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Autore: Terre_del_Nord    13/04/2011    12 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.004 - Alastor Moody

IV.004


Mirzam Sherton
località sconosciuta, Shetland - sab. 25 dicembre 1971

Appena Jarvis si smaterializzò via dalla grotta, il silenzio scese attorno a noi. C’eravamo raccolti intorno a un fuoco, le pareti illuminate dal rosseggiare delle fiamme, le nostre ombre proiettate nere e vivide sulla superficie ruvida e spigolosa della roccia, Sile era al mio fianco, seduta vicina a me, gli occhi persi nel vuoto, senza alcuna curiosità per l'altra persona presente nell'ambiente, che era rimasta sempre silenziosa e disinteressata nei nostri confronti. Al contrario, io continuavo a studiarla di sottecchi: il nome, certi tratti del viso, l'età apparente mi davano pochi dubbi su chi fosse, eppure troppe cose continuavano a non avere senso, era semplicemente assurdo che Fear si fosse fatto carico della figlia illegittima e mezzosangue di Orion Black, non capivo per quale motivo avesse fatto una stupidaggine del genere. E mi chiedevo se fosse una Strega o, dopo essere rimasta per quasi una notte a Herrengton, non fosse più nemmeno una Mezzosangue... Come aveva vissuto in quegli anni? Possibile che fosse sempre rimasta con Fear? Avevo anche la conferma indiretta che non ci trovassimo più entro i territori delle Terre del Nord e dell'influenza di Habarcat, altrimenti “quella” non sarebbe riuscita a sopravvivere a lungo. Dov'eravamo? Perché non ci trovavamo nelle Terre? Che cosa era andato a prendere Fear per “aiutarci”? E che cosa ne sarebbe stato di noi a quel punto?
Troppe domande, alle quali non sapevo se volevo avere una risposta, domande che mi distraevano da questioni molto più importanti, dolorose, che cercavo di allontanare dalla mia mente. Che cosa avrebbe fatto Sile? A cosa stava pensando? A quanto l'avessi delusa? A quale tremendo errore avesse fatto, sposandomi?  Si preparava a dirmi che ero un essere abbietto, un maledetto bugiardo, che mi odiava, che...? Il pensiero che la mia vita fosse finita in nemmeno una settimana mi lasciava senza fiato e il fatto che stavolta avessi combinato un casino per una buona causa, dopo i guai in cui mi ero cacciato negli ultimi anni per semplice stupidità, non mi dava un pur minimo sollievo. Inoltre, nonostante fossi un idiota, io l'amavo veramente, pertanto non potevo imporle una vita da fuggitiva con me: anche se lei, per qualche assurda ragione, mi avesse perdonato, dovevo essere un uomo, almeno una misera volta nella mia vita, e accettare le conseguenze delle mie scelte, facendo tutto ciò che era meglio e giusto per lei, ovvero liberarla dalla mia dannosa presenza. Avevo già creduto di essere disperato in altri frangenti, ma mai prima di quel momento avevo realmente compreso il significato della parola “disperazione”: l'unico modo per fare il bene della persona che amavo era uscire definitivamente dalla sua vita.

    “Prima dell'arrivo di Fear, Sile... forse dovremmo chiarire alcune questioni... ”

Lo dissi quasi in un sussurro, Sile mi guardò indecisa, assorta, poi fissò la ragazza che stava muta davanti a noi, in piedi, quasi avesse timore ad avvicinarsi, eppure osservando il suo sguardo, era facile comprendere che non era tipo da aver paura di qualcosa: la verità era che non aveva alcuna intenzione di lasciarci soli, non capivo se fosse spudoratamente curiosa o arrogante o eseguisse solo gli ordini di Fear. Dopo un attimo di esitazione, Sile annuì, si alzò e m’invitò a seguirla, fuori da quell'ambiente racchiuso e caldo, sulla via oscura che portava agli scogli, di fronte al mare in tempesta, Margareth per fortuna non ci seguì: era freddo, ma la tensione di quel momento, forse il momento più importante della mia vita, non mi faceva percepire nulla, sembrava non avessi più un corpo, ero solo un cuore, un cuore prossimo a frantumarsi in miliardi di pezzi. Rimasi in silenzio, a lungo, incapace di iniziare un discorso in modo convincente e persino di guardarla, rimanevo a pochi passi da lei, che si appoggiava alla parete e a sua volta non aveva alcuna intenzione di sollevare lo sguardo o dire qualcosa. Alla fine, però, sapendo che con le parole ero un disastro e rischiavamo di restare sospesi in quel limbo per il resto della nostra vita, prese coraggio e affrontò la situazione di petto.
   
    “Se ti stai chiedendo se credo alle accuse che ti muovono... no, non ci credo Mirzam... mi sono sbagliata spesso su di te, è vero... ma so che non saresti mai capace di fare del male alla tua famiglia... se te ne credessi capace, non avrei mai accettato di sposarti... lo sai... ”
    “Beh… Quella è proprio assurda come storia, ma... io... io quell'uomo... quell'Auror, intendo... io... quello... l'ho ucciso... davvero...”
    “Lo so... ”

La fissai, ora anche lei guardava me, con quegli occhi chiari che sembravano graffiarmi dentro, con tutto il dolore che vi vedevo raccolto. Dolore, però, solo dolore, non disprezzo, né delusione. Sile era travolta come me, dall'incertezza, dalla paura, dall'oscurità che si dipanava davanti  a noi, dalla fragilità del nostro destino, in lei c'erano domande e domande, ed io non avevo nemmeno una risposta e anche se le avessi avute, sarebbero state tutte sbagliate. Come sempre.

    “Te l'ha detto Fear? Maledizione! Perché? L'ho spergiurato di lasciare a me questo compito... almeno questo... Te lo dovevo, io... te lo... ”
    “Fear non mi ha detto nulla, Mirzam... non chiedermi come, ma lo so, l'ho sempre saputo... ormai ti conosco abbastanza, l'ho visto nel tuo sguardo, qualcosa di brutto ti aveva tolto la serenità negli ultimi giorni… anche se eri felice, anche se stavi bene con me, sentivo che c'era qualcosa che ti tormentava... Sapevo che era successo qualcosa, ma... Sono sincera... non ho avuto il coraggio di chiederti niente... avevo paura di sentire le tue risposte…”

Come darle torto? Ogni volta che avevo cercato di spiegarle qualcosa… che avevo tentato di giustificarmi…

    “Non volevo che accadesse, Sile... te lo giuro... non l'ho cercato, non l'ho... è stato un caso, uno stramaledetto incidente... è caduto ma io non volevo che cadesse, non sono riuscito a impedire che morisse... mi ha assalito, io mi sono difeso, mi sono solo difeso... so difendermi, lo sai, senza fare del male... io non volevo fargliene, volevo solo sfuggirgli... ma lui... lui è inciampato ed è volato di sotto! Te lo giuro, Sile... te lo giuro sulla mia vita, anche se non conta niente... ho provato a evitare che cadesse, ho provato a evitare che si ferisse... ma non ho fatto in tempo a... ”

Mi stringeva la mano, forte. A ogni parola che pronunciavo, sentivo il mio respiro e la mia voce farsi più debole, sentivo le forze abbandonarmi, sentivo la vergogna impossessarsi di me, diventare tutt'uno con la colpa, ma quella mano, il calore della sua mano attorno alla mia, al contrario si faceva più vivo, più potente. La guardai, Sile mi dava una speranza, lei che era la mia costante e la mia certezza.

    “Non volevo nascondertelo... volevo dirtelo, ma aspettavo il momento giusto, ammesso ne esista uno... Non per me... non volevo apparire diverso da ciò che sono, il solito idiota... ma... non mi sembrava giusto rovinare queste giornate anche a te, con una delle mie solite cazzate... ma sono un completo imbecille e sono riuscito a distruggere tutto... ”

