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Autore: Padme86    02/05/2011    5 recensioni
Vi è sempre speranza anche nel buio più fitto.
Quando tutto sembra perduto una luce appare ad illuminare la via.
Una speranza con le sembianze di un semplice, giovane, uomo.

Sara, ragazza incinta e abbandonata dal proprio fidanzato, senza una casa.
Kei, ragazzo di buon cuore e dal passato triste che decide di accoglierla nella sua vita.
Un piccolo in arrivo che cambierà la vita di entrambi.
Nascerà l’amore o una semplice amicizia?
Solo il tempo potrà dirlo.
Mini storia di pochi capitoli nata per il piacere di scrivere ^*^
Buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*** The promise ***
 
2^ Capitolo
 
Erano passati ormai quattro mesi da quando Sara era stata accolta da Kei e sua cugina Lena. 
La sua gravidanza procedeva in maniera ottimale, come diceva il dottor Ivan che la visitava ogni due o tre settimane per tenerla sotto controllo al meglio: ormai era arrivata al settimo mese.
Come promesso aiutava Lena al locale mettendole in ordine le varie fatture e scartoffie necessarie per l’andamento del locale, cosa di cui la giovane barista fu molto soddisfatta: il suo ufficio non era mai stato tanto in ordine da quando c’era quella ragazza talmente ordinata da fare quasi paura.
Il rapporto tra Sara e Kei maturava ogni giorno che passava… I due ormai erano legati da un affetto profondo e sincero. 
Il ragazzo si stava prendendo seriamente cura di lei, accompagnandola a fare tutti i controlli e le spese necessarie per l’arrivo del bambino. Naturalmente Sara stava attenta che non trascurasse i suoi studi… L’esame di tre mesi prima era andato bene e presto avrebbe dovuto darne un altro: alla fine la giovane aveva scoperto che il suo benefattore studiava Giurisprudenza e che voleva aprire uno studio civile per poter aiutare la gente, ricca o meno.
Ormai era Aprile e il sole era caldo e confortante… Sara stava riposando nella sua stanza: schiacciava sempre pisolini nelle ore più improbabili, non era una novità.
Lui invece stava finendo di studiare:gli esami erano vicini, non poteva adagiarsi sugli allori. Quando però sentì il suo cellulare vibrare, segno che gli era arrivato un SMS; prese l’apparecchio e lesse il messaggio.
Ciao Kei, sono davanti casa tua. Perché non mi apri? Ho voglia di vederti e stare un po’ con te… Camille.
Non sapeva che cosa fare: da una parte non gli sarebbe dispiaciuto, non stava con nessuna da parecchio tempo e l’astinenza era una cosa brutta. 
Ma dall’altra non se la sentiva dopo la promessa fatta a Sara. Da un po’ di tempo sentiva che ciò che lo legava a quella giovane non era semplice affetto e voglia di aiutarla… Anche se ancora non capiva bene di cosa si trattasse.
Le aveva giurato che si sarebbe preso cura di lei e del bambino in arrivo e l’ultima cosa che voleva era darle un dispiacere. 
Però in fondo non gli costava nulla salutarla, che male c’era? L’importante era non turbare Sara e visto che dormiva non si sarebbe accorta di nulla.
Si alzò e decise andare ad aprirle: sulla soglia lo aspettava una bella mora dagli occhi nocciola, il fisico longilineo e tonico, il viso liscio e delicato e le labbra piene e sensuali: la classica bellezza.
«Ciao Kei, è da molto che non ci vediamo», mormorò lei con voce suadente, entrando in casa e cingendogli il collo con le braccia. 
Kei si sentì un po’ a disagio, probabilmente per via della giovane ragazza incinta che dormiva a pochi passi da loro...
«Sono stato occupato.»
«E chi è che ha preso pieno possesso del tuo tempo? E' da più di tre mesi che non ti fai sentire, te ne rendi conto? E in università non parli nemmeno più con me.»
