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Autore: kribja    13/05/2011    7 recensioni
Questa è la prima Fan-fiction che pubblico. La storia è ambientata poco tempo dopo l'ultima puntata della seconda serie di Dark Angel, in cui a Terminal City si stanno radunando tutti i transgenici per combattere per la propria libertà!
In quest'ambito difficile si introduce una nuova mutante X5 che sconvolgerà la vita di uno dei personaggi del telefilm: Alec. Annie, una ventenne realizzata in laboratorio da Manticore, con la voglia di vivere, essere libera e pari al resto del mondo.
Le sfide da affrontare per raggiungere la meritata liberta, però, sono tante e difficili, ci vorrà un gruppo unito per sconfiggere i Familiari ed Ames White riuscendo a far cambiare l'opinione pubblica della popolazione che vede nei transgenici una minaccia.
Questa è la storia di un'amore in un mondo arduo da affrontare.
Spero vi piaccia... Bye!!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alec, Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I want to break free

I want to break Free



They designed her to be the perfect soldier...
a human weapon... then she escaped.
In a future not far from now... in a broken world...
she is haunted by her past.
She cannot run, she must fight... to discover her destiny.

12.  The essence of the paintings

 

“I miei quadri non vengono fuori mai

come me li aspettavo,

ma di questo, non sono mai sorpreso"

Andy Warhol



È proprio vero che tenere la mente occupata aiuta a non pensare a ciò che affligge.

Stamattina, appena sveglia, sono fuggita a passo felpato dalla stanza di Alec, come se fossi stata un ladro, ho rimesso tutto come avevo trovato con la differenza che gli ho rifatto il letto per lasciare un piccolo segno della mia presenza notturna e poi, sono fuggita. Da quando ho aperto gli occhi è come se vedessi due cose contemporaneamente, riesco ad osservare quello che mi circonda ma, nella mia mente, è stampata l’immagine vivida di Alec e la bionda che si baciano, quasi fosse successo veramente dinanzi a me.

Il tenermi impegnata è l’unica cosa che mi permette di offuscare questo pensiero. Fortunatamente Logan ha passato tutta la mattinata con me a cercare di tradurre le solite scritte, mi ha sottoposto nuove foto delle incisioni modificate, apparse da poco sul corpo di Max, ed il preoccuparmi della transgenica mi ha fatto evitare di preoccuparmi per me stessa.

So che non dovrei preoccuparmi, che il mio è un pensiero infondato, dettato dalle mie sole paure infondate ma è come se la mia mente avesse tramutato quell’immagine del bacio sognato in realtà. Sono certa che da un momento all’altro mi ritroverò ad affrontare questa situazione. E ne sono terrorizzata.

Prima di andare via, insieme a Max, Logan deve aver notato qualcosa in me.

-Tutto bene, Annie? Sei un po’ troppo taciturna.- Ha sondato il mio volto alla ricerca della risposta che, sapeva, non gli avrei dato.

-Niente di particolare, sono un po’ preoccupata per tutto questo.- Risposta in parte vera. È impossibile non preoccuparsi della situazione “the freak” quando nello schermo della televisione si vedono notiziari che lasciano parlare cittadini, offuscati dall’odio per noi mutanti. Ma questa è una preoccupazione con cui, tutti, viviamo costantemente.

Nonostante ciò Logan ha lasciato cadere il discorso con uno sguardo apprensivo che mi ha fatta imbestialire con me stessa. Già io non riesco ad essere rilassata, perché farsì che anche gli altri si debbano preoccupare, quando hanno tanti altri problemi di cui occuparsi? E i sensi di colpa continuano a sommergermi tanto che, quando Logan è andato via dal quartiere generale dove stavamo lavorando, sono andata a cercare un posto isolato dove poter continuare a tenere la mente occupata con intricati schermi in lingua arcaica. Ma soprattutto dove nessuno può trovarmi.

Dopo diverse ore di traduzione, senza pause o interruzioni, non ne posso più, sono stanca e annoiata da questa roba. Ormai è diventata una sfida riuscire a capire il significato di questi simboli, ma per il momento sono loro a vincere contro la mia mente transgenica. Certo che Sandeman avrebbe potuto creare una traccia genetica nel DNA di qualcuno dei suoi prodotti di laboratorio, cosi avrebbe evitato che noi facessimo tutta questa faticaccia.