Sile salì sulle punte e mi scoccò un bacio sulle labbra, impedendomi di dire altro, di piangermi ancora addosso, mi accarezzò lenta le Rune delle mani e se le portò dietro la schiena così che la sorreggessi, mentre si stringeva a me: mi abbandonai al suo abbraccio, respirando a fondo il profumo dei suoi capelli, serrandola a me, scaldandomi col suo calore, illuminato dal suo sguardo, assaporando le sue labbra con passione, lasciando che tutto di lei, la sua bellezza, la sua bontà, la sua dolcezza, attutissero il dolore della mia consapevolezza, del mio essere inutile e miserabile. La desideravo, con forza e disperazione, come si può desiderare solo la vita che si sta per perdere: senza pensare più ai miei buoni propositi, annodai le dita tra i suoi capelli, le sollevai il volto, perdendomi nei suoi occhi, bruciava come me, di fame e desiderio, di disperazione e follia. Anche lei cercava quell'unione completa, immersi com'eravamo in un futuro che improvvisamente era diventato indefinito e oscuro, una perenne notte, là dove fino a poche ore prima c'era almeno la speranza di una nuova alba da attendere insieme, di una vita insieme, di un futuro insieme. Con una fretta che non mi apparteneva, le sciolsi bramoso e sbrigativo i lacci dell'abito, lasciandole la tunica aperta e discinta addosso, senza spogliarla del tutto, mi feci spazio con il viso, con la bocca, nel pizzo del suo corsetto, senza pensare al rischio di essere visti, sentiti, interrotti. Affondai le labbra nella carne morbida del suo seno, strappandole nonostante la ruvidezza dei gesti dei gemiti simili a fusa, inebriato dal profumo di donna, della mia donna; con le mani, risalii sul suo corpo, afferrando e strizzando la sua pelle, quasi a sincerarmi che fosse ancora vera, che non fosse già solo un sogno. La sollevai, cingendo le sue gambe ai miei lombi, annullando tra noi tutta la distanza, volevo immergermi in lei, subito, con decisione e fretta, nel suo calore, serrandola con prepotenza con le dita, facendole persino male, come non gliene avevo mai fatto, per lasciare dei segni che le ricordassero almeno per un po’ di noi, di quei momenti perduti per sempre, strisciandola persino contro la parete grezza, lasciando che rapidi, ruvidi, disperati i miei movimenti, i miei gemiti, il mio respiro si appropriassero del buio, fondendosi col suono del mare, tentando di cancellare in lei, nella sua carne viva e accogliente, tutta la mia tensione, la mia disperazione, la mia angoscia: in lei, che era il mio nido, la mia culla ovattata, la mia ancora di salvezza, la mia sola ragione di vita. Invece restavo immobile, attendevo nemmeno io sapevo cosa, la mente persa nel delirio, immaginavo i suoi sospiri che si univano ai miei, la sua carne violata che si adattava e si stringeva intorno alla mia, iniettandomi le vene di fuoco e piacere, ma in realtà restavo una statua inerte, incapace persino di spogliarmi, preda della mia angoscia che, intatta, mi divorava sempre di più, mi sovrastava, mi ricordava che se l’avessi fatto, quello sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio, l'ultimo bacio, l'ultima volta che sarebbe stata mia. Non poteva finire così, no, non potevo averla così, macchiando il ricordo di ciò che avevo di più caro del colore turpe del mio fallimento e del mio dolore. Il senso di vuoto mi prese definitivamente, mi chiesi cosa diavolo stessi cercando di fare, come avessi potuto coinvolgere Sile, proprio Sile in un destino assurdo come quello che avevo scelto, intrecciando in una serie di passi falsi la mia vita a quella di un pazzo assassino, di un mostro. Sile sentì la mia paura e la mia disperazione allontanarmi da lei, si strinse ancora di più a me, affondando le unghie nella mia carne, stampando le labbra con più urgenza tra i miei capelli, si aggrappava al mio abbraccio, a me, che ormai lasciavo libere le mie lacrime sul suo collo, come un bambino, lacrime di vergogna e dolore, squassandole il corpo con i miei singhiozzi come avevo fatto tante volte in quei pochi giorni con il nostro piacere. Quando le sue carezze mi avvolsero riportandomi con dolcezza a ricordi lontani, quando le sue mani, sul mio capo, mi sfiorarono, trasmettendomi forza, amore, protezione, i suoi baci mi sembrarono una cascata di petali di vita sulla mia pelle: mi staccai dal suo collo, confuso per quella strana Magia, consapevole che tentava di darmi coraggio e speranza, di infondermi fiducia con il suo amore. Quello che restava della mia passione si stemperò in una sensazione diversa, nuova, altrettanto potente e profonda, qualcosa che nasceva da lei, dalla sua essenza, dalla sua unione di spirito e sangue, come la Magia più potente, e si espandeva su di me, travolgendomi come un’onda, legandomi a lei, in un'entità indissolubile.

     “Sile... ”

M'impedì di parlare, s’impossessò di nuovo delle mie labbra, in un bacio gentile, eppure appassionato come i nostri primi baci rubati in riva al Lago Oscuro, poi scivolò con le labbra sul collo e risalì fino al mio orecchio: la sua voce sembrava un canto, nella lingua antica iniziò a ripetermi come un mantra ciò che mi aveva promesso appena pochi giorni prima, quando mi aveva accettato come suo sposo, e anche se io non potevo permettere che si rovinasse la vita per un giuramento fatto senza la piena consapevolezza dei guai in cui l'avevo cacciata, sentivo che quelle parole, quelle promesse erano talmente sacre e potenti che infrangevano, travolgevano qualsiasi calcolo, qualsiasi ragionevolezza, qualsiasi logica.

    “Sile...”

La fissai, anche i suoi occhi erano pieni di lacrime, ora, ma, al contrario di me, le sue erano lacrime di fede e di speranza, non di disperazione.

    “Ricordi? “Vorrei che questo istante durasse per tutta la mia vita, che la mia amica più cara restasse per sempre tra le mie braccia e diventasse la mia donna, il mio sangue, la mia vita, il mio destino, fino alla fine dei miei giorni…”(1) Eravamo a Hogwarts, nel cortile, sotto un tappeto di stelle... Io le porto scolpite dentro di me da allora, ho sempre creduto alle tue parole Mirzam... anche quando tutto sembrava distrutto, dentro di me, ho sempre saputo che la mia vita coincide con la tua. Ricordi il bambino nell'acqua? Lo ricordi, Mirzam? Ricordi che è stato il nostro amore a salvarci? E allora non pensare nemmeno per un istante che il mio bene sia lontano da te... Non esiste bene se siamo divisi. Io non ti baratto con niente, ti seguirò ovunque, affronterò con te qualsiasi cosa... ho già fatto una volta l'errore di lasciarti andare... non lo ripeterò mai più…”

Mi baciò di nuovo, profondamente, mentre il suo viso si bagnava di lacrime e bagnava anche il mio, tremava tra le mie braccia ed io la strinsi a me, nel buio e nel freddo di quella grotta, mentre fuori il mare era in tempesta, mentre tutta la vita era ormai una furiosa tempesta. E l'unico approdo sicuro, in quella vita maledetta, era proprio quell'abbraccio, quell'amore.

***

Alshain Sherton
Ospedale McCormacc, Inverness, Highlands - sab. 25 dicembre 1971

    “Prego, signora, restate dove siete… Il mio nome è Moody, Alastor Moody, questi sono i miei uomini e questo è il mandato di perquisizione firmato dal Ministro Longbottom in persona... E ora, se non vi dispiace, le domande le faccio io... dove si nasconde vostro figlio, Sherton?”
    “Non m'interessa sapere chi siete voi o chi vi manda, né che cosa volete, se non abbassate immediatamente le bacchette, io vi giuro... ”

Guardai l'Auror dalle chiome leonine con la mia solita espressione, quella che non ammetteva repliche, quella davanti alla quali tutti ritraevano il passo, notai la solita soggezione in alcuni dei suoi uomini, l'incertezza del Ministeriale che aveva avuto l'ardire di puntare la bacchetta contro mia moglie, ma Moody no, non sembrava per niente colpito dal tono della mia voce, dalla mia determinazione, dal profondo odio che scaturiva da me verso chi minacciava la mia famiglia. Ghignava anzi, come se stessi facendo quello che si aspettava e, soprattutto, ciò che voleva: un mio passo falso, pur frutto di una provocazione, davanti a tutti quei testimoni, mi avrebbe spalancato le porte di Azkaban. Deglutii la mia rabbia, cercando di tornare lucido, per quanto ci riuscissi in quel momento.

    “... che la vostra carriera al Ministero finisce qui... Non crediate di poter entrare in un ospedale del Nord trattando donne e bambini come fossero criminali e pensare di farla franca! Sono sempre stato oltremodo corretto e pretendo altrettanta correttezza nei miei confronti: se volete risposte alle vostre domande, comportatevi in maniera civile!”

L'uomo, percepito il mio cambio di tono, compreso che, nonostante la rabbia immutata, non avrei commesso una sciocchezza, non gli avrei dato scuse per arrestarmi, fece un cenno appena percettibile al compare che teneva sotto tiro mia moglie e il miserabile abbassò la bacchetta, io continuai a fissarlo con tutto il risentimento che sentivo in corpo, già esasperato da quella catena infinita di situazioni intollerabili, finché Deidra non mi confermò che era tutto a posto.

    “Non siamo qui né per le donne, né per i bambini, Sherton, siamo qui per voi e soprattutto per vostro figlio Mirzam... Voglio sapere dove lo tenete nascosto!”
    “Io non tengo nascosto nessuno, sono chiuso in questo dannato ospedale da giorni, per quanto possa sapere, mio figlio è nella sua casa di Maillag, in attesa di partire con la moglie per le Americhe... sempre che non siano già là, la data non era fissata e la Passaporta che il Ministro ci ha concesso era stata incantata perché permettesse più di un varco durante la settimana... ”
    “La Passaporta è già stata bloccata... e a Maillag non c'è nessuno, non fatemi perdere tempo con le vostre menzogne, Sherton!
    “È maggiorenne e sposato, non deve rendere conto a me dei suoi spostamenti, Moody! E non vedo perché dovrebbe farlo sapere a voi... con tutti i problemi che ha il Ministero, è inaudito che perdiate tempo a impicciarvi degli affari di due sposi in luna di miele!”

Lo fissai con tutto il mio disprezzo e una certa dose di sarcasmo, mentre Deidra si avvicinava e mi sorreggeva, preoccupata: sentivo il volto in fiamme e un leggero tremito che mi saliva lungo le gambe e mi percorreva la schiena fino alle spalle, forse per rabbia, forse per debolezza; Moody mi guardò inquietante e attento, stava valutando quanto potesse approfittare del mio stato e, infatti, ritornò subito alla carica.

    “Se preferite rispondere davanti al Wizengamot, Sherton, fate pure... perché è lì che vi condurrò, data la situazione: vostro figlio, non più di due ore fa, è stato coinvolto in un attacco dei Mangiamorte contro alcuni Aurors. Due colleghi l'avevano fermato per interrogarlo, sono stati attaccati e vostro figlio è fuggito... ”
    “Salazar! Mirzam... ”

Strinsi Deidra, terrorizzata, a me, per farle forza e al tempo stesso reprimere il mio stesso sgomento, ma anche per riflettere, dovevo trarre informazioni da quell'uomo, senza dargliene a mia volta: che cosa era davvero successo? Un attacco dei Mangiamorte? Possibile che Milord fosse riuscito a intercettare Mirzam prima che Fear lo mettesse in salvo? No, non era possibile... non potevo credere che la catastrofe fosse già arrivata a tal punto… No, non era possibile... Forse gli Aurors, così tesi a legare il nostro nome a quello di Milord, avevano combattuto con Fear e ora andavano in giro a parlare di attacco dei Mangiamorte: anche questo era uno scenario tragico, certo, ma era quanto avevo già messo in conto e, soprattutto, questo avrebbe significato che mio figlio era in salvo.

