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Autore: Yoshiko    12/02/2006    16 recensioni
+++++ Storia aggiornata +++++
Durante il rigido inverno dell'Hokkaido, quando la temperatura scende di almeno un paio di decine di gradi sotto lo zero, alcuni giocatori della Nazionale giovanile giapponese sono stati invitati (o piuttosto minacciati da Gabriel Gamo) ad andare in ritiro in una località tranquilla, per cercare di appianare certe incomprensioni interne che rischiano di compromettere l'affiatamento della squadra, nonché per fortificarsi con un sano ed efficace allenamento sulla neve. Ma cosa succede se a questo ritiro prendono parte anche quattro ospiti inattese?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Time' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Seconda parte


Dopo aver consumato un pasto più leggero che veloce, nell’ultima mezz’ora di pausa Julian si avventurò nell’edificio in cerca di qualcuno in grado di fargli il “Favore” con la effe maiuscola. Durante il breve intermezzo davanti alla recinzione a firmare autografi e prendere regali, aveva definitivamente scartato l’idea di incaricare di un compito così delicato una delle sue fan. Aveva bisogno di ingaggiare una figura professionale, qualcuno a cui non sarebbe convenuto né parlare, né impicciarsi dei suoi affari privati. Così aveva adocchiato la ragazza del bar. Le era passato davanti un paio di volte, aveva anche ordinato un drink ma lei lo aveva servito sbrigativamente. Quel poco interesse che aveva scorto nei suoi occhi, era stato tutto per le ordinazioni dei compagni che sedevano ai tavoli. Forse, prima di rivolgersi a lei, doveva provare a trovare qualcun altro.
Bruce, stravaccato pigramente su una poltroncina di plastica, lo vide attraversare il corridoio per la terza volta e ritenne sospetto il comportamento dell’amico.
-Ross! Si può sapere cosa stai cercando?- gli gridò.
Julian tornò indietro e rientrò nel bar, gli occhi di nuovo sulla ragazza. Uno sguardo gettato al vento, visto che lei era voltata a riordinare le bottiglie dei liquori. Infilò pensieroso le mani nelle tasche della tuta, dove aveva nascosto un piccolo oggetto di vitale importanza.
-Cosa bolle in pentola?-
-Niente.-
Bruce e Philip risero.
-Con quella faccia?-
-E chi ci crede?-
Ross si decise a raggiungerli e si sedette dove poteva tenere d’occhio sia la ragazza che l’ingresso del bar. Si era dato quindici minuti di tempo per decidere se adescarla o rinunciare. A meno che nel frattempo non si fosse fatto vivo qualcuno di più adatto.  
-Sono distrutto.- Bruce chiuse gli occhi e scivolò in avanti sulla sedia appoggiando la nuca allo schienale -Non so se sopravviverò. Quanti giorni mancano alla partita?-
Julian rispose senza dover fare mente locale.
-Cinque.-
Continuò a tenere d’occhio la porta e allora Tom si interessò.
-Aspetti qualcuno?-
-Sì e no.-
-Che accidenti di risposta è?-
Ross si volse verso Mark.
-Spero che passi la persona giusta. Se non l’ho già trovata.- i suoi occhi corsero di riflesso verso il bar -Sto decidendo.-
-Amy non va più bene?-
-Cosa c’entra Amy adesso?-
-Allora di cosa si tratta? Di un indovinello?- lo incalzò Bruce -La persona giusta per far cosa?-
-Una cosa che mi serve.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata ancor più confusa. Poi, siccome l’allenamento aveva risucchiato tutte le loro energie, rinunciarono a impicciarsi. In fondo, ma molto in fondo, gli affari di Ross erano solo suoi.
Quando il quarto d’ora che Julian si era dato come tempo limite passò, sotto gli occhi stanchi e poco curiosi dei compagni si alzò e raggiunse il banco del bar.
-Ciao.- disse alla ragazza e si arrampicò sullo sgabello che le era più vicino.
Lei ricambiò il saluto con professionalità e una punta di stupore. Era rarissimo che gli importanti e celebri frequentatori del bar le dedicassero più di uno sguardo distratto. Quei ragazzi erano tutti troppo bravi, troppo popolari e troppo ricchi e neppure a lei andavano a genio. Non le piaceva come la esaminavano, neanche fosse un giocattolo con cui dovevano decidere se trastullarsi o meno. La conclusione a cui arrivavano sempre era che non fosse abbastanza graziosa, così si facevano servire cibo e bevande con distacco, parlando tra loro o di calcio o di donne, avendo per lei la stessa considerazione che avrebbero avuto nei confronti di un mediocre quadro appeso alla parete. Faceva parte degli arredi, né più né meno. Da una settimana poi il campo era a disposizione di quell’altra squadra, della nazionale giovanile. La situazione non era cambiata di molto. Era stata pressoché ignorata anche da loro, eccetto qualche patetico tentativo di conversazione da parte di un paio di ragazzi di cui non ricordava neppure il nome. Così non riuscì assolutamente a spiegarsi l’improvvisa affabilità che il famoso Julian Ross mostrò nei suoi confronti.
Lo fissò un tantino diffidente, anche se si sforzò di non mostrarsi tale.
-Desideri qualcosa da bere?-
-Solo un bicchiere d’acqua.- del resto non aveva sete per niente.
La giovane lo riempì e quando lo posò sul ripiano, Julian le intrappolò le dita intorno al vetro.
-Effettivamente l’acqua non mi basta, ho bisogno anche di te.- aggiunse.
Lei si irrigidì, il bicchiere ancora stretto nella mano, le dita di Julian sulle sue.
-Come, scusa?- gli occhi della ragazza si socchiusero di preoccupazione e di sospetto.
-Come ti chiami?-
Esitò un istante, poi rispose.
-Sally.-
Julian sorrise suadente, la mano sempre su quella di lei.
-Ho bisogno di un favore, Sally. Un enorme favore…- non la lasciò. Percepiva la sua esitazione e temeva che si allontanasse.