Inoltre, in questa stanza buia e con l’unica finestra murata, fa decisamente freddo e la mia povera mano, intenta a scarabocchiare appunti su di un blocco, si è completamente congelata. Oggi non mi va bene nulla. Forse è meglio cercare un altro posto dopo potermi rifugiare.

In questa zona di Terminal City sembra che non ci sia nessuno, quasi tutti gli altri transgenici hanno optato per edifici più vicini al centro operativo per poter collaborare o sentirsi parte attiva della resistenza, lasciando liberi alcuni dei palazzi più vecchi e, sinceramente, messi peggio. A parte il pregnante odore di umidità che sprigiona l‘edificio, tutto sembra ancora più disastrato, molti muri se ne cadono a pezzi e molte finestre sono state chiuse, murate dall’interno. Chissà per quale motivo. Magari in questo palazzo ,gli scienziati che lavoravano a Terminal City prima che divenisse una zona biologicamente pericolosa per la salute umana, facevano esperimenti dannosi. Mi ricorda vagamente l’oscurità di Manticore.

Oltre ai miei passi l’unico rumore che riesco a sentire è la pioggia battente che si infrange su gli unici vetri lasciati liberi nel corridoio. È un rumore rassicurante quanto snervante. Mi appoggio ad una finestra non murata, ma usurata dal tempo, osservando il cielo grigio da cui pesati gocce di acqua continuano a cadere insistenti verso terra sprigionando umidità. Sembra quasi che la natura si senta come me oggi. Triste e abbattuta. E voglia sfogarsi facendo divenire malinconico il paesaggio, già devastato, abbattendo l’animo umano. Si, oggi sono decisamente in sintonia con il tempo. Mi viene in mente il giorno in cui sono arrivata a Seattle, quando mi sono rifugiata in quel palazzo disabitato attendendo che la pioggia terminasse per poter raggiungere i miei simili a Terminal City. Chi avrebbe mai pensato che mi sarei sentita cosi terribilmente gelosa e irritata per una situazione inesistente?! Per un ragazzo poi!

Un rumore offuscato mi distoglie dai miei sciocchi pensieri. Proviene dal piano sopra da dove, sembra, sia caduto qualcosa. Meglio andare a controllare. Con passo felino faccio i ventidue gradini che mi permettono di arrivare al 4° piano, su una porta c’è un cartellino metallico sporco e ingiallito: Zona Laboratorio C5. Questo posto mi piace sempre meno e mi ricorda sempre di più Manticore.

C’è sicuramente qualcuno che si muove credendosi solo, potrebbe essere un transgenico o , nelle più tremende ipotesi, un uomo di White, quindi è meglio essere cauti e avvicinarci con prudenza. La porta della stanza da dove provengono i rumori è spalancata, come un soldato mi ci avvicino e sbircio dentro. La camera sembra tinteggiata da poco ma irrimediabilmente sporca, strapiena di strani quadri e con grosse chiazze di vari colori sparsi ovunque. Mi sporgo un po’ di più e mi trovo davanti gli occhi una scena che mi fa sorridere: Joshua tutto imbrattato di vernice colorata, perfino nei capelli, balla sculettando al ritmo di musica grazie a delle cuffiette e, a ritmo, continua a disegnare su una tela oscurandomi, però, la vista del futuro quadro.

Pericolo scampato. È solo il cucciolone che si diletta nella sua arte. Con calmi mi ci avvicino, per non farlo spaventare, osservando la miriade di quadri terminati. La sua sembra arte surrealista, in alcune tele lascia delle grandi macchie di colore nero al centro per utilizzare dei colori sgargianti verso l’esterno, in altre, i colori sono mischiati e amalgamati mentre quelli alla mia destra sembrano ritratti un po’ contorti.

Mi avvicino ad uno in particolare, è una donna di colore con i capelli mossi legati in una coda fluente, il viso è rilassato e dolcissimo, mi infonde una certa pace e tranquillità. Joshua è davvero un grande artista!

