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Autore: elrohir    30/01/2006    5 recensioni
«Ti rendo il coltello, meldir. Non ne avrò più bisogno.»
Elrohir, dopo la morte di Haldir.
Solo qualche manciata di parole.
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Elladan, Elrohir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stelle eterne


Gli elfi sono creature eterne. Come le stelle, non conoscono la morte, né le malattie.
Gli elfi sono creature di luce e di ghiaccio. Nei loro occhi, anche l’ombra e il dolore risplendono, tingendosi di mistero.
Gli elfi sono destinati a vivere per sempre. Destinati per sempre a resistere.
Elrohir Peredhel si lasciò cadere sulle ginocchia. Tutto questo lo sapeva, lo sapeva bene. L’aveva saputo millenni prima, quando suo padre, il Signore di Imladris, gli aveva detto che un giorno, nel futuro, lui e suo fratello avrebbero dovuto scegliere tra quella vita, quella vita che conoscevano, lunga e lenta, e quella degli uomini, più breve, più veloce, più intensa.
Quel giorno Elrond gli aveva accarezzato i capelli, mormorato con voce soave che gli elfi non potevano morire.
E allora, pensò Elrohir stringendo i pugni, perché, perché, perché adesso si trovava lì?
In quella cripta fredda, inginocchiato davanti a un altare di marmo, le unghie premute nel palmo fino a farlo sanguinare, e gli occhi ora asciutti, gli occhi asciutti e secchi di lacrime, arrossati per un pianto lungo secoli?
Gli elfi non possono morire. Lui sapeva che non era vero.
Aveva svelato quella menzogna nella sua prima battaglia, quando gli antichi arcieri erano caduti al suo fianco, gli spiriti in volo verso le Aule di Mandos.
Eppure ancora gli sembrava impossibile.
Lasciò scorrere gli occhi sulla figura immobile.
Gli zigomi d’alabastro, le ciglia scure. I capelli argentei, così chiari e luminosi anche nella penombra. Le labbra esangui, armoniose, delicate. I lineamenti scolpiti nell’avorio. La pelle lattea, opalescente, la pelle di un elfo purosangue, un elfo di Lorien.
Il corpo esile e snello di un forte galadhrin, la potenza nascosta nella delicatezza apparente.
Fece scivolare un pugnale di mithril tra quelle dita serrate.
Rivide per un attimo l’amico guardarlo con gli occhi ridenti, una sera lontana, nascosti dalle stelle. Quel coltello era spuntato tra le sue mani, e l’elfo gliel’aveva offerto. Lui aveva esitato, Non so cosa darti in cambio di questo dono. Il coltello era saettato, aveva tagliato veloce una ciocca di capelli corvini. Elrohir era trasalito, e Haldir aveva riso. Questo mi basta, meldiren. Voglio poter ricordare i tuoi colori anche quando sarai lontano. E adesso prendi il pugnale, e vedi di usarlo.
Ora Haldir giaceva su quella lastra di pietra, e mai più il principe avrebbe sentito vibrare l’eccitazione in quella sua voce roca. Ti rendo il coltello, meldir. Non ne avrò più bisogno.
Si alzò, guardò un’ultima volta la tomba che presto avrebbe inghiottito il ricordo dello spirito libero di quel guardiano. Non era la sua guerra, non lo era mai stata. Haldir era venuto a combattere solo per onorare un’antica alleanza, e per quell’alleanza era caduto.
Elrohir strinse i denti. Avrebbe vendicato la sua morte.
Quante volte il suo cuore si era spezzato, nei lunghi anni? Aveva giurato di non amare più gli uomini, perché la loro vita era troppo breve. Ma aveva scordato che anche gli eterni Figli delle Stelle potevano perdere la loro luce. E il pensiero che fosse accaduto ad Haldir lo tormentava.
Sapeva che era temporaneo. Presto il suo amico sarebbe rinato, come sempre accadeva alle anime che dimoravano nelle Sale dell’Attesa. Ma non sarebbe stato lo stesso.
Non sarebbe più stato suo.
Elrohir sentì una mano sulla spalla, ma non si voltò a guardare. Sapeva che lo sguardo del gemello rispecchiava il suo, e non aveva la forza di affrontare il suo dolore.
Così fece soltanto scivolare la mano dietro la schiena dell’altro, attirandolo più vicino. E quando sentì il calore del petto ampio di Elladan contro di sé, si abbandonò nel suo abbraccio, le palpebre serrate, cercando in tutti i modi di portare la mente ai momenti di gioia che quella terra, Arda infiammata, aveva condiviso con loro.

   
 
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