, più che altro particolari, diversi da qualunque persona avesse visto prima. I suoi occhi squadrarono attentamente quei personaggi nuovi per lei, soffermandosi su una figura in particolare: un ragazzo con dei vestiti larghi, occhi nocciola, bocca carnosa contornata da un bellissimo piercing. In poco tempo quel gruppo entrò a far parte della sua vita, appese il primo poster alla parete e riempì lo scaffale sopra al letto di riviste e cd. Capitavano al momento perfetto, quel momento nella vita in cui tutto appare senza senso, come se tutto andasse avanti secondo automatismi e routine, e loro avevano portato luce. Da quando li aveva visti sentiva il bisogno di incontrarli, o vederli in un concerto, le mancavano così tanto! Voleva ringraziarli, anzi, le bastava guardarli un momento negli occhi, sicura che avrebbero trasmesso più di mille inutili parole. Ormai erano entrati a far parte delle sue giornate, fin dalla mattina, appena svegliata accendeva il suo ipod selezionando una traccia a caso e facendosi invadere le orecchie dalle note che tanto amava. Si sentiva stupida, li guardava alla televisione e sorrideva vedendoli sorridere, vincevano un premio e si metteva a saltellare allegra, quasi più contenta di loro. Erano diventati come una droga, la sua dipendenza personale. Aveva avuto la fortuna di assistere a un unico concerto, a Modena nel 2008, le tappe del nuovo tour non aveva potuto farle. Così aveva pregato una sua amica tedesca di partecipare a un concorso per lei, grazie al quale si potevano vincere due pass per un fan party che avrebbe avuto luogo il primo giorno di luglio, a Berlino. Il vincitore sarebbe stato scelto sulla base di ciò che aveva scritto alla domanda "Cosa sono i Tokio Hotel per te?", lei ci aveva provato, tanto valeva tentare no? Ci pensò un secondo, iniziò a digitare e le parole sembravano uscire da sole, senza passare per il cervello, affluivano direttamente dal cuore.

"I Tokio Hotel sono una parte incancellabile di me, potrei dire tante cose, potrei parlarvi di quanto sto bene quando gli ascolto, della voglia matta di saltare che mi assale appena li vedo attraverso uno schermo, di quando mi viene l'impulso di prendere un poster alla parete e scuoterlo finchè l'immagine stampata non si materializzi davanti a me, di quanti soldi ho speso per comprare giornali e cd, di come anche le pareti della mia stanza potrebbero cantare le canzoni a memoria, talmente tante volte ho inserito il disco nella radio mettendo il replay. Potrei raccontarvi di come mi hanno cambiata, di come la loro musica mi faccia sentire bene e capita, del fatto che le vostre parole mi aiutano quando nemmeno i miei amici sembrano capirmi. Potrei dire che è grazie a loro se mi sono emancipata, se ho trovato un posto in questo mondo assurdo. Potrei aggiungere che sto superando la mia paura più grande, l'ostacolo più insuperabile per me: l'atelophobia. Potrei dire che, se smettessero di fare musica, ne soffrirei moltissimo, come se un amico morisse, una parte di me morisse. Ho pensato di smettere di ascoltarli, perché rischiano di diventare.. troppo per me, ma mi sono ricreduta, perché cancellare qualcosa che mi fa star bene? In fondo non sono io che ho scelto di amarli, la loro musica ha scelto me, ci sarà pur un motivo? Amo la loro musica, amo loro, semplice no?"

Essendo italiana, non poteva partecipare, perciò si affidò a una ragazza che conosceva da due anni, grazie a una chat, che abitava nel territorio teutonico.
Quasi se ne dimenticò, d'aver partecipato, fra la scuola e i problemi a casa. A farglielo presente fu una chiamata che le arrivò a metà giugno, di notte.
-Pronto Vanessa?- domandò una voce in perfetto accento tedesco.
-Alina? Sei tu?- rispose ancora mezza addormentata.
-Genau! Ho una bella notizia per te...- stette un momento in silenzio, -hai vinto, hai vinto! HAI VINTO!- non capì subito, ma quando realizzò, non poté che lanciare un urlo che sveglio tutta la famiglia.