-Che tipo di favore?-
Julian estrasse dalla tasca il rullino della macchinetta fotografica dei nonni di Jenny, recuperato in extremis prima di partire da Shintoku.
-Devo sviluppare questo rullino ma non posso allontanarmi dalla squadra. Lo faresti tu per me?-
Lei osservò con un pizzico di curiosità il piccolo cilindro nero, chiedendosi quali foto si nascondessero al suo interno. Spostò gli occhi sul resto della squadra, seduta lontano, poi cercò senza successo di liberare la mano da quella di Julian.
-Sto lavorando, non posso farlo.-
-Va bene anche dopo. A che ora finisci il turno?-
-Alle cinque.-
Per sottrarsi allo sguardo insistente di Julian le capitò di posare gli occhi su Mark e indugiò un attimo a guardarlo perché, nonostante non provasse interesse per gli ospiti del centro sportivo, Landers non era passato inosservato neppure a lei.
Giunto a un punto morto, Julian si chiese come procedere. Gamo continuava caparbiamente a tenerli all’oscuro del programma, lui non aveva pensato di chiedere agli altri e adesso non aveva idea su come si sarebbe conclusa la giornata. Ritrasse la mano da quella della giovane e fu sollevato che lei non si allontanasse.
-Non so fino a che ora ci tratterremo qui, ma se mi dai il tuo numero ti invierò l’indirizzo del nostro alloggio. Sicuramente è nelle vicinanze.- o almeno lo sperava.
Lei scosse la testa diffidente, spingendolo a proseguire caparbio.
-Per favore. Ti pagherò il biglietto della metro, dell’autobus, del taxi. Di quello che vuoi. Ma ho assolutamente bisogno di queste foto.- fece scivolare il rullino sul bancone continuando a scorgere nei suoi occhi sospetto ed esitazione -Anzi, se preferisci ti do il mio numero e mi chiami tu quando hai fatto.-
La ragazza tacque, sempre sulla difensiva, e Julian non seppe più che pesci prendere. Cos’altro poteva convincerla?
-È davvero una questione di vita o di morte. La mia, di morte.-
Non poteva aspettare che il ritiro finisse per sapere cosa aveva fotografato Bruce. Non sarebbe sopravvissuto all’attesa. Maledetto Price.
Per i gusti di Sally il ragazzo stava insistendo troppo. Doveva esserci sotto qualcosa, chissà di chi erano quelle foto… E se lei si fosse lasciata incantare dal suo fascino avrebbe rischiato di cacciarsi in un bel guaio.
-Non posso.-
Julian incassò quelle due parole in un silenzio incredulo e non riuscì a rassegnarsi di dover rinunciare. Decise che se lei non acconsentiva avrebbe rischiato lui stesso, uscendo di nascosto all’insaputa di Gamo e di tutti. Avrebbe sviluppato quelle foto a qualsiasi costo. D’un tratto però si accorse che la ragazza, convinta di averla scampata, aveva distolto gli occhi da lui e fissava… fissava… si volse indietro, verso i compagni, e capì! Fissava Mark! No, non si sbagliava. Era proprio lui che, alzatosi, aveva attirato l’attenzione di Sally. Gli venne un’idea e tentò il tutto per tutto, lanciando l’offerta che finalmente lei accettò.
Poco lontano, seduto sulla poltroncina del bar, Bruce teneva con il piede il ritmo della propria curiosità che non gli  consentiva di distogliere gli occhi da Julian e dalla ragazza. Così il suo scarpino ticchettava sul pavimento una volta al secondo.  
-Io davvero non capisco!- sbottò -Che diavolo sta facendo? Ci sta provando?-
Clifford annuì.
-C’è bisogno di chiederlo? È talmente evidente!-
Lo sospettava persino Benji e nel frattempo pensava ad Amy e a come risponderle la prossima volta che gli avesse chiesto chiarimenti sulle ‘cameriere’, spiattellandole ampi particolari anche sulle ‘bariste’.
Quando finalmente Julian ottenne ciò che in quel momento desiderava più di tutto, il tempo a sua disposizione era ormai agli sgoccioli. Allora allungò il rullino e Sally lo prese, sebbene titubante, ascoltando in silenzio le ultime raccomandazioni.  
-È davvero importantissimo che tu riesca a sviluppare queste foto.-
Non riusciva ancora a capacitarsi che tanta fatica fosse stata premiata. Ciò che le aveva offerto in cambio non era poco, ma probabilmente alla fine lei aveva ceduto per toglierselo di torno. Julian tracciò su un pezzo di carta il numero di cellulare della ragazza, lo ripose nella tasca dei pantaloni, la salutò con un grazie molto sentito e un sorriso riconoscente e tornò dai compagni nel momento in cui quelli si alzavano per raggiungere il campo e iniziare la sessione di allenamento pomeridiana.  
-Pensavo che saresti rimasto lì con lei. Sembravi particolarmente coinvolto.- lo prese in giro Holly con un sorrisetto sornione che la diceva lunga.
Philip si affiancò a loro mentre scendevano le scale.
-Di cosa stavate parlando?-
-Nulla.-
-Allora perché stavi cercando di sedurla?-
-Sei  impazzito, Harper? Non ho cercato di sedurla!-
-Tanto meglio così.- lo canzonò Mark mentre raggiungevano le panchine -Non mi sembra che tu ci sia riuscito.-
Ross lo guardò e gli sfuggì un sorriso.
-Io no, ma tu sì.-
-Io in che senso?-
-L’ho sedotta da parte tua.-
Lo scatto di Landers fu repentino e Julian si ritrovò con una mano intorno al collo e Holly che accorreva preoccupato.
-Mollalo, Mark! Quello che ha detto Julian non significa niente. Non si possono sedurre le persone per conto di altri.-
La constatazione del capitano sembrò ragionevole. Così l’altro ritrasse la mano prima che Gamo li vedesse mentre Bruce prendeva a petulare, come soltanto lui sapeva fare.
