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Autore: Lady Of The Flowers    15/05/2011    9 recensioni
Walk This Way, Back In Black e Baby I'm Yours condite con un po' di demenza, amore e soprattutto Matthew Bellamy e Dominic Howard.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua.
Ogni tanto resuscito e pubblico qualcosa di nuovo, tipo questa cosa qui. 
Avviso subito che ci saranno riferimenti, o comunque verranno nominate un po’ di canzoni e – ancora non ci credo – nemmeno una dei Muse.
 Vi consiglio di ascoltare ‘Baby I’m Yours’ degli Arctic Monkeys ad un certo punto della lettura, credo capirete da voi quando. (http://www.youtube.com/watch?v=EDLhMf6voq8)


E adesso, buona lettura. 

                                                            Be mine



«Matt!» Urlai per la seconda volta. «Muoviti!»
Finalmente lo vidi entrare in sala, pantofole e stuzzicadenti in bocca: un barbone, ecco.
«Si può sapere che c’è?» Gracchiò lui, annoiato.
«Guarda, ascolta, fai qualcosa!» Dissi agitato e preso da un attimo di creatività, indicandogli la tv sintonizzata su MTV.
Il suo sguardo seguì il mio dito. Rimase in silenzio per qualche secondo. 
«E’ Walk This Way degli Aerosmith, quindi?» Esordì poi, con aria di sufficienza.
Mi avvicinai e mi parai proprio di fronte a lui, con le mani giunte mi preparai a pregarlo.
«Matt… Matt! Ti prego, facciamo una cover. Ti supplico!» Iniziai.
Di tutta risposta mi scoppiò a ridere in faccia.
«Cazzo ridi?» Biascicai.
«Ma come ti salta in mente? E soprattutto, dato che-»
Non lo feci finire di parlare, gli spiaccicai una mano sulla bocca e gli feci segno di stare in silenzio; quando sembrò capire, lo lasciai andare.
Avevo già pensato a tutto, cazzo. A tutto.
«Allora, ascolta me. Visto che Steven non canta da solo ma con i RUN-DMC, ho pensato… Tu suoni la chitarra, ovviamente, e canti… Emh… Canti…» Mi bloccai.
«Canto, ovvio.» Disse lui, con un sorrisino.
Quando vide la mia espressione cambiare, capì.
«Non mi vorrai far rappare, vero?!» Sbottò, incrociando le braccia al petto.
Scoppiai in una risatina isterica, ma mi ricomposi quasi subito.
«Sì, e Chris canterebbe con te la parte dei RUN-DMC.»
«E figuriamoci, tu e le tue idee cretine!» Sbuffò Matt.
Misi il broncio finché non si decise a fare la fatidica domanda.
«Scusa ma-»
«Vuoi sapere chi canterebbe la parte di Steven?» Lo interruppi.
«Sì.»
«Te lo dico solo se mi prometti che lo facciamo.»
«Ma tu sei pazzo! Non so neanche-»
«Prometti.» Sibilai, facendolo bloccare nel bel mezzo di una frase.
«Dom…» Cantilenò.
Inclinai la testa da un lato, stavo aspettando.
Matthew sospirò.
«Ok, prometto, stronzo.» Sbuffò, facendo roteare gli occhi.
Ridacchiai.
«Hai promesso, ricordatelo.»
«Sì, sì! Che stress! E adesso dimmi a chi cazzo hai pensato per la parte di Steven.»
«Che poi, facci caso… Sembra fatta per noi! RUN-DMC… DMC: Dominic-Matthew-Chris… Visto?» Dissi cambiando argomento, colto da un momento di scoraggiamento. 
Sì, perché me lo sentivo che appena gli avrei detto il nome, mi avrebbe come minimo staccato la testa a morsi. Come minimo, dico.
«Dom. Non me ne frega un cazzo, ok? Dimmi chi sarebbe l’altro cantante prima che cambi idea!» Disse, con poca gentilezza, molto poca.
«Guarda che hai promesso.» Gli ricordai.
«Oh Cristo, Dom! Dimmi chi è e basta.»
Presi un respiro e mi schiarii la voce.
«Nic Cester.» Sussurrai.
«Scusa? Non ho capito.» 
Sembrava non aver capito davvero, così presi coraggio e lo dissi ad alta voce: «Nic Cester!»
Matt rimase impassibile. Mi guardava, dritto negli occhi e sì, era abbastanza inquietante.
Ad un tratto sembrò riprendersi quando lo vidi scrocchiarsi le dita.

