Titolo: E’ Solo un Gioco, Ivan
Autore:
Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Arancione
Genere: Slice of
Life, Drammatico,
Avvertimenti: Non per Stomaci
Delicati, Flashfic
Personaggi: Ivan Braginski/Russia, Famiglia Romanov
Pairing: Nessuno
Trama: E’ solo un gioco, Ivan, proprio
come allora.
Come un gioco di bambini, che se perdevi c’era la
penitenza.
Loro hanno perso, Ivan.
Lo zar, la zarina, il piccolo Aleksej cui era
proibito sanguinare, l’eterea Tat’jana, la bella Ol’ga, la flessuosa Marija, la
dolce Anastasija.
Hanno tutti perso, Ivan.
Dedica: a Silentsky
Musica: Once
Upon a December (Russian)
Note: Prima cosa. Russia,
nel caso di questa fic, non è un sadico. Anche se le immagini, le situazioni,
tutto lo faccia sembrare tale, non volevo farlo passare per un sadico. Come
dice anche Himaruya-sama, Ivan nemmeno si accorge del male che fa ed è questa
la sensazione che ho cercato di ricreare: la visione estraniata ed estraniante
di un bambino che gioca con una lucertola e le stacca la coda, o la testa. Non
lo fa per cattiveria. Gioca. Forse è per questo che alle volte il linguaggio e
la sintassi sono un po’..boh. Infantili?
Bene, chiarito questo punto
fondamentale..non so come sia uscita. L’ho scritta in dieci minuti scarsi, è
semplicemente. Boh. Mi è venuta, non ho ripensamenti come mi accada di solito.
Non ho da aggiungere, non ho da togliere. Poi farà sicuramente schifo e sarà
mediocre fino alla nausea, ma vabbè Dovevo scriverla. Togliermi questo
ronzio dalla testa. E poi, adoro Russia.
http://it.wikipedia.org/wiki/La_fine_dei_Romanov
Wordcounter: 803 (titolo escluso)
E’
Solo un Gioco, Ivan
E’ solo un
gioco, Ivan. Proprio come allora.
Come quando
insegnavi al piccolo Aleksej a sparare agli animaletti del bosco: gli prendevi
le manine fra le tue, sfiorandogli il collo bianco con la punta del naso e
ridendo fra i suoi capelli biondi. Lui rispondeva al riso con la sua vocina
cinguettante e non sparava mai, perché arrivavano Tat’jana e le altre, che
provavano pena per gli uccelli e le lepri, e temevano sempre che Aleksej
potesse ferirsi.
Aleksej non
aveva mai visto il suo sangue scorrere fra le dita, lo sai Ivan? Non poteva
ferirsi, gli era proibito. Se l’avesse fatto, sarebbe morto.
Forse è per
questo che ti guarda con quell’espressione spaurita, mentre si preme il ventre
flaccido con quelle ditina sottili e pallide. Forse non si sta nemmeno
accorgendo di morire, semplicemente si sta chiedendo cosa sia quel liquido che
gli sta portando via tutto il caldo.
Te lo
chiede, ti prega con quella sua vocetta gnaulante di dargli un mantello, perché
ha freddo, Ivan, ha tanto freddo.
No, nemmeno
ti ha detto di avere freddo. Non ha finito la frase. I suoi capelli biondi si
sono mescolati al terriccio scarlatto prima che la voce potesse raggiungere le
sue labbra livide.
E’ solo un
gioco, Ivan. Proprio come allora.
Come quando
Ol’ga voleva danzare e allora le prendevi cortesemente la mano, la baciavi e la
stringevi a te, facendola volteggiare nella Grandi Sale del Palazzo. Lei
rideva, gettando la testa all’indietro e Marija e Anastasija ti si aggrappavano
al soprabito, corrucciando il visino arrossato e le labbra, perché ballavi solo
con la bella Ol’ga e non con loro.
Com’eri
dolce, Ivan, quando prendevi Anastasija per la vita e la sollevavi da terra e
come rideva lei! Marija si infastidiva e cominciava a ballare da sola.
Era così
brava, Marija. Aveva l’eleganza di quei girasoli che ti piacciono tanto, Ivan,
e quando finiva di danzare si accasciava con fare languido sul pavimento a
specchio, proprio come fa il girasole quando cade la notte.
Ma è così
sgraziata mentre crolla terra, la dolce Marija. Le ginocchia le tremano e
cedono, la bocca si storce e ulula qualcosa, una preghiera, forse? Non si
capisce con tutte quel sangue che le gorgoglia nella gola.
Ol’ga riposa
al suo fianco, con un braccio teso e le dita affondate nella fanghiglia.
Che cercasse
di raggiungere il piccolo Aleksej? Non c’è riuscita, la poverina. L’ha colta la
morte prima di stringere tra le mani il braccino pallido del fratello. Non ti
fa pena, Ivan? Tutte a cercare di stringere quel bimbo fra le braccia!
Anche
Tat’jana ci ha provato, voleva dargli un po’ del suo calore; sciocca Tat’jana,
lei sempre così altruista! Che calore poteva dare a quel corpicino già morto?
Tanto, nemmeno ne aveva più per se stessa.
E c’è
Anastasija, che ti guarda con quegli occhioni sgranati e si tende verso di te,
fa due, tre, quattro passi, sembra tornata bambina, una bimbetta di pochi mesi
che si divertiva a caracollare nella tua direzione, balbettando qualcosa con le
sue smozzicate parole infantili, per poi cadere miseramente fra le tue braccia.
Ma tu non la sgridavi, perché era la tua piccola Nikolaevna, cui carezzavi le
guance quando si addormentava contro le tue spalle.
Non ti ha
raggiunto, hai visto Ivan? Questa volta niente zuccherino per lei. I suoi
piedini non ce l’hanno fatta, tra il tremore delle gambe ed il gelo della
morte. I suoi occhi sono trafitti da
rametti e rigidi steli d’erba, chissà se le fanno male. Chissà se le impediscono
di piangere.
E’ solo un
gioco, Ivan, proprio come allora.
Come quando
giocavano a fare le principesse, loro! Loro che già erano reali per nascita! E
attendevano il cavaliere che le avrebbe protette dal mostro dalle zanne bavose.
Si fingevano morte, le ciglia scure tremavano sui loro visi ridenti, che
cercavano di simulare la freddezza della morte.
Anche adesso
si sono svegliate. Sono ancora vive, Ivan. A quanto pare i gioielli hanno
protetto i loro corpicini fragili quanto steli di fiori alle soglie d’una
gelata.
E’ solo un
gioco, Ivan, proprio come allora.
Come quando
bruciavate le foglie del giardino e vi accovacciavate davanti alle fiamme solo
per vedere quelle lingue muoversi e schioccare, alzarsi e abbassarsi,
rivoltarsi e stendersi con un gran vomitare di fumo grigio.
C’era il
profumo delle foglie secche, allora. Ora il lezzo di corpi e di ossa che si
inceneriscono e si corrodono.
E’ solo un
gioco, Ivan, proprio come allora.
Come un
gioco di bambini, che se perdevi c’era la penitenza.
Loro hanno
perso, Ivan.
Lo zar, la
zarina, il piccolo Aleksej cui era proibito sanguinare, l’eterea Tat’jana, la
bella Ol’ga, la flessuosa Marija, la dolce Anastasija.
Hanno tutti
perso, Ivan.
E’ solo una
penitenza, dopotutto.
Che male
vuoi che faccia?
§ Ekaterinburg, 18 luglio 1918 §