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Autore: Psplik    04/05/2011    13 recensioni
L'amore è strano e oltremodo complicato.
L'amore è una giornata di pioggia, una stretta di mano, uno scambio di sguardi.
L'amore è la cosa che vogliamo di più e, allo stesso tempo, quella che temiamo senza una precisa ragione.
Mary? Mary amava tutti, ed era un po' come dire che non amava nessuno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quei giorni perduti a rincorrere il vento' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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E Mary aveva il mondo negli occhi

 

Venuto dal sole o da spiagge gelate
venuto in novembre o col vento d'estate
io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
amore che vieni, amore che vai
io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
amore che vieni, amore che vai

(Fabrizio De André-Amore Che Vieni, Amore Che Vai)


 

Era strana, dopo un po' che la si osservava bene.
Non si poteva definire propriamente bella.
No, Mary non lo era. Non era bella.
Eppure, qualcosa nel suo perenne mezzo sorriso, negli urli che lanciava prima di scoppiare a ridere come una bambina, qualcosa in lei ti riportava nel tiepido mondo delle fiabe dove era la meravigliosa principessa che cantava a tutte le ore e aspettava il vero amore affacciata alla finestra del suo grande castello incantato.
Portava i capelli corti perché aveva sempre caldo.
Si metteva spesso la matita marrone agli occhi perché le piacevano i colori abbandonati.
Il suo preferito, di colore, era il grigio.
Grigio come il cielo di un giorno di tempesta.
Amava la pioggia e il vento. Sarebbe stata giovane anche da vecchia.
Amava Fabrizio De André e il Punk.
Sapeva di mele selvatiche e mandorle.
Diceva di contare tanto ma di non valere niente, perché adorava contraddirsi.
Amava e odiava con la stessa intensità.
Odiava fino a piangere di rabbia.
Amava fino a piangere di sconforto.
Spesso, odiava e amava una stessa persona.
Di sicuro, odiava e amava lui.

 

Risultava straordinariamente imperfetto anche e soprattutto se lo si osservava bene.
Era bello. Di una bellezza strana, che puoi notare solo quando non conosci la persona che la possiede. Di una bellezza più superficiale di quel che appariva.
Aveva i capelli biondo miele, portati un po' più lunghi del normale, per un ragazzo.
Sorrideva poco. Non rideva quasi mai e, quando lo faceva, non era mai per più di un secondo.
Odiava l'intelligenza altrui in tutte le sue forme.
Eppure non avrebbe dovuto sentirsi minacciato, perché lui era immensamente intelligente.
Però non era aperto.
Era buio e arrogante.
Amava il verde fluorescente.
Ascoltava i Linkin Park.
Era stato con un sacco di ragazze senza mai amarne una.
Era vecchio anche se era giovane.
Aveva una gran quantità di camice a quadretti.
Aveva le lentiggini e gli occhi di fango.
Profumava di menta e gelsomino.
Era simpatico, preso a piccole dosi.
Piaceva a pochi. Stava antipatico agli altri.
Forse non aveva pregi, di sicuro aveva un sacco di difetti.
La odiava tanto da riuscire ad amarla, a modo suo.

 

Chi li conosceva bene, diceva che il loro (se fosse mai esistito) sarebbe stato un amore perfettamente imperfetto.
Chi li aveva visti litigare per i corridoi insultandosi, invece, sosteneva che sarebbe stato un amore imperfettamente perfetto.
Su una cosa, però, tutti erano d'accordo: prima o poi qualcosa, qualsiasi cosa, sarebbe successa fra quei due ragazzi completamente diversi.


Era un giorno di polvere e pioggia.
La scuola, quella mattina, era avvolta da un alone scuro di polvere nera che nemmeno la pioggia riusciva a lavare via.
E la guerra era iniziata. No, forse iniziata non è la parola giusta.
La guerra era ricominciata. Come tutte le mattine.
I loro sguardi, fuori dai cancelli della prigione scolastica, si stavano scontrando con violenza.
Le loro mani, allacciate da quell'amore fatto di odio, si stavano stringendo l'una all'altra fino a provar dolore.
Sarebbe finita, dopo qualche minuto.
Avrebbero cominciato ad odiarsi e basta, o ad amarsi e basta a seconda del giorno.
Eppure, quei loro primi cinque minuti della giornata erano estremamente importanti per capire quei due insieme.
Mary aveva le lacrime agli occhi e il respiro affannato.
Lasciò a lui la sua mano e il suo cuore, arrendendosi per la prima volta dall'inizio di quella storia sbagliata.
Tutto ciò lo spaventò.
Perché Mary lottava per ciò in cui credeva. Ma Mary credeva in loro?
Mary rideva di gola ogni volta che ne aveva la possibilità. Ma con lui ne aveva mai avuto la possibilità?
E, soprattutto, Mary non piangeva, né si arrendeva senza prima combattere. Ma ne valeva la pena, per lui?
“Cosa succede, Mary?” avrebbe voluto chiederle.
“Succede che ti amo e non posso farci niente” avrebbe risposto lei, con il suo tipico mezzo sorriso.
Lui sarebbe rimasto impassibile a quelle parole. Gelido e pieno di orgoglio per la sua nuova conquista, forse.
O, più semplicemente, sbalordito.
Mary amava tutti, ed era un po' come dire che non amava nessuno.
Però in realtà Mary amava lui e tutto il resto del mondo passava in secondo piano.
Non le chiese niente. Si limitò a guardarla negli occhi.
E ci vide il mondo.
Perché Mary, negli occhi, aveva tutto ciò che non riusciva a trattenere nel cuore.
Non ci scorse se stesso e capì.
Capì che, forse, per lui era riservato un posto più importante.
Capì che, forse, l'odio era passato da tempo e adesso era inutile farle del male.
La stretta alla mano si trasformò in una dolce carezza.
Gli sguardi avvelenati si trasformarono in specchi di un sentimento troppo strano per essere descritto.
Perché lui aveva Mary negli occhi.
Perché Mary aveva il mondo negli occhi e lui nel cuore.






Eccomi. Una scempiaggine un po' pesante uscita da chissà dove.
Spero che vi piaccia, grazie di aver letto.

Splik

  
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