Eccomi qua.
Ogni tanto resuscito e pubblico qualcosa di nuovo, tipo questa cosa qui.
Avviso subito che ci saranno riferimenti, o comunque verranno nominate
un po’ di canzoni e – ancora non ci credo
– nemmeno una dei Muse.
E adesso, buona lettura.
Be
mine
«Matt!»
Urlai per la seconda volta. «Muoviti!»
Finalmente
lo vidi entrare in sala, pantofole e stuzzicadenti in bocca: un
barbone, ecco.
«Si
può sapere che c’è?»
Gracchiò lui, annoiato.
«Guarda,
ascolta, fai qualcosa!» Dissi agitato e preso da un attimo di
creatività, indicandogli la tv sintonizzata su MTV.
Il
suo sguardo seguì il mio dito. Rimase in silenzio per
qualche secondo.
«E’
Walk This Way degli Aerosmith, quindi?» Esordì
poi, con aria di sufficienza.
Mi
avvicinai e mi parai proprio di fronte a lui, con le mani giunte mi
preparai a pregarlo.
«Matt…
Matt! Ti prego, facciamo una cover. Ti supplico!» Iniziai.
Di
tutta risposta mi scoppiò a ridere in faccia.
«Cazzo
ridi?» Biascicai.
«Ma
come ti salta in mente? E soprattutto, dato che-»
Non
lo feci finire di parlare, gli spiaccicai una mano sulla bocca e gli
feci segno di stare in silenzio; quando sembrò capire, lo
lasciai andare.
Avevo
già pensato a tutto, cazzo. A tutto.
«Allora,
ascolta me. Visto che Steven non canta da solo ma con i RUN-DMC, ho
pensato… Tu suoni la chitarra, ovviamente, e
canti… Emh… Canti…» Mi
bloccai.
«Canto,
ovvio.» Disse lui, con un sorrisino.
Quando
vide la mia espressione cambiare, capì.
«Non
mi vorrai far rappare, vero?!» Sbottò, incrociando
le braccia al petto.
Scoppiai
in una risatina isterica, ma mi ricomposi quasi subito.
«Sì,
e Chris canterebbe con te la parte dei RUN-DMC.»
«E
figuriamoci, tu e le tue idee cretine!» Sbuffò
Matt.
Misi
il broncio finché non si decise a fare la fatidica domanda.
«Scusa
ma-»
«Vuoi
sapere chi canterebbe la parte di Steven?» Lo interruppi.
«Sì.»
«Te
lo dico solo se mi prometti che lo facciamo.»
«Ma
tu sei pazzo! Non so neanche-»
«Prometti.»
Sibilai, facendolo bloccare nel bel mezzo di una frase.
«Dom…»
Cantilenò.
Inclinai
la testa da un lato, stavo aspettando.
Matthew
sospirò.
«Ok,
prometto, stronzo.» Sbuffò, facendo roteare gli
occhi.
Ridacchiai.
«Hai
promesso, ricordatelo.»
«Sì,
sì! Che stress! E adesso dimmi a chi cazzo hai pensato per
la parte di Steven.»
«Che
poi, facci caso… Sembra fatta per noi! RUN-DMC…
DMC: Dominic-Matthew-Chris… Visto?» Dissi
cambiando argomento, colto da un momento di scoraggiamento.
Sì,
perché me lo sentivo che appena gli avrei detto il nome, mi
avrebbe come minimo staccato la testa a morsi. Come minimo, dico.
«Dom.
Non me ne frega un cazzo, ok? Dimmi chi sarebbe l’altro
cantante prima che cambi idea!» Disse, con poca gentilezza,
molto poca.
«Guarda
che hai promesso.» Gli ricordai.
«Oh
Cristo, Dom! Dimmi chi è e basta.»
Presi
un respiro e mi schiarii la voce.
«Nic
Cester.» Sussurrai.
«Scusa?
Non ho capito.»
Sembrava
non aver capito davvero, così presi coraggio e lo dissi ad
alta voce: «Nic Cester!»
Matt
rimase impassibile. Mi guardava, dritto negli occhi e sì,
era abbastanza inquietante.
Ad
un tratto sembrò riprendersi quando lo vidi scrocchiarsi le
dita.