«Mi dispiace davvero, Camille. La mia vita è un po’ incasinata in questo periodo, con gli esami e tutto il resto, e poi…»
«Povero caro, ci penso io ora ad alleviarti un po’ di tensione…», disse maliziosa, poggiando le sue labbra su quelle del ragazzo. 
Kei si irrigidì, per poi lasciarsi andare pian piano… In fondo non c’era nulla di male nel concedersi un po’ di svago con una ragazza che gli piaceva da un certo punto di vista.
Si diressero verso la camera da letto del ragazzo, chiudendo la porta e buttandosi sul letto, dando libero sfogo alla passione.
Dopo circa una mezz’oretta si ritrovarono sotto le lenzuola abbracciati, ancora caldi e sudati per l’atto fisico appena compiuto.
«Ci voleva proprio, non è vero?»
«Oh si, sono contento che sei venuta a trovarmi!», i due risero, baciandosi a stampo e continuando a rilassarsi, quando si sentì bussare alla porta. Kei, allarmato dal fatto che potesse essere Sara, si alzò di scatto, mettendosi i jeans.
Andò ad aprire e sulla soglia vi era proprio la ragazza: il pancione di sette mesi era molto evidente attraverso il vestito largo che lui stesso le aveva regalato. I capelli erano legati in una coda e il suo viso era più dolce rispetto a quando l’aveva conosciuta: sembrava proprio una mamma.
«Sara, cosa c’è? Non ti senti bene?»
«No tranquillo, solo che volevo chiederti se mi accompagnavi in centro, mi servono alcune cose per la cena di stasera visto che non lavoriamo.»
«Ah, va bene, se aspetti…»
«Amore, c’è tua cugina per caso?», Camille si era alzata dal letto avvolta nel lenzuolo, mettendosi alle spalle di Kei. 
Non appena la vide negli occhi di Sara vi fu una luce strana: era stupita e delusa… Kei ormai la conosceva bene e sapeva che in quel momento le stava dando una bella delusione. Per uno stupido desiderio carnale aveva tradito la fiducia della ragazza che lui stesso aveva accolto sotto il suo tetto.
«E tu chi sei?», chiese Camille alla giovane, ancora leggermente shockata per ciò che aveva scoperto, mentre Kei cercava le parole giuste per scusarsi con lei…
«Io sono un’ospite, mi dispiace aver disturbato. Andrò da sola in centro, non preoccuparti.»
«Aspetta Sara, io non…»
«Non ti preoccupare, davvero. Torno presto, se ho bisogno ti chiamo. A dopo.», era fredda, lo sentiva chiaramente.
Sara si voltò, andando verso la porta ed uscendo dall’abitazione, senza dare a Kei il tempo di replicare.
Il giovane la vide andare via, sentendosi uno stupido: Sara aveva già sofferto tanto e adesso ci si metteva anche lui a darle l’ennesima delusione in fatto di uomini.
Chiuse la porta, fissando Camille impassibile e intimandole di andarsene il prima possibile…
«Ma perché, scusa? Chi era quella? La tua ragazza?»
«No, non proprio…»
«E allora perché te la prendi tanto e mi cacci via dopo avermi scopata? Sei davvero un cretino, Hiwatari! Se non è la tua ragazza fregatene.»
«Le ho fatto una promessa e oggi l’ho delusa. Per favore Camille: vai via e non cercarmi più.»
«Lo sai che ti dico? Va bene, fai come ti pare! Sei tu che ci rimetti!», Camille si rivestì di corsa, uscendo sbattendo la porta, quando anche il ragazzo si rivestì.
Si buttò sul letto, dandosi dell’imbecille: ma cosa gli era saltato in mente? Non voleva che Sara lo vedesse con Camille. Chissà adesso cosa pensava di lui… Sicuramente che era un porco di cui non poteva più fidarsi.
E questo non poteva permetterlo. Appena sarebbe tornata a casa le avrebbe chiesto perdono e chiarito ogni cosa. 
Perché desiderava davvero con tutto se stesso prendersi cura di lei e del piccolo che stava per arrivare.
 