Altro che staccarmi la testa a morsi, questo mi vuole pestare, prima.
Quando ormai ero sul punto di inchinarmi ai suoi piedi e chiedere perdono, decise graziarmi e di parlare.
«Ma io dico, Dom… Con tutti i benedetti cantanti che ci sono al mondo - e ce ne sono eh! -, proprio quel coglione egocentrico e, diciamocelo, pure stonato di Nic Cester vai a prendere?»
Coglione egocentrico, proprio come qualcuno di mia conoscenza, e stonato, ma dove?

Invidioso che non è altro.
«E’ un professionista.» Dissi.
«Sì, a portarti a letto è un professionista, caro mio.» Rispose.

Brutto stronzo.
«Ma che cazzo dici!» Sbottai.
«La verità, Dom. Dai, lo sanno tutti che ti sei lasciato scopare da quel deficiente.»
Decisi di stare calmo ed affrontare la situazione.
«Prima di tutto, non è vero e lo sai anche tu. Secondariamente, si può sapere perché ti sta tanto sui coglioni?» Replicai in modo più calmo possibile.
Ci avrei potuto mettere la mano sul fuoco che Matt sarebbe andato a parare proprio lì. Ma non avrei ceduto, proprio no; volevo che quella cosa si facesse, ad ogni costo.
Rimase in silenzio per qualche minuto. 
Non c’era un vero motivo per cui lo odiasse, almeno credevo.
«E’ un coglione.» Disse, infine.
«Oh sì, Matt, mi sembra proprio un buon motivo.» Risposi sardonico. «Sul serio. Perché?»
«Ma che cazzo ne so. Mi sta sulle palle, punto.»
Risi. Mi faceva ridere.
«Cos’hai da ridere?» Chiese buttandomi lo stuzzicadenti, che si era amabilmente smangiucchiato fino a quel momento, addosso. Cadde a terra.
«Mi fai ridere, Matt.»
«Sì, hai ragione, anche io mi faccio ridere…» Rispose con un sorriso sghembo.
«Dai, seriamente, non hai motivo per odiarlo.»
Non sembrava molto convinto, ma annuì.
«Sì, credo di non averne.» Sussurrò.
Gli diedi un buffetto amichevole sulla spalla.
«E’ simpatico, intelligente e non è stonato.»
«Se lo dici tu.»
«Quella sera che siamo usciti con lui e i suoi colleghi evidentemente eri troppo impegnato ad odiarlo per partecipare alla conversazione e a cercare di fare amicizia.» Gli ricordai.
«Forse.»
«Nessun forse, Matt.»
Mi lanciò un’occhiata che sembrava dire “perché mi devi sempre far sentire uno stronzo?”.

Perché lo sei, caro.
Sospirai e lui con me.
«Allora facciamolo.» Esordì Matt.
«Davvero?» Chiesi, entusiasta.
«Sai com’è… Ho promesso, maledizione a me.» Ridacchiò.
 