Altro che staccarmi la testa a
morsi, questo mi vuole pestare, prima.
Quando
ormai ero sul punto di inchinarmi ai suoi piedi e chiedere perdono,
decise graziarmi e di parlare.
«Ma io dico, Dom… Con tutti i benedetti cantanti
che ci sono al mondo - e ce ne sono eh! -, proprio quel coglione
egocentrico e, diciamocelo, pure stonato di Nic Cester vai a
prendere?»
Coglione egocentrico, proprio come qualcuno di mia conoscenza, e
stonato, ma dove?
Invidioso che non è
altro.
«E’
un professionista.» Dissi.
«Sì, a
portarti a letto è un professionista, caro
mio.» Rispose.
Brutto stronzo.
«Ma
che cazzo dici!» Sbottai.
«La verità, Dom. Dai, lo sanno tutti che ti sei
lasciato scopare da quel deficiente.»
Decisi di stare calmo ed affrontare la situazione.
«Prima di tutto, non è vero e lo sai anche tu.
Secondariamente, si può sapere perché ti sta
tanto sui coglioni?» Replicai in modo più calmo
possibile.
Ci avrei potuto mettere la mano sul fuoco che Matt sarebbe andato a
parare proprio lì. Ma non avrei ceduto, proprio no; volevo
che quella cosa si facesse, ad ogni costo.
Rimase in silenzio per qualche minuto.
Non c’era un vero motivo per cui lo odiasse, almeno credevo.
«E’ un coglione.» Disse, infine.
«Oh sì, Matt, mi sembra proprio un buon
motivo.» Risposi sardonico. «Sul serio.
Perché?»
«Ma che cazzo ne so. Mi sta sulle palle, punto.»
Risi. Mi faceva ridere.
«Cos’hai da ridere?» Chiese buttandomi lo
stuzzicadenti, che si era amabilmente smangiucchiato fino a quel
momento, addosso. Cadde a terra.
«Mi fai ridere, Matt.»
«Sì, hai ragione, anche io mi faccio
ridere…» Rispose con un sorriso sghembo.
«Dai, seriamente, non hai motivo per odiarlo.»
Non sembrava molto convinto, ma annuì.
«Sì, credo di non averne.»
Sussurrò.
Gli diedi un buffetto amichevole sulla spalla.
«E’ simpatico, intelligente e non è
stonato.»
«Se lo dici tu.»
«Quella sera che siamo usciti con lui e i suoi colleghi
evidentemente eri troppo impegnato ad odiarlo per partecipare alla
conversazione e a cercare di fare amicizia.» Gli ricordai.
«Forse.»
«Nessun forse, Matt.»
Mi lanciò un’occhiata che sembrava dire
“perché mi devi sempre far sentire uno
stronzo?”.
Perché lo sei, caro.
Sospirai
e lui con me.
«Allora facciamolo.» Esordì Matt.
«Davvero?» Chiesi, entusiasta.
«Sai com’è… Ho promesso,
maledizione a me.» Ridacchiò.
Erano passati due giorni e Matt
sembrava davvero propenso a fare un buon lavoro.
Sì, certo, era propenso ma… Non era capace. Era
proprio impedito, intendo.
Ci credete? Matthew Bellamy che non riesce a fare qualcosa. ‘Impossibile,
lui è Dio’, avrebbe detto qualche fan sfegatato.
Sì, certo, come no.
Io mi scompisciavo dalle risate ogni volta che lo sentivo rappare e
lui, puntualmente, mi mandava a quel paese e forse aveva anche un
po’ di ragione, visto che era solo colpa mia se si era
ridotto a giullare di corte. Ma era da filmare, giuro.
Chris, invece, se la cavava discretamente.
Comunque, era un bel pomeriggio di Settembre e da lì a
qualche giorno saremmo ripartiti per il tour a cui si sarebbe unito
anche Nic (che avevo contattato e
che era stato felicissimo di accettare) per qualche sera , per la
famosa esibizione che stavamo giusto mettendo a punto, o meglio, che
Matt stava mettendo a punto, dato che io e Chris avevamo
già imparato le nostre parti.