*
 
Metteva le cose in lista nel carrello quasi fosse un peso, anche se non capiva il motivo di tanto malessere: in fondo lui non era il suo ragazzo. Le aveva promesso di prendersi cura di lei e lo stava facendo, questo non implicava che non potesse avere una ragazza.
Ma la pensava davvero così? O era solo per auto convincersi che ciò che provava per Kei era solo amicizia? Che cos’erano loro due? Amici o qualcosa di più? Troppe domande per una persona che doveva evitare ogni tipo di stress.
Il suo bambino continuava a crescere dentro di lei e presto sarebbe venuto al mondo: avrebbe avuto una madre che lo avrebbe amato con tutte le sue forze e una famiglia pronta ad accoglierlo… Ma non un padre.
Finì di riempire il carrello, andando alla cassa e mettendo tutto nei sacchetti, aiutata dalla commessa che ormai conosceva bene.
«Manca poco, eh Sara.»
«Eh già, ancora un paio di mesi.»
«Sei nervosa?»
«Un pochino, più che altro temo per il dolore…»
«Oh, sono sicura che Kei sarà lì a darti tutto il sostegno necessario e anche a prendersi gli insulti!», Sara rise, cercando di immaginarsi la scena: chissà se sarebbe andata davvero così…
Pagò il conto ed uscì dal supermercato, prendendosi un po’ di tempo per fare due passi: camminare le faceva riattivare la circolazione e con quella bella giornata era l’ideale. Anche se in fondo non aveva voglia di tornare a casa e trovare Kei con quella ragazza… Le faceva male e non ne capiva il motivo.
Alzò lo sguardo verso il cielo: era limpido, azzurro, quasi come il mare… Bellissimo alla vista, riusciva a rilassarla.
Si toccò il pancione, massaggiandolo: un gesto ordinario, lo faceva sempre.
«Staremo sempre insieme, tu ed io. Non ci serve un uomo, in fondo… Bastiamo io e te.», mormorò alla sua pancia, immaginando che il piccolo potesse sentirla. Magari era davvero così, aveva letto molti libri e dicevano che i piccoli nel grembo assorbono voci e melodie che percepiscono dall’esterno.
Fece altri quattro passi per il centro, prima di decidere di tornare a casa: tanto prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo… Che si sentisse così perché ciò che sentiva per Kei era amore? Che si fosse davvero innamorata di lui? Sarebbe stato bello ma anche un problema se il ragazzo stava davvero con la giovane che aveva visto.
Era bella, elegante, raffinata e sexy… Mentre lei era solo una grassa ragazzina appena maggiorenne, per lui non sarebbe stato difficile scegliere.
Arrivò a casa e quando aprì la porta sentì distintamente la voce di Lena gridare contro quello che doveva essere Kei.
«Sei impazzito ad averla lasciata sola?! Lo sapevo, alla fine non sei cambiato!»
»Senti, mi dispiace! Sto già male di mio per averla delusa, ti ci metti anche tu! Credi che non sia preoccupato e che non mi faccia schifo sa solo?!», Sara sorrise, per poi entrare in casa e dirigersi in cucina, dove i due stavano discutendo. Lena, appena la vide, le andò incontro prendendole le borse e fissandola con fare preoccupato: sarebbe stata un’ottima zia.
«Sara, sei impazzita ad andare in giro da sola e portare pesi come questi? Lo sai che devi stare riguardata!»
«Tranquilla Lena, fare due passi mi fa solo bene e poi non sono malata.», disse Sara con un sorriso, facendo tranquillizzare la cugina acquisita: Lena sapeva di essere apprensiva, ma tutto era dovuto al fatto che ormai voleva tanto bene a quella ragazza e al piccolo che stava per arrivare.
«D’accordo, scusami. E’ che lo sai che non voglio che vi capiti nulla… Dovrebbe essere qualcun altro a scusarsi.», Lena fissò truce Kei, che la guardò torvo: sapeva bene di doversi scusare, non c’era bisogno che glielo ricordasse lei.
Si avvicinò a Sara, che lo fissava con un lieve sorriso sul volto: lo amava, ormai ne era sicura. Sperava solo di non prendere un’altra scottatura…
«Vorrei parlarti, possiamo andare in camera tua?»
«Certo.», Kei la prese per mano e i due andarono in camera dalla ragazza sotto il sorriso di Lena.
