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Autore: Doll_    12/05/2011    13 recensioni
June è un'adolescente riservata e timida che al secondo anno di liceo viene inevitabilmente attratta nella tana del lupo cattivo. Jack è più grande e affascinante, ma anche col suo carattere intrattabile e scontroso, riesce a far innamorare di sé la ragazza e a portarla a letto, per poi lasciarla come suo solito. Peccato che l'anno dopo i due verranno messi a stretto contatto a causa dell'imprevedibile destino che, seppur detestandosi, li unirà sempre più...
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'June e Jack'
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An Innocent Clash

 

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“Tesoro, come mai così tardi?” La mia mamma era sempre così premurosa che mi sentii in colpa di ciò che avevo effettivamente combinato quella sera, ma cosa avrei dovuto dirle? 'Tranquilla mamma, Francine e Alicia, due amiche di cui non conosci nulla, mi hanno solo prestato un vestitino che potresti benissimo utilizzare come pezza per asciugare i piatti, in seguito mi sono solo ubriacata rischiando di andare a letto con uno sconosciuto maniaco, poi ho urlato, preda dall'ira, al ragazzo che amo con tutto il mio cuore, che lo odio, mentre suo cugino, molto prima che mi ubriacassi, ha cercato di baciarmi. Nulla di grave, quindi, mamma, puoi tornare a letto a fare sogni tranquilli.' .. Sì e come minimo sarebbe morta d'infarto.
“Mmm... Con Holly e Abby abbiamo visto un film che è finito più tardi del previsto..” Mentii spudoratamente, sentendomi la peggiore figlia del mondo.
“Uhm.. E come mai hai la maglietta al contrario?” Inarcò un sopracciglio, la mia mamma falsamente addormentata. Devo dire che anche appena sveglia nel bel mezzo della notte era un detective più astuto di Sherlock Holmes.
La risposta più veritiera sarebbe stata che mi ero cambiata velocemente nella macchina di Jack mentre lui e suo cugino restavano fuori in modo tale da non sbirciare mentre Alicia e Francine, ridacchiando, facevano da guardia e mi aiutavano, ma poi avrei dovuto raccontarle tutte quelle cose prima e allora optai per una semplice scrollata di spalle e un sorrisetto birichino.
“Holly mi aveva prestato un maglione più comodo...” Dio, ero davvero un'attrice nata. Da Oscar, dovevo ammettere.
“Un maglione? Con questo caldo?” Okay, era ovvio che non si fidasse molto di me in quel momento e forse era per l'odore che avevo ancora addosso, per i capelli quasi elettrici, per le occhiaie, la pelle bianca e gli occhi vitrei, ma come potevo esserne al cento per cento, certa?
“Mh-mh” Annuii “Ora vado a letto, mamma. Ho un sonno pazzesco.”
E proprio quando stavo per raggiungere le mie adorate scale, parlò nuovamente.
“E' quasi mattina, tesoro, e ho provato a chiamarti per tutta la serata, sai quanto potessi essere in pensiero per te?” Ma certo! La ramanzina mi mancava! Infatti il suo tono accondiscente mi sembrava un po' troppo strano..
“Scusami mamma, è che avevo il cellulare lontano.. Ci siamo ammazzate di telefilm per tutta la notte...” Tentai, ancora.
“E quel trucco? La mamma di Holly non sapeva che eravate ancora lì?”
“Mamma! Ho diciassette anni! Non devi più preoccuparti di queste cose. Sono tornata, okay? Sto bene, ti ho detto. Fidati.” Oddio quanto mi sentivo cattiva, falsa, sporca, bugiarda, schifosa... In quel momento mi sarei presa a schiaffi per il resto della giornata.
E anche se ancora titubante e insicura, mia madre acconsentì con un cenno del capo a farmi intendere che aveva capito e che potevo, finalmente, andare a letto e dedicarmici per l'intera domenica...

Il mio sonno, dopo tutto quello che era successo, stava diventando piacevolmente pesante ma prima che potessi realmente rilassarmi, dopo varie ore di rigiramenti incessanti, il campanello di casa suonò così insistentemente che mi fece venir voglia di urlare e mettermi a frignare dalla disperazione di constatare anche di essere rimasta da sola a casa dato che i miei mi avevano già avvertita di dover andare in un centro commerciale per immobili e la mia sorellina era rimasta a casa della nonna, fui costretta così ad alzarmi e andare a rispodere.
“Sì?” La mia voce da morto vivente doveva essere già un palese invito per quel paese per l'interlocutore, ma ovviamente esso non capì...
“June! Avanti, scendi!”
“Francine??? Ma voi non dormite mai!?” Quasi sbraitai dallo stupore.
Lei non rispose subito, ma sentii percettibilmente la sua risata cristallina attraverso il citofono.
