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Autore: crimsontriforce    15/04/2011    0 recensioni
C'è chi in cuor suo ritiene di meritare ogni insulto voli nell'aria e chi prende per buona ogni occasione per distribuirne. Una tregua davanti al fuoco per due avversari indiretti, costretti allo stallo mentre altri decide il fato di D'ni.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Esher, Yeesha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '5. Una piccola bolla di (sur)realtà'
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Yeesha si vota all'inazione affinché le scelte di chi intraprende la Cerca siano radicate e sincere.
Non rischia. Non si espone. Ma osserva infinite iterazioni dello stesso ciclo di fallimenti senza poter allungare una mano e dire “si fa così”. È certa di essere sconfitta e sa che lo crede anche la persona che ha perso ogni granello della sua fiducia. Forse una doppia negazione...

Altresì: Yeesha, sull'orlo di una crisi di nervi, ha finito gli insulti da autoinfliggersi e si reca al distributore automatico.

Altresì: racconto figlio illegittimo di una malsana fissazione per Esher (voglio dire... Gehn? Saavedro? Veovis? No. Esher), di un prompt serio e molto bello come “Impegnarsi vuol dire soprattutto rischiare. Non solo la vita, ma la propria serenità” per il COW-T e di un prompt vaccaro come “Bibite” in BDT. Amen.


Disclaimer: Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. Non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone descritte né offenderle in alcun modo. Se possibile, anzi, il tutto è da intendersi come tributo di affettuosa stima.










Per farsi dire le verità a rovescio





La vide arrivare da oltre l'ampia vetrata sporca della villa. Strascicava ogni passo attraversando il terreno che ne componeva il parco, ora ricoperto di sterpi. Non si scomodò ad aprirle: la porta era scardinata e marcia, in rovina come il resto di quell'Era. Era un miracolo che le grandi arcate di metallo e vetro che lo sovrastavano non fossero ancora crollate durante i secoli di abbandono, ma i piloni reggevano e tanto gli bastava: il bollitore trovato fra le macerie della cucina funzionava con poco più di un fischio, l'imbottitura di qualche cuscino era rimasta intatta e Esher non aveva bisogno d'altro per poter dire di sentirsi a casa. Casa di qualcuno, almeno. Ma con il lungo esilio aveva imparato a non curarsi dei dettagli.
Non si alzò a salutarla, rimanendo accucciato sul pavimento vicino al caldo del bollitore, ma si chiese perché non fosse apparsa fin da subito in mezzo al salone, non essendoci dubbi sul fatto che sapesse benissimo dove l'avrebbe trovato. Nulla sfuggiva a quella donnetta arrogante e ai suoi schiavi. Sospirò per l'invidia, incrociando le braccia dietro alla testa.
“Lealb'ro?”, la sentì chiedere alle sue spalle. Si era fermata a decifrare l'odore acre del liquido in ebollizione.
Esher prese una tazza dal mucchio di stoviglie che aveva recuperato e la riempì fino all'orlo.
“Una mezzosangue acculturata. Hai fatto i tuoi compiti?”
Non lo degnò di una risposta. Si sedette a gambe incrociate di fronte a lui, prese una ciotola dalla stessa pila e se ne servì una mestolata, restando a scrutarlo in silenzio con le mani a coppa sotto quel coccio, simmetrica da sembrare una statua.
“...corretto”, commentò infine con una smorfia.
“Cos'è, non lo reggi?”
Yeesha si rigirò la ciotola fra le mani, osservandone fattura, decorazioni, imperfezioni.
“Cordiale come sempre, vedo”, ritentò Esher, scontrandosi con un muro di silenzio. Gli aveva imposto la sua presenza e restava lì ad aspettarlo senza spiegazioni. Tipico.
“Vien da pensare che ti piacciano questi incontri, donna.” Rise da solo. “Se sei venuta per il bollettino, ha passato Todelmer.”
“Ho le mie fonti.”
“Chiaramente. Mi scusi, Sua Altezza, dimenticavo. 'Vai qua, controlla là, fai esplodere questa stella, riavvolgi una galassia'. Molto pratico.”
“Io non ordino.”
“Non ti sporcheresti mai le mani. Ma manipoliamo allo stesso modo, tu e io. O pensi che il tuo metterti su un piedistallo sia diverso? Che sbatacchiare le tue preziose alucce per farti bella non costringa la gente a mettersi al tuo livello?”
“È ...” Strizzò gli occhi e si coprì con una mano la tempia tatuata. “Diverso. La vera guida agisce nel buio. Crea un vuoto, ma non lo riempie. Non che mi aspetti che tu capisca.”
“Non che m'importi. Ma a proposito di non capire, sai cosa non possono vedere le tue fonti? Cosa non capiranno mai? Il luccichio nei suoi occhi.”
Aveva guadagnato la sua attenzione.
“Su Todelmer bramava il cielo. Tahgira? Accarezzava le tombe. Hai mai accarezzato le tombe della nostra gente, bastarda di D'ni? Studiava le nostre macchine per vederle in moto, non per oltrepassare un ostacolo. 'La gloria delle Ere' lo mette sull'attenti. È mio, Yeesha, non so perché tu l'abbia scelto ma è stato mio fin da quando ha messo piede in Città.”
E prendeva a fissare il muro con quel suo piglio nobile e vuoto e sacrificale stampato sul muso, una faccia che avrebbe dovuto prendere a schiaffi al primo accenno di Cerche o Restaurazioni.
“Rappresento tutto quello che cerca. La Stele è mia.”
Sentiva di avere potere su di lei. Poteva conficcare il coltello e girarlo fino a ottenere un risultato – foss'anche solo che si mordesse a sangue il labbro, Esher sapeva di avere colto nel segno. La ragazzina eterea era scesa di un gradino e gli teneva compagnia fra i mortali.
“Non puoi saperlo.” Le tremava la voce.
“Lo scopriamo insieme? Io dico che vinco.”
Ma giocare con la preda è stimolante fintanto che la preda è viva. Yeesha incassava e taceva, mai del tutto uscita dai mondi che turbinavano dentro la sua testa. Voleva chiederle cosa la spingesse a cercare la sua compagnia, ma avrebbe significato accettare che, in fondo a tutto, la scelta e l'azione giacevano nelle mani di lei.

La loro attesa era ancora lunga prima che venisse stabilita la fine delle Ere.
Esher si alzò e si diresse verso l'insieme di sacchi e scodelle che chiamava dispensa. Prese due bottiglie, ne miscelò il contenuto in una caraffa sbreccata.
“Vuoi?”
Yeesha allungò la sua ciotola.










   
 
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