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Autore: Trick    18/05/2011    11 recensioni
«Bada a quello che dici, Morte. Sono piuttosto rancorosa».
Annuisco.
«Lo so».

Morte è sempre stata piuttosto insofferente ai sogghigni di Vita. Detesta quando ride fissandosi le unghie. Detesta quando la fissa con superiorità. Detesta la sua impalpabile bellezza. Detesta il fatto che se ne freghi di tutto.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Come Morte obietta
Tipologia: One-shot
Rating: Verde
Genere: Introspettivo, sovrannaturale
Conteggio parole: 1576
Note: A titolo informativo, avevo voglia di scrivere qualcosa, ma non abbastanza per riprendere in mano le mie due long-fic nel fandom di Harry Potter. Vedranno un termine, ovviamente, ma al momento la mia stronza ispirazione fa il suo gioco. La one-shot qui sotto non è nient'altro che colpa sua e dei suoi schizzi di umore, in effetti.
Grazie a tutti voi che leggete le mie storie. :)



Siamo tutti rassegnati alla morte.
È alla vita che non arriviamo a rassegnarci.
Graham Greene

Quando arrivo, lei è elegantemente seduta sul suo raffinato scranno dorato e si osserva con aria disinteressata le belle mani candide e affusolate. Parla senza nemmeno sollevare gli occhi verso di me.
«Com'era la festa?» mi chiede con un sorriso di scherno.
Non le rispondo.
Mi trascino attraverso la stanza e mi avvicino al bel treppiedi di mogano. Le mie dita scheletriche tremano febbrili, mentre verso un po' di sidro in uno dei calici di vetro. Faccio ondeggiare il liquido ambrato, tentando di mantenere la mente più sgombra di quanto non sia mai stata.
«Perché non rispondi?» incalza ancora lei, alzando il viso e scrutandomi beffarda attraverso i capelli dorati. «Non era divertente?».
«Va' al diavolo» sbotto seccata, mentre mi lascio cadere fiaccamente su una poltrona. Getto sulle spalle il cappuccio nero e appoggio la testa sul morbido cuscino ricamato. Fingo di scrutare gli intarsi del soffitto, sperando che il mio malumore la faccia desistere dal suo incalzante dire.
«Al diavolo?» ripete con una risatina leziosa. «Io?».
Le rivolgo un'occhiata incendiaria, ma lei fa una smorfia indispettita e riprende:
«Guerra è appena tornata. Dice di essersi divertita parecchio».
«Io no».
«No, infatti» dice con un ghigno perfido. «Tu non sei lei».
Per fortuna, mi verrebbe da risponderle, ma resto zitta e riprendo a ondeggiare il calice con espressione persa.
«Molti di loro erano solo bambini» esordisco infine, fissandola intensamente. «Bambini, dannazione. Non hai fatto niente per salvarli».
Lei solleva gli occhi cerulei dalle proprie mani e mi scruta con arroganza.
«Perché avrei dovuto?» domanda con leggerezza. «Ciò che Fato decide, noi compiamo».
«Non è vero. E lo sai adesso come lo sapevi prima» ribatto decisa.
Ride cristallina ed io provo una grandissima voglia di prenderla a pugni.
«Io non c'entro. Lamentati con Coscienza» taglia corto. «È stata lei a fare gran parte del lavoro».