“E' mezzogiorno! Quanto vuoi dormire, ancora?” Sentivo il suo sorriso anche se non potevo vedere la sua faccia.
“Mmm, vediamo... Tutta la domenica!!!?”
Altra risata che constatava quanto poco mi stesse prendendo sul serio.
“Dai! Scendi e vestiti leggera! Portati anche il costume e un asciugamano!”
“P-perché?” Chiesi con un grosso groppo in gola.
“SI VA IN BARCAAA!” Strillò euforica, rompendomi definitivamente il timpano che era stato già danneggiato da Stacy la sera prima.
Ma non fu solo quello a preoccuparmi al momento.
“E... Ci saranno tutti?” Deglutii agitata.
“Sì, le tue amiche ti stanno aspettando in macchina!”
Okay, mi faceva piacere che ci fossero le mie amiche e che sicuramente sarei stata in macchina con loro fino al porto, poiché Abby aveva la patente, ma non era esattamente quello che volevo sapere...
“Ma.. Ci saranno proprio tutti, tutti?” Se non capisci ora sarò costretta a sventolarti un cartellone con scritto “ci sarà anche Jack?” sotto il naso!
“Sì! Avanti sbrigati o Jack comincerà a sbraitare come ieri sera!”
Perfetto avevo ricevuto la risposta che volevo.
“Senti, Francine, io non sono nelle condizioni per venire in barca con voi, oggi, mi dispiace...” Mentii, sperando con tutta me stessa che se la bevesse.
“Ma che dici? Ci siamo tutti! Manchi solo te!” Tentò, imperterrita.
Ma prima che potessi ribattere ancora, sentii un rumore forte dall'altra parte che mi fece gelare il sangue.
“F-Francine?” Chiesi, per paura che fosse caduta a terra.
“Vuoi scendere, sì o no?” Oh, mio Dio, oh, mio Dio!!! Era Jack. Jack che parlava con me. Jack che parlava con me attraverso il citofono come aveva fatto spesso l'anno prima.. Jack!
“I-io... No.” Più titubante di così non si poteva essere.
“Dai, vieni, June!” Questo era John.
“Se non scendi John si dispererà come un moccioso.” Di nuovo Jack, col suo tono freddo che non consentiva dinieghi.
“Ehi! Io non sono un moccioso!” Si lamentò l'altro, facendomi inevitabilmente sorridere.
“Ma ti dispererai come tale.” Fece suo cugino, poi rivolto a me: “Scendi, tu.”
Ed ecco che al posto del sorriso mi venne un'espressione che avrebbe fatto invidia al peggior killer del mondo... Odiavo quando mi dava degli ordini. Assumeva quel tono tanto irritante e strafottente che mi costringeva a litigarci come al solito.
“No.” Brava June! Sentivo il pubblico fare la hola ed applaudirmi con commozione, data la mia decisione nella risposta.
Ma la cosa che mi fece rallegrare maggiormente era l'assenza di risposta. Jack si era arreso! Tutti si erano arresi! Avrei passato la mia adorata domenica in santa pace a dormire sul mio bel let...
Stavo finendo di fantasticare quando un tonfo alla porta non mi fece sussultare.
Qualcuno stava bussando pesantemente sulla mia porta quasi a volerla rompere...
“Sì? C-chi è?” Chiesi, cercando di mantenere la sicurezza di poco prima.
“Apri!”
“J-Jack?? Ma che ci fai qui? Come hai fatto a entrare!?” Squittii, più che agitata.
“Mi ha aperto la vicina. Ora scendi.”
Ma certo! La vicina! L'anno scorso lo aveva sempre fatto.. Avrei dovuto farle un bel discorsetto a quell'impicciona!
Quando litigavamo e lui veniva sotto casa per parlarmi, io mi rifiutavo sempre di farlo entrare, consapevole che se avessi incontrato quegli occhi ipnotici, ogni mio buon proposito sarebbe andato a farsi un bel giretto, ma lui, da quando aveva capito che citofonando alla signora Kingsoon, sarebbe potuto salire, non si era fatto alcun problema a ripetere il rito anche questa volta...
Ma ora era diverso... Io volevo cambiare e ci sarei riuscita!
“Forse quando la smetterai di darmi ordini!” Ribattei, quindi, stizzita.
“Apri subito, June!” Ma poi, potevo sciogliermi solo nel sentirlo pronunciare il mio nome?
Ero incoerente, sì, ma lui riusciva a renderlo talmente bello, con la sua voce forte e melodica da vero uomo...
Il mio cervello si era disconnesso all'istante, come se avesse pronunciato la password esatta per far muovere il mio braccio e aprire la porta.