La ragazza aprì la porta e lo fece accomodare, sedendosi sul letto e intimandolo a sedersi accanto a lei. Kei lo fece e cercò le parole più adatte per potersi scusare con lei per quanto era avvenuto quella mattina…
«Ecco io… Voglio dirti che ciò che hai visto oggi, me e Camille, non era nulla.»
«Ah, davvero? Eppure sembrate molto intimi.»
»Bhe, ecco… Per così dire…», Kei si grattò dietro la nuca, cercando di spiegare alla ragazza cosa provasse. Ma per quanto si sforzasse non riusciva a trovare le parole adatte. «E’ una mia ex, oggi è venuta qui e… Non so che cosa mi sia preso. Tutto ciò che so è che non voglio perderti e soprattutto che tu perda la fiducia in me. Non voglio che tu soffra ancora per causa mia…»
«Kei, tu mi vuoi bene?», il giovane rimase basito da tale domanda: se le voleva bene? Molto di più… Ciò che provava per lei andava oltre il semplice affetto e ciò lo spaventava. Forse era per tale ragione che quella mattina aveva ceduto ed era stato con Camille…
Ma cosa doveva fare? Dirglielo? Probabilmente dopo la sua bella prova di immaturità lei adesso non si fidava più di lui, come poteva affidargli ancora se stessa e il suo piccolo?
«Sara, certo che ti voglio bene. Anzi, di più…»
«Che cosa intendi?», la giovane si stava divertendo a provocare colui che ormai aveva compreso di amare: voleva fargli pagare una piccola penitenza per ciò che aveva fatto con Camille, anche se tecnicamente era successo quando loro non avevano nessun legame ufficiale.
«Lo sai, andiamo non fare la furba.»
«Non sto facendo la furba, voglio solo sentirtelo dire…», era la verità, tutto ciò che desiderava era che Kei dicesse chiaramente cosa provava per lei e che il suo sentimento fosse corrisposto.
Il cuore le batté forte come un tamburo quando il giovane intrecciò la sua mano con la propria, avvicinando i loro visi.
Le loro labbra si toccarono per un momento… Un unico interminabile momento che creò grandi emozioni nei cuori di entrambi.
Quando si staccarono le loro fronti erano ancora unite e le loro mani intrecciate. 
 Kei mise una mano sul pancione di Sara, sentendo il piccolo muoversi. Provò un’emozione immensa: all’idea che presto quel piccolo sarebbe venuto al mondo e lo avrebbe cresciuto si sentiva come ad un metro da terra.
Lui, che mai aveva avuto una vera famiglia, adesso se ne stava costruendo una con quella meravigliosa ragazza che mai al mondo avrebbe voluto ferire.
«Kei, io…»
«Ti amo, Sara. E l’ho capito proprio nel momento in cui ti ho delusa e rischiato di perdere… Mi dispiace che tu abbia visto quel lato di me. Camille è una ragazza con cui sono stato tempo fa e oggi, spinto dalla paura dei miei sentimenti per te, ho ceduto.»
«E’ umano, sarebbe potuto succedere anche a me.»
«So solo che quando mi hai visto con lei mi sono sentito un verme, perché anch’io ti avevo tradita. E mi dispiace… Spero solo che tu voglia ancora dividere con me il piccolo che sta per arrivare. Anzi la piccola, perché sarà di sicuro una bambina!», Sara si ritrovò a ridere, saltandogli al collo e baciandolo ripetutamente sulla guancia. Quando si fermò non riuscì ad lasciarlo andare: non sarebbe stata una squallida scappatella a dividerla dall’amore che provava per lui: il suo angelo custode.
«Dici che è una femmina?»
«Deve esserlo, perché altrimenti assomiglierà tutto al padre e non mi va molto.»
«Dai scemo! Comunque hai ragione, anch’io voglio una bambina.»
«Due ragazze che mi amano, è il sogno di ogni uomo!»
«Kei…»
«Dimmi, piccola.»
«Ti amo anch’io e non potrei desiderare padre migliore per lui o lei.», i due risero, baciandosi con più passione e restando a parlare sdraiati sul letto. Stretti in un abbraccio pieno d’amore, finché non si addormentarono a causa del troppo parlare.
Lena aprì lentamente la porta della camera, vedendoli addormentati e abbracciati: sorrise, pensando a quanto fossero perfetti insieme, e richiuse la porta. Prese il cellulare e compose il numero di suo padre…
«Papà avevi ragione! Ci sono voluti quattro mesi perché si decidessero, ti devo una birra!»
 