Erano passati due giorni e Matt sembrava davvero propenso a fare un buon lavoro.
Sì, certo, era propenso ma… Non era capace. Era proprio impedito, intendo.
Ci credete? Matthew Bellamy che non riesce a fare qualcosa. ‘Impossibile, lui è Dio’, avrebbe detto qualche fan sfegatato. Sì, certo, come no.
Io mi scompisciavo dalle risate ogni volta che lo sentivo rappare e lui, puntualmente, mi mandava a quel paese e forse aveva anche un po’ di ragione, visto che era solo colpa mia se si era ridotto a giullare di corte. Ma era da filmare, giuro.
Chris, invece, se la cavava discretamente.
Comunque, era un bel pomeriggio di Settembre e da lì a qualche giorno saremmo ripartiti per il tour a cui si sarebbe unito anche Nic
(che avevo contattato e che era stato felicissimo di accettare) per qualche sera , per la famosa esibizione che stavamo giusto mettendo a punto, o meglio, che Matt stava mettendo a punto, dato che io e Chris avevamo già imparato le nostre parti.
Dicevamo, era un bel pomeriggio di Settembre e me ne stavo seduto in salotto sul divano a leggere una rivista di gossip – solite foto, solite storie, solite cazzate, insomma – quando sentii la porta aprirsi con un tonfo e nel giro di un secondo mi ritrovai davanti un Bellamy incazzato nero e con gli occhi fuori dalle orbite.
«Ehi.» Dissi.
«Ehi un cazzo.» Rispose, gentile come al solito, sbattendo un piede a terra. «Non sono capace, ok?! Non ci riesco! Non. Ci. Riesco. Mi sento un coglione! Basta! Non si fa più niente!» Urlò.
Io scattai in piedi. 
«Scherzi, vero?» 
«No che non scherzo. Dai, Dom, mi hai sentito anche tu. Sembro un cretino…»
«Beh, in effetti…» Sussurrai., trattenendo una risatina.
«Ti prego, non insistere. Non sono capace.» Continuò.
Mi passai una mano fra i capelli.
«Come vuoi.» Mormorai.
«Mi dispiace, Dominic.» Disse ed era sincero, lo vedevo.
«Non preoccuparti.»
«Seriamente.»
Gli diedi una pacca sulla spalla.
«Lo so che ci hai provato.»
Matt abbassò la testa.
«Dai, facciamoci un giro al lago.» Proposi e lui mi sorrise.
«Andiamo.»
 

Un’ora dopo eravamo sdraiati sull’erba in riva al lago, baciati da quel tiepido e piacevole sole settembrino, a chiacchierare del più e del meno. Matt sembrava essersi calmato e sorrideva come non faceva da un po’. Era bello vederlo così, gli occhi attraversati da un’insolita gioia.
Mi chiesi se era possibile renderlo felice con così poco.
Evidentemente sì, perché ad un tratto mi ritrovai tra le sue braccia: mi stava abbracciando.
Dio, era impazzito per caso? Non lo faceva da… Neanche mi ricordavo.
«Sono contento che non te la sei presa per la storia della canzone.» Disse.
«Oh, ma figurati! Ci hai provato, e mi hai fatto contento. Va bene così, mi basta, Matt.»
Rimase in silenzio un attimo e sciolse l’abbraccio poi, d’un tratto, saltò in piedi e mi si parò davanti, coprendomi il sole.
«Ho un’idea!» Gridò, facendo girare le persone vicine a noi.
«Matt, ci sento, non c’è bisogno che urli.» Mormorai.
«Sì, ma io ho un’idea!» Urlò, di nuovo.
Un bambino di tre anni, ecco cos’era.
«Spara.» Dissi, arreso all’idea che avrebbe urlato ancora.
«Facciamo Back in Black degli AC/DC!»
«Dici sul serio?» Domandai, incredulo.
«Sì! Ti va?» 
«Ovvio che mi va!» Urlai anch’io preso dall’entusiasmo saltandogli praticamente in braccio – rettifico, eravamo due bambini di tre anni.
Okay, lo ammetto, ci stavano guardando tutti, ma non mi importava. Anzi, gli stampai anche un bel bacio sul guancia.
«Dom… Ci stanno guardando tutti…» Sussurrò lui, imbarazzato.
«E che ti frega, mica dobbiamo dare spiegazioni a loro del nostro comportamento.» Risposi.
«Giusto.» Sorrise.
Lo convinsi subito, tanto che mi diede anche lui un bacio sulla guancia.
Sì, mi sentii potente: solitamente Matt era il re dei testoni.
«Allora vada per Back in Black!» Dissi.
«Dobbiamo avvisare Chris e… Quel coso.» Continuò lui.
«Il coso lo chiami tu.» Affermai.
Ecco la mia parte perfida all’attacco.
«Ma Dom…» Iniziò a lamentarsi.
«Lo chiami tu, Matt.»
«Ma-»
«Sono irremovibile. Dai, Matt, tira fuori le palle e affrontalo! Pensa che ci dovrai suonare!»
«Ok, stronzo.» Sbuffò.
Ormai stronzo era diventato il mio secondo, anzi, terzo nome.
Bello, direi: Dominic James Stronzo Howard.
Aveva il suo fascino.
 