E solo in quel momento, quando lo vidi appoggiato allo stipite in una delle posizioni più sexy che potesse assumere, mentre mi faceva la lastra da capo a piedi, mi diedi della stupida ripetutamente.
Ero ridicola. Ero stata tutta la notte a rigirarmi nel letto ed i miei capelli erano uno schifo, la mia faccia senza trucco era orrenda ed il pietoso pigiamino estivo rosa e viola mi rendeva come minimo la ragazza più inguardabile dell'Universo... Il tutto, di fronte a quello che per il mio cuore rimaneva costantemente l'uomo della mia vita.
Non fu difficile leggere lo stupore nei suoi occhi e le sue labbra piegarsi in quello che riconobbi come un sorriso che stava cercando di nascondere con tutte le sue forze per non scoppiare a ridere.
“Che vuoi!?” La mia stizza raggiungeva le vette più alte del mondo.
“Sono venuto a prenderti ma non credevo che stessi ancora... in tenuta da notte.” Okay, in quel momento l'unico punto positivo era che ce la stava mettendo davvero tutta per non ridere e su questo potevo anche ammirarlo.
“Ho detto che non vengo.” Ero irremovibile.
“Se mi dici che l'unico motivo per cui non vieni è perché devi andare a comprarti un nuovo pigiama, ti lasciamo stare, giuro.” Fece, ritornando per un solo attimo il Jack che avevo conosciuto l'anno scorso e che mi aveva fatto innamorare di sé.
“Ah-ah, davvero divertente. Ma io dico sul serio, non voglio venire.” Risposi, mantenendo la mia credibilità seppur con quel ridicolo pigiama addosso che aveva raffigurato un cane con una corona e dietro i pantaloni, all'altezza del sedere, aveva scritto “Queen”.
Strano.. Ricordo che una volta ti piaceva tanto venire.” Sorrise sghembo, facendomi arrossire inevitabilmente e infuriare a causa di quella sua sfacciatagine sfrontata!
“JACK!”
“Vieni.”
“I-io...” Quegli occhi, no, quegli no! NO! “Okay...”
L'applauso del pubblico questa volta non lo udii.

“Finalmente! Credevamo fossi morta!” Francine mi venne incontro, abbracciandomi come se non mi avesse vista solo la sera prima o, meglio, poche ore prima...
“Ci ho messo un po' a trovare un costume decente...” Borbottai, ricordando nuovamente la scelta pessima che avevo fatto.
Avevo preso il costume nero, quello che avevo messo la prima volta che ero andata in piscina con Jack...
Eravamo stati insieme pochi mesi, ma erano stati i più intensi e pieni di avventura di tutta la mia intera vita.
“Scommetto che ti divertirai tantissimo! Dai, ora sali in macchina!” Trillò, sempre col suo tono euforico.
Stavo per dirigermi, tutta sorridente -l'entusiasmo di Francine era davvero contagioso- verso la macchina di Abby quando ciò che vidi mi immobilizzò all'istante.
Abby, al volante, Holly -con un insolito muso sul viso- accanto a lei, Maggie, Chase e Freddie... dietro. Era piena. La macchina era piena ed io...? Io dove sarei andata?
Con chi sarei andata??
“Ehm.. Scusa, June, ma ci mettevi così tanto a scendere che abbiamo fatto venire Chase con noi..” Spiegò, Maggie, falsamente dispiaciuta, mentre si avvicinava di più al ragazzo accanto a lei.
Okay, avevo capito l'antifona. Maggie voleva provarci spudoratamente con Chase e questo, ovviamente, fu chiaro anche a Freddie ed Abby che sorridevano sornioni, anche se il cattivo umore di Holly mi stava preoccupando.. Lei era l'unica del gruppo che manteneva il sorriso ventiquattro ore su ventiquattro...
Bah, forse aveva il ciclo, pensai.
“Oh.. Non fa niente... Me ne resterò a cas...” Ma il mio ennesimo tentativo fu brutalmente troncato dalla mano di John, calda e salda sul mio braccio che mi fece voltare a guardarlo.
Aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro.
“Vieni con noi, June.” Fece, portandomi con sé, verso quella che riconobbi come la Mustang di Jack.
“E.. chi saremmo in macchina?” Deglutii. La giornata non si stava presagendo molto buona per il mio povero cuore.
“Io, te e... Jack.” Sorrise, come se nulla fosse.
“Solo noi tre?”
“Sì, gli altri si sono già sistemati... Le macchine sono molte. C'è qualcosa che non va?” Mi chiese, visibilmente preoccupato.
“Ehm.. No, no. E' solo che, non so, in macchina di Abby sono in cinque...”
“Vogliamo andare? Guarda che ti lascio qui, eh.” Ed ecco che nuovamente Jack si stava spazientendo. Non capivo perché ultimamente era così nervoso...
