Quella
era stata decisamente una
serata movimentata così dopo aver risposto a tutte le
domande della polizia e
aver ottenuto il permesso di andarsene, aveva deciso di recarsi in
laboratorio
invece che al suo appartamento.
Accontentandosi della tenue
illuminazione standard si diresse al piano superiore.
Come immaginava il suo “drink”
era ancora esattamente dove lo aveva poggiato prima di scappare a
fermare quel
pazzo assassino. Lo prese e si appoggiò alla balaustra che
dava sulla
piattaforma.
Si respirava un’atmosfera strana.
Temperance non avrebbe saputo
dire se la cosa dipendeva dalla luce soffusa che rendeva
l’ambiente quasi irreale
o dall’insolita calma che vi regnava. Era abituata a vedere
quel posto
brulicante di persone indaffarate e, anche se le capitava spesso di
restare in
laboratorio ben oltre l’orario consueto, non si era mai
fermata a godersi il
silenzio. Quasi certamente il problema era che quando finalmente
riprendeva il
contatto con la realtà, la stanchezza che aveva accumulato
sembrava riversarsi
addosso a lei tutta d’un colpo e
spesso era così sfinita che riusciva a fatica a guidare fino
a casa.
Allora, forse sono io a sentirmi diversa e a
proiettare le mie
sensazioni sull’ambiente esterno.
Ma cosa le veniva in mente?!??
Lei detestava tutte quelle teorie pseudo scientifiche usate gli
psicologi!
Con un sospiro si portò il
recipiente alla bocca e bevve un sorso. L’alcol le
bruciò la gola proprio come era
accaduto poche ore prima.
Bleah... è davvero disgustoso!
Ciò nonostante ne mandò giù un
altro sorso prima di appoggiare il contenitore a terra accanto a
sé.
A dispetto dal sapore discutibile
aveva davvero bisogno di un po’ di quel supporto...
Dopo due mesi passati in
Guatemala ad identificare le vittime di un genocidio non avrebbe dovuto
sentirsi tanto turbata per un singolo omicidio. Eppure lo era.
Booth le aveva dato ciò che
voleva ovvero seguire ogni fase dell’indagine, solo che ora
il problema era che
non sapeva se sarebbe stato il caso di continuare.
Tralasciando la falsa modestia,
sapeva di essere dannatamente brava nel suo lavoro e indubbiamente una
delle
migliori del suo campo, ma quando si trattava di relazionarsi con le
persone...
beh, dire che era un disastro era farle un complimento e per lavorare
sul campo
avrebbe dovuto fare qualcosa per il suo carattere.
Cosa le aveva detto Booth? Ah,
sì...
Ottenere informazioni dalle persone
è molto diverso dal cavare indizi
da una pila di ossa. Devi prima offrire qualcosa di tuo.
Quello era decisamente un
problema. Se c’era una cosa che aveva imparato presto era che
non bisognava mai
permettere a qualcuno di avvicinarsi troppo o quella persona avrebbe
finito con
il farti del male. Aveva quindici anni quando i suoi genitori erano
spariti nel
nulla e poco dopo se ne era andato persino suo fratello, abbandonandola
a se
stessa.
Nonostante tutto lei era
sopravvissuta, ma per farlo aveva dovuto costruirsi intorno una serie
di mura
di difesa spesse e resistenti. Protezioni che avevano iniziato a
vacillare nel
momento stesso in cui aveva incontrato lo sguardo di un certo agente
speciale.
Il loro primissimo incontro era
stato a dir poco
esplosivo.
Furiosa per essere stata
interrotta durante un’importante analisi di uno scheletro di
due secoli prima,
si era diretta a passo di marcia verso il suo ufficio dove sapeva che
avrebbe
trovato l’ennesimo galletto dell’FBI che, come al
solito, avrebbe preteso
risposte senza poi prendersi neppure la briga di ascoltarle. Era
già pronta ad
aggredirlo perché stava rigirandosi in mano un teschio di
settecento anni
quando...