Dicevamo, era un bel pomeriggio di Settembre e me ne stavo seduto in
salotto sul divano a leggere una rivista di gossip – solite
foto, solite storie, solite cazzate, insomma – quando sentii
la porta aprirsi con un tonfo e nel giro di un secondo mi ritrovai
davanti un Bellamy incazzato nero e con gli occhi fuori dalle orbite.
«Ehi.» Dissi.
«Ehi un cazzo.» Rispose, gentile come al solito,
sbattendo un piede a terra. «Non sono capace, ok?! Non ci
riesco! Non. Ci. Riesco. Mi sento un coglione! Basta! Non si fa
più niente!» Urlò.
Io scattai in piedi.
«Scherzi, vero?»
«No che non scherzo. Dai, Dom, mi hai sentito anche tu.
Sembro un cretino…»
«Beh, in effetti…» Sussurrai.,
trattenendo una risatina.
«Ti prego, non insistere. Non sono capace.»
Continuò.
Mi passai una mano fra i capelli.
«Come vuoi.» Mormorai.
«Mi dispiace, Dominic.» Disse ed era sincero, lo
vedevo.
«Non preoccuparti.»
«Seriamente.»
Gli diedi una pacca sulla spalla.
«Lo so che ci hai provato.»
Matt abbassò la testa.
«Dai, facciamoci un giro al lago.» Proposi e lui mi
sorrise.
«Andiamo.»
Un’ora dopo eravamo
sdraiati sull’erba in riva al lago, baciati da quel tiepido e
piacevole sole settembrino, a chiacchierare del più e del
meno. Matt sembrava essersi calmato e sorrideva come non faceva da un
po’. Era bello vederlo così, gli occhi
attraversati da un’insolita gioia.
Mi chiesi se era possibile renderlo felice con così poco.
Evidentemente sì, perché ad un tratto mi ritrovai
tra le sue braccia: mi stava abbracciando.
Dio, era impazzito per caso? Non lo faceva da… Neanche mi
ricordavo.
«Sono contento che non te la sei presa per la storia della
canzone.» Disse.
«Oh, ma figurati! Ci hai provato, e mi hai fatto contento. Va
bene così, mi basta, Matt.»
Rimase in silenzio un attimo e sciolse l’abbraccio poi,
d’un tratto, saltò in piedi e mi si
parò davanti, coprendomi il sole.
«Ho un’idea!» Gridò, facendo
girare le persone vicine a noi.
«Matt, ci sento, non c’è bisogno che
urli.» Mormorai.
«Sì, ma io ho un’idea!»
Urlò, di nuovo.
Un bambino di tre anni, ecco cos’era.
«Spara.» Dissi, arreso all’idea che
avrebbe urlato ancora.
«Facciamo Back in Black degli AC/DC!»
«Dici sul serio?» Domandai, incredulo.
«Sì! Ti va?»
«Ovvio che mi va!» Urlai anch’io preso
dall’entusiasmo saltandogli praticamente in braccio
– rettifico, eravamo due bambini
di tre anni.
Okay, lo ammetto, ci stavano guardando tutti, ma non mi importava.
Anzi, gli stampai anche un bel bacio sul guancia.
«Dom… Ci stanno guardando
tutti…» Sussurrò lui, imbarazzato.
«E che ti frega, mica dobbiamo dare spiegazioni a loro del
nostro comportamento.» Risposi.
«Giusto.» Sorrise.
Lo convinsi subito, tanto che mi diede anche lui un bacio sulla guancia.
Sì, mi sentii potente: solitamente Matt era il re dei
testoni.
«Allora vada per Back in Black!» Dissi.
«Dobbiamo avvisare Chris e… Quel
coso.» Continuò lui.
«Il coso lo chiami tu.» Affermai.
Ecco la mia parte perfida all’attacco.
«Ma Dom…» Iniziò a lamentarsi.
«Lo chiami tu, Matt.»
«Ma-»
«Sono irremovibile. Dai, Matt, tira fuori le palle e
affrontalo! Pensa che ci dovrai suonare!»
«Ok, stronzo.» Sbuffò.
Ormai stronzo era diventato il mio secondo, anzi, terzo nome.
Bello, direi: Dominic James Stronzo Howard.
Aveva il suo fascino.
Una settimana dopo eravamo
già sul palco.