John mi rivolse un sorriso d'incoraggiamento, e allora capii che dovevo arrendermi ancora una volta al destino.

“Secondo me era più comoda la Jeep.” Ripeté John, per la centesima volta da quando eravamo partiti.
“Ho capito, ma ormai stiamo con questa.” Sbuffò Jack, cercando di trattenersi, anche se... Non so, mi dava fastidio. Perché a John, che per di più era suo cugino, non sbraitava per così poco come faceva con me da quando ci eravamo rivolti la parola alla ricreazione di pochi mesi prima..?
“Tu che ne pensi, June?” Mi sorprese, il moro, voltandosi dal sedile del passeggero, provando nuovamente a farmi entrare in qualche discorso. Era dall'inizio del viaggio che non fiatavo e guardavo sovrapensiero fuori dal finestrino.
La strada per arrivare al porto, a quanto avevo capito, doveva essere molta e questo non aiutava il mio buonsenso.
“Uhm?” Mi riscossi momentaneamente.
“Preferisci questo catorcio di quasi quarant'anni o la mia Jeep ultimo modello?” Mi sorrise infine, col suo solito sguardo da marpione che, purtroppo, su di me non aveva il benché minimo effetto.
“I-io.. Non ricordo la tua Jeep.” Ma ricordo bene i particolari di questa Mustang, visto che io e Jack eravamo soliti appostarci per le nostre effusioni furtive...
Incrociai per pochi secondi il solito sguardo indifferente di Jack dallo specchietto dal quale non faceva altro che spiarmi, infastidendomi non poco.
Sapevo che non dovevo illudermi ma il mio cuore era così contento di riavere accanto a sé l'uomo della sua vita, che riuscivo a malapena a frenare l'istinto di far frenare questa macchina per saltargli addosso...
“Come no? Ci sei stata ieri sera!” Sorrise ancora. Sapevo che stava solo cercando di farmi sentire a mio agio ma, chissà com'è, in quel momento stava accadendo tutto il contrario. Più John mi parlava, più Jack mi fissava.
“Oh, già! Beh... Sono belle entrambe.” Mentii, logico che amavo la nostra Mustang.
John mi rivolse uno sguardo come a volermi far capire che anche se non l'avevo detto era ovvio che adorassi la sua Jeep, così si rigirò e accese la radio.
“E perché ieri guidava Jack?” Chiesi d'un tratto, ricordando frammenti della sera prima.
“Guarda che io sono qui. Potresti chiederlo direttamente a me.” Fece Jack, nuovamente stizzito.
“Pensavo che non avessi seguito la conversazione.” Esclamai, giustificandomi come una cretina.
“Non sono mica sordo.”
Ed ecco il sangue al cervello ed i nervi che si preparavano per un nuovo match.
“Sordo no, ma menefreghista, sì.” Ribattei, sbuffando.
Sapevo di star esagerando, ma erano mesi che andava avanti così ed io non potevo più tenermi dentro tutto... Peccato che nessuno sapesse della nostra relazione.
Vecchia relazione, ricordai amaramente.
Io e Jack avevamo deciso di tenerla segreta almeno per un po', perché lui sosteneva che i suoi amici lo avrebbero preso in giro ed io volevo prima accertarmi che fosse quello giusto prima di andarlo a sbandierare ai quattro venti, anche se la storia non durò abbastanza per farmelo capire.
Ma ripensandoci, non potevo che darmi della sciocca. Che scusa era quella degli amici? Lui mi aveva spiegato che ogni volta che si frequentava con una ragazza, gli altri cercavano sempre di metterli in imbarazzo fino a farli esasperare, ma se Jack davvero teneva a me, non doveva neanche farseli certi problemi... Ma, probabilmente era come avevo sempre pensato io: a lui non interessava nulla di me.
“Senti, mocciosetta, tu sei l'ultima persona dell'universo che può giudicarmi, chiaro?” Ribadì, col suo tono pacato da chi sapeva di avere sempre ragione.
Certo, sapevo che Jack s'innervosiva ogni volta che si toccava il suo carattere. Non sopportava quando la gente lo riprendeva per i suoi comportamenti maleducati...
“Non chiamarmi mocciosetta, testa di rapa!” Trillai, già rossa dalla rabbia e.. dall'imbarazzo.
L'anno scorso, quando discutevamo, io lo chiamavo sempre in quel modo che detestava e lui mi chiamava sempre in quel modo che detestavo... Solo in una cosa eravamo simili: la testardaggine.
Testa di rapa, io??? Vuoi davvero rischiare di affogare accidentalmente oggi, mocciosa?”
Ed ecco che montava la rabbia di entrambi, mentre di John ce ne eravamo nuovamente dimenticati.