-E quindi, Julian? Di cosa stavate parlando?-
-Le ho chiesto un favore.-
-Quale favore?-
-Non ti riguarda, almeno fino a stasera.-
-Perché stasera? Cosa accadrà stasera?-
Julian si trincerò nel silenzio.
-Se le hai chiesto un favore, in cambio cosa le hai promesso?-
-Le ho promesso che stasera Mark uscirà con lei.-
La risata di Price e lo sgomento di Landers andarono di pari passo.
-Vuoi morire subito, Ross?- domandò la vittima ad alta voce chiedendosi perché prima non le aveva strette come si deve, le dita, intorno al collo di quell’idiota.
-Non fare storie, Mark. Si tratta soltanto di una sera.-
-Chi ti dà il diritto di organizzare la mia serata? Decido io cosa farne! Non tu!-
-Veramente la tua serata odierna la decide Gamo.- cercò di farli ragionare Holly ma le sue parole caddero nel vuoto perché Mark e Julian continuavano a discutere con veemenza.
Clifford trovò il modo di intromettersi.
-Landers, non è che per caso sei gay? Non si tratta certo di uno schianto di ragazza, ma mi pare che tu stia esagerando.-
Mentre il focoso compagno s’incendiava sempre più assumendo un colorito scarlatto, Philip pensò che se Clifford era davvero convinto di ciò che aveva detto aveva preso una cantonata stratosferica. Gay, Landers? Figuriamoci! Andava troppo d’accordo con Jenny!
-Gli affari tuoi mai, testa di granito?- esplose Mark, poi tornò a guardare Julian -Con cosa mi hai barattato? Si può sapere?-
-Certo, tra qualche ora.-
Holly non riuscì a capacitarsi di tanta idiozia.
-Julian, sei ubriaco per caso? Siamo in ritiro fino alla partita. Il mister ci tiene d’occhio. Come pensi che Mark possa evadere dal centro sportivo senza che Gamo se ne accorga?-
-Io non esco stasera, porca miseria!-
Ross gli parlò sopra.
-Prima o poi andrà a dormire, no? Aspetteremo e, se proprio, creeremo un diversivo.-
Bruce approvò con entusiasmo.
-Ottimo! Un bel diversivo, una fuga coi fiocchi. Mi piace!- sgomitò Tom che gli era accanto -Tanto in qualche modo dovremo pur passare la serata. Far fuggire Mark dal centro sportivo per un appuntamento romantico ci occuperà il tempo!- ci pensò un attimo -Potrei andare io al suo posto?-
Un brivido corse su per la schiena di Julian.
-È fuori discussione!-
-Sono perfettamente d’accordo! Né Bruce né Mark.- dichiarò Holly categorico -Posso ricordarvi per l’ennesima volta che siamo in ritiro? E che dopo quello che è successo a Shintoku non dobbiamo rischiare in nessun modo che Gamo ci metta in panchina a vita?-
-Tu in panchina, Holly? Ma quando mai? Gamo sbatterà me in panchina!- protestò Landers.
Julian lo bypassò anche questa volta.
-Sei libero di ricordarci tutto quello che vuoi, Holly. Ma vedi, è una questione di vita o di morte. Lei lo sa e sarà molto prudente, non preoccuparti!-
-Di vita o di morte per chi?-
-Per me. E ovviamene se morirò non potrò essere in campo sabato.-
A Mark le mani avevano ricominciato a prudere in maniera incontrollabile.
-Sai che ti dico, Ross? Per me puoi anche schiattare!-
Holly si intromise. Ora la curiosità era diventata irresistibile.
-Julian! Se è davvero una questione di vita o di morte ho il diritto di sapere di cosa si tratta. Sono il capitano, o no? Vieni con me e sputa il rospo.-
-Non dirò una parola finché non sarà il momento.-
Bruce fremette.
-Julian! Sto morendo dalla curiosità!-
-Per lui puoi anche crepare!- Mark puntò sul ragazzo uno sguardo astioso ma Julian ricambiò con una calma e una sicurezza a dir poco granitiche.
Anzi, pensò persino che fosse il caso di rassicurarlo.
-Vedrai che quando conoscerai la ragione di tutto ciò, sarai contento anche tu.-
-Questo non accadrà mai!-
Philip, stanco di tutte quelle storie, cercò di darci un taglio.
-Piantala Mark. Julian ti ha soltanto chiesto un favore!-
-Il favore non me lo ha chie…-
-E poi pensaci bene! Si tratta di trascorrere una serata con una ragazza! Chiunque sarebbe contento, non è vero?- domandò a chi era intorno e la maggior parte dei compagni annuì.
Sentendosi spalleggiato, Julian riprese la sua opera di convinzione perché voleva le foto a tutti i costi.
-Neppure lei voleva, ho impiegato dieci minuti buoni a convincerla!-
Clifford cacciò un fischio acuto, poi scoppiò a ridere mentre Mark, nell’ennesimo scatto di contrarietà, acchiappava Julian per il bavero della maglietta.
-Che significa che l’hai convinta? Non voleva?-
-Molla, Mark.- Ross gli strinse polsi finché lui lo lasciò -Cos’è che ti urta questa volta? Non mi risulta che le ragazze svengano ai tuoi piedi e poi non è che proprio non volesse… ti osservava, non ha fatto altro. Non te ne sei accorto?-
-Perché avrei dovuto accorgermene?-
Clifford intervenne.
-Possibile che le ragazze ti siano completamente indifferenti? Un’occhiata potevi anche dargliela, diamine! Non è così male. Ha una scollatura notevole.-
-Le ragazze non gli sono per niente indifferenti.- precisò Philip che aspettava già da un po’ di farlo, lanciando a Mark uno sguardo sguincio.
Cogliendo i sottintesi dell’affermazione di Callaghan, Landers esitò incerto su chi insultare. Poi decise di lasciar perdere Philip e si rivolse all’altro.