*
 
Due mesi dopo.
 
«Kei, credo di avere le contrazioni.»
«Da quanto le hai?»
«Sono cominciate ieri sera e sono sempre più vicine. Dici che dobbiamo andare in ospedale? Non vorrei che sia un falso allarme come quello della scorsa settimana.», Sara e Kei erano ufficialmente una coppia da due mesi, dal giorno in cui tutti i sentimenti erano venuti a galla.
La ragazza aveva deciso che avrebbe dato al bambino il cognome del ragazzo e lui stesso si era reso disponibile ad adottarlo legalmente.
Da qualche giorno la giovane soffriva di false contrazioni, le cosiddette ‘Contrazioni di Braxton Hicks’ e già due volte erano corsi in ospedale pensando che fosse il momento del parto.
Ma in quel momento, non sembravano davvero false contrazioni…
«Piccola, io penso che sia meglio non correre rischi. Prendo la tua borsa, al limite ci prenderemo dei rompiscatole dallo zio!», sarebbe stato Ivan a farla partorire, difatti tutte e due le volte era stato lui a visitarla. Andare nell’ospedale dove lavorava e partorire con il proprio medico era la cosa migliore per Sara.
Kei si alzò dal letto, seguito a fatica dalla ragazza e mentre si accinse a prendere la borsa della sua metà, quest’ultima sembrò improvvisamente presa dal panico…
«Oh cavolo, mi sono rotte le acque!»
Senza dubbio quella sarebbe stata una giornata da ricordare!
 