E così, due settimane dopo, aveva fatto le valigie per trasferirsi momentaneamente da Alina, a Colonia. Era la prima volta che si vedevano, appena scesa dall'aereo le corse incontro e l'abbraccio felice, era grazie a lei se il suo sogno stava prendendo vita. La prima impressione che ebbe di lei fu che era veramente bellissima: carnagione e aspetto tipico tedesco, occhi azzurri e lisci capelli biondi, che le incorniciavano la faccia con una graziosa frangetta, corporatura esile e bassina, il contrario di lei, che era alta, dai capelli ricci e castano scuro, occhi verdi e con le lentiggini sparse per il viso. Un'altra cosa che le differenziava era il carattere inverso, ma che combaciava: l'italiana era schiva, timida, mentre l'altra espansiva e senza peli sulla lingua.

Fatto sta che, la sera dell'incontro, arrivò molto velocemente, troppo velocemente: non era pronta! Sarebbe stato strano ritrovarsi di fronte alla versione tridimensionale dei ragazzi dei suoi sogni! Passarono il pomeriggio immerse fra trucchi e vestiti, per le otto erano perfette.

Alina indossava un vestito estivo, del colore dei suoi occhi, e scarpe col tacco che la slanciavano, gli occhi truccati di nero che esaltavano il suo sguardo.

Vanessa invece aveva optato per un look meno sfarzoso, ballerine nere, jeans strappati e maglietta che le lasciava una spalla nuda, i capelli ricci ricadevano dolci sulle spalle, gli occhi erano privi di trucco.

-Sei pronta a spaccare il mondo Vah?- domandò la bionda allegra.

-No- sbuffò -Mi manterrò a debita distanza, preferisco guardarli da lontano... dopo il ritorno alla realtà sarebbe traumatico se ci parlassi-

-Sei sempre la solita testona! Lasciati andare per una volta! Facciamo una scommessa- la guardò furba. La incitò a continuare.

-Ti ricordi il discorso che abbiamo fatto tempo fa su Messenger? Riguardo a Bill- alzò le sopracciglia allusiva -Facciamo così: se io vado a dire quello che ho detto anche a te al diretto interessato, tu ci raggiungi e iniziamo a parlare e chiacchierare amabilmente- La ragazza accettò, quasi sicura che non avrebbe trovato il coraggio, così avrebbe evitato di scontrarsi coi suoi idoli.

Per raggiungere Amburgo presero il treno, l'Universal aveva provveduto a prenotare un soggiorno di due giorni alle ragazze vincitrici. Il locale destinato all'atteso fan-party era l'"Hurrikan". Una volta arrivate si trovarono davanti a una lunga fila, di ragazze adolescenti strepitanti per l'arrivo della band. Si sentì sollevata per la presenza del pass allacciato al suo collo, avrebbe saltato una lunga attesa. Mostrammo orgogliose la carta ai grandi bodyguard e entrammo all'interno. Il posto era indubbiamente bello: situato su due piani, il primo accoglieva un palco e una pista da ballo, nel secondo v'era il bar con vari tavoli e il privè. Mi fiondai al bar ordinando un drink analcolico, a differenza dell'altra, che aveva preferito birra.

-Eccoli, eccoli, stanno arrivando!- le urlò la tedesca sull'orecchio, facendola ridacchiare. Il suo entusiasmo era palpabile, nonostante non fosse fan della band cercava di essere allegra per l'amica.

Così i Tokio Hotel fecero la loro trionfale entrata, la sala si zittì. Tra tutti spiccava Bill Kaulitz, bellissimo nel suo trucco nero e cresta imponente, senza contare i costosi vestiti. Passò poi lo sguardo su Tom, sentendo il cuore fermare il suo battito per un attimo, aveva sempre avuto una sorta di debole verso di lui, e vederlo lì a pochi metri da lei era destabilizzante. Staccò lo sguardo dal gemello a fatica, concedendo occhiate anche a Gustav e Georg.

-Sono bellissimi- sospirò con sguardo sognante.

-Guarda, stanno andando nel privè, li raggiungiamo?- domandò Alina raggiante, ricevendo in cambio un'occhiata scettica, anzi di più.