Wow.
Sul momento non le era venuto in
mente niente di meglio. Quell’uomo godeva decisamente
di ottima salute! Com’è che lo avrebbe definito
Angela? Un bel bocconcino... Beh,
e chi poteva darle
torto?
Spalle larghe, fianchi stretti,
fondoschiena...
Ok, forse era il caso di smettere di divagare.
Si schiarì la voce
rendendo nota la sua presenza e spingendo l’uomo a voltarsi.
Doppio wow.
Occhi caldi e sorriso assassino.
Sì, quello era decisamente un maschio alfa con tutti gli
attributi al posto
giusto e, a giudicare dalla postura, era anche perfettamente conscio
del suo
fascino. Quell’ultimo particolare ebbe il potere di ridarle
lucidità. Odiava quel
tipo di uomini.
“Mi stava cercando?” gli aveva
chiesto andando dietro la scrivania e appoggiando il fascicolo che
teneva in
mano.
“La dottoressa Brennan? Io sono
l’agente speciale Seeley Booth” aveva
risposto lui porgendole la mano.
Seeley Booth... Sì, aveva già
sentito quel nome: all’FBI dicevano che era uno dei loro
migliori agenti. Un
uomo tutto verità e giustizia.
Ignorando la mano che le porgeva
si era rivolta a lui “Cosa la porta qui?”
Aveva visto balenare nei suoi
occhi una punta di sorpresa seguita da un’emozione che non
aveva saputo
identificare che era scomparsa in un attimo. Lui aveva ritratto il
braccio e le
aveva porto un incartamento che lei aveva analizzato velocemente per
poi
visionare le lastre.
“Trauma cranico dovuto ad un
corpo contundente, a giudicare dalle ferite direi una spranga o
comunque un
oggetto simile...” aveva affermato prima di domandargli
“Quanto era alta?”
“1.64, perché?”
“Dall’inclinazione delle fratture
e dalla loro profondità si evince che l’aggressore
era alto circa 1.85,
probabilmente mancino, un uomo a giudicare dalla forza
utilizzata”
“E lei avrebbe dedotto tutto
questo da... quelle?” le
aveva chiesto
senza fare alcuno sforzo per mascherare la sua palese
incredulità.
“Il mio lavoro si basa su criteri
scientifici e questo è ciò che dicono quelle
ossa” aveva replicato irritata
“ora se vuole scusarmi ho del lavoro da fare” aveva
aggiunto congedandolo
bruscamente.
“Già che ci siamo non è che ci
legge anche l’indirizzo dell’assassino? ”
Con quella stupida frecciata si
era meritato uno sguardo di ghiaccio.
“Se è capace di fare il suo
lavoro, allora lo scoprirà lei” aveva ribattuto
lapidaria.
A quelle parole lui si era alzato
bruscamente facendo un paio di passi verso la porta.
“Agente Booth...” lo aveva
richiamato lei spingendolo a voltarsi “Io cercherei tra le
conoscenze della
vittima...” aveva terminato porgendogli il fascicolo che lui
stava dimenticando.
“Per quale motivo?”
“Sul rapporto c’è scritto che
l’aggressione è avvenuta in casa e che
presumibilmente è stata la vittima
stessa ad aprire la porta al suo assassino dato che sono state
cancellate le
impronte dal campanello... Beh, non so lei, ma io non volterei mai le
spalle ad
una persona a meno di non sentirmi sicura.”
Per tutta risposta lui aveva
fatto una smorfia incredula e poi aveva allungato il braccio per
prendere la cartella
che lei gli porgeva.
Triplo ‘wow’.
Una scintilla.
Ecco cosa aveva provato quando le loro mani si erano sfiorate
per sbaglio.
Aveva visto le sue pupille
dilatarsi leggermente prima che lui si voltasse uscendo dal suo ufficio.
