Anime & Manga > Shadow Lady
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Autore: Rik Bisini    06/02/2006    0 recensioni
Ad ogni giovane idol si presentano serie difficoltà per raggiungere e conservare il successo.
In genere, nessuna di loro è tenuta a preoccuparsi della più formidabile e sensuale ladra del pianeta.
Per una in particolare, il possesso di un singolare oggetto diventerà occasione di scontrarsi con le mire di Shadow Lady.
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Shadow Lady torna, oggi, con il quarto episodio della serie che le sto dedicando.
Un ritorno la cui lettura mi auguro soddisfi i fan della ladra quanto scriverne ha divertito me.
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Ho spostato QUI le note sulla pubblicazione e le risposte alle recensioni di Andy Grim.
Genere: Commedia, Sovrannaturale, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno di Shadow Lady'
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Shadow Lady e le luci della ribalta
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Desiderio di successo

Da una nube nera, in una notte buia, una falce di luna si mostrò improvvisamente e la sua luce pallida illuminò i tetti della città e si riflesse nelle pozzanghere create dalla pioggia.
Su un tetto, Shadow Lady si nascondeva alla luce della Luna.
"È stato facile" disse "troppo facile."
"Dovresti essere contenta, credo" replicò Demo, nascosto assieme a lei.
Shadow Lady spostò fino a pochi centimetri dal suo naso un piccolo oggetto metallico con un microfono ed un auricolare, evidentemente fatto per essere indossato all'orecchio da un cantante o un idol durante la sua esibizione.
"Bean ci ha detto di prendere il microfono dicendo che proviene dal mondo dei demoni" ricordò Demo "e questo oggetto sembra effettivamente dotato di natura magica. Forse non è stato aconra attivato dalla cupidigia umana e per questo è stato facile prenderlo."
La luna fu inghiottita dall'oscurità. Shadow Lady tornò a saltare tra i tetti, Demo la seguì svolazzando.
"Sai che stasera c'è l'inaugurazione della mostra delle sculture post-alternativiste al museo e che il sindaco non ci ha invitato? Scrivo un preavviso per Dory?"
Shadow Lady scosse la testa "Mi dispiace per lui e per gli altri VIP, ma questa sera voglio solo portare il microfono a casa. Chiederò a Vaar di dire a Bean di venire a prenderlo domani. Appena lo avrò consegnato ed il mio incarico sarà finito, potremo anche divertirci."
"Demo" continuò dopo un altra serie di salti e di corse sui tetti "tu non hai preso il microfono, sbaglio? Ero certa di averlo in mano."
"Cosa è successo, Aimi?" chiese il demone.
"È svanito, scomparso nel nulla." Si voltò indietro. "Prima dell'ultimo salto era nella mia mano ed ora... non so dove sia."
La luna uscì di nuovo dalle nubi. Illuminò i tetti, le pozzanghere, il piccolo corpo di Demo e l'espressione perplessa di Shadow Lady, ma nulla che somigliasse al microfono.

Un vecchio dall'incolta barba bianca camminava su un marciapiede ai margini del quali si trovavano rifuiti abbandonati e puzzolenti liquami. Vestiva un soprabito rattoppato e camminava claudicando appoggiandosi ad un bastone, verso la debole luce di un lampione.
In direzione opposta sullo stesso marciapiede camminavano cinque giovani, tra cui una donna. Vestivano abiti di pelle, ornati di numerose borchie. Il più alto ed il più grosso guidava il gruppo, con incedere traballante, effetto certo di un'abbondante assunzione di alcool o di qualche allucinogeno.
Sotto al lampione, cercando di tenersi in equilibrio dopo un passo, deviò alla sua sinistra scontrandosi con il vecchio. I due finirono a terra.
La ragazza ed uno dei ragazzi risero rumorosamente. Gli altri due aiutarono il loro più grosso amico a rialzarsi. Il vecchio si mise in ginocchio e, lentamente, aiutandosi il bastone, tornò in piedi.
"Vecchio" esordì il massiccio giovane "ancora non hai imparato a camminare?"
"Se avessi le tue gambe giovani," replicò l'interpellato, "non dovrei preoccuparmi di come camminano gli altri."
"Insolente." disse l'altro e sferrò un calcio al suo bastone.
Il vecchio non cadde. Anzi fece un passo verso l'uomo e lo colpì con un pugno al mento. L'altro finì rovinosamente a terra. Uno dei suoi compari si lanciò verso il vecchio, ma impattò solo con il piede che questi aveva sollevato per assestargli un poderoso calcio allo stomaco.
