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Autore: Emily27    23/03/2011    5 recensioni
Hotch giaceva immobile, gli occhi chiusi, indossava pantaloni e camicia e quest'ultima era intrisa di sangue sul suo fianco. Emily si chinò su di lui e gli tastò il polso, che le rivelò il suo battito, seppur debole.
“Aaron” lo chiamò accarezzandogli il volto. “Aaron, ti prego!”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aaron Hotchner, Altro Personaggio, Emily Prentiss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SHE'S GONE FOREVER




Emily Prentiss guidava nervosamente in mezzo al traffico cittadino, buttando spesso un'occhiata allo specchietto retrovisore per accertarsi di non essere seguita. Lo faceva sempre da quando il suo passato era entrato spaventosamente a far parte del suo presente, da quando quel senso di angoscia mista a paura accompagnava le sue giornate, paura per se stessa ma soprattutto per le persone a cui teneva, per le quali non avrebbe esitato a mettere in gioco la sua vita.

Si stava recando al lavoro, forse quel giorno sarebbero partiti per seguire un caso chissà dove, forse no, la cosa certa era che ogni membro della squadra avrebbe vissuto quel giorno come tanti altri, bevendo un caffè con lei, inseguendo insieme un s.i. o giocando a carte sul jet, senza essere a conoscenza dell'ansia che l'attanagliava da molti giorni. Troppi. Forse era giunto il momento di dire loro la verità, ora che lui era vicino e anche la loro sicurezza era messa a repentaglio.

Il suono del cellulare la riscosse dai suoi pensieri, le era arrivato un messaggio.

Scusami ma il suv non parte, potresti passare a prendermi?

Era Hotch. Emily gli fece uno squillo di conferma e rimise il telefonino nella tasca della giacca. Era l'unica fra tutti i colleghi ad essere di strada e a quell'ora sarebbe stato quasi impossibile trovare subito un taxi, avrebbe fatto prima lei ad arrivare. Sorrise immaginando Aaron impaziente e innervosito accanto al suo mezzo ad attenderla.

Giunta davanti al suo palazzo parcheggiò lungo la strada dietro al suv, ma di Hotch neanche l'ombra, forse era risalito in casa a prendere qualcosa, quindi decise di aspettarlo in auto. Passarono alcuni minuti senza che lui arrivasse, così Emily lo chiamò. Lasciò suonare a lungo e non ebbe risposta. Sentì lo stomaco stringersi e il cuore accelerare i battiti, mentre cercava di convincersi che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi. Istintivamente prese la sua Glock dalla borsa, per precauzione si disse, e scese dall'auto, camminò svelta fino all'ingresso del palazzo ed entrò.

Con la sua arma ben salda in mano raggiunse l'appartamento di Hotch e suonò il campanello, mentre un parte di sé già sapeva che nessuno sarebbe andato ad aprirla. Con il cuore che ormai le martellava nel petto e implorava che non fosse successo niente, girò il pomello della porta e questa si aprì. Lentamente e senza fare rumore entrò nel soggiorno tenendo la Glock puntata davanti a sè, accolta dal silenzio. I suoi sensi erano tutti all'erta e l'adrenalina le scorreva nelle vene, anche se ancora non voleva pensare al peggio, si rifiutava di farlo.

Le tapparelle erano alzate e la luce del mattino illuminava la stanza, dove tutto sembrava in ordine e l'unico suono che poteva udire era quello del suo respiro che si era fatto pesante mentre avanzava verso il centro del soggiorno, prestando la massima attenzione a percepire il minimo movimento. Guardandosi intorno si portò in direzione delle altre stanze, e fu allora che lo vide, steso supino a terra vicino alla porta del bagno, che era aperta. Invasa dalla disperazione corse verso di lui, pregando che non fosse troppo tardi.

Hotch giaceva immobile, gli occhi chiusi, indossava pantaloni e camicia e quest'ultima era intrisa di sangue sul suo fianco. Emily si chinò su di lui e gli tastò il polso, che le rivelò il suo battito, seppur debole.

Aaron” lo chiamò accarezzandogli il volto. “Aaron, ti prego!”

Nessun cenno. Sempre impugnando la pistola, con la mano libera prese il cellulare dalla tasca della giacca con gesti febbrili, doveva chiamare l'ambulanza. Prima di comporre il numero fece appena in tempo a vedere Hotch che muoveva leggermente la testa, dopodichè avvertì qualcosa che la colpiva alla nuca provocandole un dolore intenso. Poi il buio.