Non avrebbe potuto giurarci, ma
aveva avuto l’impressione di sentirlo borbottare un
“mai più” mentre se ne
andava.
Dal canto suo lei si era limitata
a catalogare quella scintilla come un fenomeno di
elettricità statica e così si
era rimessa subito al lavoro. Sulla piattaforma aveva trovato il suo
assistente.
“Nel caso si rifacesse vivo un
certo agente speciale Seeley Booth tu di che non ci sono. Mai.”
Zack aveva annuito senza chiedere
spiegazioni.
Invece
lui era tornato a chiedere il suo
aiuto offrendole in cambio tutto
ciò che aveva sempre desiderato.
Era stato magnifico partecipare a
tutte le fasi dell’indagine, l’aveva gratificata
moltissimo e poi doveva
ammettere che, nonostante i bisticci, erano un’accoppiata
decisamente vincente,
proprio come dimostrava la loro brillante risoluzione del caso.
Ora toccava a lei decidere se
voleva che la loro partnership continuasse.
Non aveva mai dato molto peso a
quello che molti chiamavano istinto, ma in quella particolare
situazione aveva
percepito nettamente che se avesse accettato di lavorare con lui
sarebbe
accaduto qualcosa. Prima o poi.
Lo diceva quella scintilla che
aveva sentito
precedentemente e lo diceva l’episodio del poligono di due
giorni prima.
In quella particolare occasione
non si erano nemmeno sfiorati eppure lei aveva sentito distintamente
l’aria
crepitare intorno a loro mentre discutevano mantenendo appena la
distanza di un
respiro. Così come non le era sfuggito il modo in cui lui si
era umettato le
labbra ne l’insistenza con cui il suo sguardo era caduto
sulle sue labbra.
Ma non si trattava solo di
attrazione sessuale. No, quella era perfettamente in grado di gestirla,
in
fondo se sentiva quel tipo di necessità biologica, sapeva di
poter contare su
un paio di partner.
Il problema era che quell’uomo
non si sarebbe fermato alla superficie, lo aveva già
dimostrato con
quell’accenno alla sua famiglia quando le aveva mostrato il
mandato di
perquisizione. Booth avrebbe indagato fino in fondo, il problema era
che lei
era così abituata ad indossare una maschera da non sapere
più come sarebbe
apparsa senza.
Lavorare stabilmente con lui
avrebbe comportato il mettersi nuovamente in gioco e la
necessità di tornare a
fidarsi di qualcuno.
Coma aveva detto ad Angela pochi
giorni prima... Le mie relazioni
più
significative sono con persone morte.
L’aveva pensata come una battuta,
ma solo dopo averla pronunciata si era accorta di quanto fossero vere
quelle
parole.
Sì, doveva decisamente fare
qualcosa per il suo carattere. Angela le aveva consigliato di aprirsi,
di
sforzarsi di dire a qualcuno anche quelle cose che istintivamente
sentiva di
voler tenere per sé.
Guardò l’orologio e vide che
segnava le quattro. Con un sospiro si staccò dal parapetto.
Era decisamente ora di tornare a
casa. Salvo imprevisti sarebbe riuscita a dormire qualche ora prima del
funerale di Cleo.
Aveva bisogno di energie visto la
difficile conversazione che avrebbe dovuto affrontare poche ore
più tardi. Un
discorso che riguardava la famiglia e
che avrebbe dovuto sostenere con il suo partner.
Così si avviò per le scale che
l’avrebbero ricondotta al piano terra e poi
all’uscita.
Una persona attenta avrebbe
potuto udire distintamente il clack
che era risuonato nell’aria nel momento in cui lei aveva
preso la sua
decisione: il rumore di un treno in corsa che cambiava improvvisamente
binario.
Era il suo destino.
E mentre lei tornava a casa ignara
la strana atmosfera che aveva permeato quella notte si dissolveva.