Non avevamo nemmeno provato con Nic, ma sapevo -me lo sentivo - che
sarebbe stato fantastico. Cioè… Non Nic,
l’esibizione. E sì, dai, anche Nic.
Matt era davvero emozionato. Chissà perché
poi… Non doveva nemmeno cantare e non era la prima volta che
facevamo una cover dal vivo.
Comunque, sta di fatto, che in quegl’ultimi giorni prima
dell’inizio del tour era stato semplicemente adorabile. Non
so cosa gli fosse successo, ma qualsiasi cosa io gli proponessi,
dicessi o facessi la sua risposta era sempre "sì" e
mi assecondava in tutto.
Adorabile, insomma.
Avevamo suonato tutte le canzoni della scaletta. Mancava solamente Back
in Black, quando Matt si voltò verso di me e mi fece segno
di raggiungerlo vicino al microfono.
Mi avvicinai e dopo aver salutato e ringraziato la folla per
l’ennesima volta, mi decisi a presentare l’ospite,
la guest star.
«E stasera abbiamo il piacere di annunciarvi una
collaborazione con un ospite speciale…»
Incominciai a dire e il pubblico urlò impazzito -
chissà a chi stavano pensando tutte quelle
testoline… «Direttamente dai Jet: Nic
Cester!» Gridai e, proprio in quel momento, tra le urla delle
persone, lui entrò in scena.
Mi venne incontro, mi abbracciò e ci baciammo sulla guancia
tra le urla di alcune ragazze esaltate. Dio, c’era davvero
chi pensava che io fossi stato a letto con lui, allora. Eravamo amici,
tutto qui.
Appena si allontanò da me e mi avviai verso la batteria, lo
vidi salutare Matt, o meglio, vidi Matt distruggerli una spalla con una
pacca che lui avrebbe successivamente definito come
“amichevole”.
Così iniziammo e subito alle prime note il pubblico la
riconobbe, inconfondibile e irresistibile Back
in Black.
Nic iniziò a cantare - e sì, lo ammetto, fu un
po’ stonato -, ma arrivò presto l’assolo
di chitarra di Matt e cazzo, se lo mangiò quel coso di Nic,
se lo divorò vivo. Fu così…
Così dannatamente sexy da togliere il fiato. Sembrava farci
sesso, con quella maledetta chitarra. E se non fosse stato
perché dovevo suonare, sarei rimasto a fissarlo incantato e
rapito e non me ne vergogno. L’avevo visto altre migliaia di
volte farlo, ma quella volta, me ne accorsi, ci stava mettendo tutto
sé stesso. Per farsi vedere da chi, poi? Il pubblico era suo, non di
Nic Cester. Quello era il pubblico di Matthew Bellamy.
Quando finì si voltò verso di me, mi sorrise
facendo l’occhiolino e per un attimo credetti che si fosse
accorto dei miei occhi che erano stati puntati su di lui fino a quel
momento. Invece no, era solo gasato e voleva rendermi partecipe di
quella sua “vittoria”. Ricambiai felice il sorriso
– merda, mi si erano fatti stretti i pantaloni!
Che ore saranno state? Le due di
notte? Le tre?
Beh, insomma, qualche ora dopo aver festeggiato per bene, stavamo
rientrando in hotel… Ubriachi. Lo eravamo forse un
po’ tanto, dato che il tipo del taxi ci chiese addirittura se
volevamo essere accompagnati dentro, ma rifiutammo ed entrammo uno
aggrappato all’altro come si fa dopo una sbronza degna di
questo nome.
Arrivati al nostro piano, salutai Matt e feci qualche passo verso la
mia stanza, quando mi accorsi che quel cretino mi stava seguendo.
«Matt?» Lo chiamai.
«Posso?» Chiese.
«Cosa?»
«Venire in camera con te. Non ho voglia di stare da
solo… Parliamo ancora un po’! Ce l’hai
qualche alcolico nel minifrigo?» Mormorò,
avvicinandosi.
«Vieni.» Sospirai e lui mi seguì.
Quando entrammo in camera, accese la radio e si buttò
direttamente sul letto, poi si levò le scarpe, buttandole a
terra. Io con calma mi tolsi la giacca di pelle e l’appoggiai
su una poltrona, dove poi mi sedetti, o meglio, dove poi sprofondai.
