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Autore: Kuruccha    23/04/2011    4 recensioni
Il lento fluttuare della polvere. L'odore di casa.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Iroh, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gelsomino
Capitolo unico



La prima cosa che entrambi avevano notato, quasi all'unisono, una volta aperta la porta, era stata la polvere.
Dalla finestra dietro il bancone, i raggi del pigro sole delle cinque del pomeriggio illuminava il pulviscolo fluttuante nell'aria; quei circoli irregolari, guidati dallo spostamento d'aria, si scontravano contro gli stipiti di legno, contro le tavole graffiate e malandate, contro le sedie rovesciate a gambe all'aria.
Gli occhi di Zuko seguirono il lento fluttuare dei granelli grigi. Si chiese se magari stessero procedendo in una qualche orbita tutta loro, quasi fossero pianeti immersi nel vuoto, o se davvero il loro movimento fosse casuale come gli era sempre stato detto.
Chissà se anche i granelli di polvere hanno un futuro già segnato per loro, si chiese, o se magari anche un singolo atomo di polvere può scegliere il proprio destino.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dai pesanti passi dello zio che, dopo aver fatto tintinnare le chiavi nel toglierle dalla serratura, si era diretto verso il vecchio bancone. Nel muoversi, aveva finito per sollevare da terra altra polvere, che immediatamente si era organizzata in veloci nuvole rade, annullando lo stato di semi-inerzia delle altre particelle tutt'intorno. I granelli fluttuavano seguendo le correnti, sempre più veloci, apparendo nel raggio di luce proiettato dalla finestra e volatilizzandosi appena giunte in una zona ombrosa.
Lo zio era scomparso in uno stanzino che con tutta probabilità era il ripostiglio delle scope. Zuko udì dei manici di legno cozzare disordinatamente.
Si guardò attorno, isolando il pensiero del pulviscolo. Lì dentro tutto gli sembrava vecchio e malandato: il legno consunto e pieno di buchi degli arredi; le tende mangiate dai tarli ancora appese alle finestre, lasciate lì dal precedente proprietario; le piastrelle del pavimento, che sbucavano tra i buchi del tappeto, con il loro colore deprimente. Perfino lo zio Iroh, che gli si avvicinava con due scope in mano e un fazzoletto ridicolmente legato alla testa, gli apparse vecchio e malandato in mezzo a tutto quello squallore. Abbassò gli occhi, vergognandosi di quel pensiero, e notò come anche la stoffa del suo vestito, quasi trasparente in alcuni punti per l'usura, non fosse poi molto diversa da quella con cui erano cuciti i vestiti dello zio.
Sbuffò rumorosamente, il naso irritato dall'aria ferma che circolava nella stanza.
 - Certo, visto così non sembra un granchè, ma riusciremo a tirarlo a lucido, vedrai - disse Iroh, porgendogli una delle due scope.
Sorrideva. Sorrideva come aveva sempre fatto, sorrideva come se quello fosse davvero il sogno di una vita, e non una situazione di ripiego in cui avevano finito per cacciarsi.
Si era ripromesso di essere buono con lui. Questo orgoglio non mi porterà da nessuna parte, si ripetè.
Rilassò i muscoli del viso, distendendo le rughe formateglisi sulla fronte. Afferrò il manico inclinato in sua direzione.
 - E come pensi di fare con questi buchi, zio? - domandò, passando una mano sulle crepe di uno dei tavoli.
 - Una bella tovaglia farà miracoli, per i primi tempi - rispose lui, semplicemente. - Poi, appena avremo abbastanza denaro, compreremo dei tavoli nuovi.
Parlava di quegli argomenti con una competenza spiazzante, come se davvero non avesse fatto altro per tutta la sua vita.
Ascoltandolo, ti viene davvero voglia di credergli e di fare come dice lui, rimuginò Zuko. Magari era con quella stessa competenza che si era guadagnato la sua fama, durante la guerra. D'improvviso, quella possibilità non gli parve poi così remota.
Lo zio sorrise ancora.
 - E poi, guarda, niente è più professionale di un vestito adatto all'ambiente - continuò.
Da una delle borse che lo zio aveva portato con sè tirò fuori un grembiule di un verdino spento, che non potè non ricordargli i colori del Regno in cui si erano rifugiati. Il posto che da adesso in poi sarà la mia casa, si ripetè, come a convincersi.
Fissò il braccio dello zio, teso verso di lui.
Afferrò il camice che gli veniva porto.
 - Dai qua - disse semplicemente, dispiegando l'ammasso di stoffa. Nel farlo, mosse ancora una volta in grandi onde la polvere tutt'intorno.
Iroh starnutì.
Zuko lo vide passarsi un dito teso sotto le narici, e quel gesto gli fece tenerezza. Il suo malumore si dileguò per un momento.
 - Alla fine hai deciso come chiamare questo posto?
 - Jasmine Dragon, come avevamo detto, no? - gli rispose, come fosse un'ovvietà.
Zuko rafforzò la presa sul manico di legno che ancora teneva tra le dita.
 - Diamoci da fare, allora. Prima cominciamo, prima finiremo - sussurrò, dandogli le spalle.
Sul pavimento, nuvole di polvere venivano sollevate appena dallo strofinìo contro le setole delle scopa di Zuko. Poco dopo, un altro fruscìo identico riempì l'aria, coperto solo dal canticchiare a labbra serrate di Iroh.