    “Se state dicendo che Mirzam ha attaccato i vostri colleghi facendo comunella con i Mangiamorte, non meritate nemmeno una risposta, Moody, tanto la cosa è assurda! Se invece mio figlio è fuggito durante un attacco dei Mangiamorte, come presumo abbiano cercato di fare tutti i presenti... beh, non conosco nessuno, sano di mente, che non farebbe almeno un tentativo di sfuggire a quei criminali... o mi state dicendo che Azkaban è stata riempita ultimamente di persone ree di aver provato a salvarsi la vita?”
    “Alshain... per favore... non... ”
    “Spero per voi, Sherton, che tanta arguzia vi sia di conforto quando passerete il resto dei vostri giorni in quella prigione... ”
    “Io invece spero per tutti voi che mio figlio e sua moglie non siano rimasti coinvolti in un attacco di quei delinquenti a causa della vostra incompetenza! Perché potete star certo che tutti i responsabili pagherebbero in maniera atroce per le proprie colpe... e non esaltatevi, Moody… al contrario di certi personaggi privi di fantasia e assetati di sangue, io conosco metodi più che legali per rovinare i miei nemici… Non c’è nulla di più soddisfacente che vedere strisciare nel fango in una lunga agonia chi ci ha fatto del male, vendicandosi secondo legge e giustizia!”

A quel punto, il mio tremore era diventato fin troppo evidente, tanto che Murchadh Mackendrick, finora tenuto a distanza da me e Deidra da un paio di Aurors, protestò per potersi avvicinare e darmi un calmante; Moody, impassibile, ci osservò con la consueta espressione sospettosa, ma alla fine gli concesse il permesso, studiando fosco il mio Guaritore che mi propinò un infuso, poi riprese tutti i presenti con una ramanzina inviperita.

    “Avete tutte le ragioni, Guaritore, ma la situazione è grave e richiede soluzioni gravi: dobbiamo trovare il ragazzo e per farlo sono autorizzato a usare ogni mezzo... Conoscere la verità è anche un interesse della vostra famiglia, Sherton, e, date le vostre condizioni, decidersi a collaborare sarebbe meglio per tutti: vostro figlio deve rispondere a molte domande, dall’attentato di cui la vostra stessa famiglia è rimasta vittima...”
    “Come potete solo pensare che mio figlio abbia cercato di fare del male a suo padre e ai suoi fratelli? E anche se ne fosse stato solo a conoscenza… credete davvero che non avrebbe fatto nulla per impedirlo? Siete un folle, Moody!”
    “Signora... ”

Deidra reagì subito alle accuse mosse a Mirzam, pronta a sostenere l'assurdità di una storia che per altri aveva logica, persino per me, prima di conoscere la verità: d’altra parte noi eravamo esseri meschini, capaci di ragionare solo secondo ragione e interesse, mentre lei… Lei era sua madre, l'aveva creato e cresciuto, allattato e curato, conosceva la sua vera indole, era l'unica che non avesse mai dubitato del suo cuore, perché era al cuore di nostro figlio che lei parlava, alla sua essenza più vera, riuscendo sempre a comprenderlo.

    “I miei figli e mio marito si trovano qui perché siamo stati attaccati, noi, non il Ministro, dai Mangiamorte, e... uno di loro, l'unico a essere stato finora riconosciuto... sapete chi è? Proprio un vostro collega! Ora ditemi, con quale coraggio venite qua a fare illazioni su mio figlio e infastidire delle persone malate?”
    “Se volete rispondermi al posto di vostro marito, signora, per me non c'è problema: dimostratemi che sono chiacchiere, ditemi dove si trova vostro figlio e noi toglieremo il disturbo! Immagino che per una madre non sia facile sentire certe cose sul proprio ragazzo, ma la situazione è questa, su Mirzam Sherton pendono accuse gravi, sostenute da prove inconfutabili! Se come dite vostro figlio è innocente, se è stato incastrato, un interrogatorio che fughi i sospetti farebbe bene a Mirzam prima che a chiunque altro. Se invece continuerà a fuggire... ”
    “Non sarebbe la prima volta che il Ministero decide di seguire la via più comoda, Moody... perché dovremmo fidarci ancora della vostra giustizia parziale? Di fronte all'assurdità e alla follia di queste accuse, che cosa può fare un innocente se non fuggire?”
    “No, signora, vostro figlio non è innocente, per questo sta fuggendo e per questo vostro marito lo sta coprendo: Mirzam Sherton è stato visto da un collega mentre uccideva un Auror, Alfred Podmore, abbiamo inoltre un testimone che afferma di avergli venduto un Athame che è stato utilizzato negli ultimi mesi in una serie di efferate aggressioni. Questo pugnale...”

Questa novità mi lasciò esterrefatto, Deidra si mantenne al contrario fredda e imperturbabile, mentre Moody ci consegnava una pergamena: a una rapida occhiata, misi a fuoco il disegno di un prezioso Athame, che non avevo mai visto, non capivo però se il fatto di non riconoscerlo fosse un motivo di conforto o, al contrario, di nuova preoccupazione, se celasse qualche altra brutta sorpresa su Mirzam, o fosse un'altra prova che qualcuno stesse cercando di incastrarlo. Ricordai lo strano discorso di Fear su un oggetto intriso di Magia Oscura nella sala di Habarcat, misteriosamente sparito, e pur confusi, alcuni tasselli iniziarono a disporsi in un qualche ordine; non avevo però un'idea complessiva di cosa stesse realmente accedendo e questo mi preoccupava ancora di più.

    “Quest’oggetto mi è completamente sconosciuto, Moody: non ha mai fatto parte delle nostre collezioni, né ora, né in passato, non è uno dei cimeli che sto cercando... né l'ho mai visto in una delle nostre abitazioni, o presso quelle dei nostri amici... Mirzam non colleziona nulla di simile, né mi risulta abbia altri motivi per acquistare pugnali... I suoi unici interessi sono il Quidditch e sua moglie. Spero di esservi stato di qualche aiuto.”
    “Burgin afferma di averlo venduto a vostro figlio alcuni mesi fa, lo ricorda bene, è un oggetto raro e prezioso, di un potere magico e un valore economico non indifferenti, difficile da dimenticare una trattativa simile … ”
    “Capisco... ora il Ministero si basa sulla reputazione, sull’attendibilità e sulla moralità di uomini come Burgin, per decidere di infangare il nome delle persone perbene... ”
    “Abbiamo trovato riscontri validi ai dettagli che ci ha dato su quella compravendita, riscontri così precisi che il Ministro ci ha fornito dei mandati di perquisizione per cercarlo... ”
    “Allora che cosa ci fate ancora qui? Cercate, indagate, fate quello che dovete! Mi risulta che abbiate già messo in disordine Herrengton, invano... vi concedo di fare altrettanto ad Amesbury e Londra... Quando non troverete nulla, forse capirete finalmente quanto siete stati stolti a dar credito a un malfattore! Manderò subito un Patronus a uno dei miei legali perché possiate controllare ovunque, persino nella camera blindata alla Gringott, già da adesso! La mia famiglia ed io non abbiamo nulla da nascondere...”
    “Mi credete uno stupido, Sherton? Come avete nascosto vostro figlio, così avrete nascosto anche le prove! Basta così, l'avete voluto voi: poiché vi ostinate a farmi perdere tempo e a non dirmi la verità, non ho altra scelta... Proudfoot prepara il signor Sherton per il Siero...”
    
All'inizio rimasi impassibile, mentre un giovane Auror, finora rimasto nell'ombra, rasente alla parete, mi prendeva titubante per un braccio e cercava di condurmi verso una poltrona fatta sistemare in fondo al letto, all'improvviso, però, lo strattonai, provocando la reazione degli altri Ministeriali e un gemito angosciato del ragazzo: fu il mio unico gesto di ribellione, non volevo dare loro la soddisfazione di condurmi nemmeno per pochi passi, volevo avviarmi alla poltrona da solo. Mi guardai attorno, seduto, fingendo indifferenza e arroganza: il mio Medimago protestava contro Moody, mentre lo sguardo di Deidra indicava quanto fosse terrorizzata all'idea che il piano per salvare Mirzam fosse presto svelato, o che io mi mettessi in pericolo nel tentativo disperato di resistere e coprirlo. Approfittai di quel momento per concentrarmi, su me stesso, sui miei pensieri, sulla necessità primaria di salvare Mirzam e la nostra famiglia: conoscevo molti metodi per resistere alla Legilimanzia, mentre per mitigare gli effetti del Siero della Verità, conoscevo varie piante. Ghignai, pensando a quanto fossi fortunato a trovarmi proprio lì, in un ospedale ben rifornito di tutti quei filtri e quegli antidoti già pronti, e, soprattutto, quanto fossi stato previdente a fare un certo discorsetto a un caro, vecchio amico... Osservai il ragazzo mentre, agitato, mi legava le mani alla poltrona con un incantesimo, quando mi fu abbastanza vicino da potergli parlare all'orecchio iniziai a sogghignare, l'uomo si allontanò da me, confuso e spaventato, io lo guardai mostrandomi ancora più irridente e aggressivo.