Emily si trovava seduta a terra con la schiena contro il divano. Aprì gli occhi e appena si mosse avvertì una fitta lancinante alla testa, vedeva annebbiato e dovette sbattere più volte le palpebre per mettere a fuoco le immagini. Ian Doyle era seduto sulla poltrona di fronte a lei, al di là del tavolino, teneva una pistola nella mano destra e la guardava con le labbra lievemente piegate in un sorriso.

Ciao Lauren, o meglio Emily” disse con voce profonda marcando sull'ultima parola. “Mi sei mancata, non vedevo l'ora di trovarti, e come vedi ci sono riuscito. Io ti sono mancato?” il suo tono era calmo e ironico. “Non sei cambiata affatto, anzi, adesso sei ancora più bella di come ti ricordavo. Credevo ci fosse qualcosa di speciale tra noi, invece tu mi hai spedito a marcire in una lurida cella. Non dovevi farlo.”

Era quello che ti meritavi” disse lei cercando di riacquistare lucidità. Dov'era la sua Glock? E il cellulare? Doveva chiamare i soccorsi, Aaron era ferito e aveva bisogno d'aiuto. Tentò di tirarsi su ma il dolore alla testa si fece di nuovo sentire, accompagnato ad un forte senso di nausea, che la fecero piegare su se stessa e ricadere all'indietro. Doyle doveva averla colpita col calcio della pistola.

Dove credi di andare?” fece lui minaccioso immaginando il suo intento.

L'uomo si alzò dalla poltrona infilandosi la pistola in vita nei jeans scoloriti, si avvicinò ad Emily e si piegò sulle gambe per essere alla sua altezza. La fissò con gli occhi cerulei freddi come il ghiaccio e come il tono che usò.

Il tuo amico morirà mentre noi ci staremo divertendo, e quando avrò finito qui forse andrò a far visita ai tuoi cari colleghi...”

Emily fu percorsa da un brivido, sapeva che Doyle sarebbe stato capace di tutto, era terribilmente spietato, ma non voleva mostrarsi spaventata, anche se lo era, anche se il cuore aveva ripreso a batterle furiosamente nel petto. Si protese verso di lui e sostenendo il suo sguardo disse: “Non lo farai...”

Lauren, non mi sembra che tu sia nella posizione più adatta per dirmi ciò che devo o non devo fare” così dicendo l'uomo la colpì con violenza al volto, facendola cadere di lato sul pavimento.

Emily sentì la guancia bruciare e lacrime di dolore e rabbia pungerle gli occhi, ma le trattenne. Aaron era di là e aveva bisogno di aiuto, sperava con tutte le sue forze che fosse ancora vivo, le faceva troppo male pensare il contrario. Doveva fare qualcosa, ma cosa? Doyle era animato dal fuoco della vendetta, l'arma più pericolosa, avrebbe riversato su di lei la sua furia. Come avrebbe potuto contrastarlo? Probabilmente non ci sarebbe riuscita, ma ci avrebbe provato, per se stessa e soprattutto per Aaron. Si sentiva profondamente in colpa, lui rischiava di morire a causa sua, senza nemmeno conoscerne la ragione. Perchè stava accadendo tutto quello, perchè?! Non era giusto.

Sentì il sangue colarle dal naso e si pulì con una mano, quindi si rialzò da terra mentre Doyle la osservava sicuro di sé, consapevole di avere la situazione in pugno.

Fammi chiamare l'ambulanza, poi uccidimi, o portami via, fai quello che vuoi, ma lascia che lui viva” disse Emily con fermezza.

Allora non ci siamo capiti!” esplose lui afferrandole rabbiosamente entrambi i polsi mentre si rialzava in piedi facendo fare la stessa cosa anche a lei. La trascinò in mezzo al soggiorno senza che Emily riuscisse ad opporre resistenza, quindi la spinse contro il mobiletto sul quale Aaron teneva i liquori, talmente forte da far cadere una bottiglia e due bicchieri che andarono in frantumi.

Morirete entrambi, e quando troveranno i vostri corpi io sarò già lontano.”

Doyle aumentò la forza con cui le stringeva ancora i polsi.

Dimmi che ti sono mancato anch'io, che ho sempre fatto parte dei tuoi pensieri, dimmelo!” urlò a pochi centimetri dal suo viso, ricevendo in cambio uno sguardo di sfida carico di disprezzo.

Sei uno schifoso bastardo.”

