Crossover
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Autore: Sparrowhawk    04/04/2011    0 recensioni
Per amore della pace, voglio subito dire che in questa fanfic si incontrano due mondi assai diversi, ovvero quello di Kuroshitsuji (qualcuno ha mai sentito parlare di buon vecchio conte Ciel Phantomhive e del suo stupenderrimo maggiordomo?) e quello di Pandora Hearts (anche qui, manga abbastanza famoso). I protagonisti sono Elliot Nightray e Célie Phantomhive che, sì, non altri che il caro Ciel versione femminile.
In pratica qui Ciel ha una sorella gemella. Alquanto scioccante, lo so. ù.ù
Che altro dire? Beh, il racconto è in terza persona, ma ho cercato di concentrare l'attenzione su entrambi i personaggi ma alternativamente, ovvero non insieme. Si vedrano spesso le vicende vissute da entrambi i punti di vista. Credo di essere stata abbastanza fedele al carattere dei personaggi...o quanto meno lo spero XD.
Per il resto, quando scrivo fra le "..." sono pensieri, mentre quando è parlato le parole stanno fra le «...».
Buona lettura! *manda baci e incrocia le dita*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cherryblossom - Pillole di Crossover'
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Titolo: Cherryblossom
Fandom: Pandora Hearts - Kuroshitsuji
Personaggi Primari - Secondari: Elliot Nightray; Ciel Phantomhive (ver. femminile) - Angelina Durless; Ciel Phantomhive (ver. maschile); Sebastian Michaelis; Dean (creato da me)
Rating: Giallo
Genere: Romantico; Fluff; Drammatico
Altro: Cross-over; Gender Bender
Note: Primo esperimento circa i Cross-over. Che nessuno si fila XD Io personalmente li trovo interessanti, divertenti il più delle volte (le viene in mente Cross Epoch). Questo però non è uno di quei casi.


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«Sei solo anche tu...? Allora restiamo vicini, insieme forse...sarà diverso.»

Célie gli aveva detto una frase così pochi giorni dopo il loro primo incontro. Lei, così timida e poco propensa a parlare, si era arrischiata a dire una cosa simile di fronte a lui ignorando il rossore che le aveva coperto le guance candide e il forte battito del suo cuore. Gli aveva detto quello che stava pensando, come sempre con una sincerità ed un'inoccenza che erano in grado di lasciarlo totalmente spiazzato.

E adesso...

"Adesso sono solo." pensò, prendendosi la testa fra le mani e chiudendo gli occhi sconvolto, incapace di fare qualsiasi altra cosa "Adesso sono solo di nuovo!"

Elliot scosse il capo, il rumore di passi continui che non cennavano a voler smettere di aggiungersi al caos che aveva in quel momento nella testa: ma come ci erano arrivati a quel punto? Come diavolo era successo tutto quello che ora stava vivendo?

"Se solo fossi stato più forte, più accorto...." si disse ancora, mentre una lacrima scendeva dai suoi occhi intrepida, seguendo la linea di altre che avevano già avuto modo di solcare il suo volto, solitamente serio e poco propenso al lasciar trasparire anche solo un'emozione "Dovevo rendermi conto...di quanto stesse soffrendo! Come ho potuto non notarlo?!"

«Siete parente di Célie?»

Il ragazzo spalancò gli occhi e, alzandosi automaticamente, corse incontro al medico appena uscito dalla stanza in cui avevano rinchiuso la sua piccola Célie: appoggiò le mani sulle sue spalle, scuotendolo, gli occhi così preoccupati ma ancora lucidi dal pianto, che tra l'altro era solamente stato rimandato.

«Come sta?» domandò, la voce tremante «Adesso è sveglia?!»

L'uomo, probabilmente sulla cinquantina, gli occhi marroni e profondi incastonati come pietre preziose in quel viso dall'aria dura e severa, discostò delicatamente le mani di Elliot dalle sue spalle e lo guardò negli occhi capendo forse quanto in quel momento fosse ansioso di conoscere le condizioni della sua amica o, molto più probabilmente, della sua compagna.

Sospirò «Ora è stabile.» rivelò infine, scuotendo però il capo «Ma non posso dirti altro figliolo. Solo i parenti possono venire a conoscenza delle sue condizioni.»

«Lei non ha nessuno.» disse allora Elliot, ancora tremante, le mani strette in due pugni «Ha solo me. Sono io la sua...la sua famiglia.»