Il viaggio in ospedale fu da manuale: Kei alla guida ad una velocità decisamente eccessiva e Sara seduta al posto di dietro con Lena che le intimava di respirare e tenere le gambe chiuse fino all’arrivo in ospedale.
Una volta arrivati furono accolti dai paramedici, che misero la ragazza su una barella e la condussero nella stanza di preparazione al parto. Kei fu preso da un infermiere e accessoriato di un camice e una mascherina per poter entrare con lei in sala parto.
Le stette vicino tutto il tempo, dalla preparazione fino al momento del parto, dove il dottor Ivan intimava la ragazza di impegnarsi per far uscire il piccolo.
La giovane Sara urlava di dolore e respirava contemporaneamente, mentre stringeva sempre più forte la mano del suo amato Kei che temeva di ritrovarsela rotta una volta finito tutto.
«Coraggio Sara, ancora un piccolo sforzo! Un’altra bella spinta, forza!», Ivan cercava di fare forza alla sua giovane paziente e ormai nipote acquisita e Sara ce la stava mettendo davvero tutta, sebbene le sue urla fossero strazianti per le orecchie del povero Kei.
«Forza piccola, ci siamo quasi!»
«Kei, scusami se dovessi romperti la mano!», al ragazzo sfuggì un sorriso: lei era lì in preda ai dolori più assurdi che si possano avere e si preoccupava della sua mano.
«Tranquilla amore, rompila pure, tanto torna a posto!», le diede un bacio sulla tempia, mentre Ivan la informò che mancava un’ultima spinta per far uscire totalmente il piccolo.
Sara urlò con quanto fiato aveva in corpo e spinse più forte che poteva, quando il pianto di un neonato fece eco nella stanza.
«Eccola qui, è una bella bambina!», annunciò con felicità Ivan, mentre gli occhi di Kei si illuminarono di gioia: se lo era sempre sentito e ci aveva azzeccato.
«Lo sapevo! Lo sapevo che era una bambina, hai visto amore?»
«Sì, posso prenderla?»
«Tra un attimo cara, Kei vuoi tagliare il cordone ombelicale?»
«Posso davvero?», il ragazzo vide il sorriso rassicurante dello zio e prese delicatamente le forbici che gli porse una delle infermiere. Seguendo le indicazioni di Ivan tagliò il cordone di quella che sarebbe stata sua figlia.
Le infermiere la presero e la pulirono, avvolgendola poi in un bell’asciugamano rosa e porgendola alla sua mamma. Sara piangeva di gioia: la sua bambina era finalmente arrivata e lei l’amava già da morire. Kei le osservava insieme: erano la sua famiglia.
La donna che amava con tutto il cuore e la loro piccola, che avrebbero cresciuto con amore e valori morali reciproci.
«Avete deciso come chiamarla?», Kei e Sara si rivolsero uno sguardo confuso: non ci avevano ancora pensato, non avendo voluto sapere in anticipo il sesso. Ma la giovane aveva già in mente un nome… Sperava solo che piacesse al suo compagno.
«Veramente… Io un nome lo avrei.»
«Sara, il lavoro lo hai fatto tu: qualunque nome sceglierai mi andrà benissimo.»
«Vorrei chiamarla Lily, ti piace?», Kei parve rifletterci, per poi accogliere benissimo l’idea.
Baciò la fronte della sua donna, dando la sua piena approvazione, e baciando la testolina di sua figlia: assomigliava tutta a sua madre il che per i suoi occhi era solo un bene,
«Moltissimo. Allora benvenuta al mondo Lily Hiwatari.», i due giovani baciarono la loro piccola, finché un’infermiera non la prese per portarla in osservazione.
Sistemarono Sara, mettendole i punti e aiutandola a pulirsi, mentre Kei tornava da Lena per annunciarle che avevano avuto una femmina. Vi erano anche sua zia Irina e le sue due cugine Rose, tornata dai suoi studi esteri per l'occasione, e Mina; tutte entusiaste del fatto che il loro caro cugino e nipote fosse diventato padre. Ovviamente tutte erano al corrente della situazione di Sara ma non importava: a conti fatti era stato Kei a prendersi cura di lei, le avrebbe amate e protette ed è ciò che deve fare un vero marito e padre: parole della zia Irina al nipote.
Dopo circa una mezz’oretta andarono tutti a trovare la piccola Lily in osservazione, vedendo che era il ritratto di sua madre, con grande gioia di tutti. 
Ivan scattò anche qualche fotografia, giurando che le avrebbe gelosamente conservate nell’album di famiglia sotto le risate di tutti.
In quell’atmosfera di festa Kei si sentiva felice e appagato, osservando la sua piccola: vedere il suo cognome accanto a quello di Lily gli riempiva il cuore di felicità mista a paura. Sarebbe stato davvero un buon padre? Bhe, la risposta era ovvia: si sarebbe impegnato con tutte le sue forze, diventando un bravo avvocato e dare a lei e Sara una vita serena.
 