-Sei un maniaco, Yuma!-
-Razza di debosciati!- tuonò Gamo -Giuro che se non la smettete ti trastullarvi vi terrò in campo fino a domani mattina! Nessuno escluso!-
Si sparpagliarono all’istante sul terreno di gioco in un fugone che non lasciò vittime.

Dopo una sana doccia ristoratrice che fece calare tutta la stanchezza di una giornata faticosissima iniziata prima dell’alba, esausti e stramorti Philip, Tom e Holly entrarono nel bar cercando una sedia comoda su cui stravaccarsi fino al momento del trasferimento in hotel. Trovarono Julian seduto a uno dei tavolini, i gomiti poggiati sul ripiano e il viso sprofondato tra le mani. Era chiaramente affranto, forse perché al bar il posto della giovane era stato preso da un ragazzo.
-Dov’è l’amica di Mark?- domandò Callaghan.
-Ha finito il turno.-
-La cosa ti affligge a tal punto?-
-Spero soltanto che torni, ma mi sa che non farà in tempo.-
-Stiamo andando via?-
-Gamo ha detto che alle sei togliamo il disturbo e ormai ci siamo quasi.-
-Tu capisci, Julian, che visto dall’esterno il tuo comportamento è più che sospetto, vero?-
-Me ne rendo conto, Holly, ma non posso farci niente. E comunque ogni spiegazione è ormai inutile. È andato tutto in malora e se anche fosse tornata quell’idiota di Landers non è disposto a  collaborare.-
-Effettivamente Mark sta facendo un sacco di storie.- borbottò Philip con le poche forze che gli restavano -Se non andasse così d’accordo con Jenny, verrebbe da credere alle insinuazioni di Clifford.-
Holly annuì.
-L’ho pensato anch’io.-
-Julian, non disperare.- avvertì Tom con un barlume di vitalità -La tua amica sta arrivando.-
Ross raddrizzò la schiena mentre si voltava verso la porta a vetri. Era vero, Sally era tornata. Saltò giù dallo sgabello e le corse incontro.
-Beato lui, quanta energia.- lo invidiò Philip.
-Evidentemente la tipa gli interessa più di quanto voglia ammettere.-
-No, Holly. Vedrai che c’è dell’altro.- disse Tom fiducioso.
Lontano da loro, sull’ingresso del bar si stava svolgendo un’altra conversazione.
-Sei riuscita a sviluppare le foto?- chiese Julian, ma la busta gialla che la ragazza teneva in mano ne era la prova. Lui la prese e gli mancò di colpo il coraggio di aprirla. Così la rigirò tra le mani e la soppesò. Poi sollevò gli occhi su Sally in preda a un dubbio.
-Le hai viste?-
-Perché avrei dovuto? Non c’è niente lì dentro che possa interessarmi!-
Aveva ragione ed era stato maleducato a porle la domanda. Ma se per lei in quella busta non c’era nulla di interessante, forse conteneva qualcosa che a Julian invece non sarebbe piaciuto, qualcosa che non era sicuro di voler vedere.
Allora, per non pensare, per tardare il momento della verità, si rifugiò negli aspetti pratici.
-Quanto ti devo?-
Lei gli porse la ricevuta. Julian lesse la cifra e le allungò una banconota.
-Non ho il resto.-
-Non importa.-
Sally insistette.
-Importa, invece.-
-Ti offro da bere. Va bene lo stesso?-
Lei sembrò valutare la proposta, poi scosse la testa seria.
-No, grazie. Non tu, e certo non qui.- decise di prendersi la mancia e gli tolse la banconota dalle mani -Manterrai la promessa?-
Ross sorrise.
-Certo! Fosse l’ultima cosa che faccio!-
-A che ora?-
Nell’attesa Julian aveva già calcolato i tempi: dovevano cenare, poi fingere di andare a dormire per non insospettire Gamo, trovare il modo di far evadere Mark, quindi...
-Non prima delle dieci e mezzo.- abbassò la voce e si guardò intorno con un’aria da cospiratore anche se a osservarlo c’erano solo Holly, Philip e Tom -Ti manderò un messaggio con l’indirizzo. Quando arrivi fammi uno squillo a questo numero e aspetta. Appena può, ti raggiungerà.- le porse un pizzino con il cellulare di Bruce, felicissimo di avere un ruolo nell’incontro clandestino.
Mentre lei usciva, stringendo tra le mani la busta Julian tornò dai compagni ancora più nervoso e affranto di prima. Aveva pesino perso il coraggio di aprirla. Si sedette sullo sgabello accanto a Philip e cacciò un sospiro molto sentito.
-Cos’è?-
-Sono foto.-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata.
-Non le guardi?- domandò Holly.
Ross annuì ma impiegò un minuto buono a strappare la linguetta di chiusura e aprire la busta. Poi tirò fuori tutto il contenuto e gli passò davanti un anno di vita dei nonni di Jenny.
-Non dirmi che...- cominciò Philip interrompendosi a metà.
La foto su cui Julian si soffermò spiegò tutto. Holly si sporse verso il compagno per guardare meglio.
-Benji e Amy?-
Ross non rispose perché era evidente.
-Non riesco a capire cosa stiano facendo.-
-Neppure io.- ammise Philip.  
-Cosa stanno facendo chi?-
Mark, i pugni sui fianchi, li osservava sospettoso a prescindere, perché lo scherzo di Ross non gli era andato giù.
Dando al nuovo arrivato la giusta importanza, gli sguardi tornarono sull’immagine.
-Senza dubbio Harper non è un bravo fotografo.-
Philip aveva ragione. Nella fretta di non farsi scoprire, non soltanto Bruce li aveva inquadrati male ma la foto era venuta sfocata. Benji era seduto di spalle e la sua schiena celava quasi totalmente l’obiettivo. Teneva un braccio dritto lungo il corpo, probabilmente la mano appoggiata sui tatami.  Sembrava leggermente protesto in avanti, verso Amy che sedeva di fronte a lui, vicinissima. Il viso della ragazza si vedeva poco e male ma sembrava sorridere. La sua mano era sollevata verso di lui, nient’altro. Solo una cosa era chiara di quell’immagine: non stavano facendo il sudoku.