-Senti, facciamo così- si impossessò del cellulare dell'italiana, facendo partire una chiamata al suo telefono -Ascolta bene la conversazione, io vado dalla band a parlare.. sai già di cosa- ammiccò.

-No, non puoi!- cercò di deviare il suo interesse, -Si che posso! Appena spegnerò la chiamata ti aspetto di sopra!- le fece l'occhiolino.

Nel frattempo i quattro ragazzi si erano accomodati nel privè, leggermente stanchi e annoiati.

-Allora Tom, trovato già qualcuna di interessante?- domandò il piastrato all'amico, con sguardo ammiccante.

-No, mi è bastato gettare qualche occhiata qua e la per creare svenimenti, voglio fare sesso.. mica portarle in ospedale!-

-Tom ma come cavolo parli?- si intromise il gemello -Ma, non ci sono le ragazze che avevano vinto il concorso? David me ne ha parlato oggi- sbuffò.

Proprio in quel momento fece il suo ingresso una ragazza sui vent'anni, non male, ma l'ex-rasta la catalogo come non-suo-tipo, aveva il pass.

-Salve! Piacere sono Alina Kader- si presentò sorridendo.

-Beh penso tu sappia chi siamo- rispose il cantante. -Tu sei la vincitrice del contest quindi?- si informò.

-No, ha partecipato una mia amica, io ho vinto l'altro pass- gli altri si domandarono dov'era la sua amica.

-Oh, so cosa vi state chiedendo, la mia amica si vergogna! Quindi abbiamo fatto una sorta di patto, ora io dirò quello che devo dire e lei farà il suo ingresso!- i ragazzi si guardarono dubbiosi, mentre Vanessa imprecava contro la sua amica.

-Beh, non guardatemi così! Riguarda te, Bill- puntò i suoi occhi verso il frontman. -Premetto che mi siete indifferenti, nel senso che la vostra musica non mi entusiasma più di tanto. A parte questo, ho visto il dvd dell'"Humanoid tour" girato a Milano, beh... dovresti muoverti meno sul palco, insomma i tuoi balletti sembrano quelli di una gallina!- disse tutto d'un fiato, mentre Tom scoppiò a ridere -l'ho sempre detto io!- rincarò la dose, ricevendo una brutta occhiata dal fratello.

-La seconda cosa è che...- si grattò l'orecchio, lievemente in imbarazzo -Beh, hai un culo stupendo! Soprattutto con i vestiti dei concerti, mamma mia non capisco come mai una fan non sia ancora saltata sul palco e ti abbia stuprato cazzo!-

I quattro spalancarono gli occhi, nel frattempo la ragazza tirò fuori il cellulare e chiuse la chiamata.

-Ora la mia amica dovrebbe arrivare. Scusa Bill, ma era l'unico modo per farla uscire!- il cantante scosse la testa divertito, curioso di fare conoscenza con la ragazza vincitrice, due minuti dopo vide una testa riccia fare la sua comparsa, con passo lento e insicuro.

-Eccoti finalmente! Ragazzi lei è la fantastica vincitrice del concorso!- la presentò la bionda, facendola arrossire.

-Piacere Vah- i Tokio Hotel la fissarono curiosi, soprattutto il chitarrista. La squadrò dall'alto in basso, leccandosi il piercing. Niente male la ragazza, niente male, pensò. Le fece lo scanner, passando dai lunghi capelli ricci e scuri che le incorniciavano un viso dolce, dai lineamenti gentili e occhi di un verde intenso. Passò alla scollatura generosa e alle lunghe gambe, aveva un bel fisico longilineo.

-Beh, penso sia inutile fare le presentazioni no? Siediti!- fece Bill, da bravo padrone di casa. La giovane si sedette al tavolo, insicura.

Ci fu un attimo di silenzio, interrotto da Georg. -Beh, che effetto ti fa essere qui con noi?-

La ragazza ci pensò un attimo, era felice? No, peggio. Le sembrava di essere a tre metri sopra la terra, volare. -E' strano, ma bello- sorrise mostrando una schiera di denti bianchi e allineati.