Una settimana dopo eravamo già sul palco. 
Non avevamo nemmeno provato con Nic, ma sapevo -me lo sentivo - che sarebbe stato fantastico. Cioè… Non Nic, l’esibizione. E sì, dai, anche Nic.
Matt era davvero emozionato. Chissà perché poi… Non doveva nemmeno cantare e non era la prima volta che facevamo una cover dal vivo.
Comunque, sta di fatto, che in quegl’ultimi giorni prima dell’inizio del tour era stato semplicemente adorabile. Non so cosa gli fosse successo, ma qualsiasi cosa io gli proponessi, dicessi o facessi la sua risposta era sempre "sì" e mi assecondava in tutto.
Adorabile, insomma.
Avevamo suonato tutte le canzoni della scaletta. Mancava solamente Back in Black, quando Matt si voltò verso di me e mi fece segno di raggiungerlo vicino al microfono. 
Mi avvicinai e dopo aver salutato e ringraziato la folla per l’ennesima volta, mi decisi a presentare l’ospite, la guest star.
«E stasera abbiamo il piacere di annunciarvi una collaborazione con un ospite speciale…» Incominciai a dire e il pubblico urlò impazzito - chissà a chi stavano pensando tutte quelle testoline…  «Direttamente dai Jet: Nic Cester!» Gridai e, proprio in quel momento, tra le urla delle persone, lui entrò in scena.
Mi venne incontro, mi abbracciò e ci baciammo sulla guancia tra le urla di alcune ragazze esaltate. Dio, c’era davvero chi pensava che io fossi stato a letto con lui, allora. Eravamo amici, tutto qui.
Appena si allontanò da me e mi avviai verso la batteria, lo vidi salutare Matt, o meglio, vidi Matt distruggerli una spalla con una pacca che lui avrebbe successivamente definito come “amichevole”.
Così iniziammo e subito alle prime note il pubblico la riconobbe, inconfondibile e irresistibile Back in Black.
Nic iniziò a cantare - e sì, lo ammetto, fu un po’ stonato -, ma arrivò presto l’assolo di chitarra di Matt e cazzo, se lo mangiò quel coso di Nic, se lo divorò vivo. Fu così… Così dannatamente sexy da togliere il fiato. Sembrava farci sesso, con quella maledetta chitarra. E se non fosse stato perché dovevo suonare, sarei rimasto a fissarlo incantato e rapito e non me ne vergogno. L’avevo visto altre migliaia di volte farlo, ma quella volta, me ne accorsi, ci stava mettendo tutto sé stesso. Per farsi vedere da chi, poi? Il pubblico era suo, non di Nic Cester. Quello era il pubblico di Matthew Bellamy.
Quando finì si voltò verso di me, mi sorrise facendo l’occhiolino e per un attimo credetti che si fosse accorto dei miei occhi che erano stati puntati su di lui fino a quel momento. Invece no, era solo gasato e voleva rendermi partecipe di quella sua “vittoria”. Ricambiai felice il sorriso – merda, mi si erano fatti stretti i pantaloni! 
 