Mentre il giovane si chinava dolorante su se stesso, il vecchio fece disinvoltamente un passo di lato. Nel frattempo un altro del gruppo era arrivato alle sue spalle ed agitava una pesante catena, mentre la ragazza di fronte a lui aveva estratto un coltello. Il vecchio si spostò velocemente e camminando all'indietro verso il ragazzo con la catena e gli afferrò il polso. Con l'altro braccio scansò la ragazza che aveva tentato di affondare il coltello su di lui.
Poi, con un rumore di ossa spezzate, il ragazzo volò al di sopra del veccho e finì faccia a terra sul marciapiede. La ragazza si voltò trovando una mano che la afferrava alla gola togliendole il fiato. Lo sguardo della giovane roteò forse a cercare il quinto componente del gruppo, sparito nell'ombra, prima che essa perdesse i sensi.
Il vecchio si spostò alla piena luce del lampione e prese un accendino ed una sigaretta dalla tasca del suo soprabito. Nessuno dei suoi aggressori era conscio. La fiammella si levò piuttosto alta, mentre il vecchio aspirava.
Poi dalla parte superiore della fiammella si staccò una minuscola luce sferica che si confuse subito in quella più grande del lampione.
"Setna, non è stata una mossa saggia." disse una voce proveniente dalla luce.
Il vecchio sbuffò un cerchio di fumo.
"Non puoi pretendere che io non reagisca se questa marmaglia umana mi provoca, Vaar." Fu la risposta del vecchio.
Il cerchio di fumo divenne una nuvola che delineò la creatura nascosta alla luce del lampione. Un minuscolo essere avvolto in un globo di luce, la cui coda era lunga quanto il resto del corpo e gli occhi color della brace ardente.
"Non è il caso" insisté Vaar "di dare pretesti alla polizia demonica per segnalare la nostra attività, però."
"Polizia?" chiese Setna "Tu sei assolutamente certo che qualcuno sia intenzionato a seguirci fin qui, ma potresti anche sbagliare."
"Su di questo" disse un cupo sussurro "invece non ci sono dubbi. Ma ho fatto in modo che chi vi seguiva perdesse le vostre tracce."
Setna diresse lo sguardo verso la pozza di liquami al bordo del marciapiede.
"Chi sei?" domandò sospettosa.
"Sei Velm non è vero?" chiese speranzoso Vaar.
"Se vuoi siete il demone Vaar e Setna, Domatrice del Fuoco, io sono Velm, del Buio e della Cenere."
Uno strato di fiammelle coprì completamente il corpo del vecchio che sembrò consumarsi. Poi, però, apparve una creatura dal viso di una graziosa giovane umana, con orecchie a punta innaturalmente lunghe, su di cui piccole fiammelle rose disegnavano un vestito aderente.
"Di te rimarrà soltanto la cenere" lo minacciò Setna, "se mi ricordi ancora il titolo che ho perduto."
"Velm, ascolta," la interruppe Vaar, frapponendosi tra la demonessa ed il punto da cui proveniva la voce "sai perché ti cercavamo?"
"Non lo so, infatti," replicò Velm "e il motivo per cui vi parlo è che mi interessa saperlo. Ma non credo che il vostro inseguitore sia troppo distante e credo che tutti preferiamo una chiacchierata fuori la portata delle orecchie dei nostri tenebrosi amici."
"Dove, allora?" chiese Vaar.
"Domani notte verso l'una. C'è un locale che si chiama 'Unforgivable Madness'. Ci troviamo lì. Per ora addio."
Vaar annuì e Setna alzò un sopracciglio sollevando le spalle.
Pochi istanti dopo un vecchio tornò a claudicare allontanandosi dal punto ove ancora giacevano i quattro inconsapevoli ed inermi giovani.

Un giovane sui trentacinque dal fisico atletico, i cui capelli erano acconciati in modo che un ciuffo cadesse quasi sopra un occhio era avvolto in un ampio soprabito. Il palazzo di fronte a cui si trovava aveva l'insegna "Commissariato di Gray City". Il giovane mosse un passo verso l'ingresso, quando udì una voce.
"L'agente Bright Honda, vero?"
L'uomo si voltò ed osservo attentamente la persona che aveva parlato. Era di corporatura robusta, più alta dell'altro, teneva il volto coperto da una sciarpa ed un berretto ed indossava un pesante cappotto scuro. L'unica parte del corpo che si intravedeva erano due gelidi occhi verdi.
