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Autore: Ulisse85    21/04/2011    4 recensioni
Un'aquila del Trentino, libera nei cieli sconfinati... e il suo fido compagno che da terra ne segue i percorsi...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo era il nome di una splendida aquila reale del Trentino.
I suoi genitori avevano dominato le rupi impervie e le inaccessibili montagne, le sconfinate pianure e il placido corso dei fiumi per sei anni, e fra un po’ sarebbe toccato al giovane rapace sostituirli.
Dopo dodici settimane era uscito dal nido e aveva finalmente provato l’ebbrezza del volo, la piacevole sensazione di dominare il vento, sentire le correnti che ubbidiscono al muoversi leggero delle ali; la sua abilità di volo si era fatta sempre maggiore, il suo stile sapiente, il suo volo imperioso, e a tre anni era la regina incontrastata di quei cieli, anche perché a causa della caccia sfrenata era rimasto l’unico esemplare di aquila reale, in quello che ora era il suo territorio.
Con il tempo erano scomparse le grandi macchie bianche sulle sue ali mentre si faceva adulto e di pari passo erano scomparse tutte le altre aquile ed era diventato sempre più solo.

Ma Ulisse non si sentiva solo, c’era il suo inseparabile compagno di viaggio a tenergli compagnia: quello strano animale lo seguiva da terra dovunque andasse e gli teneva compagnia, non lo abbandonava mai.
Ulisse lo vedeva dall’alto dei cieli e si sentiva tranquillo, sicuro.
Spesso dopo essersi rifugiato in una grotta, o in un anfratto per sfuggire ad una tempesta o per riposarsi, aveva avuto paura rispiccando il volo che lui non fosse più lì a seguirlo, che gli fosse successo qualcosa o che magari lo avesse abbandonato. Invece lo ritrovava sempre, non era mai stato tradito. E ormai Ulisse ogni mattina sapeva che lo avrebbe ritrovato, come era sicuro che il sole sarebbe sorto splendente nel cielo, nel suo cielo.

Nel corso del tempo Ulisse si era affezionato sempre di più a lui, lo sentiva necessario.
L’abitudine di lui non oscurava mai il piacere di ritrovarlo sempre lì, pronto ad attraversare insieme le sconfinate pianure, a violare le inaccessibili montagne e a scalarle risalendo il placido corso dei fiumi fino alle rupi più impervie.
Ma con il tempo era cresciuto in Ulisse anche il desiderio di saperne di più di questo suo fido compagno, di questo suo unico amico.
Non aveva fino ad allora ceduto alla curiosità, rimandando il piacere dell’incontro per renderlo più pieno. Ma Ulisse ormai aveva cinque anni, e non aveva mai visto un’altra aquila, gli altri animali lo sfuggivano o gli erano ostili, solo lui gli era amico.

Così un giorno decise che era arrivato il momento di scendere dall’alto dei cieli per conoscerlo, guardarlo da vicino, fargli sapere che gli era grato per la sua presenza, proporgli magari di volare con lui. Così scese lentamente per non spaventarlo, le sue ali di due metri e mezzo sbattevano lentamente, accarezzavano l’aria, e durante questa lenta discesa Ulisse vide che lui era fermo ad aspettarlo, e avvicinandosi vide che si faceva sempre più piccolo, ma contro ogni previsione la sua forma si faceva anche sempre più indistinta, più vaga, e quando era ormai a pochi metri da terra si rese conto che lui altro non era che la sua ombra proiettata dal sole.

Resosene conto Ulisse tornò rapidamente nei cieli sconfinati, lontano da quella triste scoperta che non avrebbe mai voluto fare, come per sfuggire in volo alla verità.
Ma la verità era che da quel momento in poi Ulisse si sentì e fu, per la prima volta, veramente solo.
   
 
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