Mark strappò la foto a Julian e la studiò pieno di disappunto.
-Tutto qui?-
-Che significa “tutto qui”?-
-Significa che mi hai barattato per una foto che non mostra niente, giusto?-
Philip rise.
-Dai Mark, lo scambio è persino vantaggioso.-
-Perché non te ne torni in Hokkaido, Callaghan?-
-Magari potessi...-
Warner era riuscito a conquistarsi l’ultima doccia libera fregandolo per un millesimo di secondo e Benji, ruminando livore contro il collega, non poté fare altro che attardarsi negli spogliatoi. Odiava dover sopportare la confusione dei compagni, le loro chiacchiere, gli schizzi d’acqua quando si asciugavano agitando gli asciugamani in ogni direzione. Riempirsi le narici dell’odore di bagnischiuma di qualità scadente, prendersi in faccia l’aria calda sparata da fon altrui. Detestava soprattutto dover entrare in una doccia che era stata già usata da qualcun altro, mettere i piedi sul bagnato scivolato via dal corpo sudato di altri, sciabattare sul pavimento allagato dello spogliatoio diventato un pantano in un secondo. A lui piaceva essere il primo a entrare e il primo a uscire, ma per colpa di quel portierucolo privo di senso della gerarchia, stavolta gli era andata male. Guardandosi intorno nello spogliatoio, si accorse di aver perso di vista Tom, capitano, vicecapitano e Ross.
Domandandosi che fine avessero fatto si infilò nella prima doccia libera, si lavò in fretta e si sbrigò a vestirsi mentre gli altri si attardavano pigri e stanchi. Rinunciò ad asciugarsi per bene i capelli pur di uscire al più presto dallo spogliatoio e imboccò le scale con un sospiro liberatorio, trascinando con sé la valigia.
Li trovò al bar, quei tre con Landers. Seduti a un tavolo parevano confabulare di grandi segreti. Si avvicinò di soppiatto per captare qualche parola e capire, dalle loro espressioni, quale fosse l’argomento di conversazione.
Ma Philip lo notò subito.
-Eccolo che arriva.-
Bastarono quelle tre parole per mettere Benji in allarme. Proseguì guardingo e si fermò soltanto quando Mark gli gettò addosso con rabbia qualcosa che volteggiò nell’aria e si fermò ai suoi piedi. Allora si chinò a raccogliere quella che scoprì essere una foto.
-Da dove arriva?-
-Dal rullino che l’amica di Julian gli ha gentilmente sviluppato.- spiegò Philip.
-Bella.- commentò.
-Cosa stavate facendo? Non si capisce.-
-Stavamo parlando, Holly.- il portiere alzò le spalle e restituì la foto a Julian guardandolo dritto negli occhi -Come vedi, non stavamo facendo un bel niente.-

 *

Una finestra sul fondo che si affacciava sul retro e sui palazzi dimessi della periferia, spazio sufficiente per quattro letti a castello addossati alle pareti laterali, due armadi con quattro ante ciascuno e al centro un tavolo circondato da otto sedie. Philip valutò pensieroso la camera del dormitorio che lo avrebbe ospitato per qualche giorno.
-Le stanze non sono male. Certo, un hotel a cinque stelle non le batte.-
-Non siamo ancora abbastanza famosi perché la Federazione ci prenoti un extra lusso.- disse Julian.
Con il cellulare di Bruce aveva appena inviato a Sally l’indirizzo del dormitorio. Non era distante dal centro sportivo ma si trovava in una zona desolata che non presentava distrazioni: né centri commerciali, né cinema, né karaoke, né pub. Solo abitazioni, condomini, palazzine ed edifici plurifamiliari forniti o meno di giardini. Nei pressi un ristorantino un po’ dimesso, la fermata del treno, poi scuole, villette e uffici. Nient’altro.
Al primo piano dell’edificio in quel momento si trovava solo chi doveva depositare i bagagli. Il resto della squadra era rimasto a digerire la cena nella sala comune, guardando la tv o forse  giocando con la play station. I compagni avevano sistemato le valigie una settimana prima e si erano anche scelti i posti migliori.
Sedendosi al tavolo, Benji staccò il cappellino dal passante dei jeans e lo appese alla spalliera della sedia, osservando Julian e Philip che si trascinavano stanchi per la stanza sistemando le loro cose.
Solo Mark era sprofondato esausto in un dolce far niente sul materasso più alto del letto a castello già scelto da Philip. Segno della sua presenza era solo un braccio, che penzolava inerte nel vuoto. E la voce.
-Callaghan, guarda se tra le valigie degli altri c’è quella di Clifford.-
-Perché?-
-Perché russa.-
Il ragazzo setacciò la stanza.
-Questa è di Patrick.- riferì -Questa è di Eddie Bright. E questa è di Diamond. Sei fortunato.-
-Anche tu lo sei.- precisò Mark, anche se era così stanco da non avere la forza di raggiungere gli altri nella sala comune -Voi scendete? Io credo che resterò a dormire.-
-Tu sei l’unico che non può farlo.- rise Benji schernendolo -Stasera hai un appuntamento.-
-Non me ne frega niente. Ci va Julian.-
Ross sospirò.
-Purtroppo vuole uscire con te.-
-Saresti uscito tu con lei?- domandò Philip.
-Io no, ma se fosse stata interessata a Benji avremmo evitato tutte queste storie.
-Ben detto, Ross.-
La risata del portiere si spense di colpo quando qualcuno bussò alla porta e la faccia da funerale di Danny fece capolino nella stanza. Si vedeva lontano un miglio che era nervoso, teso e preoccupato.
-Dobbiamo scendere. Gamo ha convocato tutti quanti.-
Landers si tirò su seduto.