"Chi vuole saperlo?" chiese il giovane.
"Qualcuno che ha un'informazione importante riguardo a Shadow Lady." La voce era bassa e roca, presumibilmente contraffatta.
"Di che genere?" continuò il giovane con il medesimo tono indifferente.
"Del genere che può essere utile solo a Bright Honda."
"Sono io." confermò il giovane "Vuole seguirmi nel mio ufficio?"
L'altro non rispose. Con un rapido gesto lanciò qualcosa verso l'agente. Bright la afferrò al volo, senza distogliere gli occhi dal suo interlocutore.
"Con quelle, Shadow Lady non potrà fuggire." disse il personaggio del cappotto scuro. Si voltò e si allontanò a lenti passi.
Bright osservò per pochi secondi l'oggetto che aveva afferrato: un paio di manette che non avevano in apparenza nulla di diverso da quelle in dotazione alla polizia.
Poi chiamò. "Aspetta!"
Ma il personaggio dal pesante cappotto proseguì svoltando un angolo come se non avesse udito. Bright fece pochi passi verso di lui. Si affacciò oltre l'angolo, ma non riuscì a distinguere il suo misterioso informatore tra la folla dei pendolari. Strinse le spalle e infilò le manette nella tasca del soprabito.

Una sottile fastidiosa pioggia cadeva nel freddo del mattino.
Una ragazza bionda che evidenziava i meravigliosi tratti del suo viso con un'ombra di trucco attraversò la strada trafficata allo scattare del verde, riparandosi sotto ad un piccolo ombrello. Dietro a lei, con il capo ed il corpo coperti da un impermeabile grigio, veniva un bambino dai grandi occhi scuri.
Giunsero in un'ampia piazza in cui un monumento in marmo ricordava la nascita di una diva della televisione, in cui la figura di una donna su un piedistallo si ergeva in un costume d'epoca porgendo la mano come a farsela baciare. Un turista particolarmente coraggioso, cercava di riprendere il momumento nonostante il fastidio della pioggia.
"Qualche tempo fa ti ho detto che non capivo perché volevi lavorare, ti ricordi?" chiese il bambino.
La ragazza aggrottò le ciglia.
"Sai, penso di aver capito, adesso." continuò il bambino "il motivo per cui usi il nome di Karin Ooki, oltre a quello di Shadow Lady e di Aimi."
"Ah!" commentò Karin "Hai capito che non voglio farmi scoprire ed evitare alla gente di avere problemi con la polizia dei demoni."
"Ho capito che non ti è sufficiente togliere il trucco ed il costume di Shadow Lady per vivere come un essere umano, ma di affrontare i problemi che gli umani affrontano nel quotidiano. Percepisci il fatto che tu potresti pagarti l'affitto senza dover lavorare per la gran parte della giornata come una conseguenza di avere accettato il ruolo di Messaggero del Sovrano del Fuoco."
Karin sgranò gli occhi.
"Accidenti, che acume! E come ci sei arrivato?"
"Ho pensato a quello che succede a me quando ho questo aspetto, l'aspetto di Demota, invece di quello del mio alter ego Demo. In fondo non è facile essere un umano."
Karin sorrise a Demota.
"Però sei l'unica cosa che posso chiamare famiglia." gli disse.
"Anche io. E tra i demoni avere una famiglia è persino più difficile che tra gli umani. Per questo mi sembra di sforzarmi sempre di meno ad assomigliare ad uno di voi."
"Ed io" concordò Karin, "non ho più paura di trovarmi di fronte ad uno di voi. Per quanto terribile sia il suo potere."
"D'altra parte" concluse Demota, "io ho cominciato a rendermi conto che avere il potere di un demone non è un vantaggio, se costa ad un uomo doversi estraneare dagli altri umani."
"Al ladro!" fu lo strillo della voce stridula di un'anziana che invocava aiuto. Era finita in terra e guardava smarrita in direzione di un uomo che correva tra il traffico e che le aveva sottratto una borsa.
Un passante si avvicinò cercando di sorreggere la vittima che, invece di alzarsi, continuava ad invocare aiuto disperata.
"A volte non ci si rende nemmeno conto di quanto è facile far male con le nostre azioni." commentò Karin.
"Tu non sarai mai così, Karin." la rassicurò Demota.

Un giovane molto alto e piuttosto magro entrò in una ampia sala nella quale erano addossate alle pareti strumentazioni per la registrazione video ed audio di vario genere. Portava un paio di occhiali a specchio e aveva un orecchino sul lobo sinistro. I suoi capelli scuri erano tagliati a spazzola.