A quelle parole l'uomo la colpì di nuovo sul viso e lei finì a terra ferendosi una mano con una scheggia di vetro. Girata su di un fianco Emily sentiva male ovunque, la testa pareva dovesse scoppiarle e per un momento le si annebbiò la vista, pensò che presto per lei sarebbe arrivata la fine. Aaron... No, non poteva andare così, non doveva. I suoi occhi rimisero a fuoco le immagini e vide qualcosa vicino alla sua mano.

Doyle si abbassò su di lei e la fece voltare in posizione supina, poi le si mise a cavalcioni.

Ma prima di ucciderti voglio togliermi una piccola soddisfazione, Lauren...”

Lauren. Non sopportava più di sentirsi chiamare con quel nome. Restò immobile mentre lui abbassava le mani sulla chiusura dei suoi pantaloni, poi in un gesto fulmineo afferrò il collo della bottiglia rotta e sollevandosi un poco lo colpì alla testa.

L'uomo urlò di dolore.

Maledetta!”

Emily approfittando di quel suo momento di distrazione cercò di scivolare via, ma non ci riuscì, il peso di Doyle la teneva incollata al pavimento. Avrebbe voluto raggiungere la sua pistola, che doveva trovarsi in corridoio dove l'uomo l'aveva colpita, avrebbe voluto salvare Aaron, mettere fine a quell'incubo, invece non le restò che guardare Doyle con la testa sanguinante che prendeva la pistola e gliela puntava sulla fronte, con la canna a sfiorarle la pelle.

Addio Lauren.”

Sarebbe morta.

Uno sparo riecheggiò nella stanza.


Emily vide gli occhi di Doyle farsi vitrei, subito dopo l'uomo si accasciò su di lei schiacciandola col peso del suo corpo. Qualcuno gli aveva sparato. Guardò istintivamente verso la porta d'ingresso ma non vide nessuno, poi un pensiero le balenò nella mente e sollevando la testa spostò lo sguardo davanti a sé. Aaron era seduto a terra appoggiato contro lo stipite della porta che divideva il salotto dal corridoio. Era vivo. Lei era viva. L'incubo era finito.

Con tutte le energie che ancora possedeva sfilò il suo corpo da sotto a quello inerme di Doyle, si alzò in piedi provando un senso di vertigine e le ci vollero alcuni istanti per trovare l'equilibrio. Sulla nuca dell'uomo era ben visibile il foro di un proiettile e la sua mano ancora tratteneva la pistola, con cui però non avrebbe più fatto del male a nessuno.

Emily raggiunse Aaron, la sua Glock era a terra accanto a lui, sul quale si chinò prendendogli il volto sofferente fra le mani.

Andrà tutto bene.”

Hotch annuì debolmente, poi lei si affrettò a recuperare il cellulare sul pavimento poco lontano, e mentre digitava il numero per chiamare l'ambulanza si accorse che le sue mani stavano tremando. Dopo aver avvisato i soccorsi andò in bagno a prendere degli asciugamani, con cui tamponò la ferita di Aaron, inginocchiata a terra. Stava perdendo ancora sangue, ma le sue condizioni sembravano migliori del previsto.

Emily...” mormorò col viso pallido e stravolto dal dolore, quando lei ebbe sistemato gli asciugamani in modo che premessero sulla ferita.

Emily lo guardò negli occhi che aveva lucidi, avrebbe voluto dirgli tante cose, ma il nodo che sentiva crescere in gola glielo impedì. Quasi senza che se ne rendesse conto calde lacrime iniziarono a rigarle il viso sporco di sangue.

Mi dispiace...” riuscì a mormorare con voce tremante.

Aaron le accarezzò dolcemente una guancia.

Non so... chi sia stato per te quell'uomo... ma ora è finita” disse a fatica.

Lei annuì, e senza smettere di piangere si rannicchiò contro il suo petto.

Aaron usò le poche forze che gli erano rimaste per stringerla a sé, posando la guancia sulla sua testa.

Emily chiuse gli occhi, dai quali le lacrime smisero di scendere, e finalmente si sentì al sicuro.

Grazie...” sussurrò a colui che le aveva salvato la vita, quella stessa vita che lei non avrebbe esitato un istante a sacrificare per la sua salvezza.

Udì la sirena dell'ambulanza, sarebbe andato tutto bene. Adesso era libera di amare, di essere felice, di vivere.

Lauren se n'era andata per sempre.




  
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