    “Che cosa c'è da ridere, Sherton?”
    “Credevo che in Accademia, Moody, v’insegnassero che privarci della bacchetta non è una gran precauzione... che siamo più pericolosi con la bocca e lo sguardo, che con le mani... ”
    “Non quando si è circondati da dieci Aurors pronti a tutto, Sherton...”
    “Naturalmente... ma vedete, con i veri malintenzionati, anche venti Aurors potrebbero non bastare... a parer mio, Moody, dovreste insegnare ai vostri giovani maggiore prudenza... visto il vostro mestiere, una volta o l'altra potrebbe capitarvi di catturare non uno dei soliti poveracci innocenti, ma un cattivo vero, con delle vere cattive intenzioni, e allora... addio…”
    
Ghignai, guardando il giovane Auror, di sicuro da poco uscito dall'Accademia, rosso come un peperone mentre io gli prospettavo una fine ingloriosa e il grande Alastor Moody lo riprendeva con un'occhiataccia per l'atteggiamento imprudente, poi tornai a concentrarmi sul mio avversario che, gradite poco le mie osservazioni, avanzava minaccioso, determinato e, senza altre esitazioni, si affrettò a propinarmi cinque corpose gocce di Siero.

     “Spero ne abbiate portato con voi una dose abbondante, Moody... Non fatevi trarre in inganno da quanto dice il mio Guaritore, mantengo intatta la mia proverbiale resistenza fisica, la stessa di quando avevo vent’anni...”
    “Non temete, Sherton... ne ho abbastanza da far cantare Salazar Slytherin dall’oltretomba... dove si trova vostro figlio?”

Non risposi, Moody versò altre cinque gocce di Siero e mi costrinse a berle, io ghignai ancora di più, sfidandolo con lo sguardo.

    “Posso versarne altre cinque e poi altre cinque e ancora cinque... fino a farvi svenire, se mi costringete...”
    “E a cosa vi servirei da svenuto, o da morto, Moody? Solo a peggiorare la vostra situazione quando la mia famiglia vi denuncerà? Pensate che bella figura, Alastor! Voi, un uomo tanto morigerato, il castigo dei Maghi Oscuri, portato davanti al Wizengamot per aver torturato un infermo in ospedale... Sapete che nemmeno i peggiori Maghi Oscuri cui vi piace dar la caccia fanno questo genere di cose? Cos'è, vi annoiate e volete provare una carriera diversa? Ahahah…”

Moody versò altre cinque gocce e fui costretto a bere anche quelle, la mascella dell’Auror che vibrava appena di nervosismo, io respirai a fondo e aumentai la mia concentrazione.

    “Dove si trova vostro figlio?    
    “Quindici gocce di prezioso Siero sprecate per sentirmi dire quello che sapete già... per quanto ne so... mio figlio si trova a Maillag...”

Fui costretto a bere altre cinque gocce: il mio Guaritore protestò vivacemente e pretese di avvicinarsi per controllare le mie condizioni, mentre Deidra, la sentii chiaramente dietro di me, iniziava a singhiozzare, temendo per la mia salute.

    “Dove si trova vostro figlio?”
    “Ve l'ho già detto… ”
    
Moody preparò altre gocce, ne contai addirittura nove in un'unica soluzione, lo guardai di nuovo con un'espressione irridente, di sfida, mentre il Medimago gli dava del pazzo e lo minacciava che avrebbe apposto anche la sua firma alla denuncia, perché la dose di Siero che mi era già stata propinata, già venti gocce, era più che sufficiente agli scopi e fin troppo pericolosa.

    “Per il vostro bene… non costringetemi, Sherton... ditemi ora dove si trova vostro figlio... ”

Lo fissai, con la testa che iniziava a girarmi, la vista vagamente appannata, ma ero ancora abbastanza lucido, a parte che, con quella chioma leonina, lo sguardo indagatore e deciso, l'Auror di fronte a me non appariva quasi più come un uomo, ma proprio con un che di animalesco, di ferino, una belva tesa su di me, pronta al balzo finale della caccia.

    “D’accordo, Moody… ve lo dirò… secondo gli accordi che avevamo...”
    “Sì...”

La voce dell'uomo vibrava, ma non di trionfo ed eccitazione, non era come Crouch, non avrebbe perso il controllo davanti alla mia sconfitta, c’era invece una specie di sollievo, come se il suo spirito non fosse ancora assuefatto all’idea di dover fare del male, pur per una buona causa; io, al contrario, mi godetti con una lunga pausa il momento, pregustandomi la sua delusione.

    “… secondo gli accordi deve trovarsi a Maillag... o nelle Americhe, per il viaggio di nozze... ”
    “Maledizione Sherton! Siete uno sciocco arrogante, ma ve ne pentirete!”

Si preparò a farmi bere le nove gocce in una sola volta, ma il Medimago si slanciò su di lui e glielo impedì, serrandogli la mano con le proprie.

    “Per Merlino e tutti i Fondatori! In quanto responsabile dell’Ospedale ve lo impedisco! Siete impazzito? Potete dargli tutto il Siero che volete, potete torturarlo quanto volete, servirebbe solo a ucciderlo! Non capite che vi ha già detto la verità? Nessuno può resistere a quelle dosi, è solo la vostra stolta testardaggine che non ve lo fa riconoscere! I coniugi Sherton sono qui da giorni, di tanti che sono venuti a far loro visita, nessuno ha avuto modo di avvicinarsi o parlare con Alshain, per precisa volontà della moglie... E suo figlio, nonostante sia stato convocato, non si è ancora visto... l'ultima volta che il mio paziente ha visto Mirzam è stato durante la festa...”

Moody sembrò pronto a scagliarsi su Murchadh, preda dell’ira, mentre due dei suoi colleghi gli si paravano intorno per dargli man forte, la bacchetta sguainata, ma fu appena un attimo, subito la luce di follia che gli avevo colto nello sguardo lasciò il posto alla consueta freddezza, non considerò in alcun modo il Guaritore e si rivolse a me, in mano la fialetta pronta con le nove gocce.

    “Se finirò ad Azkaban per la vostra morte, ne sarà valsa la pena… Il vostro piano era uccidere il Ministro Longbottom, Sherton... Avete dato voi l'ordine a vostro figlio di avvelenare il Ministro e poi nascondersi, ma qualcosa è andato storto... dove doveva nascondersi, Sherton, secondo i patti?”
    “State scherzando! Non ho più impartito ordini a mio figlio da quando aveva quindici anni, Moody... e non ho alcun interesse a veder morto Longbottom, anzi, se morisse o perdesse l'incarico al Ministero, la Confraternita ed io avremmo solo da perdere...”

Moody fece un gesto verso due dei suoi per far allontanare il Medimago, che fu riportato fuori dalla porta con gli altri Guaritori e gli infermieri, ad altri due diede con una sola occhiata l'incarico di tener buona e a distanza mia moglie, io cercai di divincolarmi per impedire che la toccassero, ma non ci riuscii, ero troppo debole e l’Auror era già chino su di me con la boccetta.

    “Per l'ultima volta... dove si nasconde vostro figlio?”
    “Se Milord non l'ha già catturato... Mirzam si trova con Fear... cercate il vecchio e troverete nostro figlio! Mi dispiace, Alshain, ma... non posso sopportare oltre... e se devo perderlo, è meglio che lo trovi il Ministero piuttosto che il Signore Oscuro... è meglio che, pur innocente, finisca in carcere, piuttosto che sotto terra... o che tu...”

La voce sottile e sofferta di Deidra esplose alle spalle dell'Auror, disperata. Vacillò, in lacrime, ed io chiusi gli occhi: tutta la tensione che avevo accumulato per resistere a Moody di colpo si liberò in un tremito profondo e in un sospiro, mentre stringevo gli occhi per impedire che vedessero che mi si stavano riempiendo di lacrime, più di rabbia che di paura o disperazione. Rabbia verso me stesso, per aver permesso che Deidra restasse e assistesse: era forte, molto forte, certo, ma ne aveva sopportate fin troppe, negli ultimi giorni, per colpa mia, e ora… se qualcosa fosse andato storto, se avessero catturato Mirzam, si sarebbe persino sentita responsabile, per tutta la vita, quando invece la colpa era, ancora una volta, solamente mia. Moody si avvicinò, nonostante lei indietreggiasse, fino a trovarsi la parete alle spalle, la fissò, la scrutò a fondo, Deidra non abbassò gli occhi vitrei, il respiro difficoltoso e teso, la vidi deglutire, la paura e la disperazione erano come sempre nascosti dietro il suo cipiglio austero, una tigre ferita ma ancora pronta a difendere ciò che ama.

    “Dove li ha portati, signora?”
    “Io... io non lo so, non so nemmeno se sono riusciti a sfuggirgli... se ce l'hanno fatta, dovrebbero essere con Fear... Lui e Sile... Milord dà loro la caccia, perché… mio figlio l'ha... sfidato... per questo abbiamo chiesto a Fear di nasconderlo in un luogo sicuro! Se sono riusciti a scappare, ora sono entrambi con il vecchio... ”

Moody la scrutò a fondo, per valutarne la sincerità, poi prese una sedia e la invitò a sedersi, chiamò un infermiere e gli disse di portarle qualcosa da bere, si chinò su di lei, dicendole piano qualcosa che non riuscii a sentire, vidi solo Deidra che annuiva appena. A quel punto la lasciò in pace e tornò da me, trattandomi questa volta in maniera meno ruvida di prima, forse si era convinto, ascoltando le parole di Deidra o vedendone il comportamento, che non eravamo complici, ma vittime del Signore Oscuro.