Me ne stavo lì stravaccato quando vidi Matt venirmi incontro
con una bottiglia di Gin appena aperta tra le mani.
«Vuoi?» Mi chiese.
Al momento non è che mi andasse più di tanto, mi
sentivo ancora in bocca il sapore di shottini al gusto menta che
stavano decidendo se andare giù o tornare su;
perciò rifiutai, mentre lui con noncuranza
incominciò a bere a canna.
D’un tratto appoggiò la bottiglia e si
asciugò la bocca col dorso della mano – mi fece
uno strano effetto, quel gesto. Anche se, in realtà, non
aveva niente di strano... Insomma, siamo chiari, non era la prima volta
che Matt mi eccitava. Lui però sembrò non
accorgersene.
«Sai…» Iniziò a dire,
sedendosi a terra di fronte a me. «Pensavo andassi con lui,
stanotte.»
«Lui, chi?» Chiesi.
Ma avevo capito benissimo, seppur la mia mente potesse essere un
po’ annebbiata.
«Lui, Nic.» Rispose.
«In effetti me l’ha proposto.» Ammisi.
«Lo sapevo! Lo sapevo!» Urlò, saltando
in piedi e cominciando a scorrazzare per la camera.
Io sbuffai. «Ma cosa vuoi sapere, tu!»
«Ti voleva scopare!» Continuò,
trotterellando.
«E allora?» Gli risposi, con un sorrisino.
Si fermò e mi rivolse un’occhiata di sbieco.
«Ti saresti davvero lasciato s-» Non
finì la frase.
Io scrollai le spalle, pensavo si fosse bloccato perché
trovava quella cosa talmente disgustosa da non poter nemmeno continuare
a parlarne; invece, scoprii qualche secondo più tardi, che
aveva sentito l’inizio di una canzone alla radio, che
iniziò a cantare subito dopo, lasciandomi di stucco.
Iniziò col venirmi incontro, muovendo la testa di qua e di
là con una calma disarmante, finché non
arrivò di fronte a me e appoggiò una mano sul
bracciolo della poltrona, sporgendosi fino al mio orecchio, dove
iniziò a sussurrare: «Baby, I'm
yours…» Prese un respiro, mentre dei brividi
percorrevano la mia schiena. «And I'll be yours until the
stars fall from the sky. Yours, until the rivers all run
dry. In other words, until I die.» Poi scoppiò a
ridere ed io con lui.
Ma riprese subito dopo. La sapeva tutta, quella canzoncina smielata.
«Baby, I'm
yours… And I'll be yours until the sun no longer shines.
Yours, until the poets run out of rhyme. In other words, until the end
of time…» Mi sorrise.
Stava ancora accanto a me quando continuò con tono sexy:
«I'm gonna stay right here by your side, do my best to keep
you satisfied. Nothin' in the world could drive me away 'cause every
day, you'll hear me say…» Poi salì a
cavalcioni su di me, che rimasi pietrificato sotto il suo peso. Stai
calmo, Dominic…, mi
ripetevo ormai da quando aveva iniziato quella stramba serenata.
Ma lui non si fermò, anzi, era deciso ad uccidermi.
Chissà poi cosa gli passava per la testa.
«Baby, I'm yours… And I'll be yours until two and
two is three. Yours, until the mountains crumble to the sea. In other
words,until eternity.» Sussurrò
infine ad un centimetro dal mio viso.
E mentre la canzone alla radio continuava ormai diretta verso la fine,
Matt appoggiò le labbra sulle mie.
Mi baciò. lo fece dolcemente, come un bambino. Mi
toccò i capelli, il viso, con una delicatezza disumana, di
cui non lo credevo capace.
Lo stavo lasciando fare e sapevo che non era giusto. Ma Dio, quante
volte avevo sognato che accadesse? Perché avrei dovuto porvi
fine?
Dischiusi le labbra quando sentii la sua lingua fare pressione e decisi
che mi sarei lasciato andare. Chi se ne fregava, pensavo non sarebbe
mai più successo. E poi… Dai, aveva appena finito
di dirmi che era mio. Mio
per l’eternità. Ed ero anche ubriaco.
Bella scusa, eh?
Ma comunque, credevo di avere le mie ragioni.