Il ragazzo aveva in bocca una sigaretta accesa, che prese fra le dita appena varcata la soglia. Un cartello imponeva il divieto di fumo e la sigaretta fu schiacciata con decisione in un portacenere posizionato accanto alla porta.
Nel portacenere un frammento incandescente continuava a bruciare, il ragazzo alzò le spalle e decise di ignorarlo.
Ad un lato della stanza alcuni pannelli delimitavano piccoli spazi dedicati ai ritocchi del trucco precedenti l'entrata in scena. Sul soffitto erano disposte alcune file di riflettori.
Una ragazza, che evidentemente lo stava aspettando, gli fece cenno. Era una ragazza dai lunghi capelli neri, lisci come la seta. Aveva gli occhi neri e la pelle candida.
Portava una tutina aderente di color miele, spessa in alcune parti e sottile in altri, in modo da lasciar vedere in trasparenza le gambe, le braccia, la schiena, la pancia e una generosa porzione del suo seno. Sorrise al ragazzo ed i suoi occhi si allungarono sottolineando l'espressione del suo volto.
Stava parlando con un uomo corpulendo che si esprimenva con ampi gesti. Annuiva distrattamente, facendo di tanto in tanto un gesto di intesa al nuovo venuto.
Cinque minuti dopo si diresse con passi sicuri, nonostante un altissimo paio di tacchi, in direzione del suo visitatore. Gli mise le mani sul petto e guardò in su. Nonostante i tacchi, il ragazzo la superava di tutta la testa.
"È bello vederti Sutsumu. Come sta la mamma?"
Il ragazzo si accigliò.
"Tua madre sta decisamente bene. Soprattutto ha smesso di dare in escandescenze ogni volta che sente il tuo nome. Questa fuga verso il successo è stato un colpo per lei."
"Lo so" replicò la ragazza "ma a sentir lei avrei dovuto aspettare secoli. Alla fine non sarei stata più interessante per nessuno. Invece adesso sono quella che sono."
Sutsumu sorrise.
"Keiko Okuma" annunciò, "la giovanissima idol che sconvolge i sogni di ogni uomo di Gray City."
"Non prendermi in giro." protestò Keiko "Quanto rimani qui? Ho ancora una settimana di concerti. Ti prego, sono tesissima. Ieri sera non riuscivo a trovare il mio microfono fortunato. L'ho cercato mezz'ora e alla fine era davanti ai miei occhi. Ti ricordi quando suonavi per me e a nessuno importava di sentire la mia voce? Ho bisogno di ritrovare quella tranquillità per i giorni più duri."
"Soltanto per i concerti che farai a Gray City. Non fare i capricci come al solito."
Keiko mostro la lingua. "Ho quindici anni" disse, "l'età dei capricci l'ho passata da un bel pezzo. Forse sei tu ad avere problemi di memoria con l'aumentare dell'età."
Nel portacenere il frammento incandescente si spense.

L'agente Bright sedeva al tavolo di un affollato caffè, masticando svogliatamente un panino e sorseggiando di tanto in tanto la bibita che aveva di fronte. Sorrise quando una ragazza bruna entro nel locale ed agitò una mano per salutarlo.
Si insinuò tra i frequentatori del luogo, del tutto indifferente alle occhiate ammirate che le venivano lanciate da destra e da sinistra. Era molto bella. I tratti del suo viso erano dolci, il suo naso piccolo e dritto, la pelle del volto candida. Aveva i capelli neri, pettinati con un ciuffo in avanti in un taglio simile a quello di Bright. Il suo fisico atletico tradiva un intenso allenamento, che non aveva però alterato la gradevolezza delle sue forme. Sedette di fronte al poliziotto, che l'aveva guardata avvicinarsi con un sorriso divertito.
"Buongiorno, Lime." Le disse. "Come mai sei venuta a trovarmi?"
La ragazza finse una smorfia di disappunto.
"Io" e sottolineò la parola allungando ogni vocale, "ho pensato che dal momento che ero in città potevo avere la cortesia di chiederti se mi volevi vedere."
Bright prese un sorso della sua bibita.
"Ti ho già spiegato che durante la mia visita a Greentown del mese scorso" disse, "ho impegato l'intera giornata in un indagine tra quintali di scartoffie e ore di attesa agli sportelli."
"Ma non mi hai detto quale indagine ti ha portato a Greentown."
Bright sgranò gli occhi.