 - Quanta polvere! - esclamò Iroh, appena la porta fu spalancata davanti a lui.
La scena non era poi così diversa da quella che si erano trovati davanti al loro primo arrivo in quel locale. No, stavolta almeno non puzza di muffa, ragionò Zuko. Si richiuse la porta alle spalle, e potè finalmente togliersi il cappuccio dalla testa. Essere il nuovo Signore del Fuoco non era certo molto comodo, soprattutto quando volevi startene in santa pace ed invece eri inseguito da una folla di ragazzine scatenate.
Avrei dovuto portare Mai, e ci avrebbe pensato lei a calmarle!, si disse, sorridendo, a occhi bassi.
Per terra c'era la coltre polverosa che già una volta aveva visto, interrotta a intervalli regolari dalle impronte di suo zio, scomparso nel retrobottega come la volta precedente.
Quanto tempo è passato? Sembra una vita intera.
 - Zuko! Guarda! - esclamò ancora Iroh, sventolando davanti a sé i loro vecchi grembiuli e liberando una nebbia carica di granelli grigi. Venne colto da un attacco di tosse convulsa che subito si trasformò in risata.
 - Non sono più abbastanza giovane da poter fare le pulizie di primavera senza conseguenze... - si giustificò, afferrando lo spigolo del bancone con le dita. Si osservò i polpastrelli, diventati immediatamente lerci.
 - E sei mesi fa lo eri, zio? - gli domandò Zuko.
 - La vita passa in un attimo, caro nipote - gli rispose, legandosi i nastri del grembiule dietro la schiena.
Zuko lo guardò camminare a testa alta, canticchiando. Era felice di essere tornato, lo si vedeva fin da lontano; un'aura così rosa!, l'avrebbe definita Ty Lee. Galleggiava a un metro da terra.
Alzò lo sguardo. Fissò il soffitto, vagamente scrostato ma senza muffa; i lampadari, grigi e sporchi; i muri, che avevano decisamente bisogno di una riverniciata. L'idea di avere tutte quelle cose da fare lo metteva stranamente di buonumore, vista la loro natura di faccende domestiche di scarsa importanza, ben diversa da quella degli impegni che avrebbe dovuto sostenere da lì in avanti.
Il suo sguardo venne catturato dal legno macchiato sulla superficie di uno dei tavoli.
Ah, qui è dove ho appoggiato il pentolino bollente, quella volta!, rimuginò. E quello è il rammendo fatto dallo zio!
Venne investito da un'ondata di nostalgia, da un fiume di ricordi, come mai gli era successo nei giorni trascorsi a palazzo.
Quindi, è questo che si prova nel tornare a casa, si disse. Il tempo di raccontare bugie a se stesso era ormai finito.
Lo zio si avvicinò alla finestra.
 - Questo posto ha proprio bisogno di un po' d'aria fresca - disse semplicemente, spalancando le tende.
Un fasco di raggi del sole di mezzogiorno illuminò il pulviscolo, che sempre disordinatamente galleggiava nell'aria immobile. Quei granelli gli parvero fin troppo luminosi.
E così, voi siete ancora qui.
Iroh sollevò il vetro pesante.
Il pulviscolo, in un'unica ventata, come se stesse seguendo un fiume in piena che interrompeva la strada segnata per lui, venne risucchiato all'esterno. I granelli di prima, per quanto indistinguibili dai loro fratelli ancora in trappola, non c'erano più.
Allora, concluse Zuko, affacciandosi e osservando l'allegro caos che regnava in città, non è mai troppo tardi per cominciare qualcosa di nuovo.
Zuko aveva fatto pace con se stesso. Il cielo era limpido, e il pulviscolo era tornato ad essere invisibile.
Respirò a pieni polmoni l'aria di libertà di quella vita appena cominciata.


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23.4.2011
Tanti auguri, Ruta~ Questa è per te!
E, nell'occasione, Buona Pasqua a tutti voi :3
Il capitolo 12... il capitolo 12... arriverà, giuro XD Almeno con questa fic avete capito che sono ancora viva :D
Scritta con uno dei prompt dell'iniziativa Pesca la tua carta: "Dieci di fiori - Scrivi una storia di qualsiasi tipo che parli di pulizie di primavera."
   
 
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