-Tutti quanti chi?-
-“Quei disgraziati di Shintoku”, ha detto.-
Philip avrebbe voluto seppellirsi sotto le coperte piuttosto che affrontare di nuovo Gamo. Non ne poteva più, l’incubo sarebbe mai finito? In mancanza di meglio, intanto se la prese con Mark che scendeva dal letto a castello.
-Dannazione, Landers! Se metti ancora i tuoi schifosissimi e puzzolenti piedi sul mio cuscino, ti elimino!-
-Se non ti avrà eliminato prima Gamo.- lo schernì l’altro. Spalancò la porta e si trovò faccia a faccia con Tom, Holly e Bruce che li aspettavano nel corridoio, seri e preoccupati.
-Cos’altro è successo?- domandò Julian raggiungendoli.
Bruce alzò le spalle.
-E chi lo sa. È un incubo che non finisce più.-
Scesero le scale inquieti e cupi. Danny li precedette nel corridoio che partiva dall’atrio d’ingresso fino a un piccolo ambiente eletto da Gamo a suo ufficio personale semplicemente perché era dotato di computer. Il mister sedeva dietro un tavolone scuro e lucido con un giornale spiegazzato tra le mani.
Holly varcò per primo la soglia perché Mark lo spinse all’interno stanza.
-Mister, ci ha fatti chiamare?- si annunciò guardingo.
Gamo sollevò gli occhi dalla pagina, uno sguardo teso, scontento, deluso e irritato. Poi voltò il giornale verso di loro.
-Vorrei che mi spiegaste cosa significa questo.-
Incuranti del pericolo, si avvicinarono al tavolo curiosissimi.

-James, riesci a leggere?- sussurrò Jason Derrick strizzando gli occhi.
L’altro si sporse ancora un po’, poi rinunciò e scosse la testa.
-Pure la miopia avete identica, voi due…- Patrick Everett scostò i gemelli infilandosi fra loro -Uhm… “Titolari”… porca miseria, c’è la mano del mister… “Titolari… di calcio”… uhm… boh… “scuola… scuola elementare…”-
Clifford, i Derrick e tutti gli altri, si guardarono incuriositi.
-Scuola elementare?- domandò Paul Diamond.
-Che hanno fatto in una scuola elementare?- fece eco Peterson.
Alan Crocker sospirò.
-Qualsiasi cosa abbiano fatto, non vorrei essere nei loro panni per niente al mondo.-
-Io sì!- l’inaspettata esclamazione di Yuma li lasciò interdetti -Avrei barattato due o tremila paternali del mister in cambio di un ritiro come il loro. Avete visto quanto è arrabbiato Gamo?-
I compagni annuirono all’unisono.
-L’incazzatura del mister ci dà l’esatta misura di quanto il ritiro sia stato uno spasso. Più sale una e più sale l’altro!-
Il ragionamento del gigante della Hirado non faceva una grinza.
-Allora dev’essere stato fantastico!- concluse Jason Derrick -Dobbiamo costringerli a raccontarci tutto!-
D’accordo all’unanimità, tra i compagni scese il silenzio. Volevano sentire, cercare di capire, perché sul misteriosissimo ritiro gli amici finora non si erano lasciati sfuggire neppure una parola.
-Purtroppo da qui non si sente nulla.- Johnny Mason strisciò lungo il muro, costretto poi a fermarsi all’angolo della parete cercando di carpire le loro voci senza essere visto.

-NON DIRE IDIOZIE, OLIVER!- Gamo batté sdegnato un pugno sul tavolo -È stata convocata persino la stampa!-
-Addirittura convocata!- trasecolò Benji -Che esagerazione! Quei giornalisti non li avevamo neppure visti!-
Mark tentò una spiegazione improvvisata.
-È stato qualcuno del posto che si è divertito a fotografarci.-
Nella testa di Philip si accese di colpo una lampadina. Qualcuno del posto! Kevin! Lui sapeva che erano in incognito? Doveva averlo capito dai loro discorsi. Per come lo conosceva, uno scherzo del genere poteva essere benissimo opera sua. Osservò ancora una volta il giornale abbandonato sul tavolo e l’articolo causa di tanto trambusto. Nella foto che lo corredava c’era persino Jenny, in un angolo, ritratta accanto ad Amy che però era di spalle. Il mister non sembrava averle notate, o forse la loro presenza sul giornale non gli interessava.
-C’è qualcuno che paga i diritti sulla vostra immagine, lo avete dimenticato?-
Julian scosse la testa.
-Non lo abbiamo dimenticato, ma...-
-Ci pagano una miseria.- lo interruppe Mark.
-QUESTA E’ UNA FORTUNA, LANDERS, VISTI I RISULTATI!-

Marshall varcò l’ingresso del dormitorio accompagnato dalla stanchezza di una giornata di lavoro impegnatissima. Kirk Pearson aveva vent’anni e se lui avesse continuato a tenere il suo ritmo un giorno o l’altro ci sarebbe rimasto secco. E allora largo ai giovani! I giovani… Appunto. Dov’erano? Si guardò intorno. Perché tra i piedi non c’era nessuno? Era troppo presto perché i suoi pupilli fossero già nelle loro stanze. Erano appena le nove e mezza e ragazzi di quell’età erano capaci di andare avanti a far casino tutta la notte senza neppure risentirne il giorno dopo, beata gioventù.
E anche quel silenzio era strano, se non addirittura inquietante. Tenendo stretta la valigia, percorse il corridoio che partiva dall’atrio e immetteva negli ambienti del piano terra: la mensa, la cucina, la lavanderia, i bagni, la sala riposo, la sala conferenze e la sala comune. Poi, nel silenzio, distinse la voce aspra di Gamo provenire da qualche parte lì vicino. Allora proseguì lungo il corridoio e, poco più avanti, scorse senza essere visto ombre accalcate sull’angolo del muro. Erano quatto o forse cinque componenti della nazionale nascosti ad ascoltare Gamo che strigliava qualcuno che lui, da lì, non riusciva a scorgere. Si fermò alle loro spalle per capire cosa stesse accadendo nella stanza.