"Non ti ho detto niente? Pensavo che lo avresti capito. Ho parlato con l'Untore riguardo a Shadow Lady."
"Nessuna novità, immagino, riguardo ad... Aimi."
Bright sentì un formicolio dietro al collo mentre Lime pronunciava il nome della reale identità della nota e sensuale ladra.
"Poche." ammise Bright "E purtroppo piuttosto inquietanti."
Gli avventori al tavolo accanto a quello di Bright si alzarono e si diressero verso l'uscita del locale. Lime prese uno sgabello e sedette accanto a quello di Bright.
"Quando sentii parlare di Shadow Lady per la prima volta" ricordò Bright, "immaginavo una fenomenale atleta ed una audace avventuriera che sfruttava le sue capacità unicamente per il proprio diletto, senza uno scopo preciso. Non sono certo del motivo per cui voglia apparire in pubblico a questo modo."
Addentò il panino e masticò brevemente prima di riprendere.
"Quando apparve quel mostro, cinque mesi fa, lei lo affrontò e lo sconfisse. Il suo potere, fino ad allora usato senza criterio, fu indispensabile per salvare la città. Dopo un mese di assenza, Shadow Lady è tornata. Oltre alle scorribande per cui è nota ci sono state almeno tre occasioni in cui ha affrontati rivali con un potere in qualche modo simile al suo. Qualcosa che viene da una tecnologia a noi ignota... o da qualche forma di quella che possiamo chiamare magia."
Bright enumerò sulle dita i casi.
"Ha catturato una ladra che teneva in scacco la polizia con la sua velocità sovrumana, ha affrontato l'Untore a Greentown e, il mese scorso, ha avuto a che fare con strane apparizioni per la città di personaggi televisivi che molti ancora credono frutto di allucinazioni collettive."
Lime tamburellò con le dita sul tavolo.
"Ho assistito di persona ai primi due casi e ho constatato due interessanti analogie tra Hisashi Kondo, l'Untore, e Aya Yamaoka, la ladra. Ambedue possedevano un oggetto esotico che ha quasi certamente un legame con questi straordinari poteri. Shadow Lady stessa, come sappiamo, possiede qualcosa di simile."
"Il suo ombretto." sussurrò Lime.
Bright annuì.
"Inoltre nessuno dei due riesce a parlare di questo oggetto e di questi poteri. Yamahoka ha avuto una specie di attacco d'asma. Kondo accusa sintomi di una malattia sconosciuta. Per farla breve, chi usa quel potere ne viene consumato."
Fece una smorfia.
"Ho chiesto ad Shadow Lady le ragioni del suo comportamento e non me le ha mai volute rivelare."
Lime tacque a lungo. Bright diede un bel morso al panino e masticò con calma. Avvicinò il bicchiere alla labbra e diede un bel sorso.
"Pensavo che Aimi non parlasse per proteggerci." disse Lime con voce tremante.
"Forse è anche così," osservò Bright, "ma io non voglio che sia lei a subire questo destino. A rivaleggiare per qualcosa che forse non esiste, come per divertire una divinità annoiata. Per questo devo far svanire Shadow Lady. E liberare Aimi."
Lime si scosse. "Capisco quello che dici e so quanto tu tieni a lei. Però..."
"Però?"
"Non stai ragionando solo su indizi? Voglio dire, se il suo caso fosse diverso? Tieni presente che Aimi non commette crimini come l'Untore. L'unica prova che hai che lei sia vittima di Shadow Lady è il fatto che non parla dell'origine del suo potere. Anche io non andrei in giro a rivelare dettagli sulla mia seconda identità... nemmeno alle persone che amo."
Arrossì per un istante.
Bright sospirò.
"Sarebbe facile crederci, ma per proteggerla devo pensare di doverla difendere dal pericolo peggiore."
"Cosa accadrà se tu riuscirai?" domandò Lime. "Se Shadow Lady svanisse per sempre? Chi affronterà il prossimo mostro? Aimi ha accettato il ruolo di Shadow Lady e questa scelta spetta solo a lei."
"E se non potesse tornare indietro da questa scelta?" replicò Bright.
"E se lei ne fosse stata consapevole, quando l'ha fatta?" ribatté Lime.
Bright scosse la testa, ma invece di rispondere tornò a mordere il suo panino, ormai quasi terminato. Lime diede un'occhiata all'orologio sulla parete. Si sollevò dallo sgabello.
"Mi ha fatto piacere rivederti, Bribrì. Pensa a quello che ti ho detto."
"Sei certa di avere ragione, Lime?"