-Beh, tu sai tutto di noi- intervenne Gustav, aveva preso Vah in simpatica, perché non le sembrava una delle tante fan isteriche; -Raccontaci qualcosa di te-

Rimase un po' in silenzio, non sapendo cosa dire, la sua vita era completamente noiosa rispetto a quella di quattro superstar!

-Oh.. mi chiamo Vah e ho diciotto anni-

-Ma sei tedesca? Hai un accento particolare- la interruppe il chitarrista.

Si sentì avvampare, il suo cuore batté furiosamente. -Particolare?- ignorò la domanda per un attimo, curiosa.

-Si.. hai la pronuncia più dolce- disse, gli altri annuirono.

-Sono italiana. Sto qui per l'estate, ho appena terminato la scuola-

-Che scuola?- domandò il bassista

-Liceo classico, ho seguito anche un corso di lingue, altrimenti non saprei parlare così bene con voi- ridacchiò.

Il tempo passò in fretta, fra chiacchiere e battute dei ragazzi. A Vanessa sembrava tutto così irreale, si era immaginato più volte come sarebbe potuto essere un possibile incontro, di certo non pensava di finirci a chiacchierare come fossero stati amici! Una cosa che la rendeva inquieta però, erano le occhiate che ogni tanto Tom le lanciava, terribilmente maliziose.

-Alina, vado in bagno, mi accompagni?- domandò all'amica, la quale però rifiutò, troppo presa da Georg. -Me ne ricorderò- sbuffò.

Si congedò in fretta e uscì da quella stanza, correndo giù sul giardino, doveva prendere aria. Una serata decisamente piena! Non rimase fuori a lungo, l'aria era fresca perciò si recò in bagno, per vedere le condizioni del suo viso. I capelli erano messi abbastanza bene, il problema erano le guance arrossate e il naso rosso. Uscita dalla toilette percorse il corridoio per rientrare al primo piano, ma fu fermata da una mano che la trascinò in un'altra stanzetta. Sussultò spaventata, finchè non capì chi aveva davanti.

-Tom! Mi hai fatto prendere paura, che fai?- domandò cercando di regolarizzare il respiro, causato dalla vicinanza al ragazzo.

-Mh- prese la ragazza per i fianchi e la sbatté quasi con violenza al muro, incatenandola al suo corpo. Iniziò a baciarla sul collo, facendola fremere.

-Ehi ehi, fermo...- cercò di divincolarsi lei, un minuto in più e avrebbe ceduto. -No- rispose lui, continuando con la tortura. Piano piano raggiunse la sua bocca, poggiandovi da prima un delicato bacio, poi fece pressione con la lingua e dischiuse quella di lei. Rabbrivì al contatto con quel maledetto piercing, che la faceva impazzire. Sentì le sue difese crollare, e si ritrovò a ricambiare il contatto. Si alzò leggermente sulle punte, e circondò il suo collo con le braccia.

Non le era mai capitato, lei era la ragazza calma e razionale, Tom Kaulitz aveva mandato il suo autocontrollo a farsi fottere, in tutti i sensi. I baci si fecero più ardenti, i vestiti più scomodi. Chi l'avrebbe mai pensato? Prima conoscere la band preferita, poi fare sesso con il chitarrista, noto come Sex Gott.

Vanessa non poté far altro che confermare la sua fama, se non trovarsi spiazzata di fronte a tanta bellezza e passione. La parte imbarazzante si presentò dopo, almeno per lei: rivestirsi e capire di non esser stata che un passatempo per combattere la noia, bello.

Senza dire nulla sgusciò fuori dalla stanza, passando per il bagno e tornando di sopra. Salutò tutti e mi intromisi nella conversazione, sorseggiando la solita coca cola. -Hai visto Tom per caso? E' sparito!- domandò il gemello, facendola tossire.

-Avrà trovarsi qualcuno da scopare, come al solito!- si intromise Georg, la giovane si sentì sporca in quel momento, tuttavia negò con la testa.

Cinque minuti dopo rientrò. -Dov'eri andato? Trovato qualcuno di interessante?- chiese il piastrato. L'ex-rasta ammiccò lievemente rivolto verso la ricca.

-Decisamente sì, decisamente- si leccò il piercing, stava per sprofondare dalla vergogna.

Alina guardò l'orologio, era davvero tardi.