Poi si allontanò leggermente, fino a soffiarmi sulle labbra
il suo respiro alcolico.
«Tu non hai bisogno di lui.» Sussurrò,
improvvisamente, puntando gli occhi nei miei.
Sembrava essere diventato il suo chiodo fisso, quel
Cester. Che fosse geloso?
Schiacciò di nuovo la sua bocca contro la mia per un attimo,
poi tornò a guardarmi.
«Dom.» Continuò. «Dom, tu
davvero non hai bisogno di lui.»
Scossi la testa, ma non capivo.
«Non ne ho bisogno, lo so.»
«Perché l’hai baciato, allora, quella
notte?» Chiese, alzandosi in piedi di fronte a me, che rimasi
seduto sulla poltrona.
«Matt…» Mormorai lamentoso.
Uno dei miei tanti tasti dolenti.
Dio, quanto tempo prima era successo?
Ero ubriaco, quella sera - solito festino -, in più, sapevo
che avrei passato la notte da solo, visto che Matthew sembrava
impegnato a fare giochetti idioti con una delle tante groupies di
passaggio, ed io ero decisamente stanco di eccitarmi pensando di essere
al posto di quella ragazza. Nic si era avvicinato, mi aveva provocato e
boom! io ero esploso: l’avevo baciato, ma niente di che. Non
ci ero andato a letto e, sinceramente, fatico a ricordarne il motivo.
Ma probabilmente era per lo stesso per cui avevo rifiutato anche quella
sera.
«Dimmi solo perché l’hai
fatto.»
Lo stomaco mi si era attorcigliato. Avevo paura. Una fottuta paura che
avesse capito tutto – tutto quello che per me andava avanti
da anni, ormai. Avrei solo dovuto trovare il coraggio di dirglielo. Ma
dov’era finito? “Sai, Matt…
Credo di averlo fatto per non pensare a te.” Non
sembrava difficile, no, era di più. Ma credetti di riuscire
a farlo quando dischiusi le labbra e con un filo di voce dissi:
«Credo…».
Ma mi bloccai immediatamente. Chiusi gli occhi, lo feci con forza,
quasi per farmi male, mi morsi l’interno delle
guance.
«Bacia me.» Mi sentii sussurrare ad un filo di
distanza dalle mie labbra.
Il mio cuore sussultò.
Volevo baciarlo, volevo farlo ad ogni costo, ma mi fermai.
«L’ho già fatto prima. Non credo sia una
buona idea, non adesso. Siamo- siamo ubriachi, Matt.» Dissi e
lui mi sorrise.
«Sarà… Ma
tanto io lo so.» Mi fece l’occhiolino.
«Cosa?»
«Che tu mi desideri.»
Sentirglielo dire così mi fece correre un brivido lungo
tutta la schiena.
Scossi la testa e abbassai lo sguardo.
«Sono io che ti sto dicendo di baciarmi, Dom. Sono
consapevole di quello che faccio.»
Sorrise di nuovo, voleva tranquillizzarmi, in qualche modo; ma forse
non sapeva che così mi spaventava sempre di più,
invece.
«Lo voglio anch’io, credimi.» Continuò. «Voglio provare ad essere tuo, per
questa notte. Quindi ti prego, Dom, fallo. Fallo! Baciami. Baciami come
fosse la prima volta.»
Immersi i miei occhi nei suoi per un attimo.
Che cosa sto facendo? Che cosa stiamo facendo, Matt?
Non distoglieva lo sguardo dal mio. Ne era proprio sicuro, cazzo.
D’un tratto chiuse gli occhi - era così bello -,
ed io, leggero, lo feci: posai le labbra sulle sue, per una seconda
volta, ma lo baciai come fosse la prima, la prima che baciavo qualcuno.
Ci misi tutto me stesso, tutta la dolcezza di cui ero capace e mi
lasciai trasportare, da lui, dal suo sapore, dal suo odore…
Ad un tratto si allontanò da me, mi sorrise e si
alzò, mi prese per mano facendomi sollevare. Mi diede un
altro bacio veloce.
«Forse non ci crederai, ma mi è capitato almeno un
migliaio di volte di sognare di fare questo.» Disse, mentre
iniziava a sfilarmi la maglietta.