    “In che posto deve portarli, Sherton? Dove li deve nascondere, il vecchio?”
    “Credete davvero che sia stato così stupido da farmelo dire, Moody? Non l'ho voluto sapere, non lo voglio sapere, preferisco non vedere più mio figlio, che correre il rischio di tradirlo di fronte a Milord, quando mi catturerà e mi torturerà per trovarlo... Voi, la vostra piccola miserabile vita... Come potete capirlo? Io morirei per ognuno dei miei figli e soprattutto per lui, per colui che ha già dimostrato di saper servire la Fiamma, per colui che può salvare la Confraternita e il nostro Destino!”
    “Io non vi credo Sherton... ”
    “Non m’interessa cosa credete, Moody! Cercate Fear... chiedete a Fear... se siete bravo come dicono, ci metterete un po', tutta la vostra patetica e inutile vita... forse, alla fine, per misericordia, il vecchio si farà trovare da voi e vi darà le risposte che cercate! Ora potete anche uccidermi, non m’interessa, non riuscirete a sapere altro…”

Ghignai, debole e folle, gustandomi la faccia livida dell'Auror, di fronte all’inevitabile e ormai conclamata sconfitta: Fear era noto in tutto il Mondo Magico come un personaggio pericoloso e ambiguo, si diceva che fosse fuggito in maniera rocambolesca a diversi tentativi di cattura da parte del Ministero Bulgaro, che fosse rientrato illegalmente nei territori inglesi e attraverso un abile ricatto, fosse stato protagonista di un controverso patto con il nostro Ministero, che gli aveva garantito una sorta d’immunità in cambio di non meglio precisati favori e informazioni. Era questo che si sussurrava di lui in certi salotti, erano queste le menzogne che circolavano sul mio Maestro, ed io avevo ancora più ribrezzo verso certi personaggi, per la loro patetica credulità, per l'incapacità di molti di usare logica e raziocinio: pochi sapevano che Fear non ragionava in termini tanto meschini e materiali. La verità che Moody tanto agognava, però, ed era questo ciò che contava in quel momento, la verità che aveva creduto di aver a portata di mano, di fronte al cedimento di Deidra, diventò improvvisamente, di nuovo, una chimera lontana. Immaginai il volto di Milord, quando si fosse trovato di fronte allo stesso vicolo cieco ed ebbi la piena consapevolezza che sarei morto proprio quel giorno. Sarei morto, certo, ma col sorriso sulle labbra, godendo della sua sconfitta.

    “... magari per allora avrete anche capito che non ha senso cercarlo, perché mio figlio è innocente e se sta scappando, non è certo da voi...”
    “Non cantate vittoria, Sherton... So di essere nel giusto, so che vostro figlio è colpevole... e ora che so che cosa cercare, chi cercare... Ho già una mezza idea su come trovarlo...”
    “Perfetto allora… avere mezze idee è proprio il modo giusto per approcciare Fear… Ahahah”
    “Ci rivedremo presto, Sherton… Vedremo allora chi sarà a ridere… Andiamo... abbiamo perso fin troppo tempo qui!”

Gli Aurors, ai suoi ordini, ripiegarono rapidamente uscendo dalla stanza a coppie, Moody fu l'ultimo, si trattenne il tempo di darci un'ultima, sospettosa occhiataccia, capii subito che il prossimo incontro non avrebbe tardato ad arrivare e sarebbe stato ancora più ruvido di questo. Deidra mi affidò in lacrime a Mackendrick, il Guaritore verificò le mie condizioni e benché non avessi nulla, m'impose di stendermi subito, nel mio letto, con una pezza in fronte e un tonico per riprendermi un po', poi si affacciò sulla porta per congedare infermieri e colleghi, che non si erano mai allontananti da quando erano accorsi all'ingresso impetuoso degli Aurors. Mia moglie andò alla finestra e attese, impaziente, contando i Ministeriali ad alta voce, fino a che anche l'ultimo, Moody, non si smaterializzò al centro del cortile, poi si voltò di nuovo verso me e Murchadh, trepidante.

    “Ti ringrazio per l'infuso “calmante”, Murchadh...”
    “Non potevo certo permettere che il capo della Confraternita morisse nel mio ospedale, ucciso dagli uomini del Ministero... i tuoi seguaci mi avrebbero tagliato la testa e la guerra sarebbe esplosa prima ancora che fosse l'alba!”

Sorrisi e strinsi nelle mie, con forza, le mani del mio vecchio compagno di scuola, poi con una semplice occhiata gli feci capire di voler restare da solo con Deidra e lui si affrettò a ritornare nel suo studiolo, per preparare un altro infuso che accelerasse la mia ripresa. Mi sollevai a sedere sul letto, Deidra restava in piedi vicino alla finestra, la volevo accanto a me, la guardai con insistenza, muto, pur controvoglia lei si avvicinò, le presi la mano, me la portai alle labbra, la baciai, restava assorta, lontana, lottava con se stessa per non piangere.

    “Dei... ”

Era rossa in volto, era vergogna, lo sapevo, sapevo quanto le fosse costato parlare, tradire suo figlio, per salvare me.

    “Non ce l'ho fatta, avevo giurato a me stessa che avrei fatto di tutto per salvare lui, mio figlio… ma… non ce l'ho fatta a vederti così... Io non ci riesco, Alshain... io non ci riesco a ... ”
    “Mi dispiace… averti fatto preoccupare e spaventare così tanto... mi dispiace per tutto quello che hai dovuto sopportare in questi giorni... e per quello che dovremo vivere in futuro... ma, se me lo permetti, forse posso aiutarti, così che... tu non sia più costretta a dire ciò che non vuoi…”

Mi fissò, sapeva fin troppo bene di quali orrori stessi parlando, sapeva che non sarebbe mai riuscita a resistere davanti a qualcosa del genere, annuì, quasi supplice, affinché, là dove il suo coraggio e la sua volontà non l'avessero confortata, fosse intervenuta, al momento opportuno, almeno la Magia, così che i suoi segreti e i suoi sentimenti non potessero più essere violati. La strinsi a me, per proteggerla, soffocando nel mio abbraccio, più forte di quanto mi sentissi, la mia tensione e le sue lacrime: in mezzo a quel dolore, mi sentii felice, perché era di nuovo con me, di nuovo la mia Deidra, non sentivo più quella freddezza carica di dolore e accusa con cui aveva accolto le mie parole prima dell'arrivo dell'Auror... Ancora una volta, come innumerevoli altre volte nella nostra vita, eravamo un’entità sola, pronti a sostenerci quando qualcuno tentava di ferirci, quando la vita provava a dividerci.

    “Sto bene, Moody non è riuscito a farmi niente... A parte un po' di mal di testa, non ho mai corso alcun rischio, Dei... avevo immaginato che avremmo ricevuto visite, Murchadh era stato avvisato di un’eventualità del genere, quando mi ha visitato, prima, gli ho “suggerito”, senza che se ne accorgesse, di diluire un  po' di salice, centella e ortica nel mio calmante, per aiutarmi a resistere, se avessero usato del Siero... ”
    “Che cosa? Tu…? Allora io... Allora io ho tradito Mirzam per niente! Perché non... ”

La fissai negli occhi, sereno, sincero.

    “Non ho fatto in tempo, ma... non temere, non hai tradito nessuno, Deidra... Stavo per cedere anch’io... quando ho capito che avrebbe fatto sul serio, che non ci avrebbe lasciati andare senza delle risposte sincere, mi sono ripromesso di fargli perdere tempo... Guarda fuori, Dei, ormai è l'alba... sono certo che Fear è riuscito a sottrarli ai Mangiamorte e al Ministero, e noi abbiamo trattenuto Moody qui il tempo necessario a farli scappare... anche se trovassero Fear, Mirzam ormai avrà fatto perdere le sue tracce. Inoltre... ”

Mi guardava, carica di domande, sorprendendosi nel vedermi sereno e ottimista.

    “... ho imparato a mie spese, a forza di errori, che la verità è sempre la scelta migliore, in ogni momento della nostra vita, e sarà così, anche in questa situazione: sono sicuro che arriverà il giorno in cui la tua sincerità gioverà a nostro figlio, Deidra... Moody è un uomo burbero e deciso, ma è anche profondamente onesto, ragiona con la sua testa, non si limita a eseguire gli ordini... terrà conto della tua reazione, rileggerà le prove e i fatti con senso critico... dobbiamo sperare che sia lui e non Bartemious Crouch a dar la caccia a Mirzam... Lo prego con tutta l'anima... ”

Deidra annuì, conosceva anche lei la nomea di Moody, il marito di sua sorella l'aveva conosciuto nei pochi anni che aveva lavorato al Ministero, ne aveva sempre parlato come di un uomo ruvido, diretto, a volte sgradevole e spiccio, ma sempre, autenticamente, onesto. Al contrario avevamo entrambi timore per Crouch, e per molti altri del Ministero, che avrebbero colto  l'occasione per scagliarsi contro la Confraternita per i loro scopi personali.

    “Quando andrai da lui, vorrei che... ”

Abbassai gli occhi, la strinsi ancora a me, da come tremò, sentii che aveva già compreso.

    “Non c'è più tempo, Dei... Se è andato tutto secondo i piani... se è in salvo... Fear aveva l'ordine di non aspettarmi... e forse… forse è meglio che sia andata così... Ce l'hanno fatta... sono in viaggio ormai... e sento, Dei... lo sento davvero... che non è finita così… che avremo modo di dire a nostro figlio tutto ciò che abbiamo nel cuore, tutto l'orgoglio e tutta la riconoscenza... e glielo diremo insieme, lo stringeremo tra le nostre braccia, come il giorno che è venuto al mondo... ”

La strinsi a me, nascose il viso nel mio petto, sentii i suoi singhiozzi vibrare contro il mio corpo, ognuno di quei singhiozzi mi si conficcava dentro, sapevo quanto le avessi fatto del male, quanto ne avrei fatto a Meissa e Rigel, appena si fossero resi conto della realtà, ma il calore delle sue mani sul mio corpo, la forza con cui si teneva ancorata a me, mi davano non più solo la speranza, ma anche la certezza che avremmo affrontato e vinto anche quella guerra, insieme. Avevo lasciato che gli eventi mi sfuggissero di mano, avevo lasciato che Mirzam fosse costretto alla fuga, ancora una volta privavo i miei figli e mia moglie di un sacro affetto, non ero riuscito a evitarlo, ma quello sarebbe stato il mio ultimo errore, la mia ultima indecisione. Le baciai il capo, in una tacita promessa, mentre oltre la collina su cui sorgeva il castello di Inverness, riluceva il grigiore perlaceo di un nuovo giorno: avrei reso Mirzam a tutti loro, sano e salvo, e non avrei più permesso a nessuno, nemmeno a me stesso, di farci ancora del male. A qualsiasi costo, anche al costo della mia anima, avrei salvato la mia famiglia. Tutta la mia famiglia.

