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Autore: Lady Aquaria    03/04/2011    11 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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primo capitolo Disclaimer:
-Shiryu, Shunrei e Camus appartengono a Masami Kurumada così come tutti i personaggi facenti parte di Saint Seiya.

Tuttavia Mei-Yin, Lixue e i personaggi non inclusi nell'opera originale sono miei (salvo diversamente indicato).
Ovviamente questa fic non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento. 
-La canzone che da' il titolo alla storia e che è citata nell'intro è di Gianni Morandi.

Lady Aquaria.

˜ La Storia mia con Te ˜

[...ma c’è una storia che non trova pace, la storia mia con te tra buio e luce, che vive di ogni cosa che fai, è una storia che ci divide e poi ci prende con sé…

La storia mia con te – Gianni Morandi]

1.
Per te, qualcosa ancora.

Tra il lavoro, la casa e una bambina di sette anni alla quale badare, di tempo libero Mei ne aveva poco.
Molto poco.
Appoggiata pigramente al davanzale, si godeva una tazza di oolong e il silenzio –raro, in quella casa- dei minuti immediatamente prima di cena. Momenti rari, quindi preziosi, quando poteva rimanere sola con sé stessa, quando poteva pensare un po’ senza il cicaleccio tipico di  una famiglia, e tirare un sospiro di sollievo: di solito a quell'ora , Shiryu doveva ancora tornare dai campi, dove amava tenersi in forma nei pomeriggi dopo gli studi universitari, e Lixue si faceva il bagno reduce dalla scuola materna e i giochi. Shunrei, invece, la maggior parte del tempo lo trascorreva in giardino, a vegliare su Shiryu. Anche su di lei gli avvenimenti accaduti sei anni prima avevano avuto un brutto effetto: la costante preoccupazione per Shiryu non solo non si era placata, era persino aumentata.
"Shiryu! E' tardi, non dovresti rientrare?" la sentì. Appunto.
C'erano giorni in cui non aveva quasi tempo per respirare, giorni in cui rimpiangeva quei lunghi nove mesi di gestazione nei quali anche Shiryu stranamente si era rimboccato le maniche e aveva collaborato al ménage familiare, quando le aveva vietato anche solo di alzarsi dal letto –salvo poi tornare a salvare il mondo come sempre, -a suo avviso una mera scusa per non alzare un dito-:
"Per tutti gli Dèi, Shiryu sono solo incinta, non sono moribonda!"
"Aspetti un bambino!"
"Ma sai che non ci avevo fatto caso?" aveva protestato, e più di una volta, non essendo abituata a essere servita e trattata come una bambolina di vetro, men che meno dal fratello minore.
"Non puoi fare sforzi!" aggiungeva di solito Shunrei, spalleggiando Shiryu.
"…ma…volevo solo farmi un tè!"
"Non fare di testa tua, siediti e lascia fare a noi."
Lasciare la casa in mano a due ragazzini per tutto quel tempo era stata una pessima idea, e Mei se n'era accorta troppo tardi.
Quella parentesi era comunque durata troppo poco, ed era tornata ad occuparsi di tutto non appena si era ripresa dal parto.
"Vado a chiamare Shiryu." la distrasse Shunrei, lasciando gli attrezzi da giardinaggio a terra.
A proposito di Shiryu.
A ripensarci, aveva il lavoro, la casa, la figlia e due piccioncini cui badare: da quando il fratello era tornato dalla guerra contro Hades, i due ragazzi facevano un tutt'uno, non si separavano quasi mai.
Non c'erano più Shiryu e Shunrei, due entità separate, c'era Shirei.
"Fate con calma, la cena non è ancora pronta." le disse, controllando l'ora e corrugando la fronte: aveva perso tempo, doveva ancora asciugare Lixue e vestirla per la notte.
 