Che ore saranno state? Le due di notte? Le tre?
Beh, insomma, qualche ora dopo aver festeggiato per bene, stavamo rientrando in hotel… Ubriachi. Lo eravamo forse un po’ tanto, dato che il tipo del taxi ci chiese addirittura se volevamo essere accompagnati dentro, ma rifiutammo ed entrammo uno aggrappato all’altro come si fa dopo una sbronza degna di questo nome.
Arrivati al nostro piano, salutai Matt e feci qualche passo verso la mia stanza, quando mi accorsi che quel cretino mi stava seguendo.
«Matt?» Lo chiamai.
«Posso?» Chiese.
«Cosa?»
«Venire in camera con te. Non ho voglia di stare da solo… Parliamo ancora un po’! Ce l’hai qualche alcolico nel minifrigo?» Mormorò, avvicinandosi.
«Vieni.» Sospirai e lui mi seguì.
Quando entrammo in camera, accese la radio e si buttò direttamente sul letto, poi si levò le scarpe, buttandole a terra. Io con calma mi tolsi la giacca di pelle e l’appoggiai su una poltrona, dove poi mi sedetti, o meglio, dove poi sprofondai.
Me ne stavo lì stravaccato quando vidi Matt venirmi incontro con una bottiglia di Gin appena aperta tra le mani.
«Vuoi?» Mi chiese.
Al momento non è che mi andasse più di tanto, mi sentivo ancora in bocca il sapore di shottini al gusto menta che stavano decidendo se andare giù o tornare su; perciò rifiutai, mentre lui con noncuranza incominciò a bere a canna.
D’un tratto appoggiò la bottiglia e si asciugò la bocca col dorso della mano – mi fece uno strano effetto, quel gesto. Anche se, in realtà, non aveva niente di strano... Insomma, siamo chiari, non era la prima volta che Matt mi eccitava. Lui però sembrò non accorgersene.
«Sai…» Iniziò a dire, sedendosi a terra di fronte a me. «Pensavo andassi con lui, stanotte.»
«Lui, chi?» Chiesi.
Ma avevo capito benissimo, seppur la mia mente potesse essere un po’ annebbiata.
«Lui, Nic.» Rispose.
«In effetti me l’ha proposto.» Ammisi.
«Lo sapevo! Lo sapevo!» Urlò, saltando in piedi e cominciando a scorrazzare per la camera.
Io sbuffai. «Ma cosa vuoi sapere, tu!»
«Ti voleva scopare!» Continuò, trotterellando.
«E allora?» Gli risposi, con un sorrisino.
Si fermò e mi rivolse un’occhiata di sbieco.
«Ti saresti davvero lasciato s-» Non finì la frase.
Io scrollai le spalle, pensavo si fosse bloccato perché trovava quella cosa talmente disgustosa da non poter nemmeno continuare a parlarne; invece, scoprii qualche secondo più tardi, che aveva sentito l’inizio di una canzone alla radio, che iniziò a cantare subito dopo, lasciandomi di stucco. Iniziò col venirmi incontro, muovendo la testa di qua e di là con una calma disarmante, finché non arrivò di fronte a me e appoggiò una mano sul bracciolo della poltrona, sporgendosi fino al mio orecchio, dove iniziò a sussurrare: «
Baby, I'm yours…» Prese un respiro, mentre dei brividi percorrevano la mia schiena. «And I'll be yours until the stars fall from the sky. Yours, until the rivers all run dry. In other words, until I die.» Poi scoppiò a ridere ed io con lui.
Ma riprese subito dopo. La sapeva tutta, quella canzoncina smielata.
«
Baby, I'm yours… And I'll be yours until the sun no longer shines. Yours, until the poets run out of rhyme. In other words, until the end of time…» Mi sorrise.
Stava ancora accanto a me quando continuò con tono sexy: «I'm gonna stay right here by your side, do my best to keep you satisfied. Nothin' in the world could drive me away 'cause every day, you'll hear me say…» Poi salì a cavalcioni su di me, che rimasi pietrificato sotto il suo peso. Stai calmo, Dominic…, mi ripetevo ormai da quando aveva iniziato quella stramba serenata. 
Ma lui non si fermò, anzi, era deciso ad uccidermi. Chissà poi cosa gli passava per la testa.
«Baby, I'm yours… And I'll be yours until two and two is three. Yours, until the mountains crumble to the sea. In other words,until eternity.» Sussurrò infine ad un centimetro dal mio viso.
E mentre la canzone alla radio continuava ormai diretta verso la fine, Matt appoggiò le labbra sulle mie.
Mi baciò. lo fece dolcemente, come un bambino. Mi toccò i capelli, il viso, con una delicatezza disumana, di cui non lo credevo capace. 
Lo stavo lasciando fare e sapevo che non era giusto. Ma Dio, quante volte avevo sognato che accadesse? Perché avrei dovuto porvi fine?