Il medico non disse nulla, limitandosi a guardarsi in giro per cercare di capire se le poche persone presenti e che stavano sedute sugli appositi sedili non fossero invece anche loro lì per la piccola ragazzina che aveva in cura: no, non era una cosa plausibile. In fin dei conti, da come era entrato nel corridoio, se ci fossero stati dei suoi parenti a quest'ora lo avrebbero già raggiunto. Invece solo quel ragazzo alto e snello lo aveva avvicinato, dimostrando tutta la preoccupazione che era tipica di chi amava qualcuno e temeva di perderlo.

Forse diceva la verità e, anche se non fosse stato il caso, per una volta avrebbe anche potuto fare uno strappo alla regola no?

«Vieni con me.»

Stavolta fu lui a poggiare una mano sulla sua spalla, costringendolo a seguirlo. Camminarono uno vicino all'altro per un poco di tempo prima di raggiungere la porta della camera in cui Célie si stava riposando: non lo fece entrare subito e, sopratutto, fu grato al cielo che le tendine della porta fossero tirate o di certo l'attenzione del ragazzo sarebbe stata tutta attratta dalla figura della sua amata nel letto d'ospedale.

Mostrò uno sguardo serio, deciso mentre si decideva a parlare.

«Appena l'hai trovata l'hai portata qui dico bene?» Elliot annuì «Non sai da quanto tempo era...si insomma, da quanto tempo si era tagliata le vene?»

Scosse il capo e allora l'uomo continuò «Ha perso molto sangue e quando è arrivata qui le abbiamo fatto subito una trasfusione ma il taglio sul suo polso era davvero, davvero profondo. Bloccare l'emorraggia è stata dura.»

Fece una pausa, guardando in quegli occhi azzurri e freddissimi, ora persi in chissà quali congetture: sapeva che lo stava ascoltando, era per quello che aveva quello sguardo, però sapeva anche che c'era una parte di lui che non stava pensando ad altro che alla domanda che più gli premeva porre ma che, senza coraggio o senza il vero desiderio di conoscere la risposta, non riusciva ancora a porre.

Quanta desolazione in quegli occhi, non ne aveva mai vista così tanta in un ragazzo della sua età.

«Per il momento...puoi solo aspettare.» sussurrò «Célie ha un fisico molto fragile, si ammala facilmente e non ha mai avuto una salute di ferro. Questo incidente ha peggiorato solo la situazione.»

Lo vide alzare finalmente lo sguardo ed incontrare il suo.

«Potrebbe farcela come non passare la notte.»

Detto questo, l'uomo se ne andò via, lasciando Elliot solo con i suoi pensieri e sopratutto solo di fronte alle difficoltà che gli si ponevano di fronte adesso: le parole del medico erano state dure ma, per quanto in quel momento volesse avercela con lui per non aver fatto una magia facendo sì che Cèlie fosse già bella che pronta ad andare a casa, non poteva biasimarlo per come lo aveva trattato anzi, gli era grato di avergli detto la verità. Anche se, doveva ammetterlo, era così amara che lo stava facendo sentire peggio che mai.

Sospirò e, incapace di fare altro, si limitò a posare con fare incerto la mano sulla maniglia della porta, tirandola poi a se lentamente: non era del tutto preparato alla scena che gli si parò di fronte, fu chiaro nel momento stesso in cui i suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa alla sola vista della sua Cèlie, la sua bellissima, bellissima Célie, ridotta in quello stato pietoso. Era pallidissima, anche più del solito, e i sottili tubi che erano collegati al suo corpo la rendevano ancora più piccola ai suoi occhi, quasi più fragile se possibile.

Le si avvicinò a passo veloce ma felpato, arrivandole ben presto accanto e prendendole le mani fra le sue: le strinse forte, più di quello che avrebbe voluto, e poi si mise seduto sullo sgabello lì a fianco, portando infine le loro mani congiunte alla fronte mentre chiudeva gli occhi. Oddio come si sentiva male adesso! Cosa avrebbe dato per poter essere al suo posto, in quel letto, senza poter nè vedere nè sentire quello che invece era costretto a vedere e sentire.

«Avevi promesso...» sussurrò, dapprima con voce cauta e poi quasi urlando, arrabbiato «Avevi promesso che saremmo rimasti sempre insieme! Mi avevi promesso che non te ne saresti andata senza di me! Lo avevi promesso, maledizione!»

  
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