Lixue intravide Shunrei e Shiryu tornare in casa, abbracciati e sorridenti.
"Mamma, perché zio e zia sono strani?"
Alzò lo sguardo sulla figlia, mentre le abbottonava la casacca del pigiama.
"Strani?" ripeté. "Cosa vuoi dire?"
D'accordo, Shunrei e Shiryu non erano proprio due zii come tanti, ma non erano così strani. Non troppo, almeno.
"La zia lo è, guarda zio in un modo strano." Lixue le indicò i due con un cenno.
Sì, capiva bene che cosa intendeva sua figlia, conosceva lo sguardo col quale Shunrei guardava suo fratello.
"Sono strani perché sono innamorati." rispose Mei.
"E cosa vuol dire?"
Le appuntò i capelli con il suo fermacapelli preferito, uno spillone intarsiato a motivi di farfalle che Camus le aveva portato da uno degli innumerevoli viaggi per conto del Grande Sacerdote, e sospirò.
"Vuol dire che si vogliono tanto bene." rispose. "Vuol dire che non possono fare a meno l'una dell'altro."
"Anche tu e papà?"
"…." disse Mei-Yin.
Voler bene era riduttivo, però.
"Come gli zii?" la distrasse Lixue.
"Non proprio. Ci sono diversi modi per volersi bene, tesoro, e io e tuo padre…" tentò di spiegarle, non sapendo come spiegare a sua figlia qualcosa che non riusciva a spiegarsi nemmeno lei. Le infilò le calze antiscivolo quindi aiutandola a scendere dal piano del bagno. Non era proprio necessario farle capire che lei e suo padre avevano condiviso qualcosa di molto bello, ma che era terminato bruscamente, e che la loro famiglia non era esattamente come quelle delle riviste patinate, perfette e senza problemi.
Lixue la guardò per un tempo che le parve infinito; di sottecchi Mei si accorse dello sguardo.
Sua figlia aveva inclinato la testa di lato e continuava a guardarla con occhi curiosi, con lo stesso sguardo penetrante di suo padre… ma stava anche pensando, e a Mei la cosa, in quel momento, non piaceva particolarmente. Da quando Lixue frequentava la scuola, più di una volta era scesa in argomenti che lei non voleva e non poteva affrontare.
Si ritrovò quindi a sperare che la figlia non andasse a parare su un certo argomento. Per quello, se lo sentiva, non era ancora pronta.
"Ma allora, se non vi volete bene, io come sono nata?"
Appunto.
"Volevo un figlio, ma senza troppi coinvolgimenti sentimentali. Tuo padre faceva al caso mio e…puff! Eccoti!"
No. Certo non poteva risponderle così, anche perché non era affatto vero.
Esortò Lixue a sedersi a tavola, schiarendosi la voce.
"Non è proprio vero, io e papà ci vogliamo ancora bene…"
"Devi sapere, Lixue, che i bambini non nascono sotto i cavoli …" interloquì Shiryu che aveva seguito l'ultimo scambio di battute fermo sulla porta della cucina. "… e altresì, non li porta la cicogna."
Mei trasse un lungo sospiro.
"Shiryu…" l'ammonì. Ci mancava solo che fosse suo fratello a spiegare a sua figlia le origini della sua nascita.
"Non inizierai con la storia dell'ape e del fiore, vero? Era una storia poco credibile già ai tempi di Dokho." disse Shiryu. "Non ci crede più nessuno, figurati se ci casca Lixue."
Anche fosse, non erano affari suoi.
"Fossi Dokho, ti fulminerei sul posto."disse Mei, schiarendosi la voce e sperando vivamente che Shiryu si decidesse a tacere.
"Hahaha, non può. Vive ad Atene." ribatté Shiryu.
"E bè, ti invierei un Rozanhyakuryūha via intercontinentale." replicò Mei. "Ne meriteresti uno."
Distratta dalle parole degli adulti, Lixue lasciò cadere l'argomento, ma si sa, i bambini hanno un'ottima memoria, e Mei sapeva benissimo che prima o poi sarebbe tornata sulla questione; come il padre, era nella sua natura insistere, trovare le risposte a quel che cercava in un modo o nell'altro.
Dopo cena, infilò i piatti nel lavello e mise Lixue a letto.
"Wănān." sorrise, rimboccandole le lenzuola.
Era arrivata alla porta, quando Lixue la chiamò indietro.
"Mamma…?"
"Sì?" rispose, fermandosi.
"Allora tu e papà vi volete ancora bene, o no? "
Socchiuse gli occhi.
Oh accidenti, ecco il discorso di quella sera, anche se sapeva benissimo che non se la sarebbe cavata con poco.
Si sedette sulla sponda del letto, carezzandole i capelli.
"Tesoro… le faccende dei grandi sono tanto difficili …" iniziò, non sapendo come spiegare. Tra lei e Camus erano state decisamente difficili.
"… e quindi? " continuò Lixue, pressante. "Perché non potete stare insieme come i genitori dei miei compagni? Non vuoi più papà?"
Sospirò, sedendosi più comodamente.
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo." iniziò, cercando le parole più adatte. "Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche di rancore all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
"Molto forte." rispose. "Non puoi capire quanto, sei ancora piccola."
"Tanto forte da farmi nascere?"
Mei si schiarì la voce.
"Sì… tanto forte da farti nascere." rispose. "Lixue, è tardi, dormi ora."
Spense la luce e uscì dalla stanza.
Troppe domande, accidenti, troppi ricordi risvegliati di colpo.
"Tutto bene?"
Sobbalzò spaventata, trovandosi Shiryu di fronte.
"Stavo meglio prima!" sbottò, accendendo la luce del corridoio. "Santi numi, la smetti di comparirmi alle spalle o no?"
"Qualcosa non va con Lixue?" domandò Shiryu, dopo aver ridacchiato.
No, andava tutto bene, se si escludeva la mancanza che Lixue avvertiva nei confronti di suo padre e i ricordi che ciò aveva risvegliato in lei.
"A parte la mancanza di suo padre, va tutto bene." rispose, asciutta. "Tutto bene."
Shiryu sbuffò, levando gli occhi al cielo.
"Ancora con questa storia, Mei?"
"Lasciami passare."
"Non ne avevamo già parlato?"
"Lasciami passare, non te lo chiederò ancora." replicò, scocciata. Camus era un nervo scoperto, parlare di lui, soprattutto il modo in cui Shiryu ne parlava, le faceva male.
Shiryu alzò le mani in segno di resa.
"Non ti sopporto più, credimi. Ogni volta sempre la stessa storia!"
"Avevamo già affrontato l'argomento Camus, ricordi?"
"Sì? Non direi." replicò Mei, mentre il fratello incrociava le braccia sul petto.
"Non voglio vedere Camus qui." disse Shiryu, facendola bloccare sulla porta della sua stanza.
"Ah ma davvero? Sai che non sei tu a decidere qua dentro, e soprattutto non sei tu a decidere se mia figlia può vedere o no suo padre?" sibilò Mei.
"Non farmi perdere la pazienza, Mei, fino a prova contraria sono io l'uomo di casa."
"Sì? Non farmi ridere. L'unico che può definirsi uomo qui è il Maestro, non tu. Fila a dormire, hai già detto abbastanza sciocchezze per oggi."replicò, chiudendosi la porta della sua stanza alle spalle.
 