-Vah, che dici, andiamo?- domandò all'amica, la quale annuì.

-Oh, dovete andare?- fece Gustav.

-Si, sono davvero stanca- rispose la riccia, cercando di non pensare a cosa fosse dovuta la sua stanchezza.

-Aspetta, facciamo una foto?- domandò Tom, lei lo guardò confusa, fu un attimo: il chitarrista prese il telefono dalle mani di lei e la strinse, fissando l'obbiettivo. Vah si distrasse e, nel momento in cui la foto partì, stava fissando stranita il Kaulitz. Armeggiò ancora con il telefono e poi glielo restituì. Ancora scombussolata sorrise guardando la fotografia, che finì subito come sfondo.

-Grazie della bella serata ragazzi, è stato tutto fantastico- esordì con tono dolce. Gli altri ricambiarono il complemento, e si congedarono con un abbraccio.

Tornando all'albergo, il telefono le vibrò, il messaggio da cui sarebbe iniziato tutto.

"Bella serata Vah, soprattutto l'ultima parte... Se vuoi "replicare", ti lascio l'indirizzo della mia stanza d'hotel. Tom"

Avrebbe dovuto lasciar perdere, cancellare l'sms e mettere in tasca il cellulare, ma non ci riuscì. Le sue dita digitarono automaticamente una risposta positiva, non sapeva cosa l'aspettava. Serata dopo serata, messaggio dopo messaggio, sospiri sopra sospiri. Era diventata una sorta di burattino, e non le andava bene. La verità però era che non riusciva a rinunciarci, si era innamorata di quel chitarrista, dei suoi gesti, dei suoi sorrisi, della sua voce, di lui.

* * * *

Sospirò, riscuotendosi dai ricordi, l'estate era finita, era iniziato l'autunno, ma non aveva ancora abbandonato la Germania, non voleva abbandonare Tom.

-Buongiorno!- una voce calda interruppe i suoi pensieri, si sentì in preda all'imbarazzo, non voleva essere cacciata dal suo letto come una grupies qualunque.

-Buongiorno Tom- ricambiò il saluto con voce dolce. -Ho fame, resti a fare colazione?- domandò, trattenendosi dal ridere guardando l'espressione buffa di Vah. Il chitarrista si era affezionato a questa ragazza italiana, faceva parte della sua vita da star da tre mesi, un record insomma. Sentiva che qualcosa stava cambiando in lui, ma era ancora troppo sciocco per capirlo, troppo sciocco per rinunciare a tutte le sue "amichette".

-Hai trovato lavoro alla fine?- le chiese non appena fu portata la colazione in camera.

-Si, in una biblioteca- sorrise, il giovane costatò che era proprio bella quando sorrideva, non l'aveva notato.

-Hai intenzione di tornare in Italia?- Mandò di traverso il latte che stava bevendo.

Realizzò di non sapere nulla di lei, a parte nome e età. D'altronde, quando mai si era interessato a simili dettagli? Con lei però era diverso, -Sc-sc-scusa- cercò di riprendere il controllo di sé, -non lo so... non ho nulla che mi tenga legata lì- lo sguardo del ragazzo si fece curioso,lui era diverso. Aveva paura di ferirla, sembrava così timida e fragile. -La tua famiglia?- la vide impallidire.

-Famiglia... i miei sono divorziati, vivo.. vivevo con mia madre, non siamo mai andata d'accordo, soprattutto quando ha deciso di convivere con il suo compagno, un uomo insopportabile e anche.. poco fedele- rabbrividì ricordando certi episodi.

-Tutto bene?- domandò vedendola in difficoltà, lei annuì debolmente e sentì un paio di braccia circondarla e abbracciarla. Si ritrovò a sorridere, non poteva comportarsi così bene con lei, il suo cuore non avrebbe letto a lungo. Poteva fare lo stronzo quanto voleva, riusciva a farsi amare comunque. A rovinare il momento fu un messaggio ricevuto sul telefono di Tom.

-Me lo leggi per favore?- le chiese mentre addentava un croissant, la fece ridere, era buffo.