“Prima dovresti togliere di mezzo i braccioli, caro.” Sorrisi, strafottente, consapevole che mi avrebbe vista dal finestrino.
“Mi stai dando del poppante?”
“Io non ho detto nulla. Hai la coda di paglia, per caso?”
Non ti rigirare la frittata, sei tu la più piccola qua in mezzo.. Dovresti stare lontana da ragazzacci come me.”
E questo fu davvero troppo.
Sapeva che mi avrebbe fatta scoppiare con questo. Sapeva che odiavo quando rinvagava vecchie discussioni...
L'anno prima avevo litigato con mia madre perché, vedendo Jack, lo aveva definito un ragazzaccio. Presa dal panico che lei avesse potuto dividerci, riferii a Jack che non potevo stare, appunto, con ragazzacci come lui. Ma questo, logicamente Jack non lo prese bene e ad ogni nuova litigata, seppur sciocca, non faceva altro che metterci in mezzo quel discorso.
Ma io non lo avevo detto perché lo pensavo veramente, ma solo per riferire le parole esatte di mia madre, che lui non capì o, meglio, non volle capire mai.
Io e lui non litigavamo troppo spesso ma quando lo facevamo, era sicuro che ci avrebbero sentito anche i cinesi per quanto sbaitavamo.
Giuro che stavo per scoppiare, la mia mano si stava muovendo da sola, ma improvvisamente Jack frenò e John cercò immediatamente di salvare la situazione.
“Bene, siamo arrivati! Ora basta battibecchi, okay? E' ora di divertirsi!”

No, quella non era una barca. Almeno, non una barca comune.
Sapevo, per sentito dire, che John avesse soldi a palate, così come Alicia, ma non avrei mai immaginato... tanto.
Lo yacht di John, soprannominato da lui, Cecil, era la più grande imbarcazione nella quale fossi mai salita. Somigliava più ad una nave da crociera che ad una barca, a pensarci.
“Ti piace? E' del mio patrigno.” Fece lui, venendomi vicino.
Mi ero bloccata con gli occhi spalancati e la bocca aperta, a fissare quella bellezza che galleggiava tranquillamente sul mare, ignara di tutti gli sguardi di invidia e ammirazione che i turisti le lanciavano.
“N-non ho parole per descriverla.” Sospirai, cercando di riprendere lucidità, mentre gli altri iniziavano a portare asciugamani e cose da mangiare sullo yacht.
“Bill se la passa bene..” Borbottò, mettendosi una mano sulla fronte per pararsi gli occhi dal sole.
Bill, a quanto potevo intuire, doveva essere il nuovo marito della madre.
“Si vede. Devi ritenerti molto fortunato.” Sorrisi, come a volerlo rilassare per qualcosa che non capivo nemmeno io. Forse pensavo che il suo patrigno non gli andava a genio e allora volevo fargli capire che invece doveva solo che ringraziarlo per ciò che poteva offrire a lui e alla sua famiglia.
John, a quella mia esclamazione, si voltò a guardarmi e ci rimase per un bel po', inchiodando il suo sguardo nel mio, cercando di leggerne qualche soluzione.
“Già.. Dovrei.” Biascicò alla fine, invece, assumendo una serietà quasi spaventosa per un tipo come John.
“Ehi, piccioncini, volete aiutarci??” Gridò Chase alle nostre spalle, con una grossa borsa sulle spalle, accanto ad uno Jack palesemente scazzato.
John si girò alla svelta e, sorridendomi, andò dai ragazzi a caricare le “provviste” sullo yacht.
Non sapendo cosa fare, decisi di entrare e ciò che vidi dentro non fu meno di quello che avevo visto fuori.
I mobili ed il pavimento erano rivestiti di legno e parquet; le pareti erano beige e le stanze sembravano essere almeno una decina, con tanto di letti più che comodi.
Fuori, o meglio, sopra, a poppa, c'erano già Holly, Francine, Alicia, Abby, Maggie e... Stacy e Carol a prendere il sole.
Già, non vi avevo ancora dato la più brutta notizia delle peggiori notizie: c'erano anche Stacy, per l'appunto, con la sua amichetta del cuore, che, oltretutto, ci provava spudoratamente con Jack. Il mio Jack.
Carol era castana, con capelli lisci, lunghi e fluenti che dondolavano da una parte all'altra ogni volta che si girava -e lo faceva spesso-, aveva degli occhi di un marrone scuro intenso, una carnagione olivastra che metteva in risalto ogni eccentrica curva del suo corpo, delle labbra grandi e carnose e delle gambe chilometriche... Insomma, era l'incrocio fra un Dio ed un'umana. Il ché la rendeva a dir poco perfetta, seppur la perfezione non esiste.