*
 
Atene, cinque ore indietro.
Camus posò la brocca del caffè, corrugando la fronte nel sentire il tipico rumore del vibracall del suo cellulare e chiedendosi dove accidenti l'avesse messo.
"Prova a guardare accanto alla tv." suggerì Milo, bussando alla porta che separava gli appartamenti privati dal resto del tempio.
"Uhm… ottima idea." replicò, trovando il telefonino dove aveva suggerito l'amico.
"Hehe, visto? Ti conosco troppo bene." ridacchiò Milo. "Problemi?"
Camus corrugò la fronte, guardando il display.
"… è Mei." sussurrò, posando la tazza sul tavolino.
"Oh." sorrise Milo. "Rispondi no?"
Chissà perché lo stava chiamando, non capitava spesso. Era forse successo qualcosa a Lixue?
"… Mei?" rispose, cauto.
Dall'altra parte, un attimo di silenzio.
"Papà?"
 
*
 
Non parlò a Shiryu per tutto il giorno, l'amarezza e la rabbia era troppa, e non era affatto capace di dissimulare ciò che sentiva: aveva un carattere atroce forse, ma non riusciva a tenersi tutto dentro.
Chi si credeva di essere Shiryu, per parlarle a quel modo? Ma ancora peggio, per credersi in diritto di poter decidere della vita di sua figlia?
Lixue aveva bisogno di suo padre allo stesso modo in cui Camus aveva bisogno di lei, non potevano fare a meno l'uno dell'altra, il loro legame era molto forte.
Già lo sapeva, ma ne ebbe conferma quando, il pomeriggio dopo, Camus apparve in cucina grazie al teletrasporto.
"Mei." s'annunciò Camus.
Fece un balzo, spargendo zucchero sul ripiano della cucina.
"Per tutti gli Dei, Camus, che ci fai qui?" esclamò Mei, girandosi mentre la solita strana sensazione che l'assaliva ogni volta che le era vicino si ripresentava. "Non ti aspettavo così presto!"
Di solito quando arrivava, l'avvertiva per tempo.
"Tu mi aspettavi?!" fece Camus, inarcando un sopracciglio.
Mei si girò di nuovo, per posare il barattolo e per nascondere il rossore.
"No." rispose, frettolosa. Se lui era lì, era per Lixue, non certo per lei.
"Bugiarda." le sussurrò, improvvisamente troppo vicino.
Non gli permetteva di darle della bugiarda, né di definirla in alcun altro modo.
Chi, tra loro due, aveva deciso di troncare sul nascere qualsiasi cosa stesse nascendo tra loro? Chi aveva deciso che no, non possiamo stare insieme, sono un cavaliere d'oro…?
Nonostante avesse da tempo perdonato Camus per quello, sapeva che non avrebbe mai dimenticato quei momenti.
"Oh, sta' zitto." replicò, indispettita. "Bugiarda io? Non ti permettere, non ho mai nascosto ciò che provo nei tuoi confronti."
Camus sorrise appena, per l'unica donna che era entrata nella sua corazza di ghiaccio, Lixue a parte: era vero, non gli aveva mai nascosto nulla, tante volte Mei aveva provato a parlargli e s'era interrotta prima di dire qualunque cosa.
"Lo so." rispose, facendosi di colpo serio. "Lo so bene perché è la stessa cosa per me. Sono qui anche per questo."
Che cosa intendeva dire??!
Chiuse il rubinetto, voltandosi interrogativa.
"Come, scusa?"
"Papà!"
Mei sobbalzò, non sapeva se per via di Camus o dell'interruzione improvvisa di sua figlia.
Lixue saltò in mezzo alla stanza con le braccia spalancate, aspettando l'abbraccio del papà, che non si fece attendere.
"Salut, ma petite. Ça va?"
Mei ascoltò padre e figlia parlare tra loro, in francese -non era gelosa, era un bene, per lei, che parlasse anche la lingua di suo padre- Lixue che spiegava in dettaglio tutta la sua giornata scolastica e, soprattutto, che aveva imparato a leggere e scrivere nuovi ideogrammi, mentre Camus l'ascoltava con attenzione.