Si allungò e prese il telefono sul comodino, leggendo il contenuto del messaggio "Sono stata bene ieri sera, quando ci vediamo?" Man mano che leggeva sentì la sua voce incrinarsi, lo doveva capire, lei era il suo giocattolo in fondo. Rimase a fissare lo schermo, sentendo un singhiozzo soffocato uscire senza poterlo controllare. Si alzò di scatto, raccogliendo i vestiti di fretta e furia. Non fece in tempo a uscire che fu fermata da una mano, le sembrò un déjà vu, anche la loro prima volta era avvenuta in modo analogo.

-Io..- iniziò a parlare il ragazzo, subito bloccato.

-Non devi dire niente Tom, non devi giustificarti. L'avevo capito che ero un passatempo- sospirò abbattuta.

-Non è così! Tu non sei un passatempo!- esclamò -Cosa sono allora?- lo incalzò, vedendolo boccheggiare. -Infatti Tom. Mi sono illusa prima, quando hai provato a conoscerli. Pensavo.. che stupida sono stata!-

-Volevo, voglio conoscerti!- la ragazza scosse la testa -Tom, ti rendi conto che neanche sai il mio nome e cognome?- la guardò impotente. -Vanessa Parolin comunque, piacere- disse arricciando il naso e pulendosi il viso dalle lacrime.

Non la lasciò andare, la strinse a se fissandola negli occhi, aveva uno sguardo così.. bello, capace di annientarla e annullare la sua personalità e la sua labbra.

-Voglio conoscerti, dammi l'opportunità- non resistette a quegli occhi, non ce la poteva fare, si ritrovò a baciarlo, come al solito.

Quella giornata fu diversa, non uscirono da lì per tutto il giorno, parlarono, si confrontarono, risero. Finalmente passò delle ore con il ragazzo, non come la star.

Giunta la sera, Vanessa fece per prendere le sue cose e andarsene, quando Tom la interruppe -non andartene, resta con me-

Sospirò, andando a rifugiarsi nelle sue labbra. Stava male, stava bene? Non riusciva a capirlo, la verità è che non ci voleva pensare, aveva capito di non essere indifferente al ragazzo, ma non abbastanza per far sì che smettesse di uscire con altre ragazze, la conferma arrivò il giorno dopo, quando si svegliò sola, Tom era sparito, qualcosa le diceva che centrava il messaggio ricevuto la sera prima.

Era masochista?
.
Era stupida?

.

Era un giocattolo?
.
Era innamorata?
Peggio. Era persa per quel chitarrista.
Troppo, talmente tanto da sopportare tutti i suoi tradimenti,
anche dopo un anno che si conoscevano.

E Tom alla fine aveva capito, dopo un anno, dodici mesi, aveva capito: la amava. Amava il suo sorriso timido, amava i suoi occhi, amava la sua timidezza, amava il suo essere comprensiva, amava il fatto che non l'avesse lasciato in tutti quei mesi, amava lei, punto. Ma era ancora un bambino, un bambino ventunenne cresciuto troppo in fretta, portato al successo a sedici anni, lontano dalla famiglia. Ognuno ha dei modi per affrontare la vita, quello di Tom era crearsi la maschera del duro, di quello che sentimenti non ne prova. E questo Vanessa l'aveva capito, nonostante non le fosse sempre fedele, era conscia del fatto che non l'avrebbe dimenticata, non l'avrebbe lasciata, perché in fondo era entrata nella sua vita, e sapeva renderlo felice. E questo era l'importante.

Non poteva odiarlo, non faceva i salti di gioia quando capiva fosse stato con un'altra, ma alla fine lui tornava da lei, chiedendole scusa. Stava male? Non importava, i momenti con lui erano il paradiso, era la sua droga esatto? E le droghe fanno toccare il cielo, poi l'effetto svanisce, ma nel culmine ti senti immortale, pieno, completo. E Vanessa era dipendente da Tom. E Tom era dipendente da Vanessa. Nessuna storia d'amore idilliaca, solo un rapporto basato sulla passione e sul vivere il momento, ma a loro andava bene così.

In the night
As you sit and
watch me sleep
I know you cry
But I never want to see.
So if you go
I don’t know what to do.
So don’t you go
Cause I’ve got no one but you.
So stay with me

   
 
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