Dischiusi le labbra quando sentii la sua lingua fare pressione e decisi che mi sarei lasciato andare. Chi se ne fregava, pensavo non sarebbe mai più successo. E poi… Dai, aveva appena finito di dirmi che era mio. Mio per l’eternità. Ed ero anche ubriaco. Bella scusa, eh?
Ma comunque, credevo di avere le mie ragioni.
Poi si allontanò leggermente, fino a soffiarmi sulle labbra il suo respiro alcolico.
«Tu non hai bisogno di lui.» Sussurrò, improvvisamente, puntando gli occhi nei miei.
Sembrava essere diventato il suo chiodo fisso, quel Cester. Che fosse geloso?
Schiacciò di nuovo la sua bocca contro la mia per un attimo, poi tornò a guardarmi.
«Dom.» Continuò. «Dom, tu davvero non hai bisogno di lui.»
Scossi la testa, ma non capivo.
«Non ne ho bisogno, lo so.»
«Perché l’hai baciato, allora, quella notte?» Chiese, alzandosi in piedi di fronte a me, che rimasi seduto sulla poltrona.
«Matt…» Mormorai lamentoso.
Uno dei miei tanti tasti dolenti.
Dio, quanto tempo prima era successo? 
Ero ubriaco, quella sera - solito festino -, in più, sapevo che avrei passato la notte da solo, visto che Matthew sembrava impegnato a fare giochetti idioti con una delle tante groupies di passaggio, ed io ero decisamente stanco di eccitarmi pensando di essere al posto di quella ragazza. Nic si era avvicinato, mi aveva provocato e boom! io ero esploso: l’avevo baciato, ma niente di che. Non ci ero andato a letto e, sinceramente, fatico a ricordarne il motivo. Ma probabilmente era per lo stesso per cui avevo rifiutato anche quella sera.
«Dimmi solo perché l’hai fatto.»  
Lo stomaco mi si era attorcigliato. Avevo paura. Una fottuta paura che avesse capito tutto – tutto quello che per me andava avanti da anni, ormai. Avrei solo dovuto trovare il coraggio di dirglielo. Ma dov’era finito? “Sai, Matt… Credo di averlo fatto per non pensare a te.”  Non sembrava difficile, no, era di più. Ma credetti di riuscire a farlo quando dischiusi le labbra e con un filo di voce dissi: «Credo…». 
Ma mi bloccai immediatamente. Chiusi gli occhi, lo feci con forza, quasi per farmi male, mi morsi l’interno delle guance.
«Bacia me.» Mi sentii sussurrare ad un filo di distanza dalle mie labbra.
Il mio cuore sussultò. 
Volevo baciarlo, volevo farlo ad ogni costo, ma mi fermai.
«L’ho già fatto prima. Non credo sia una buona idea, non adesso. Siamo- siamo ubriachi, Matt.» Dissi e lui mi sorrise.
«Sarà…  Ma tanto io lo so.» Mi fece l’occhiolino.
«Cosa?»
«Che tu mi desideri.»
Sentirglielo dire così mi fece correre un brivido lungo tutta la schiena.
Scossi la testa e abbassai lo sguardo.
«Sono io che ti sto dicendo di baciarmi, Dom. Sono consapevole di quello che faccio.»
Sorrise di nuovo, voleva tranquillizzarmi, in qualche modo; ma forse non sapeva che così mi spaventava sempre di più, invece.
«Lo voglio anch’io, credimi.
» Continuò. «Voglio provare ad essere tuo, per questa notte. Quindi ti prego, Dom, fallo. Fallo! Baciami. Baciami come fosse la prima volta.»
Immersi i miei occhi nei suoi per un attimo. 
Che cosa sto facendo? Che cosa stiamo facendo, Matt?
Non distoglieva lo sguardo dal mio. Ne era proprio sicuro, cazzo.
D’un tratto chiuse gli occhi - era così bello -, ed io, leggero, lo feci: posai le labbra sulle sue, per una seconda volta, ma lo baciai come fosse la prima, la prima che baciavo qualcuno.
Ci misi tutto me stesso, tutta la dolcezza di cui ero capace e mi lasciai trasportare, da lui, dal suo sapore, dal suo odore…
Ad un tratto si allontanò da me, mi sorrise e si alzò, mi prese per mano facendomi sollevare. Mi diede un altro bacio veloce.
«Forse non ci crederai, ma mi è capitato almeno un migliaio di volte di sognare di fare questo.» Disse, mentre iniziava a sfilarmi la maglietta.
Pensavo continuamente che fosse impazzito, che fosse drogato.
Mi spinse lentamente fin sopra al letto dove poi mi sovrastò, bloccandomi sotto di lui. Mi mangiava, con quegli occhi azzurro cielo – un cielo che sarebbe stato solo mio, per una notte ,; ma mi stava anche trafiggendo il cuore, lo sapevo. Perché io non avrei dimenticato quello che stava accadendo, mentre ero sicuro che lui l’avrebbe fatto.
Lo sentii slacciarmi i pantaloni e sussurrare qualcosa: avvicinò le labbra al mio orecchio.
«Be mine.» Soffiò, leggero.
Poi mi guardò ed io mi persi nei suoi occhi, per sempre.
 