-Ci sta andando giù pesante.- commentò piano Patrick Everett.
-Ha detto che li lascia in panchina o sbaglio?-
Clifford rise.
-Non lo farà mai. Forse ha detto che li lascia a digiuno.-
-Non so cosa sia peggio.-
-Fosse per me preferirei restare in panchina.-
-Ci sei già, in panchina, Alan.-
-Sei un vero amico a ricordarmelo, Johnny.-
James Derrick rise piano.
-Forse questa è l’occasione buona per far scendere in campo le riserve.-
-Tanto prima di me c’è Ed Warner.- sospirò Crocker sconsolato.
Freddie si schiarì la voce.
-Sapevo che sarei dovuto andare io.-
Sobbalzarono tutti, più spaventati che sorpresi.
-Buona sera, signor Marshall.- balbettò Alan. Poi indicò gli sfortunati compagni -È arrivato appena in tempo per salvarli. Gamo non ha ancora deciso come punirli.-
Freddie sospirò.
-Non sono sicuro di volerlo fare.-
A Yuma che si spendesse o meno per loro importava poco ma c’era una cosa che intendeva assolutamente mettere in chiaro.
-Si ricordi che ci siamo accordati per avere Callaghan come vicecapitano.-
-Lo so, Clifford. Ero presente.-
-Allora tenga presente anche che se Gamo ha intenzione di imporci qualcun altro che non abbiamo eletto a maggioranza, non saremo d’accordo.-
-È questo che vi ha detto?- chiese sorpreso -Non ne sapevo nulla.-
-Ce lo ha detto Landers, a cui l’ha detto il mister.- disse Ralph.
-Se è così, allora devo proprio andare a sentire cosa succede.-
Trascinandosi dietro il trolley, Freddie entrò nella stanza salutando il collega e i ragazzi che lo guardarono alquanto attoniti, decisamente frastornati e parecchio sulla difensiva.
-Ben arrivato.- lo accolse Gamo.
Tom non fu l’unico a ritenere che Freddie fosse arrivato proprio bene e soprattutto al momento giusto, anche se appariva stanco e non particolarmente in forma.
Marshall si fermò accanto alla porta, depositò a terra il bagaglio e tolse il cappotto. Lo agganciò all’appendiabiti e avanzò verso il tavolo e il collega, uno sguardo interrogativo a ravvivargli l’espressione esausta.
-Cos’è successo stavolta?-
Gamo gli porse il giornale, Freddie osservò la foto, diede una rapida scorsa all’articolo e riappoggiò il quotidiano sul tavolo.
-È così che avete passato il tempo?-
Gli rispose Philip perché era strasicuro che i compagni si aspettavano che fosse lui a farlo.
-Eravamo d’accordo con il preside per l’uso del campo. Non sapevamo del comitato di accoglienza e tanto meno dei giornalisti.-
Gamo scosse la testa scettico.
-Dovevate aspettarvelo! Ormai siete abbastanza famosi da trovarne ovunque!-
-Lei non ha idea di cosa sia Shintoku!- rispose Benji -È uno sputo di paese dove non ci conosce nessuno. E noi siamo rimasti segregati nel ryokan in cima a una montagna per la maggior parte del tempo!-
-Sareste dovuti restare lì, tra quelle quattro mura, invece di uscire e dare spettacolo!- esclamò Gamo -Questa è la dimostrazione di quanto siate ancora dei mocciosi inaffidabili!- si accorse che Benji era pronto a ribattere e aggiustò il tiro -E soprattutto non sei assolutamente affidabile tu, Callaghan!-
Philip incassò e si stupì quando udì Mark intervenire in sua difesa.
-Siamo scesi in paese per utilizzare un campo, non per farci fotografare! Cosa significa che non siamo affidabili? Eravamo lì per allenarci su uno spazio libero dalla neve!-
Julian annuì.
-Il comitato di accoglienza non era previsto.-
-E tanto meno i giornalisti.- concluse Holly lanciando un’occhiata a Marshall che li osservava e restava in silenzio.
Al contrario, Benji aveva tante cose da dire e faticava a trattenersi.
-E poi, mi scusi, ma che razza di ragionamento è il suo? Se ci fotografano in strada o nei ristoranti infrangiamo qualche contratto?-
-Non avete rilasciato dichiarazioni?-
Mark era stufo dei rimbrotti.
-Ma se le abbiamo appena detto che non li abbiamo neppure visti! Come possiamo aver rilasciato dichiarazioni?-
-Gabriel.- intervenne Freddie -Basta perderci in chiacchiere, cerchiamo di risolvere il problema.-
L’altro rispose brusco.
-E come lo risolviamo?-
-Prepariamo due righe per giustificare la presenza dei ragazzi a Shintoku. Domani le rendiamo pubbliche e sistemiamo la faccenda.-
Philip pensò che Freddie era fantastico, ma anche stanco del viaggio, infreddolito e affamato perché probabilmente non aveva ancora cenato. Per questo voleva risolvere la questione alla svelta. E loro dovevano approfittare del suo arrivo per mettere fine alla strigliata e svignarsela.
Gabriel tacque, sebbene avesse ancora parecchie cose di cui rimproverarli. Rendendosi conto però che Freddie non avrebbe fatto un passo indietro, si alzò, girò intorno alla scrivania e si appoggiò contro il ripiano, le braccia conserte e lo sguardo truce.  
-Non sono disposto a tollerare nient’altro. Se non righerete dritto fino alla partita, vi farò sputare sul pallone tutto il sangue che vi scorre nelle vene!- fece cenno di rompere le righe e andò a chiudere la porta dietro di loro -La fai sempre troppo facile, Feddie. Perché non li hai rimproverati?-
-Non ti sei accorto che invece di incolparsi l’un l’altro come fanno di solito, si sono appoggiati a vicenda? È un ottimo risultato, nonostante tutto.-
-Sciocchezze! Hanno solo fatto fronte unito contro di me.-
-Speriamo di no, Gabriel. Speriamo che non sia solo questo.-  
Nel corridoio, i sopravvissuti vennero circondati dal resto della squadra.