*
 
Passò qualche giorno e Sara sembrava non volersi staccare mai dalla sua piccola. La allattava e la cullava come una vera mamma e le infermiere le davano un aiuto notevole, vista la sua giovane età era totalmente inesperta.
Kei andava a trovarle tutti i giorni e la cosa che la giovane aveva notato era che tutte le volte non riusciva a togliere gli occhi di dosso a Lily.
Ormai ne aveva la conferma: ne era perdutamente innamorato e la cosa le riempì il cuore di felicità. Sarebbe stato un ottimo compagno e un padre premuroso, ne era certa.
Sentì bussare alla porta, mentre allattava Lily, invitando ad entrare chi aveva bussato immaginando che fosse Kei o Lena.
«Avanti.»
Ma quando la porta si aprì il suo cuore perse un paio di battiti…
«Ciao Sara, sono riuscito a trovarti finalmente.»
«Garland?!», la giovane non poteva credere ai suoi occhi: che diavolo ci faceva quel bastardo lì?! E soprattutto come aveva fatto a trovarla?! Le aveva detto chiaramente di essere un peso e che non l’amava, sbattendola fuori di casa mentre era incinta.
E adesso si presentava davanti a lei con un’espressione talmente calma da far saltare i nervi alla novella mamma: se sperava di ottenere perdono o di toccare anche solo con un dito Lily si sbagliava di grosso. Lei era sua e di Kei, ormai era una cosa scontata.
«Ciao, lo so che non mi vuoi qui.»
«Ci hai azzeccato, vattene! Come osi presentarti qui dopo quello che mi hai fatto?!», Garland abbassò lo sguardo, prendendo una sedia e sedendosi. Sara non sapeva cosa fare, presto sarebbe arrivato Kei e non voleva che si incontrassero… Il suo ragazzo avrebbe reagito molto male.
«Sono stato un bastardo, me ne rendo conto, e non sono venuto in cerca di perdono.»
«Non lo meriti. Mi hai cacciata di casa e sbattuta in mezzo alla strada con una bambina nella pancia, sei da galera!»
«E’ lei la tua piccola?», Garland posò gli occhi su Lily e Sara, istintivamente, cerco di nasconderla alla sua vista.
«Ho visto il nome sul cartellino: si chiama Lily Hiwatari. Ma chi è questo Hiwatari?»
«Non sarebbero affari tuoi, comunque è il mio compagno e sarà il padre di Lily.», Sara fissò il suo ex dritto negli occhi, decisa a fargli capire che per lui, nella sua vita e quella di Lily, non vi era posto e mai ce ne sarebbe stato.«Lui mi ha accolto nella sua vita, nella sua casa, senza nemmeno conoscermi. Si è preso cura di me, dandomi l’amore che avresti dovuto darmi tu e vuole bene a Lily come se fosse veramente sua figlia.»
«Il compagno perfetto, insomma.»
«Sì, lui lo è davvero. Garland, tu mi hai fatto troppo male e non so nemmeno perché sei qui, ma se pensi di ottenere il mio perdono o far parte della nostra vita potevi risparmiarti la fatica.», Garland la fissò negli occhi e le vide una luce che mai le aveva visto: forza e speranza. Lei credeva fermamente nel ragazzo che amava e nel prosperare nel suo futuro. Non avrebbe avuto perdono da lei e in fondo sapeva di non meritarlo.
L’aveva cercata per via del senso di colpa che si era fatto strada in lui e sperava, in fondo al cuore, che Sara lo perdonasse. Ma non sarebbe successo: si era costruita la sua vita, aveva trovato qualcuno che amava sinceramente lei e sua figlia.
«Sono venuto qui perché mi sono sentito in colpa, non chiedermi come. Non mi aspetto il tuo perdono, so di non meritarlo. Volevo solo vedere se stavate bene, tutto qui.»