 

2011, un anno e mezzo dopo, tourbus: presente.

 
«Matt!»
Ancora niente.
Sarà la terza volta che lo chiamo, ma continua a cantare a squarciagola
sempre la stessa canzone da quando è uscito dalla doccia, anche ora che si sta asciugando i capelli ed io non ne posso davvero più. 
«Matt! Dio!»
D’un tratto si blocca, spegne il phon e si volta verso di me, mi sorride. Ha ancora i capelli bagnati.
«Suvvia, Dom, non esagerare! Non sono Dio. O… No, hai ragione scusa, sono Dio.»
«Smettila di fare il cretino.» Dico divertito, mentre lui ridacchia soddisfatto della sua battuta.
«Allora che c’è?» Chiede, poi.
«Cambia canzone, cazzo!» Sbotto, ripensando alle mie povere orecchie che hanno dovuto soffrire così per almeno un quarto d’ora buono.
«Perché, che cos’ha Miley Cyrus che non va?» Dice alzando un sopracciglio, offeso nel profondo.
«Tu stai impazzendo, Bells.»
«Ma Dom! It’s a party in the Usa!» Grida, contento come un bambino.

Oh dio, siamo proprio messi male qui.
«Dunque, preferisci qualcos'altro?» Propone con un sorrisetto sul viso che non mi convince molto.
«Sì, per favore.» Rispondo, implorante.
Prende un respiro.
«Contini cinema italiano! I love the cinema italiano! Guido! Guido! Guido! Guido! Guido! Guido! Guido, Guiiiiido!» Urla agitandosi di fronte a me.

Che stronzo.
Dopo l’ultimo acuto mi scoppia a ridere davanti.
«Questa ti va bene?»
«Fottiti.» Ridacchio.
Si avvicina.
«Guido, Guido…» Mormora, sempre più divertito.
«L’hai visto troppe volte, quel film e Kate ti dà alla testa.» Commento.
«Tu mi dai alla testa.»
«Eh?»
Appoggia il phon e si muove verso di me. Mi fissa, senza distogliere lo sguardo dal mio. Non ho mai fatto caso come in questo momento, e ovviamente quella sera, a quanto è bello, a quanto sono belli i suoi occhi quando brillano così, quando guardano me. Appoggia un ginocchio sul divanetto di pelle nera dove sono seduto – e da cui non ho nessuna intenzione di alzarmi: è così tremendamente eccitante –, e mi sovrasta. Avvicina il viso al mio, mi soffia in un orecchio. Sento le sue labbra farmi solletico, la sua lingua, mi morde il lobo.

Cristo, Matt.
E poi ferma le labbra davanti alle mie, i suoi occhi nei miei, e con un sorriso – il più bello di tutti – mi sussurra: «Baciami, Dom. Baciami di nuovo come fosse la prima volta.» 


*

Allora, che ne dite? 
Se vi va di lasciarmi una recensione, anche per dire che è una cretinata immane (non vi darò di certo torto), mi farete felicissima.
Ah! Preciso che io, personalmente, non ho nulla contro Miley Cyrus. Anzi, mi sta pure simpatica.
E l’ultima canzone che canta Matt, per chi non lo sapesse,  è ‘Cinema Italiano’ tratta dal film Nine ed è cantata dalla nostra ‘amatissima’ Kate Hudson.
Grazie mille a chi leggerà, a chi ci tenterà e anche a chi recensirà (a cui sarò felice di rispondere).

Lady.
 

   
 
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