"Posso farteli vedere?"
Camus le posò un bacio in fronte, mentre gli occhi gli luccicavano, quindi annuì.
"Certo." annuì. "Frequenta ancora la solita scuola?" domandò poi, quando la bambina si assentò un attimo per andare a prendere il quaderno con i compiti di cinese.
Mei gli mise davanti la tazza di caffè.
"La solita scuola materna, a Pechino." rispose. "Sì. Dista solo quaranta minuti di auto da qui, e Shiryu l'accompagna e la riporta a casa ogni giorno, quando lui va e torna dalla facoltà."
Camus sorseggiò il suo caffè.
"Shiryu frequenta l'università? Davvero?!" commentò Camus, piccato. "Non l'avrei mai detto."
Mei socchiuse gli occhi.
"Va bene. Battuta stupida." concesse lui. "Mi spiace."
"Ah-hem … filosofia. All'Università di Pechino." aggiunse Mei.
Gli sfuggì una risatina ironica. Shiryu era sempre stato il più saccente tra i Bronze Saint, quello che più si soddisfaceva sciorinando frasi di Sun Tzu, Confucio o le parole di Dohko.
Aveva di sicuro trovato la sua strada ideale.
"Che c'è da ridere?!" domandò Mei.
"Ehm … nulla, davvero." rispose, ricomponendosi. Si riavviò i capelli, tentando di darsi un contegno. "Mi sembra la scelta più ovvia per tuo fratello."
"Ah, di sicuro." annuì Mei. "Insieme alla squadra di arti marziali dell'ateneo. Già si credeva Bruce Lee, da quando gareggia si crede un Dio del karate. Comunque … che cosa intendevi, poco fa?"
Uh, allora l'aveva incuriosita.
Si rialzò, sorridendo, e si appoggiò al piano cucina, poco distante da lei.
"Riguarda noi, e per la precisione, noi tre. Visto che la guerra contro Hades è finita da un bel pezzo e che Atena e Dokho non prevedono altre guerre per i prossimi anni, ho deciso di tornare a Parigi." annunciò.
Mei fece per rispondere, ma Lixue irruppe nella stanza brandendo un quaderno, interrompendo i due.
"Visto, papà? Guarda!"
Camus si lasciò prendere per mano dalla figlia, che lo scortò al divano.
"Riguarda noi tre?!" ripeté Mei, corrugando la fronte.
"Une minute, chérie. Mei, vorrei che tu e Lixue veniste a Parigi con me."
 
***
Lady Aquaria's corner.
(Ri-ricontrollato il 18 settembre 2014)
Finora non l'ho mai specificato, ma essendomi tramutata da lettrice a autrice/lettrice da poco, devo ancora capire bene come funziona la cosa....a parte questo…
Ebbene sì. È successo. Camus è OOC. [schiva per un pelo un'Aurora Execution] e credo che sarà OOC per tutta la durata della fic. (e io ti tumulerò nel ghiaccio, prima o poi… Nd.Camus
Massì, tanto mi vuoi bene lo stesso… n.d Lady Aquaria)
Poi…essendo trascorsi anni dal diploma, nonostante debba essere esperta di bambini dato il mio titolo di studi, non ricordo perfettamente le varie tappe delle età evolutive…perciò spero di non aver dato a Lixue comportamenti troppo in là per i suoi sette anni.
-Rozanhyakuryūha, o Colpo dei Cento Draghi Nascenti, tecnica di Dokho.
P.S. Non volevo cancellare le vecchie postille, quindi avverto qui che i capitoli sono in fase di riscrittura. Questo capitolo, invero, era stato pubblicato la prima volta in data 3 aprile 2011, e a distanza di un anno e più, ho deciso di ampliarla e correggerla. Spero vi piaccia! :)
Vale^^
Edit aggiunto il 10 febbraio 2016: dopo un incredibile pastrocchio col titolo, causato da problemini vari, il titolo è tornato il suo originale :D
Lady Aquaria
   
 
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