Il transgenico si accorge della mia presenza con la coda dell’occhio e inevitabilmente sobbalza sorpreso, rovesciando un barattolo di vernice rosso che finisce in parte sul mio pantalone lasciando una bella chiazza. Io non mi scompongo più di tanto e abbandono la vista del quadro per prestare attenzione al mio amico.

-Ah sei tu, piccolina. Non ti ho sentito arrivare, pensavo di essere solo.- Urla un po’ più del dovuto, imbarazzato per aver combinato un mezzo danno. Non capisco perché tutti o quasi continuano a considerarmi piccolina, non sono poi cosi giovane, anzi ho appena un anno in meno al capo della nostra resistenza. Nonostante questo pensiero sorrido al transgenico allontanando le cuffie dalle sue orecchie.

-Scusami Josh, non volevo disturbarti.- Mi sento quasi in colpa per averlo interrotto.

-Non preoccuparti. Cosa ci fai qui tutta sola?- Ammettere che volevo stare da sola per non dover incontrare Alec non mi sembra proprio la risposta più adatta.

-Mi serviva un posto tranquillo dove potermi dedicare alla traduzione delle scritte di Sandeman.- Una mezza verità è più accettabile. Joshua posa su un ripiano i mezzi della sua arte e si avvicina a me e al quadro che stavo osservando fissandolo in maniera strana.

-Sei davvero un artista nato Josh!- Anche io riposo gli occhi su quella donna sconosciuta che acquieta il mio animo. Lui sospira guardandola per poi rivolgersi a me con sguardo triste. In realtà non mi vede, è come se stesse facendo un tuffo nei ricordo, ricordi non piacevoli dall’espressione del suo viso.

-Questa è Annie Fisher. Era Annie Fisher. Una mia amica, l’unica umana che mi ha fatto sentire accettato per quello che sono. Era cieca e White l’ha uccisa.- Un nodo mi sale alla gola impedendomi di respirare mentre un senso di malessere mi invade. È triste, troppo triste quello che ho sentito, in un attimo la mia mano si posa lieve sulla spalla enorme di Joshua, in segno di dispiacere. Non è compassione la mia. Tutt’altro. So fin troppo bene cosa si provi a non essere accettati, in fondo è per questo che stiamo combattendo, ma perdere l’unica ancora di redenzione, in questo mondo di perdizione, deve essere straziante. La mia è solidarietà.

-Mi dispiace!- Frase stupida e pronunciata con voce quasi rotta, ma lui sembra capirmi e torna a fissare le mie iridi accennando un lieve sorriso, quasi debba essere lui a consolare me.

-Ho avuto l’occasione di rifarmi su White, di ucciderlo e vendicare la povera Annie che non centrava assolutamente nulla in tutto questa, vittima solo di essere amica di un’esemplare da laboratorio, ma non l’ho fatto. Max ha placato il mio odio prima che dimostrassi di essere quello che tutti si aspettano dai mostri.- La rabbia che scaturisce dalle due parole è grande eppure non mostra alcun pentimento per quello che non ha fatto. Uccidere quel maledetto di White.

-Sei stato incredibile Joshua. Io al tuo posto non credo sarei riuscita a trattenermi.- Chi se ne importava di quello se eravamo noi ad uccidere un umano, per tutti quei transgenici che hanno ucciso loro, un semplice umano non fa la differenza. Se poi quell’umano mi ha ucciso la cosa più cara che ho... Per un attimo mi passa per la testa l’immagine del corpo di Alec senza vita, per terra, senza che i suoi occhi verdi possano di nuovo illuminare il mondo e prendermi in giro. Una dolorosa stretta al cuore mi impedisce di continuare il mio orrendo pensiero. Perché la vita è cosi ingiusta da doverci far vivere con questa angoscia perenne?

-Non è vero, piccola. Anche tu avresti fatto come me. È per il bene di tutti i nostri fratelli.- Rassegnazione. Ecco cosa sento nella sua voce. Eppure ha ragione. Noi non siamo come quei luridi che ci danno la caccia, noi siamo migliori e quello che ha fatto Joshua è stato un modo per dimostrarlo. Anche se la voglia di vendetta era immensa, lui ha saputo mettere il benessere della massa davanti al suo. Solo ora comincio a capire il perché della costante e forte preoccupazione di quel transgenico in ogni vicissitudine. Ha fatto un’enorme sacrificio e non deve essere sprecato.

