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Autore: Baaalow    03/05/2011    2 recensioni
Gary e Mark bambini, in un contesto familiare tanto inglese e coccoloso. Enjoy.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gary Barlow, Mark Owen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il campanello di casa Barlow suonò: erano le quattro e un quarto di pomeriggio, proprio l’ora in cui gli Owen erano attesi per il tè e per fare incontrare i rispettivi figli. Mentre la signora Barlow e il marito intimavano ai figli di prepararsi a scendere e fare i carini, il più grande dei biondi fratellini si precipitò ad aprire la porta. Sull’uscio c’erano Mary e Keith Owen, accompagnati dal piccolo, vivace e scapigliato Daniel e dal figlio maggiore, Mark. Ian, dopo aver rivolto un frettoloso un “ciao” a quest’ultimo, prese immediatamente per mano il minore degli Owen e lo trascinò via borbottando qualcosa a proposito di una nuova pista per le macchinine che doveva fargli vedere immediatamente; detto fatto, i due biondi scomparvero sulle scale, sotto gli sguardi divertiti dei coniugi Owen e fulminati da un’occhiata severa di Colin, che scendeva in quel momento dal piano di sopra: aveva appena finito di lanciare qualcosa che assomigliava molto ad un ultimatum al figlio Gary.
«Tanto non ci vengo!» disse la voce del piccolo.
Il padre aggrottò le sopracciglia, salutando con gli occhi la famiglia Owen (meno Daniel, inghiottito dalla furia di Ian) e allargando le labbra in un sorriso.
«Se non vieni sai che succede, Gary!» disse, soddisfatto e certo che il figlio avrebbe capito la sua allusione. «Mary, Keith! Puntualissimi come sempre, non mi sorprende affatto. E tu come stai, piccolo Mark?» chiese, inginocchiandosi a stringere la mano al bambino. Il piccolo arrossì e si portò una mano alla bocca.
«Bene, grazie» rispose a mezza voce, fissando l’uomo dagli occhi chiari in un misto di riverenza e timore.
«Quanti anni hai ormai, signorino?» domandò ancora Colin, accarezzandogli una guancia col pollice della mano destra. Mark arrossì di nuovo.
«Otto, signore!» dichiarò fermamente, assumendo un’espressione fiera e facendo un mezzo sorriso. Colin scosse la testa: quel bambino poteva essere infinitamente timido e sfacciato allo stesso tempo. Lo adorava, e sperava che col tempo sarebbe riuscito a  dare una smossa al suo, di figlio.
«Santo cielo, ma sei grande!» esclamò, accarezzandogli la testa. Mark sorrise e annuì, guardando Colin e suo padre, che aveva dietro di sé e che osservava la scena con aria divertita. Nel frattempo, Mary si allontanò per andare a dare una mano a Marjorie in cucina. Poco dopo le due donne ne emersero con un vassoio ciascuna, uno recante la teiera e le tazze e l’altro una varietà enorme di biscotti e paste di ogni genere, cosa che fece venire l’acquolina in bocca a Mark. In tutto ciò, però, non si vedeva ancora Gary. Colin fece accomodare gli ospiti e disse alla moglie di cominciare a servire il tè, poi si scusò e si allontanò un attimo: salì la prima rampa di scale e si sporse per guardare in su.
«Gary Barlow, se non scendi immediatamente prendo il tuo synth e lo riporto a Chester!»
Poi l’uomo scese le scale e raggiunse la moglie sul divano di fronte a quello degli Owen. Subito dopo si sentirono dei passi frettolosi e la figura magrolina e dalla carnagione lattea del minore dei Barlow fece capolino dalle scale. Aveva dipinto in faccia un disappunto non indifferente e le bionde sopracciglia erano piegate in un’espressione corrucciata. Quando arrivò alla fine della rampa di scale e andò a sedersi tra Marjorie e Colin, fronteggiando il piccolo Owen che era seduto dritto di fronte a lui. Appena gli occhi di Mark incontrarono i suoi Gary si sentì meglio: non gli era stato detto che ci sarebbe stato anche lui, cavolo, sennò probabilmente si sarebbe precipitato ad aprire la porta col fratello. Il biondino rivolse un’occhiata di scuse a Mark e una di rimprovero al padre, che intanto era impegnato in un’animata conversazione sul calcio con Keith. Mentre le due donne parlavano di figli, scuola e quant’altro, i due figli si avventarono sui biscotti, ancora rimanendo in silenzio. Mark era timido, certo, e Gary non era da meno. Ma era la situazione a renderli ancora più riservati, in circostanze normali tra di loro non lo erano per nulla.
Dopo aver passato un buon quarto d’ora ad ascoltare ciance femminili da una parte e “discorsi da uomini” (che ogni tanto comprendevano una pacca sulle spalle di Mark o Gary da parte dei rispettivi padri quando si parlava di figli maschi e speranze per il futuro), i due cominciarono ad averne abbastanza.
«Ehi, Mark, vieni a vedere una cosa in camera mia!» suggerì Gary. Mark accettò di buon grado la proposta dell’amico e sgattaiolarono via dalla riunione delle due famigliole felici per rifugiarsi in camera di Gary. La stanza era grande e luminosa, il letto enorme e le mensole piene di libri: Mark era stato un sacco di volte in quella stanza, ma quel giorno c’era una cosa diversa. Una tastiera era appoggiata su un piedistallo vicino al muro di fronte al letto, e davanti c’era uno sgabello nuovo di zecca. Mark ne rimase estasiato.
«WowcheffigataGazelasaianchesuonare?» chiese il più piccolo, con gli occhi che gli brillavano. Gary lo guardò con l’aria di chi la sa lunga e rispose.
«Ovviamente.» dichiarò risoluto, avvicinandosi a grandi passi allo strumento. Mark lo seguiva a ruota con un grande sorriso stampato in volto: se avesse potuto avrebbe scodinzolato.
«Dai fammi sentire!» lo incitò Mark, sedendosi accanto a lui.
Allora Gary, dopo aver raccolto da terra un foglio con sopra scribacchiati degli accordi, cominciò a suonare: era lento e incerto, ma non si fermava mai. A Mark non ci volle molto per riconoscere la canzone, “You’ll Never Walk Alone”, l’inno della squadra per la quale tifavano entrambi. Mark aveva una bella voce, dunque volle dimostrare la propria abilità e si mise a cantare a squarciagola; Gary si unì poco dopo. Le due voci insieme erano gradevoli da sentire: più alta quella del biondo e poco più bassa quella di Mark, l’armonia che esse creavano era a dir poco stupefacente per due ragazzini di otto e nove anni.
E chissà, si domandavano Keith e Colin mentre origliavano fuori dalla loro porta: magari il loro futuro avrebbe potuto prendere una piega artistica?


NdA

Non ci posso credere, sono tornata qui. O.O scusate, sono stati due gironi di inferno questi ultimi mesi. Prometto che appena ho un attimo di tempo mi metto a scrivere e aggiorno la long (sempre se vi interessa u.u). Intanto vi lascio questa cazzatina scritta in un momento che neanche ricordo bene. Però sono tanto dolci i due piccini. *sprizza cuori*
Vi bacio, Barlowen lovers.
  
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