La madre era spagnola o argentina -fa lo stesso, no?- mentre il padre americano.
Mentre la guardavo e la mia autostima calava a livelli mai visti, pensavo a come mai non avessero deciso di restarsene a Cuba -o dove cavolo era nata la madre-, invece di venire a rovinare la vita a me, in America.
“Uuuh, June! Ti presento Carol. Carol, questa è June.” Si alzò rapidamente, Stacy, prendendomi per mano e spingendomi verso la dea delle dee.
“Ehm... P-piacere.” Balbettai, troppo presa a scrutarle il viso, privo di imperfezioni o acne adolescenziale, cercando vanamente di trovarne qualche difetto.
“Piacere mio!” Squittì.
Ooooooohhhh! Finalmente avevo trovato un santissimo difetto!
La sua voce. Era tremenda...
Sembrava un incrocio fra un topolino ed un uccello strozzato, il ché non era assolutamente piacevole.
Dopo quella breve quanto imbarazzante presentazione, mi diressi velocemente da Holly ed Abby -Maggie era troppo presa dall'arrivo di Chase-, salutandole poiché c'eravamo a malapena parlate quella mattina, e raccontando loro del battibecco in macchina.
“Jack è un pazzo.” Sussurrò, Abby, per non farsi sentire da Francine, accanto a lei.
“Già...” Borbottò, Holly, col solito muso.
“Mmm.. Ti sei sprecata in commenti, Holly, ma che hai??” Le chiesi, finalmente, cercando di mettermi seduta fra loro, prima che una mano mi afferrasse per il braccio leso della sera prima, facendomi rialzare nuovamente.
“Dove pensi di andare, così?” Trillò, Alicia, sorridendomi, mentre io cercavo di capire dove stesse esattamente guardando dato che aveva gli occhiali da sole.
“Io.. Veramente volevo sedermi.” Era una semplice frase, e allora perché mi senitivo come colpevole di chissà quale omicidio?
“Sei vestita.” Constatò e quello mi fece capire tutto.
“Oh, giusto.. Dov'è il bagno?”
“Ma non ce l'hai sotto i vestiti?” Aveva l'occhio lungo la ragazza, pensai...
“S-sì, ma...”
“Nessun ma! Togliti 'sta roba qua e poi sdraiati con noi!” Esclamò, euforica quasi quanto Francine che sembrava essere entrata in coma sull'asciugamano.
Eh, ti credo, pensai, era logico che avesse dormito poco e che fosse stanca.
D'un tratto lo yacht partì ed il resto della compagnia ci raggiunse a poppa, iniziando a togliersi i vestiti e a sdraiarsi a terra come le ragazze.
Ebbene, sì, anche Jack si era spogliato.. ed il mio cuore era letteralmente saltato fuori dal petto.
Non poteva avere un corpo più meraviglioso. Snello, ma non troppo magro e muscoloso, ma non palestrato. Si vedevano i pettorali ed una leggerissima tartaruga, mentre dei peli biondi creavano una striscia da sotto l'ombelico fino in basso...
La peluria di Jack era tutta bionda, tanto che sembrava neanche averla, almeno sul petto.
Okay, lo stavo fissando e probabilmente stavo anche sbavando, ma non era colpa mia se il mio cervello aveva recepito ogni suo movimento -dallo sbottonamento dei jeans, allo sfilarsi la maglietta-, a rallentatore. I suoi capelli, lunghi e lisci tirati indietro a riscendere sul collo, erano disordinati quanto estremamente sexy.
Un concentrato di adrenalina allo stato puro.
“June? Ci sei? Allora, che aspetti?” Mi riscosse, Alicia, sventolando la sua mano davanti ai miei occhi, poco delicatamente.
“Oh, ehm.. Sì, ecco.” Borbottai, agitata, mentre iniziavo a togliermi le scarpe, la maglietta ed infine quei maledetti pantaloni, fino a restare nuda, se non per quel costume pieno di ricordi, davanti a tutti, compresi gli sguardi di John e.. Jack.
“Bel corpicino che ti ritrovi!” Sbottò Sam, sorridendomi.
“G-grazie...” Biascicai, sdraiandomi rapidamente sul mio asciugamano, fra Holly ed Abby.
“Il costume nero...” Mi sussurrò, Abby, che aveva subito capito il perché del mio imbarazzo.
“Il primo che ho trovato.” Deglutii, sentendomi ancora più stupida.
Ma cosa volevo dimostrare? Jack avrebbe subito pensato che fossi solo una sciocca ragazzina che non vedeva l'ora di rimettersi con lui, il ché, in parte, era anche vero...
“Stai bene.”
“Sono ridicola.”
“Sei bella.”