«Tu c'entri sempre, Vita. È questo il problema di ogni cosa».
Mi guarda con disprezzo, ma io sostengo fieramente il suo sguardo.
«Non sono io quella che gioca il ruolo della cattiva» mi schernisce. «Sei tu, Morte, ad averli uccisi».
Sbatto il calice con forza sul bracciolo e la fisso con furia.
«Non azzardarti!» urlo. «Se tu avessi fatto in modo che quelle persone fosse da un'altra parte, quella bomba non li avrebbe mai colpiti! Se tu avessi convinto quei soldati che--».
«Perché te la prendi sempre così tanto?» mi interrompe.
«Perché non è giusto».
Fa le spallucce.
«Erano innocenti, Vita...» mormoro stancamente, passandomi una mano sul viso. «Come hai potuto?».
Il sorriso che mi rivolge è nauseante.
«Non ti piacciono i finali drammatici, Morte?».
«No» sentenzio fermamente. «E se non piacessero a te, avremmo tutti meno problemi».
«Io sono ingiusta per definizione» commenta con tranquillità, lisciandosi una piega del bel vestito di seta. «Così come Amore è cieco e Follia è irragionevole».
«Ma loro non sono perversi come te. Tu godi nel far soffrire chi dovresti proteggere».
«E tu sei pietosa con chi dovresti uccidere» ribatte. Si gratta pensierosa il mento e aggiunge: «Non è vero che Amore e Follia non sono perversi. Amore si diverte a far innamorare persone che non sono destinate a stare insieme. E Follia... be', lei è dotata di una perversione tutta sua».
Scuoto il capo, stranita.
«Non fare quella faccia, Morte» mi sbotta seccata. «Dovresti esserti abituata».
«Non ci si abitua facilmente ai tuoi scherzi, Vita. Sei schifosamente imprevedibile».
«Grazie».
«Non era un complimento».
Restiamo in silenzio un paio di secondi, lei scrutandosi ancora le unghie ed io sorseggiando un poco il mio sidro.
«Non potevo fare altrimenti» afferma. «Fato aveva già deciso che questa sarebbe stata la loro ultima notte».
«Non accade sempre ciò che Fato dice» ribatto scocciata. «E lo sappiamo tutti, qui dentro».
«Vaneggi. Ciò che Fato decide, Fato fa accadere».
«Potrei elencarti decine di casi in cui questo non è affatto accaduto».
«Solo quando ci mette lo zampino Casualità. Sai com'è fatta. Non riesce mai ad attenersi ai piani».
«Stasera non l'ha fatto».
«Sì, invece. Quella bomba non era destinata per quel paese» dice con voce atona e un sorrisetto divertito. «Hai ancora il coraggio di dire che io sono la sola perversa, Morte?».
Per un attimo, non so cosa dire.
«Tu non hai mai rimorsi» sentenziò mestamente. «Tu sei la Vita, ma non hai mai capito cosa significhi vivere».
Fa una smorfia indispettita.
«Bada a quello che dici, Morte» mi minaccia. «Sono piuttosto rancorosa».
Annuisco.
«Lo so».
La sento sospirare, profondamente indignata. Si alza di scatto, sistema l'abito e si dirige verso le belle scale di marmo che portano ai suoi alloggi, senza aggiungere altro. Rimango seduta sulla mia poltrona, rigirando il calice fra le dita e scrutando pensierosa il nulla.


