Puoi sentirmi,
Efestione?
Penso di sì, anche nella morte continui ad essermi vicino, lo sento…tu, il mio
più caro amico, fratello ad amante.
Nessuno ti ha mai
amato come ho fatto io e tu sei l’unico che mi abbia ricambiato senza volere
niente in cambio, ma soprattutto il solo che abbia amato ME, come sono in
realtà e non quell’icona leggendaria che sono
diventato e che tutti adorano.
Eh, si, ho sempre
saputo che molti dei miei amici più cari, Tilota,
Lisimaco, Perdicca, Leonnato,
Clito, mi stavano attorno per motivi ben più vili e
meschini della semplice amicizia.
Forse solo durante
la mia infanzia ed adolescenza mi sono stati veramente amici.
Tu, invece, sei
sempre stato onesto con me, non mi hai mai adulato più del dovuto e non mi hai
mai regalato una vittoria, come invece facevano gli altri.
Ricordo ancora il
giorno che diventammo amici, mi avevi battuto nella
lotta, e io mi ero rivoltato contro di te, piuttosto contrariato: non è mai
stato insito nella mia natura accettare di buon grado la sconfitta.
“Avrei dovuto
lasciarti vincere, Alessandro?” mi chiedesti; dapprincipio rimasi perplesso, ma
poi ti risposi che non era così che volevo.
Quella tua frase mi
colpì particolarmente: fino a quel momento ero abituato a sentirmi dire che mi era dovuto tutto, in quanto figlio del re. Ma io non volevo che fosse così; aspiro alla gloria, ma la
volevo conquistare, non vincere facilmente, e tu fosti il primo che lo capì.
Quella sera ci stavo
appunto riflettendo, osservando da una collina i boschi verdi che si stendevano
davanti ai miei occhi, quando tu arrivasti, mettendomi un braccio intorno alle
spalle e chiedendomi: “Sei ancora arrabbiato con me, Alessandro?”
“No, stavo solo
pensando” risposi semplicemente, invitandoti con un cenno a sederti al mio
fianco.
Non ci furono altre
parole, guardarono solo il tramonto e mentre la luce sanguigna del sole ci
bagnava, accadde qualcosa che ci unì per tutto il resto della nostra vita.
Ah, amico mio…tu sei
la persona che più ho amato a questo mondo e, paradossalmente, sei stato colui che ho più fatto soffrire. A volte è strana la vita,
vero?
Io, che
volontariamente non ti avrei fatto del male nemmeno sotto minaccia di morte, ti
ho ferito innumerevoli volte, durante tutta la nostra permanenza in Asia.
La prima coltellata
ti arrivò quando annunciai a te e ai miei generali il
matrimonio con Roxane.
Tutti protestarono, secondo loro non potevo assolutamente sposare
una barbara, per di più priva di un qualsiasi potere politico.
Ma tu non dicesti nulla, anche se
eri il solo che tra loro poteva avere un motivo valido per impedire la nostra
unione: tu mi amavi e io ti amavo, tutto qui.
Ancora oggi mi
chiedo se tu avessi veramente capito i miei motivi per
volere il mio matrimonio: so che molti dissero che l’avevo fatto per farmi
amiche le tribù, oppure riferirono che mi fossi realmente innamorato di lei.
Quest’ultima
affermazione in un certo senso è vera, perché a modo mio amavo Roxane; ma in realtà l’ho sposata perché mi ricordava
incredibilmente mia madre, così bella e selvaggia.
Quando, la sera del matrimonio, entrasti
nella mia stanza, mi sentii morire.
I tuoi splendidi
occhi azzurri, nei quali si fondevano cielo e mare, erano colmi di lacrime.
Tu non hai
protestato, non mi hai redarguito né mi hai chiesto spiegazioni; semplicemente
mi hai donato quell’anello, dicendomi che avresti
sempre pensato a me come al sole.
Ti abbracciai, e avrei voluto scusarmi, fare qualcosa, ma in quel momento
sopraggiunse Roxane, che ti fulminò con uno sguardo
carico d’odio, che mi è sempre rimasto impresso nella mente.
In quell’istante
sembrò veramente mia madre, anche lei non ti amava anzi, ti disprezzava a causa
del nostro amore.
Sono ancora convinto
che sia stata Roxane ad ucciderti; ne sarebbe stata
capacissima, era gelosa del rapporto che c’era tra noi due.
Ma forse la coltellata peggiore te
la detti con la mia relazione con Bagoas, lo schiavo
eunuco.
Non l’ho mai amato,
sappilo, ma la sua bellezza quasi femminea mi travolse.
Ma nonostante
questo, non ho mai ricevuto un rimprovero da te, hai
continuato a seguirmi e non mi hai mai lasciato.
Sei stato l’unico
che ha sempre creduto in me, e io come ti ho ringraziato?
Tradendoti più e più
volte.
Potrai mai
perdonarmi, Efestione? Spero di si, anche se non me lo
meriterei: ma la tue migliori qualità sono sempre state la bontà e la capacità
di perdonare…quanto avrei voluto essere come te, Efestione, onesto, buono e
semplice.
Mi sento vuoto,
perso senza di te e mi sento terribilmente solo.
La solitudine mi ha
afflitto per tutta la mia vita ed è stata questa che mi ha spinto ad andare
sempre più avanti, oltre ai confini del mondo conosciuto.
Solo la tua presenza
mi aiutava a lenire questa mia desolazione…come farò
adesso?
La tua morte mi ha spezzato il cuore, mi ha fatto precipitare in un baratro
senza fine.
A volte non riesco
proprio ad accettare l’idea che tu te ne sia andato via da me, ucciso da un
bicchiere di vino avvelenato.
Noi due dovevamo
morire insieme, Efestione, sul campo di battaglia, combattendo fianco a fianco, oppure invecchiati serenamente…ma sempre
insieme; io e te, come siamo sempre stati anche in vita…noi due eravamo la
stessa anima racchiusa in due corpi distinti.
Solo il pensiero del
regno mi ha fermato dal lasciarmi morire di
fame…volevo raggiungerti subito, ma sapevo che, per quanto felice, non l’avresti
approvato…un re è sempre un re, dopotutto!
Ma adesso anch’io
sto morendo, avvelenato dallo stesso bicchiere di vino e sono circondato dagli
avvoltoi che un tempo chiamavo amici, che vogliono
sapere chi sarà il mio successore.
Nessuno di loro è
degno di portare avanti il mio sogno, l’unico che avrebbe potuto farlo eri tu.
Sta diventando tutto strano, sai?
Vedo una prateria
sterminata, piena di fiori, e in lontananza cavalca un fiero e possente cavallo
nero…Bucefalo!
E c’è una figura, che si sta avvicinando
a me, un uomo con occhi splendidi che neanche il miglior pittore del mondo
saprebbe riprodurre…mi sorride e mi fa un cenno con la mano.
Adesso potrà
recuperare tutto il tempo perso, mi farò perdonare tutti i miei sbagli, perché
io e te staremo insieme per l’eternità.
Arrivo, Efestione.