“Questa potevi risparmiartela, Abby.” Ridacchiai, sentendo la tensione allentarsi sempre più.
“E Jack ti sta fissando insistentemente.” Continuò, facendomi gelare il sorriso sul nascere.
“D-dici davvero?” Deglutii, sicuramente rossa in viso.
“Ora John gli sta parlando. Dal suo sguardo sembra volerti uccidere.” M'informò, con la giusta dose di sincerità disarmante.
“Così non mi aiuti.” Le lanciai un'occhiataccia. “Ora mi spieghi cos'ha Holly?” Le chiesi in un sussurro, per non farmi sentire dalla mia vicina nonché diretta interessata.
“E' da quando siamo arrivati a casa tua che è così...” Spiegò, scrollando le spalle. Strano che Abby non sapesse nulla, di solito era sempre aggiornata sui fatti di ogni singolo essere vivente.
“Pensi che le dia fastidio la mia presenza?”
Sapevo di essere un tantino paranoica ma, beh, forse con questa frase mi ero davvero superata.
Io, Abby e Holly eravamo amiche strette dal primo anno di liceo e tutti sapevano che bel rapporto c'era fra noi, soprattutto fra me e Holly.
Evidentemente anche alle orecchie di Abby la mia domanda sembrò estremamente ridicola quanto stupida, tanto che mi scrutò con quei suoi occhi neri, come a volermi dire: “una più cretina di te non esiste sulla faccia della terra, ne sono certa.” ma invece si limitò allo sguardo assassino, per poi riprendere a parlare.
“Non credo proprio sia per questo, scema. Mentre Francine stava al citofono con te, ho sentito, anche se non benissimo, John chiedere a Chase di cambiare macchina per farti stare da sola in auto con lui...” Fece, ma venne interrotta da una mia constatazione poco felice
“E Jack.” Quasi ringhiai.
“Sì, beh, comunque ha quel muso da quando Chase è entrato in macchina con noi. Poco prima ha parlato al telefono con la madre e credo che ci abbia litigato quindi propabilmente è questo il motivo esatto del suo umore nero.” Arrivò alla conclusione, la reincarnazione di Sherlock Holmes.
“Credo che sua madre non voleva farla venire. Caspita che tristezza...” Borbottai, sovrapensiero.
“Ben detto, Watson.” Rise Abby, seguita subito dopo da me.
Grazie alla mia amica avevo riacquistato un po' di sicurezza.

Era già passata un'ora dall'inizio del piacevole viaggetto in 'barca', quando John portò lo stereo fuori e accese la musica, mentre io mi rialzavo per non rischiare di diventare un peperone intoccabile e dolorante, e mi sedevo accanto alla balaustra dalla quale, se mi ci fossi affacciata, avrei notato il mare rigato dal passaggio dello yatch.
Alla guida c'era Freddie che adorava Cecil più di sua madre, a quanto aveva detto.
Nella compagnia non era difficile capire che fossero tutti ricchi sfondati.
In particolare John, che doveva ringraziare solo il divorzio di sua madre con suo padre avvocato e il successivo patrigno Bill, super milionario.. E Jack, che invece aveva entrambi i genitori, uno giudice e l'altra avvocato. Le loro madri erano sorelle -separatesi per una ragione a me ancora sconosciuta- che si erano ritrovate solo quando i loro figli avevano iniziato a conoscersi in primo liceo, riallacciando rapporti ormai dissoluti. Almeno all'apparenza.
I miei pensieri stavano vagando fino a mete impensabili, quando la voce gentile di Francine non mi distrasse.
“Ehi, June, visto che stai in piedi, potresti gentilmente andare a prendere qualcosa da bere di sotto? Ci dovrebbero essere dei succhi e uno spumante..” Mi sorrise, con le sopracciglia corrugate a causa del sole, nonostante avesse anche gli occhiali da sole.
“Certo, vado e torno!” Esclamai, più euforica di quanto potessi aspettarmi in quella circostanza.
Mi affrettai a raggiungere le scalette, ritrovandomi di fronte un piccolo salotto e subito attaccata la cucina, la quale aveva accanto la camera da letto ed il bagno.
Stavo per raggiungere il frigorifero, sorridente ed ignara dell'imminente futuro, quando una mano forte e calda mi afferrò il polso, mi tappò la bocca in modo tale che non potessi urlare dallo spavento e mi scaraventò letteralmente nell'enorme stanza da letto, la quale non riuscì, anche in quella situazione, a non farmi sgranare gli occhi dallo stupore; ma maggiore fu comunque quello nel vedere in faccia e in una vicinanza quasi paurosa, il mio assalitore, che in quegli occhi perfettamente azzurri e grigi, scorreva un misto di odio e... qualcosa che non riuscii a decifrare.