    “Alshain…”

La guardai, non c’erano più lacrime, solo determinazione e preoccupazione nei suoi occhi.

    “Magari mi sto sbagliando, ma forse... forse so qualcosa di quel pugnale... ”
    “Che cosa vorresti dire?”
    “Mirzam ha sempre scommesso con i suoi amici… fin dai tempi di Hogwarts, lo sai…”
    “Certo, ma… quel pugnale deve avere un costo che supera troppo le cifre che scommette…”
    “Se la controparte avesse scommesso una stupida verghetta di ferro, tu non ti saresti impegnato nell’acquisto di un pugnale tanto prezioso?”

La fissai, non capivo cosa intendesse, o meglio, qualcosa d’indefinito iniziava a sistemarsi nella mia mente, ma ancora il quadro era troppo fumoso, mi arrovellavo ancora sul fatto che Mirzam potesse aver acquistato un oggetto intriso di Magia Oscura per sé e non riuscivo a uscirne.

    “Mi stai dicendo che Mirzam ha comprato quel pugnale perché ha perso una scommessa con Lestrange, in cui Rodolphus si era giocato l’anello che volevo a ogni costo?”
    “Nostro figlio mi ha chiesto del denaro questa primavera dicendo che mi avrebbe reso tutto in tempi brevi, doveva solo impedire che un oggetto fosse venduto… era eccitato e felice, ho pensato fosse un regalo per Sile, e non gli ho fatto domande… qualcosa però non è andato come previsto, è diventato nervoso, pensavo fosse per il rito, invece la situazione è rimasta la stessa anche dopo… sul finire dell’estate mi ha reso tutti i galeoni, dalla faccia poco entusiasta che aveva, ho capito che il prestito non gli era servito per Sile, ma stavo troppo male per indagare…”
    “Il suo umore è cambiato, però, dopo che Orion ha portato la pietra e Sirius la fedina… ”

Deidra annuì.

    “Se hai ragione, Rodolphus Lestrange si è fatto regalare quell’Athame da usare nelle sue scorribande notturne e Mirzam è stato tanto ingenuo e sconsiderato da metterci la sua faccia, così tutti ora pensano che a usarlo sia stato lui. Beh… in effetti solo se vuoi far incastrare qualcuno, sventoli un pugnale così riconoscibile davanti a una vittima e non fai di tutto perché poi non renda testimonianza. E probabilmente, se Fear ha ragione… Rodolphus l’ha anche riportato a Herrengton per incastrarci… ma allora chi ha portato via l’Athame da Herrengton? E perché?”
    “Qualcuno che voleva proteggerci… magari lo stesso che ha cercato di mettermi in guardia dai Lestrange, che mi ha fatto giurare di tenere i nostri figli lontano da loro…”

La guardai e la strinsi con forza a me: se aveva ragione, Orion Arcturus Black, la persona più insospettabile e inadatta ai gesti di coraggio, aveva dimostrato ancora una volta di essere un falso coniglio. E di avere, tante, troppe cose da spiegarmi, chiuse ermeticamente nel proprio cuore.

***


James Potter
Godric Hollow, West Country - sab. 25 dicembre 1971

Quando mi svegliai, capii subito che non era ancora la mattina di Natale, non solo per la luce, nemmeno nella più uggiosa giornata scozzese il mattino, a Godric Hollow, era tanto oscuro, ma perché non c'erano l'odore di frittelle che saliva dalle scale, né la voce brillante e festosa di mia madre, che durante le festività di Natale diventava ancora più radiosa del solito. No, i rumori che salivano dalla cucina, erano suoni concitati: pur ancora ottenebrato dal sonno, sentivo la voce di mia madre squittire appena, rispondendo alla voce profonda di un uomo. Presi la vestaglia appoggiata in fondo al letto e l'indossai, rischiai di inciampare infilando alla rovescia le ciabatte e raggiunsi, saltellando mentre ritrovavo l'equilibrio, la ringhiera che dava sulle scale.

    “Dorea, non ti preoccupare, resterò io qui con James, se vuoi... vai, parti subito, lascialo dormire, domattina ti raggiungiamo al San Mungo... ”
    “No... io... io ti ringrazio, ma non credo sia il caso... se si svegliasse… ci sarebbero troppe cose da spiegare... e... no, no... pensa se lo venissero a sapere gli altri... no… non posso permettere che tu finisca nei guai per me... non di nuovo… salgo a chiamarlo e poi partiamo... mi raccomando... ti prego di non dirgli… "
    “Sì, lo so, anche se non ti capisco, davvero non capisco che problema tu abbia a dirgli che...”
    “Alphard... ti prego, non ora... non è il momento… per favore… me l'hai promesso...”
    “Lo so... non ti preoccupare, Dorea, so già come mi devo comportare... l'importante è che Charlus si rimetta in fretta e che tu sappia che io sono sempre disponibile… per qualunque cosa... ”

Non avevo idea di chi fosse quell'Alphard, non conoscevo nessun amico della mamma o di mio padre che avesse quel nome, né avevo idea di quali problemi potessero avere questo tizio misterioso e mia madre, o perché un estraneo volesse accompagnarmi al San Mungo, ma non me ne curai più di tanto, perché tutto era scomparso di fronte alla sconvolgente parte finale del discorso.

    Che cosa è accaduto a mio padre? Perché l’uomo ha pronunciato le parole “rimettersi in fretta”?

Non vedevo papà dalla mattina precedente quando, al termine del funerale di Podmore, si era smaterializzato con Crouch: da allora non aveva fatto ritorno, aveva solo mandato un Patronus all’ora di cena dicendo che avrebbe fatto tardi, che l’ispezione a Maillag non aveva dato frutti e che si dirigeva con Crouch e altri a Londra, mentre Moody e il resto della squadra andavano a Inverness. Da tutto questo, unito ai discorsi che avevo spiato tra lui e il suo capo, deducevo che la missione riguardava ancora i Maghi del Nord, anzi, peggio, il fratello e il padre di Meissa Sherton, le persone che Crouch e in parte anche mio padre consideravano responsabili del recente casino che era accaduto proprio al matrimonio del cercatore del Puddlemere, durante il quale erano morti alcuni colleghi di papà, il Ministro si era salvato da un avvelenamento per il rotto della cuffia e altre persone erano ancora in ospedale. Dopo quel Patronus, in un crescendo di ansia e preoccupazione, non avevamo saputo più nulla, la mamma mi aveva spinto con difficoltà in camera mia a dormire, assicurandomi che al mattino avremmo scartato i regali di Natale tutti insieme, ed io avevo finito con l’ubbidire, anche se avevo finito con il cedere al sonno solo molto tardi, l’orecchio teso a seguire i suoi movimenti al piano di sotto, sempre nella speranza di cogliere anche la voce di mio padre. E ora... Ora si parlava di San Mungo, di mio padre che si doveva rimettere... Mio padre aveva subito l’assalto che avevo temuto per tutto il tempo.  Ed era rimasto ferito… Dolore, paura, odio si fusero insieme e ricacciai indietro le lacrime a stento.

    Mio padre...

Strinsi i pugni, confuso, cercando di annegare pensieri spaventosi sulle sue condizioni in una rigida sequenza di azioni: mi dovevo vestire rapidamente, non c'era tempo da perdere. Appena mia madre fosse salita, saremmo partiti, mi avrebbe trovato pronto a seguirla, non ero più uno sciocco bimbetto che andava trattato da poppante, che dormiva come Peter Pettigrew, a pancia all'aria, fuori dalle coperte, a bocca aperta, mentre fuori sparavano le cannonate. No... io non ero più un bambino, non sarei rimasto a casa, in attesa, mandando mia madre fuori da sola, ad affrontare la verità al posto mio. Io dovevo sapere, io volevo sapere. Mi fiondai come una furia verso l'armadio, feci il mio solito caos ma alla fine trovai tutto quello che cercavo, pantaloni marroni di lana, caldi e morbidi, quelli che mi aveva regalato la mamma prima della partenza per la scuola, aggiungendo che sperava di non dovermeli aggiustare troppo per Natale -un invito indiretto a non strafogarmi di cibo alle tavole imbandite di Hogwarts-, una camicia di flanella color panna e un bel maglione candido, su cui era stato tessuto, già prima della mia partenza, lo sapevo, lo stemmino rosso-oro della mia casa, Grifondoro. Mi aggiustai gli occhiali, immancabilmente storti, cercai di pettinare i miei capelli con le dita, mi feci i laccetti perfetti alle scarpe, presi la sciarpa, me l'annodai al collo, indossai il giaccone e lascia guanti e berretto a disposizione, pronto a indossarli appena la mamma si fosse presentata.

    O forse è meglio scendere senza aspettare?

Mentre mi dibattevo se, in presenza di estranei, fosse opportuno far vedere che avevo spiato la conversazione, sentii i passi leggeri e rapidi di mia madre lungo le scale, la percepii avvicinarsi lieve fino al pianerottolo e lì esitare, forse per calmarsi e per non farmi spaventare troppo con la sua preoccupazione. Andai alla porta e l'aprii, proprio mentre lei alzava il pugno e si apprestava a bussare piano.

    “Sono già pronto!”

Nulla andò come immaginavo, però: mi bastò un solo attimo e tutta la mia forza, il mio voler essere grande e coraggioso, s’incrinò appena i miei occhi si posarono su di lei, sui capelli raccolti in uno chignon rigido, gli occhi cerchiati dal sonno e dalla preoccupazione, in cui il luccicore denunciava le lacrime asciugate appena pochi istanti prima. Partì subito un singhiozzo cui se ne aggiunse un altro e un altro ancora, infine scoppiai in lacrime e mi fiondai tra le sue braccia, ero ancora sconvolto dal funerale di Podmore, ero rimasto terrorizzato dai discorsi di Crouch e per tutto il pomeriggio, non vedendolo ritornare, il mio cuore si era gonfiato poco per volta, una goccia per volta, e ora le lacrime sembravano un fiume in piena.