Con slancio mi avvicino e lo abbraccio per quello che riesco. Sento la sua malinconia scorrermi dentro ed è quasi insopportabile. Restiamo in silenzio per un po’, finche riesco a impedire a quelle due dannate lacrimuccia salate di venir fuori e far sentire ancora più male il mio amico. Quando ci allontaniamo sembra che il momento triste sia passato. È riuscito, ancora una volta, ad andare avanti.

-Mi fai vedere i tuoi altri quadri?- Glielo chiedo quasi timorosa ma lui sorride alla mia richiesta. Non comprendo come la gente normale non riesca a capire la bellezza di quel sorriso ma ne abbia paura.

In un’ora Joshua mi ha mostrato molte delle sue tele, raccontandomi aneddoti interessanti come il suo breve tuffo nel mondo della vendita dell’arte grazie al mio transgenico preferito, la nascita dell’idea della nostra bandiera e il ritratto di come lui vede Max.

La mia curiosità è stuzzicata da due tele quasi sovrapposte di natura completamente diversa. Il metodo è lo stesso, grandi chiazze di vernice che si mescolano con vari materiali come carta. Se li si osserva bene sembrano simili ma a prima vista sono completamente diversi. Uno cosi cupo e scuro, l’altro più luminoso e gioioso. Non c’è bisogno di chiedergli cosa rappresentino, Joshua mi affianca e comincia a spiegarmi il significato.

-È Alec questo.- E ti voleva parere che io non beccavo giusto il quadro che ritrae la sua essenza! Non rispondo e continuo a sentire le parole del transgenico. -Il primo quadro l’ho fatto parecchio tempo fa.- E mi indica la tela scura.

-Alec è stato sempre un ragazzo strano. Tiene tutti i suoi sentimenti e pensieri per se. Non gli piace mostrare le sue debolezze e si nasconde dietro il suo sorriso. Vedi questa parte scura? L’abbiamo tutti noi. È quello che ci portiamo dentro da Manticore perché ci segnato tutti, chi più come lui, chi meno. Lui si sentiva in colpa per aver impedito a Max e Logan di vivere la loro vita a causa del virus e per tutte le cose sbagliate che ha fatto ed è stato costretto a fare quando era lì.

-Quando siamo fuggiti abbiamo cercati di rimediare agli errori e alleviare l’oscurità del nostro cuore, ma lui ha avuto più difficoltà nel farlo. Se la portava dentro gelosamente mascherando il tutto con la sua aria spavalda e allegra. I colori brillanti indicano proprio questa sua apparenza.- Era un Alec che io non conoscevo quello che Joshua descrive. L’ho intravisto una sola volta, quando ferito lo portavo nell’infermeria per curarlo dopo l’incursione di quella banda di umani a Terminal City. Quando si era aperto accusando se stesso di troppe cose sbagliate. Eppure io non riesco a vederlo cosi. Osservo il secondo quadro, più luminoso, forse più Alec come lo conosco io.

-Quest’altro invece è Alec da quando è riuscito ad alleviare il suo peso. Da poco tempo. Ha permesso a Max di liberarsi di quel virus e si è dedicato anima e corpo alla resistenza essendo presente in ogni occasione. Anche in quelle più pericolose. E con il tempo si è aperto, ha fatto uscire l’oscurità dimostrandosi per quello che è veramente, un gran bravo ragazzo.- Prende un profondo respiro sorridendomi e continuando.

-Quando ti fa arrabbiare, Annie, è più forte di lui. Tu gli piaci e quello è l’unico modo per starti vicino che conosce, si diverte con te. Non l’ho mai visto comportarsi cosi con nessuno. E, bhè ad essere sincero... non ho visto nessuno rispondergli a tono come fai tu. Lo fai divertire e stare bene.- Non riesco a trattenere l’imbarazzo e so per certo che sono arrossita. Spero che lui intenda “piacere” per qualcosa di fraterno, come se mi preferisse agli altri transgenici come una sorellina ma non ne sono certa. Sono così palesi i suoi sentimenti? Oddio che confusione!!