Mi accorsi subito dopo di essere incastrata fra la parete e Jack, che mi sovrastava con il suo metro e ottantacinque, -se non di più- una mano sulla bocca e l'altra sul mio ventre come a fissarmi sul muro stile Monnalisa.
“Mmmh!?!??!” Ringhiai, cercando di voler dire: “che diavolo stai facendo?”.
Anche se, accidenti al mio cuore, non potevo non essere segretamente felice per averlo nuovamente così attaccato a me.
“Shh, non fiatare.” Ed ecco anche un nuovo ordine.
“Mmm..” Il mio era un assenso rassegnato e accondiscente.
Restammo a fissarci, occhi negli occhi, per oltre dieci minuti belli e buoni, senza fiatare e dire niente, come se solo i nostri sguardi e la sincronia dei nostri battiti riuscissero a comunicare pacificamente.
..Anche se lui sembrava volermi fulminare ed io sembravo pronta a morire per lui.
“Tu piaci a John.” Non era una domanda, ma una semplice e coincisa constatazione che parve essere, invece, alle mie orecchie, una cosa vergognosa.
“MMM!” Esclamai, come a dire: “e questo che cavolo c'entra? Ha cercato di baciarmi, grazie al cavolo...” ma il mio lamento non riuscì a continuare poiché riprese a parlare con quel solito tono freddo, distaccato e accusatore.
“Penso sia una cosa inconcepibile.” Ammise poi, spostando il suo sguardo un po' più in basso... sulle mie labbra, per poi risalire velocemente.
Non risposi. Mi limitai ad inarcare un sopracciglio.
“Ora, anche se so che per te, essere sincera non è una cosa semplice, cerca almeno stavolta di dirmi la verità: a te piace mio cugino?” No, dico... Stava forse scherzando? Cos'era quel tono di scherno, adesso? Per me, era difficile dire la verità??? PER ME?
Voleva forse farmi intendere che lui non aveva mai avuto fiducia in me? Che aveva sempre creduto che fossi una bugiarda..?! Che insolente! Io che più di chiunque altra gli avevo donato il mio cuore!
Stava per togliere la sua forte mano sulla mia bocca, quando aggiunse “Non urlare e non usare la bocca per qualcosa di cui potrai pentirti. Parla e basta.” Fece, duro come il marmo.
Finalmente, quando lasciò entrambe le prese potenti, facendo qualche passo indietro, sentii la rabbia esplodere ed uscire come una bomba dalle mie labbra.
“Brutto stronzo, bastardo, codardo, farabutto, pezzo di merda!!! Come cazzo ti viene in mente di dire queste cose.. A ME!? Non ti ho mai mentito e quelli fra me e John sono solo affari nostri! Capisci? NOSTRI!” Anche se mi aveva detto di non urlare, fu inevitabile inveirgli contro in quel modo tanto selvaggio.
Lui rimase interdetto per qualche istante ma si riprese subito dopo.
“Ti sbagli, carina. Ciò che riguarda mio cugino, rigurda anche me. So che non sei interessata a lui e se provi a farlo soffrire o illudere solo per vendicarti, giuro che pagherai per questo e per ciò a cui sei scampata tempo fa!” Ringhiò, più tagliente che mai, ribloccandomi fra lui e la parete, decisamente più schaicciata di prima. “O forse per quello potrei vendicarmi già da subito.” Sorrise sadico, facendo scorrere lentamente la sua mano sul mio fianco e raggiungendo il pezzo sotto del mio costume.
Non capivo più nulla. La situazione mi era sfuggita di mano appena aveva detto che dovevo stare lontana da John e tutte le altre cose cattive che non credevo pensasse di me. Evidentemente Jack pensava che io gli avevo fatto davvero qualcosa di terribile o che fossi una ragazza veramente orribile, per farlo reagire così brutalmente. Dal canto mio, non riuscii a proferire parola. A malapena respiravo. Sentivo solo che la mia unica barriera era stata metaforicamente e fisicamente distrutta lasciandomi inerme fra le sue mani che fino a poco fa desideravo ardentemente.
“I-io.. Non capisco..” Biascicai poi, sentendo la sua mano sfiorarmi la natica per poi stringerla forte, facendomi scappare un forte gemito di dolore, per avvicinare il mio bacino bruscamente al suo. Ora le nostre intimità erano a stretto contatto.
“Smettila di mentire!” Sussurrò con rabbia, il respiro spezzato.
“N-non sto mentendo! Non ferirei mai John.” Deglutii, cercando di fargli capire la mia pure innocenza.
Mi fissò nuovamente e strinse di più la presa.
“Ma con me non hai esitato a farlo.” Tagliò corto, facendomi gelare il sangue.
Ma cosa diavolo gli avevo fatto!?!

   
 
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