    Ed io che volevo essere abbastanza forte da far coraggio a mia madre.

    “Hai sentito tutto, piccolo James… Non devi temere, tuo padre ha solo una ferita lieve, un po' di pozione Rimpolpasangue e sarà come nuovo... Bartemious non ha nemmeno ritenuto di dovermi avvisare di persona… mi ha rassicurata con un Patronus, non è successo nulla di grave...”

Stretto tra le sue braccia, immerso nel suo profumo e nel suo calore, percepivo quelle parole ovattate, quasi fossero un sogno, annuii e mi staccai lentamente da lei, ma per quanto cercasse di rassicurarmi, lo vedevo dalla curva che avevano preso le sue labbra, nel suo cuore c'era la stessa afflizione che turbava il mio.

    “Partiamo subito però!”

Lei annui e insieme scendemmo di sotto. Nel salottino, alla luce del caminetto e di varie lampade distribuite alle pareti, trovai l'uomo di cui avevo sentito la voce, alto e imponente, in piedi vicino alla finestra, a sbirciare qualcosa nell'oscurità, un sigaro in mano, distratto da chissà quali pensieri. Lo osservai di sottecchi: vestiva una toga ricca e sontuosa, nera con intarsi argentei che riconobbi come slytherin, da cui dedussi, sorpreso, fosse un agiato purosangue, forse persino nobile; il volto era in ombra, vedevo solo la folta chioma corvina, che scendeva liscia fino alle spalle, dove si arricciava appena sulle punte; quando, sentendoci arrivare, si voltò, vidi che aveva un’ampia ciocca brizzolata che si estendeva dalla tempia sinistra, tenuta intrecciata dietro l’orecchio in una foggia strana. Solo a guardarlo dava l'idea di un uomo attivo e vitale, la sua era infatti una corposità fatta di muscoli, non di vizi e pigrizia, ma ciò che più mi colpì fu il suo volto, illuminato da occhi che sembravano due laghi di ghiaccio, avevano qualcosa d’ipnotico e affascinante, e nei tratti severi e regolari, qualcosa d’indefinibile eppure familiare: sapevo, sentivo di conoscerlo, prima ancora di conoscerne il nome.

    “James, ti presento Alphard... Black, un… collega e amico di tuo padre, lavora al Ministero, all’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale...”
    “Black… come…”
    “Piacere James... Sì, sono proprio lo zio del "tuo" Sirius... mio nipote mi ha parlato molto di te...”

Per un attimo, il nome del mio migliore amico ebbe la capacità di cancellare tutto, la mia curiosità verso quell'uomo, il timore per mio padre, l'odio che pur senza sapere cosa fosse davvero accaduto, già provavo per gli Sherton e per tutta la Confraternita del Nord. Hogwarts era il luogo in cui riuscivo a essere pienamente felice, in cui certe brutture non arrivavano, in cui la cosa più spaventosa che potesse succederci era finire nelle mire della professoressa  McGonagall, quando scorreva minacciosa l'indice sul registro. E Sirius era il mio amico più caro, quello con cui non vedevo l'ora di dividere le scorte di Cioccorane che di certo avrei trovato sotto l'albero, quello con cui organizzare, me l'aveva promesso, l'esplorazione e la conquista del castello di Hogwarts. Avevo già deciso di confidargli il mio segreto, Black era abbastanza sveglio e fidato, da potergli raccontare che mio padre mi aveva fatto un regalo speciale: il Mantello dell’Invisibilità. Certo volevo bene anche agli altri, adorava Remus, mi piaceva Peter, ma Sirius... Sirius, lo sentivo già, dopo appena poche settimane di conoscenza, e nemmeno sempre facile, era quel fratello che mio padre mi aveva promesso avrei trovato a scuola, quello che il destino mi doveva da una vita. E lui aveva parlato di me, proprio di me, addirittura a suo zio, quello zio che era l’unico parente cui faceva riferimento con un minimo di affetto.

    “Credo sia meglio andare...”
   
La mamma interruppe velocemente le presentazioni e i miei sogni a occhi aperti, io di colpo mi ritrovai di nuovo sbalzato in quella realtà che volevo conoscere ma di cui avevo, al tempo stesso, una paura fottuta.

    “Dorea, magari tuo figlio preferirebbe restare qui e raggiungervi domattina… se preferisci, James, a me sta bene tenerti compagnia, mentre tua madre va a Londra da tuo padre...”

Lo guardai: quell'uomo, lo zio di Sirius, sembrava leggermi dentro e propormi una via d'uscita allettante, sentire qualche aneddoto con cui deridere Sirius una volta tornati a scuola, invece di andare in un ospedale, ad affrontare una realtà che mi terrorizzava, era forse quello che desideravo di più, nel profondo. Non potevo cedere, però: ero grande ormai, non potevo, non potevo più nascondere la testa nella sabbia.

    “No, signore, vi ringrazio, ma… voglio andare subito da mio padre e vedere con i miei occhi come sta!”

La mamma mi tese la ciotola con la polvere verde della Metropolvere mentre il nostro ospite spegneva il sigaro nel posacenere di cristallo accanto alla finestra e mi scrutava a fondo con i suoi occhi chiari e penetranti, annuendo.

    “Da grande, Dorea, sarà un ottimo Auror, proprio come suo padre… ci scommetto!”
    “Spero proprio di no!”

Mia madre, osservandolo con occhi carichi di rimprovero e di paura, mi cinse le spalle con un braccio, possessiva: voleva difendermi, non tanto da quell’uomo, ma dall’idea che aveva appena espresso, temendo potesse instillarmi o conficcarmi più a fondo nell’anima, un desiderio che già temeva potessi covare in me, travolto dalla venerazione e dall’orgoglio che provavo per mio padre. La guardai, guardai quell’uomo, presi un pugnetto di polvere e pronunciai distintamente le parole “San Mungo, Londra”, mentre altre parole, fatte di odio e determinazione, mi sorgevano dal cuore, ripetendole tra me e me come un mantra, dandomi la forza di affrontare quello che mi aspettava nell’ospedale.

       Sì, vorrei diventare un giorno anch’io come mio padre, perché non c’è nulla di più giusto, nella vita, che liberare il mondo magico da tutti gli sporchi assassini, gente senz’anima e senza cuore, come sono gli Sherton…

***

Mirzam Sherton
località sconosciuta, Shetland - sab. 25 dicembre 1971

    “Non è il tempo di pensare all'erede, Sherton! Sbrigatevi a ricomporvi, devo parlarvi!”

La voce nota di Fear ci colpì come una pugnalata alle spalle, improvvisamente mi resi conto della situazione, aggiungendo altro disagio a quel momento già duro per entrambi: se avessi dato seguito ai miei desideri, Fear ci avrebbe beccati nudi come vermi, ci avrebbe visti, sentiti, avrebbe percepito di Sile cose che appartenevano solo a me, mi resi conto che la gelosia che provavo per lei superava qualsiasi altro sentimento, persino in frangenti drammatici come quello. Tutto questo mi mandava in confusione, mi riempiva di nuova rabbia e frustrazione.

    “Non credo ci abbia visto... Deve aver immaginato il motivo per cui ci siamo appartati…”

Guardai Sile, mi sorrideva intimidita e imbarazzata, ci separammo e l’aiutai a risistemarsi le vesti rapidamente, ma continuavo a essere nero in volto, fosco, arrabbiato e turbato; le feci strada, deciso ad affrontare il vecchio, deciso a fargli capire che era finita l'epoca in cui poteva disporre della mia vita a suo piacimento, come quando ero un ragazzino, che per me Sile veniva prima di tutto il resto.

    “Dov'è mio padre?”
    “Se non è qui, è stato trattenuto, e noi non possiamo aspettare i suoi comodi... ”
    “Non crederai che mi bastino queste quattro parole? Devi dirmi che cosa è successo!”
    “Lo sapresti da te, se non fossi stato impegnato solo a sfogare i tuoi ormoni come un ragazzino privo di cervello! Tua madre ti ha supplicato per giorni di presentarti a Inverness, ma tu... ”

Rosso in volto, preda dell'ira e della vergogna, non fui capace di reagire, sentii Sile dietro di me avvicinarsi di più, prendermi la mano, cercare di farmi coraggio e di mediare con il vecchio.

    “Per favore, Fear, dicci come stanno gli altri.”
   
Fear la guardò con insolenza, un'occhiata che non mi piacque per niente, uno sguardo che l'accusava, perché non si era comportata in maniera diversa da me, perché aveva anteposto il suo desiderio al bene della Confraternita, perché non aveva fatto nulla per correggermi, anzi a sua volta si era fatta travolgere da me e dalle stupidaggini.

    “Non ho tempo per le chiacchiere, e voi due avete bisogno di disciplina, non di qualcuno che soddisfi ogni vostro capriccio, come hanno fatto per anni i vostri stolti padri… D’ora in poi ognuno di voi due avrà un compito e sarà bene... ”
    “Sia chiaro che Sile viene con me... non intendo trattare su questo, vecchio!”

Sile mi strinse ancora più forte la mano, mentre fissavo deciso Fear, che rimase senza parole a guardarci, con la strana pergamena che aveva appena estratto dal suo pastrano stretta in mano.