-Gamo ce l’ha con noi. Ormai è chiaro.- decretò Bruce -Ogni scusa è buona per torturarci ogni volta che può.-
Philip fu d’accordo.
-Era davvero furioso.- lanciò un’occhiata alla porta chiusa -Speriamo che Marshall lo calmi un po’ o domani in campo ci massacrerà.-
-Speriamo soltanto voi!- si augurò Jason Derrick -Noi non abbiamo fatto nulla!-
Holly si fece largo fra i compagni con una faccia da funerale.
-Io vado a dormire.-
Clifford lo fermò.
-Ma se adesso comincia tutto il divertimento.-
-Vale a dire...?-
-Far uscire Landers da qui per l’appuntamento con la barista.-
Holly lo oltrepassò.
-Fossi in voi lascerei perdere. Comunque io non voglio saperne nulla.- e lo dimostrò sparendo al piano di sopra.
Mark esitò a seguirlo per quell’attimo che fu decisivo. Julian e Clifford gli sbarrarono la strada.
-Che fai, scappi?-
Bloccato dai compagni, Landers poté soltanto ringhiare.
-Maledetti!-
-Abbassa la voce, imbecille!-
Prevedendo che le lamentele e le proteste sarebbero andate per le lunghe, Benji lo prese per un braccio e lo trascinò nella sala comune, nell’angolo più lontano dalla stanza che ospitava i due allenatori.
-La sfuriata di Gamo non ti è bastata? Vuoi fare il bis? Anzi il tris... insomma! Ho perso il conto!-
Una mano sulla spalliera del divano, Mark ricominciò a ringhiare.
-Io non ci vado! Non esco di qui, non mi muovo! È chiaro?- fissò Julian -Pensi di potermi manovrare anche fuori dal campo? Non voglio avere niente a che fare con i tuoi intrallazzi, quella ragazza tu l’hai sedotta e tu ci esci!-
-Insomma Landers!- si intromise Cliffod che si stava divertendo da matti -Di cosa hai paura? Faremo in modo che Gamo non si accorga di nulla. O forse è di lei che hai paura?-
-Non ho paura di nulla! Di nulla, è chiaro?-
Philip lo prese per un braccio e lo scosse.
-Mark la smetti di urlare, porca miseria? Finirai davvero per farci scoprire dal mister e sarà la fine!-
Bruce si portò una mano alla tasca dei pantaloni e tirò fuori il cellulare che vibrava in modalità silenziosa.
-Julian, mi sa che è lei. Non riconosco il numero.-
Ross gli tolse il telefonino dalle mani e rispose.
-Sei già qui? Va bene, adesso esce. Arriva tra...- valutò il compagno e il suo abbigliamento -Cinque minuti. Dacci cinque minuti.- riagganciò e restituì il cellulare. Poi tornò ad osservare Mark -Non puoi incontrarla conciato così.-
Già, perché indossava la tuta della nazionale.
-Ross ha ragione! Vai a cambiarti, Landers! Con quella addosso ti riconoscerebbe chiunque!-
Mark non fece in tempo a rispondere a tono che Clifford lo trascinò in camera, cioè dove lui voleva bene o male tornare. Ma per un motivo totalmente diverso: vale a dire andare a dormire. Solo che quei simpaticoni dei compagni si mostrarono di tutt’altro avviso. Con l’orribile sensazione che se non si fosse cambiato da solo lo avrebbero denudato a forza, indossò controvoglia i jeans e una felpa griffata di Julian sotto la minaccia di non ricevere mai palla durante la partita contro l’Oman. Poi, non contenti, quei maledetti lo spinsero giù per le scale fino all’ingresso. Non poté neppure urlare le sue proteste, perché i due allenatori erano ancora nella stessa stanza in cui Gamo li aveva strigliati. Sarebbe bastato il rumore di un respiro per metterli entrambi in allarme e farsi scoprire.
Nel silenzio che li circondava, Mark si convinse che uscire dal centro sportivo proprio quel giorno equivaleva a un suicidio, lui che aveva preso parte al ritiro di Shintoku, che aveva allenato dei bambini delle elementari invece che se stesso nel cortile di una scuola pubblica e si era lasciato fotografare dai giornalisti. Ora, che Price lo volesse in panchina per il resto dell’eternità poteva anche aspettarselo. Ma Ross?
Parlò soltanto quando furono davanti all’ingresso e sufficientemente lontani dalla stanza occupata da Gamo e Marshall.
-Non vado, Julian. Mi dispiace. Anzi, neppure mi dispiace. Risolvitelo da solo, il tuo problema.-
Ross fece un cenno a Clifford che spalancò di colpo la porta d’ingresso. Mentre il freddo entrava, Mark ne usciva, spinto a forza dai compagni. Incespicò sui gradini ma non cadde, si volse indietro  e inveì contro quei traditori che attentavano al suo futuro calcistico.
Poi udì dei passi alle sue spalle e tacque di colpo. Si volse.
La ragazza del bar era proprio dietro di lui e quando la guardò, lei abbassò immediatamente lo sguardo a terra. Era così stravolto, Mark, da non notare neppure che si era truccata, che indossava una gonna cortissima sopra un paio di stivali col tacco. Non notò gli orecchini che brillavano ai lati del viso e la camicetta aperta sullo scollo. La tentazione di fare una strage lì, sui gradini d’ingresso del dormitorio, riducendo la nazionale di calcio giapponese a una nazionale di calcio a cinque fu così irresistibile che per impedirselo dovette strappare dalle mani di Philip la giacca a vento che si era rifiutato finora di indossare, gettarsela su una spalla e allontanarsi trascinando Sally con sé.

…Continua

   
 
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