"Magari la prossima volta che vedo Aimi lo chiedo a lei," sorrise, "tra donne ci si capisce sempre meglio."

Una curiosa creatura dai grandi occhi e le orecchie a punta, elegantemente vestita con giacca e cappello a cilindro, sedeva in una poltrona di un salotto. Le tende erano tirate e la stanza illuminata dalla luce elettrica.
Una giovane deliziosamente formosa, dai lunghi capelli biondi intrecciati dietro la schiena e grandi dolcissimi occhi chiari era seduta comodamente su un divano di fronte all'essere. Accanto a lei, sprofondato fino a metà della schiena sul sedile, stava Demota.
"Gradirei da parte tua, Shadow Lady," iniziò la creatura, "che cercassi di incontrarmi dopo il tramonto. Non mi è facile introdurmi nel mondo degli uomini alla luce del sole."
"Vedrò di ricordarmelo Bean." lo rassicurò la ragazza. "Ovviamente se io avessi le informazioni che mi occorrono prima di tentare di recuperare un oggetto, non dovrei chiamarti affatto."
Bean si irrigidì.
"Forse i tuoi servitori non sanno eseguire i tuoi comandiadeguatamente, sappi che quello che chiedi non rientra nei compiti della polizia."
"Forse però ti conviene assecondarmi." insisté la ragazza.
"Bean ha ragione Aimi." la contraddisse Demota. "Sono certo che Vaar saprebbe come aiutarci."
Guardò il demone di fronte a lui.
"D'altra parte non mi sembra che le domande che vi sta facendo Aimi siano un insostenibile aggravio del tuo lavoro." proseguì.
"La tua amica" disse Bean con un sorriso maligno "è sempre un'umana e la sua ignoranza sulla natura dei demoni è palese. Sia nelle vesti di Shadow Lady che in quelle del Messaggero del Sovrano del Fuoco." Il suo sguardo si fece più duro.
"Dal momento però che perfino Makuberu, il Signore del Tempo, l'ha riconosciuta come Messaggero, non sarò io a porre in dubbio la sua autorità."
"Mi fa piacere che tu dica queste parole Bean." disse Aimi stancamente "Risponderai alle mie domande?"
"Cosa ti occorre sapere?"
"Ho preso l'oggetto di cui mi hai parlato ed improvvisamente è sparito. Vaar ha controllato questa mattina. È nuovamente in possesso di Keiko Okuma."
"Ovvio" disse Bean con un'alzata di sopracciglia "la cupidigia umana, fonte del potere di quell'oggetto, probabilmente ha generato un legame tra il microfono ed il suo possessore. Questo legame può diventare sufficientemente forte da generare un effetto di richiamo. Non funziona così anche il tuo ombretto?"
"Certo che no!" esclamò Demota "è nato per essere usato dai demoni e solo dopo l'ho affidato ad Aimi. Funziona per effetto della mia magia, anche se è attivato da un essere umano."
"Buon per lei." commentò Bean.
"Cosa significa?" chiese Aimi con sospetto. "Cosa succede a chi usa questi oggetti?"
Bean sghignazzò.
"Non crederai per caso che i demoni creino qualcosa a beneficio degli uomini? L'uso dell'oggetto è correlato ad un contratto di qualche tipo. Presumo che il propietario sia vincolato a non parlarne, per cominciare... poi probabilmente il perdurare del legame ne indebolisce la forza, lo priva della volontà di vivere o lo trasforma in uno schiavo. Non saprei."
Aimi era impallidita.
"Perché non me lo avete detto? Come si spezza il legame."
"Guarda che stiamo facendo solo ipotesi, Aimi." le spiegò Demota. "Sono almeno tremila anni che i demoni non affidano oggetti magici agli uomini. E se questi sono stati rubati, come le Pietre del Diavolo, non hanno un propritario legittimo e potrebbe non esistere alcun vincolo."
"Come possiamo saperlo?" chiese Aimi "E spezzare il legame?"
"Senza uccidere il proprietario?" domandò Bean con curiosità "Penso che dovrebbe semplicemente rinunciare all'oggetto di sua volontà. Ma il tuo incarico è semplicemente recuperare l'oggetto e consegnarlo alla polizia."
"Perché a voi" disse Aimi calcando le parole con rabbia "non interessa della sorte degli uomini che li hanno usati. Io invece voglio che siano liberati dal legame, se posso riuscire a farlo."
"Finché vorrai provare a farlo," promise Demota, "io ti aiuterò."

   
 
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