«Come vedi stiamo benissimo e staremo sempre bene.»
«Ti somiglia, sembra il tuo ritratto.», mormorò dolcemente Garland, fissando la piccola Lily: non aveva niente di suo. Gli occhi e i capelli erano gli stessi della mamma, così come i lineamenti del viso e il naso: sarebbe stata la sua fotocopia una volta cresciuta.
«Grazie, sei gentile.»
«Bhe, allora me ne vado. Ti auguro di essere felice, Sara. Chissà, magari un giorno sarai disposta a perdonarmi…»
«Non credo che succederà, ma ti ringrazio dell’augurio.»
«Allora addio, Sara.»
«Addio Garland.», il ragazzo uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e sospirando: in fondo era meglio così, lui non era adatto a fare il padre e il marito.
Si incamminò verso l’uscita, quando incrociò un dottore che parlava con un ragazzo che doveva avere la sua età. Quando lo sentì chiamarlo ‘signor Hiwatari’, si voltò, mettendogli una mano sulla spalla.
«Scusa, ci conosciamo?», gli domandò Kei, confuso.
«Abbine cura e amale come meritano, non fare il mio stesso errore.», Garland gli sorrise e Kei spalancò gli occhi sorpreso, mentre lo vedeva andarsene. Doveva essere lui…
Il desiderio di andargli incontro e prenderlo a pugni era forte, ma era meglio trattenersi: adesso era un padre, non poteva fare certe cazzate.
Salutò il medico e si diresse verso la camera di Sara. Entrò e la vide turbata, cosa che dissipò totalmente i suoi dubbi: quello che gli aveva parlato era di sicuro l’ex che l’aveva sbattuta in mezzo alla strada e padre biologico di Lily.
«Ciao amore.», Kei si chinò su di lei, baciandola a stampo e dando un bacino alla testolina di Lily. Sara lo fissò, incapace di trovare le parole per confessargli che il suo ex era stato lì da lei in cerca di perdono. Ma fu proprio il ragazzo ad aiutarla…
«Credo di aver visto il tuo ex, venendo qui.», gli occhi di Sara diventarono grandi come due palline da tennis, ma l’espressione tranquilla di Kei le fece capire che non era arrabbiato. Gli raccontò tutto ciò che si erano detti e lo stesso fece il ragazzo, dicendole le parole che Garland gli aveva rivolto.
«Lui è il mio passato, Kei… Tu sei il mio presente e il mio futuro, insieme a Lily.»
«E voi siete il mio, piccola. Ti amo.»
«Ti amo anch’io.»
I due si abbracciarono, mentre Lily cominciò a piangere. Kei si alzò dal letto e la prese in braccio, cullandola. La piccola si calmò quasi subito, mentre Sara li osservava: era felice come mai prima d’ora.
Aveva un compagno meraviglioso.
Aveva una bambina stupenda.
E un futuro insieme a loro tutto da vivere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua gente, questo è l’ultimo capitolo prima dell’epilogo xD Visto che lungo? Spero che vi soddisfi xD Sono felice di vedere che questa mia semplice storia nata per caso abbia riscosso così tanta approvazione, sono proprio felice ^*^ 
Qui come vedete abbiamo avuto un capitolo diviso a tre: casini amorosi e confessioni d’amore, la nascita della piccola Lily (adoro questo nome, non vedevo l’ora di usarlo *_*) e il confronto finale tra Sara e Garland! E avrete visto che la nostra cara ragazza lo mandato delicatamente a quel paese X3
Kei e Sara sono felici insieme, con una bambina e un futuro tutto da vivere, come giusto che sia ^-^
 

Ci vediamo all’epilogo, gente ^-^
 
 

Un bacio forte a tutti^^
 
 
La cara Pad
 
 
 
  
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