-Anche io lo apprezzo nonostante sia uno sbruffone so-tutto-io.- Sorrido un po’ sforzata cercando qualcosa per cambiare discorso. Joshua non aggiunge altro lasciandomi ancora più imbarazzata e consapevole di quanto io adori quel maledetto sbruffone.

Fortunatamente il transgenico riprende il giro delle spiegazioni passando ad altri quadri. Uno dei più interessanti è quelli di Max. Loro due si conoscono da tempo e il rapporto che li lega è più profondo di quanto pare, a Joshua brillano gli occhi quando parla di lei. È possibile sentire palesemente dalla sua voce il bene che prova per la transgenica, la sua cucciolina come gli piace chiamarla.

Improvvisamente un fastidioso rumore elettronico ci distrae dalla nostra chiacchierata, Joshua afferra il suo cercapersone attaccato alla cintura del pantaloni annunciando che Max lo sta cercando, quell’affare lo hanno tutti, è arrivato il momento di recuperarne uno anche per me.

Insieme usciamo dalla stanza lasciandola aperta e ci avviamo verso la sede principale di Terminal City continuando a parlare. È davvero bello stare con Joshua, mi piace molto il suo modo di pensare e molto spesso mi scopro a condividere le sue idee. Dobbiamo chiacchierare più spesso. Mi piace sentire quello che è successo quando io non c’ero e lui non mi spinge mai a raccontare del mio passato, anche se magari ne è curioso.

Max è insieme a Logan, Original Cindy, Mole e Damon, il ragazzino che purtroppo venerava Alec, intorno al tavolo carico di munizioni e altri oggetti, intenti a parlare magari organizzare un’altra spedizione notturna. Mi farebbe bene uscire da Terminal City e mettermi sotto pressione. Quando io e Joshua entriamo i loro volti si girano verso di noi rendendoci partecipi di quella riunione improvvisata finche Max non mi chiama in disparte.

-Ehi Annie mi accompagni ad interrogare le nuova arrivata?- Avrebbe potuto ordinarmelo ma non lo ha fatto, mi ha lasciato libera scelta. Se accetto, però, sarò costretta a vedere quella biondina vicino Alec, insieme nella stessa stanza, e la cosa mi terrorizza.

-Perché io? Non ho molta esperienza.- Complimenti Annie, scusa più idiota non la potevo trovare. Tutta colpa di quel transgenico che si è insidiato nella mia mente e riesce a scombussolarmi con uno stupido sogno.

Lei mi osserva un po’ scettica, sta pensando la stessa cosa ma non mi dice nulla e risponde alla mia domanda come se fosse lecita. –Quando ci sei tu in giro Alec si comporta meno da idiota o per lo meno, concentra la sua idiozia su di te. Non ho alcuna voglia di destreggiarmi tra le sue battutine, ho bisogno da una spalla.-

Che abbia capito tutto?! Ho il lieve sensore che Max abbia annusato qualcosa su di me e Alec... sempre che questo qualcosa esista davvero e non sia solo un mio bel film. D'altronde tra noi ci sono stati solo... tre baci di cui due quando non ero completamente lucida. Magari sono stati solo degli attimi di debolezza, la necessità di sentirsi vicino a qualcuno...

Grandissima cazzata e lo sai bene.

Maledetta coscienza. Ok, lo odio ammettere, ma forse Alec mi piace più di come un semplice amico e forse, dico forse, il sogno ne è stato una conferma, ma questo non significa nulla. Tra me e Alec non c’è nulla, non ne abbiamo mai parlato e non ne sento il bisogno di farlo, punto.

-Certo puoi contare su di me.- Prima o poi dovrò affrontare questa stupida fantasia.

 




 

 













--- Autrice ---

Dovete scusare il capitolo di "passaggio" ma ci tenevo a dedicarlo ad uno dei personaggi che mi ha fatto emozionare.

Inoltre voglio rigraziare Aia Cullen che, in ogni recensione, riesce a mettere di buon umore e trovare la voglia per continuare  a scrivere questa storia.

Infine, grazie a chiunque continui a legge i miei capitoli.


Cartina di Seattle -> qui


   
 
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