«Morte».
Socchiudo gli occhi in un'espressione addolorata. Dopo Vita, Fato è l'ultima persona che avrei voluto incontrare. Non oggi, perlomeno. È troppo presto.
«Morte» ripete.
«Ti ho sentito, Fato».
I suoi passi rimbombano sordi mentre si avvicina a me. Fa un respiro stanco e si lascia cadere sullo scranno di Vita, intrecciando elegantemente le belle gambe magre. Sollevò lo sguardo su di lui e trattengo una smorfia divertita del tutto inappropriata: è inevitabile che l'immagine di Fato desti l'ilarità di chiunque conosca l'iconografia umana.
Un vecchio dalla schiena curva e dalla lunga barba canuta: è così che gli uomini lo immaginano.
Balle.
Un damerino con la giacca a doppio petto, la cravatta di seta porpora e le scarpe di vernice immacolate.
Non fate quelle facce. Amore non ha mai avuto le ali e Vita non è mai stata buona.
Dovreste imparare ad abbondare queste vostre assurde credenze classiciste.
Siamo più umani di quanto non abbiate mai immaginato.
«Vuoi versarmi un poco di sidro, Morte?» mi domanda con voce carezzevole.
Afferro la bottiglia e gliela allungo senza troppi convenevoli. Pare un attimo stranito, ma le sue belle labbra si storcono rapidamente in un sorrisetto divertito.
«Chi è morto, questa volta?» mi domanda con una risatina.
Lo fulmino con un'occhiata, ma lui continua a sorridere lezioso.
«Fanculo» sbotto stizzita. «Tu e Vita».
Lo vedo inarcare i bei sopraccigli.
«Che abbiamo fatto, questa volta?» esclama in tono difensivo. «Ciò che facciamo è già scritto, Morte--».
«Tu lo scrivi, Fato!» ribatto pungente. «Non potresti cercare di essere un poco più umano?».
Mi fissa intensamente, sorseggiando piano dal proprio calice.
«Ne abbiamo già discusso» inizia in tono grave. «Non tutto quello che decido è bello. Ma così deve essere».
«Perché?».
Fa un respiro profondo.
«Cosa vuoi che faccia, Morte?» domanda stanco. «Potrei esiliare Odio, Tristezza, Malvagità e Guerra, se volessi».
«Non lo hai mai fatto. Non li hai mai puniti».
«Dovrei?» domanda con educata perplessità».
Annuisco piano.
«Compiono il loro lavoro, esattamente come te» mi risponde pacato. «Perché dovrei biasimare qualcuno che svolge accuratamente le proprie mansioni?».
«Perché provano piacere nella sofferenza umana, Fato!» ribatto con decisione, sporgendomi verso di lui. «Ha visto cos'ha fatto stasera Guerra? E Malvagità? Hai visto il suo operato? Dimmi, l'hai visto?».
«Sì, Morte. Le ho viste. Hanno fatto un ottimo lavoro».
Abbasso lo sguardo affranta e mi mordo il labbro inferiore, nervosa. Vorrei andare nelle mie stanze per non uscirne mai più. Detesto queste conversazioni con Fato: riesce sempre a razionalizzare la crudeltà di Vita.
«Riesci a immaginare un'umanità senza il potere di Odio? Senza quello di Guerra, di Tristezza e di Malvagità?».
«Certo che riesco» mormoro mesta. «È l'umanità che dovremmo cercare di creare».
Scuote il capo.
«No, Morte. È l'umanità che dobbiamo cercare di mantenere irrealizzabile».
«Perché?».
«Perché se gli uomini non sapessero cos'è l'odio, non saprebbero cos'è l'amore. Se non avessero mai conosciuto tristezza alcuna, non saprebbero di essere felici. Se non esistessero i malvagi, non esisterebbero i buoni e gli umili. E se non ci fosse Guerra...».
«...non ci sarebbe Pace» concludo in un tetro sospiro.
Fato annuisce.
«Ma non è giusto!» ribatto con forza. «Hai torturato la maggior parte di quelle persone per tutta la loro vita! Perché non hai permesso loro di sopravvivere, questa notte?».
Mi scruta penetrante ed io mi stringo nelle spalle per sfuggire al suo sguardo indagatore.
«Nessuna delle mie decisioni è mai certa fino alla fine, Morte» replica pacato. «Chiunque di voi avrebbe potuto fare qualcosa per cambiarla».
«Chiunque, tranne me».
Scoppia a ridere.
«Se tu potessi interferire con le mie scelte, Morte, mi faresti impazzire!» esclama, sarcastico.
«Se stanotte avessi potuto decidere io, sarebbe stata una notte più bella» ribatto con fierezza. «Cosa c'è di male nel volere un po' di giustizia?».
«C'è di male che non è così che deve funzionare» mi spiega placidamente. «Gli uomini e le donne hanno bisogno di essere agitati, talvolta, da sentimenti malefici. Morte, Rabbia, Fame, Tristezza, Odio... sono qui per questo. È nella natura umana ondeggiare fra gli estremi. Nessuno è mai completamente buono, come nessuno è mai completamente malvagio. Così, la loro vita non è mai completamente giusta, come non è mai completamente ingiusta. Non è sempre felice, ma non è nemmeno sempre triste. Talvolta è serena e talvolta bellicosa. L'umanità non è altro che un gioco di dosaggi dell'anima, Morte. Non dimenticarlo».
Sospiro, mentre lo guardo alzarsi e sistemarsi il bel bavero della giacca.
«Riposati» mi dice. «Ne hai bisogno».
Si allontana verso la grande porta di quercia ed io rimango nuovamente sola nel silenzio frastornante dei miei pensieri.
C'è qualcosa di marcio in tutto questo.









   
 
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