    “Sia chiaro che Sile viene con me... non intendo trattare su questo… Devo ridere? Sile DEVE venire con te, dove altro vuoi che vada, ormai? Sposandola, l'hai cacciata negli stessi guai in cui ti trovi tu! Sei fortunato che lei sia altrettanto stolta da volerti seguire, altrimenti avrei dovuto affatturarla per tutto il resto della sua vita per farle accettare questa disgrazia!”
    “Ma che diavolo stai dicendo?”
    “Con chi credi se la prenderebbero Milord e il Ministero se la lasciassimo indietro? Da quando vi siete sposati, il vostro destino è unico, lasciarla indietro significherebbe mettere in pericolo te e tutti gli altri… Lei deve venire con te e a questo proposito… spero vivamente che comprendiate la situazione e vi asteniate, e se proprio non ci riuscite, che almeno siate prudenti... Già avrò problemi a tenervi in vita, sopravvivere con dei poppanti al seguito sarebbe impossibile!”

Diventai livido di rabbia e vergogna, perché Fear non parlava più con sarcasmo, non mi stava più prendendo in giro, era tragicamente serio ed io mi sentii ancora più umiliato perché meritavo quel genere di trattamento.

    “Tuo padre e i tuoi fratelli sono all’Ospedale di Inverness, si stanno lentamente riprendendo, Meissa ha ancora dei problemi con la memoria, il tuo amico Lestrange, è stato lui, ci scommetto, ci è andato pesante con lei… tuo padre ha bevuto del veleno ma Black gli ha dato un Bezoar, ora ha dei problemi al cuore, che vanno curati… infine Rigel… lui non so come sia riuscito a sopravvivere, è un mistero anche per me… a meno di complicazioni, è probabile che se la caverà! Ora… parliamo di cose serie: dovete osservare con attenzione questa mappa e memorizzarla...”

Tremavo, ascoltando quell’elenco di disgrazie di cui non sapevo niente, che avevo volontariamente deciso di ignorare, la mente lontana, presa all’idea dei miei cari, di mia madre sola ad affrontare tutto, di mia sorella nelle mani di quella carogna di Rodolphus. Strinsi i pugni quasi a ferirmi da solo, cercando di reprimere la rabbia omicida che sentivo crescermi dentro: non vedevo l’ora di essere fuori di lì, di cogliere la prima occasione possibile per farla pagare a quel dannato bastardo, l’avrei ucciso con le mie mani… io…

    “… dovete trarre tutti i dettagli e fissarla nel vostro io più profondo, perché d'ora in poi la vostra vita dipenderà da queste tracce... Nei prossimi mesi, starete con me, non in questo luogo, da quando è noto a Jarvis e Margareth non è più sicuro, andremo altrove, sarà un po' scomodo ma irrintracciabile... lì v’insegnerò alcune… Arti... la vostra mente dovrà essere inviolabile, perché dovrete custodire ciò che di più sacro ha la Confraternita…”
    “Non potresti ricominciare dall'inizio e dirci dove siamo e dove intendi portarci? Quanto dovrà durare questa “storia”, quando potrò rivedere la mia famiglia e assicurarmi su Mei e Rigel... ”

Il vecchio scoppiò a ridere, una risata falsa, dolorosa, pungente, quelle risate che avevo imparato a conoscere durante i lunghi allenamenti nei sotterranei di Herrengton, quando mi piegava in ore e ore di allenamenti per resistere alla Legilimanzia; strinsi Sile a me, quasi credendo davvero di riuscire a proteggerla da quell’uomo.

    “Piccolo stolto… non l'hai ancora capito eh... Non li vedrai più, mai più… tu non sei più Mirzam Sherton, figlio primogenito di Alshain e Deidra Sherton, fratello di altri quattro marmocchi, cercatore talentuoso del Puddlemere United... tu oramai sei solo una cosa… un losco traditore… Sai che cosa ho appena fatto per te, mezzora fa?  Ho rubato e nascosto per te Habarcat in un luogo sicuro, per far  credere a tutti che hai portato a compimento il tradimento contro tuo padre, che stai tramando nell’ombra per rovesciarlo... magari proprio in nome di Milord…”
    “Che cosa? Sei impazzito? Che diavolo di menzogne mi stai raccontando, vecchio?”
    “Non c’è bisogno che ti spieghi perché l’ho dovuto fare… sapevi da te che sfidare il Signore Oscuro per salvare tutti gli altri comportava assumersi anche questo ruolo indegno… sapevi da te che era l’unica strada… deve essere chiaro a tutti che siete su due fronti opposti, altrimenti Milord potrebbe prenderli uno dopo l’altro per verificare un anello privo di poteri, davanti alla sacra Fiamma… Questa mappa indica il percorso entro cui potrete muoverti portando Habarcat con voi, per far rimanere le Terre comunque protette dalla sua forza, e nel frattempo impedire agli uomini el Signore Oscuro di individuarti…”
    “Ma… ma è impossibile... nessuno può muovere la Fiamma...”
    “Lo credono in molti, Sile, ma si sbagliano... vi spiegherò tutto a tempo debito, ma non ora... avrò bisogno dei vostri capelli, ne avrò continuamente bisogno…”
    “Per farne cosa? Perché... ”
    “La pozione Polisucco dovrebbe esserti nota, Sherton, o anche la tua nomea di pozionista è una cazzata? Margareth ed io ci preoccuperemo di depistare, appariremo fuori delle Terre, ci faremo notare, confonderemo le vostre tracce, faremo intendere che avete un losco piano da portare avanti in Inghilterra.”
    “E dove altrimenti?”
    “In questo momento, non siamo nel Regno… ma risponderò alle vostre domande solo quando saremo soli, non comprometterò Margareth per la tua curiosità…”
    “Io non ci sto capendo niente, anzi, io non ti credo proprio, io penso che tu sia impazzito, stavolta… e se non vuoi che vada immediatamente a Inverness a scoprire di persona che cosa sta accadendo... ti conviene iniziare a darmi tutte le risposte... a cominciare da questa Margareth… dimmi perché dovrei fidarmi di una sconosciuta!”

Lo fissai, Fear mi guardò con severità e ferocia ed io sentii le domande congelarsi subito dentro di me: no, quell’uomo non stava scherzando, quell’uomo era disposto a tutto e se mi fossi opposto a lui, sarebbe finita male per me e per coloro che amavo.

    “Quella è la porta… se vuoi morire, sei libero di farlo, Sherton… ma Sile resta qui con me… ho promesso a suo padre di proteggerla, da tutto e da tutti, da te prima che da tutti gli altri… quindi dille addio e vattene, se è questo che vuoi… se invece preferisci vivere, magari anche a lungo, e accanto alla persona che ami, smettila di farmi perdere tempo! Emerson darà presto l’allarme e noi dovremo essere già molto lontani da qui, quando accadrà… Sile, tagliati un po’ di capelli e dalli a Margareth, a Mirzam ci penso io...”

Mi voltai verso Sile, nei suoi occhi trovai un po' di fondato timore, ma anche fermezza e determinazione, oltre a una tacita richiesta: essere ragionevole e fare quello che mi chiedeva Fear. Confuso, non avevo capito molto di tutta quella storia, non avevo nemmeno ricevuto una risposta pienamente soddisfacente, avevo solo infinite, altre, nuove domande, tra le quali come avessero scoperto che il traditore fosse proprio Emerson. Eravamo due folli, lo sapevo, eppure, benché la nostra vita per colpa mia si fosse di colpo trasformata in una gigantesca incognita, benché avessi appena scoperto che del mio passato non sarebbe rimasto più nulla, riuscivo a condividere quel fondo di serenità che leggevo in Sile. Ci restava l'unica cosa che ci importasse, infatti, intorno alla quale ricostruire, pezzo dopo pezzo, tutto il resto: il nostro amore, da vivere ancora insieme, con cui affrontare tutto insieme.
   
    Fino a riconquistare la nostra vita e  la nostra libertà.


*continua*



NdA:
Ciao a tutti/e, il capitolo è molto lungo e la cosa tragica è che non ho nemmeno scritto tutto quello che volevo. Ho inserito alcuni dettagli su cui finora avevo evitato di pronunciarmi, come l’aspetto fisico e il lavoro di Alphard, il suo legame di parentela con Dorea Potter, ecc. James non diventerà Auror, ucciso troppo presto per affrontare una qualsiasi carriera: quello che prova in questo momento sono le paure normali e i risentimenti normali di un ragazzino di 11 anni che teme per il proprio padre e odia coloro che ritiene responsabili, pronto a seguire la strada di Charlus per mettere “le cose a posto”; tutto questo avrà delle conseguenze sui suoi rapporti con altri personaggi, ma il suo carattere è modellato dall’esempio di suo padre, da una buona dose di testardaggine e dalla forza che trae dalla sua compagnia di amici. Alshain si dibatte tra momenti di confusione e altri in cui è uno Slytherin fatto e finito, abbastanza astuto da anticipare le mosse dell’avversario; Moody forse è stato ingenuo a non controllare il tonico del guaritore, ma anche lui è un essere umano e magari, agli albori della prima guerra magica, non è ancora portato a sospettare di chiunque, ovvero anche delle persone “neutre” come poteva essere in questo caso il Medimago. Ho inserito il personaggio del giovane Proudfoot, per chi non lo ricordasse sarebbe l’Auror che vediamo insieme a Nimphadora, Savage e Dawlish nel 6^ libro impegnato nel pattugliamento di Hogsmeade. La frase che ha ricordato Sile (1) è la prima dichiarazione di Mirzam quando si sono messi insieme, alla fine del 6^ anno; l’idea che lui si blocchi al pensiero che sia l’ultima volta che sta con Sile e non vuole sovrapporre quel ricordo fatto di dolore e disperazione agli altri che ha condiviso con lei, può sembrare fuori dalla realtà, ma dato il soggetto, può starci anche questa bizzarria.
Non mi resta che salutare chi ha letto, recensito, aggiunto alle varie categorie, e ringraziare AryYuna che mi ha dedicato uno dei suoi lavori, potete vedere le sue meraviglie qui
Un bacio.

Valeria



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