Pensavo continuamente che fosse impazzito, che fosse drogato.
Mi spinse lentamente fin sopra al letto dove poi mi
sovrastò, bloccandomi sotto di lui. Mi mangiava, con quegli
occhi azzurro cielo – un cielo che sarebbe stato solo mio,
per una notte ,; ma mi stava anche trafiggendo il cuore, lo sapevo.
Perché io non avrei dimenticato quello che stava accadendo,
mentre ero sicuro che lui l’avrebbe fatto.
Lo sentii slacciarmi i pantaloni e sussurrare qualcosa:
avvicinò le labbra al mio orecchio.
«Be mine.» Soffiò,
leggero.
Poi mi guardò ed io mi persi nei suoi occhi, per sempre.
2011, un anno e mezzo
dopo, tourbus: presente.
«Matt!»
Ancora niente.
Sarà la terza volta che lo chiamo, ma continua a cantare a
squarciagola sempre
la stessa canzone
da quando è uscito dalla doccia, anche ora che si sta
asciugando i capelli ed io non ne posso davvero più.
«Matt! Dio!»
D’un tratto si blocca, spegne il phon e si volta verso di me,
mi sorride. Ha ancora i capelli bagnati.
«Suvvia, Dom, non esagerare! Non sono Dio. O… No,
hai ragione scusa, sono Dio.»
«Smettila di fare il cretino.» Dico divertito,
mentre lui ridacchia soddisfatto della sua battuta.
«Allora che c’è?» Chiede, poi.
«Cambia canzone, cazzo!» Sbotto, ripensando alle
mie povere orecchie che hanno dovuto soffrire così per
almeno un quarto d’ora buono.
«Perché, che cos’ha Miley Cyrus che non
va?» Dice alzando un sopracciglio, offeso nel profondo.
«Tu stai impazzendo, Bells.»
«Ma Dom! It’s a party in the Usa!» Grida,
contento come un bambino.
Oh dio, siamo proprio messi male
qui.
«Dunque,
preferisci qualcos'altro?» Propone con un sorrisetto sul viso
che non mi convince molto.
«Sì, per favore.» Rispondo, implorante.
Prende un respiro.
«Contini cinema italiano! I love the cinema italiano! Guido!
Guido! Guido! Guido! Guido! Guido! Guido, Guiiiiido!» Urla
agitandosi di fronte a me.
Che stronzo.
Dopo
l’ultimo acuto mi scoppia a ridere davanti.
«Questa ti va bene?»
«Fottiti.» Ridacchio.
Si avvicina.
«Guido, Guido…» Mormora, sempre
più divertito.
«L’hai visto troppe volte, quel film e Kate ti
dà alla testa.» Commento.
«Tu mi dai alla testa.»
«Eh?»
Appoggia il phon e si muove verso di me. Mi fissa, senza distogliere lo
sguardo dal mio. Non ho mai fatto caso come in questo momento, e
ovviamente quella sera, a quanto è bello, a quanto sono
belli i suoi occhi quando brillano così, quando guardano me.
Appoggia un ginocchio sul divanetto di pelle nera dove sono seduto
– e da cui non ho nessuna intenzione di alzarmi: è
così tremendamente eccitante –, e mi sovrasta.
Avvicina il viso al mio, mi soffia in un orecchio. Sento le sue labbra
farmi solletico, la sua lingua, mi morde il lobo.
Cristo, Matt.
E
poi ferma le labbra davanti alle mie, i suoi occhi nei miei, e con un
sorriso – il più bello di tutti – mi
sussurra: «Baciami, Dom. Baciami di nuovo come fosse
la prima volta.»
*
Allora, che
ne dite?
Se vi va di lasciarmi una recensione, anche per dire che è
una cretinata immane (non vi darò di certo torto), mi farete
felicissima.
Ah! Preciso che io, personalmente, non ho nulla contro Miley Cyrus.
Anzi, mi sta pure simpatica.
E l’ultima canzone che canta Matt, per chi non lo sapesse, è
‘Cinema Italiano’ tratta dal film Nine ed
è cantata dalla nostra ‘amatissima’ Kate
Hudson.
Grazie mille a chi leggerà, a chi ci tenterà e
anche a chi recensirà (a cui sarò felice di
rispondere).
Lady.