Disclaimer: i personaggi sono
copyright della sensei Amano Akira.
Prompt: 74. Questa storia riguarda il lato
oscuro di un amore non corrisposto. Innamorarsi non porta solo felicità e
grandi emozioni, ma credo che produca frustrazioni e anche molti altri
sentimenti. (Tabella)
Note: …sto
trattando la TsunaKyoko. Cioè, è implicita, è solo di
contorno, ma… *piange*
Questa
storia riguarda il lato oscuro di un amore non corrisposto.
Innamorarsi non porta solo felicità e grandi emozioni,
ma credo che produca frustrazioni
e anche molti altri sentimenti.
La morte è triste.
Presa come concetto astratto o di disquisizione filosofica ma, ancor di più,
quando colpisce da vicino.
“Di persona”, quasi.
Non è vero che ti ci abitui: puoi renderla più sopportabile, meno dolorosa,
oppure erigere un muro, quello classico che dovrebbe non lasciar trapelare le
tue emozioni – o far sì che quelle degli altri non ti raggiungano.
Ma non importa quanto a lungo o quante volte tu stia a contatto con essa: ci
sarà sempre quella persona la cui scomparsa ti lascerà il cosiddetto “vuoto
dentro”.
Nemmeno Rokudo Mukuro, che di vite ne ha spezzate
tante senza mai provare rimorso, faceva eccezione.
Si guardava bene dal dirlo, certo, o dal dimostrarlo – naturalmente – ma
persino uno come lui viveva nell’angoscia di vederlo scomparire.
Sawada Tsunayoshi.
Non è vero, che ti ci abitui.
Alla morte non ci si abitua mai.
Alla magione Vongola in quei giorni si era respirata l’aria tesa tipica di
un’imminente battaglia, mista a quella satura di medicinali propria degli
ospedali.
Non c’era davvero odore di disinfettante, o cose simili, ma c’era
quell’atmosfera opprimente di quando qualcuno sta male e non puoi fare altro
che aspettare che quel qualcuno si spenga.
Un principio di disperazione si mescolava ad una speranza forzata.
Lo stesso era stato per quei giorni: una tacita angoscia aveva caratterizzato i
subordinati, i Guardiani e il Boss, fino a tradursi in una temuta realtà.
Era stato qualcosa da aspettarsi, scontato in un ambiente come il loro: colpire
l’anello debole della catena, o il cuore di un’organizzazione per farla
sfaldare e crollare su se stessa.
Tutti continuavano ad incolparsi in qualche modo, chiedendosi l’un l’altro:
“perché nessuno di noi è rimasto all’erta?”, “Perché non siamo stati più
cauti?”, oppure ancora “Perché non ce lo siamo aspettato?”.
Mukuro vi aveva risposto facilmente: il motivo per cui Sasagawa Kyoko era morta
al posto di Sawada Tsunayoshi era chiaro.
Più debole, vicina al Boss dei Vongola in quanto sua compagna di vita e per
questo importante; ma non la priorità.
Importante, certo, ma non quanto il Boss stesso.
C’erano voluti Gokudera e Lambo, per evitare che Sasagawa Ryohei a quelle
parole si lanciasse sul Guardiano della Nebbia. E quando erano riusciti a farlo
uscire dalla stanza, Yamamoto Takeshi – seppur compostamente – lo aveva
ripreso.
«Per favore, Mukuro, fai più attenzione a quello che dici.» aveva pronunciato,
il tono appena meno fermo dal solito per il peso della perdita di un’amica.
«Perché da ora, per Tsuna sarà ancora più dura.» aveva aggiunto prima di
sparire oltre la porta.
…Come se avesse davvero avuto bisogno di sentirglielo
dire.
Lo
aveva osservato per anni.
Quello sguardo mai rivolto completamente verso di lui.
Per diversi giorni a seguire, con gentilezza Tsunayoshi
aveva chiesto di essere lasciato solo.
Al Guardiano della Nuvola di certo non c’era stato bisogno di chiederlo una
seconda volta, e Ryohei era già volontariamente isolato; quanto agli altri, non
era difficile immaginare che per Lambo o Gokudera “lasciarlo stare” fosse stato
quasi fuori discussione. Tuttavia, inaspettatamente, proprio il braccio destro
aveva convinto il più giovane, aiutato da Yamamoto.
Anche Mukuro – da ormai tre giorni – si guardava bene dal rientrare in un
raggio d’azione potenzialmente vicino alla stanza da cui Tsuna usciva solo per
gli obblighi giornalieri.
Ma non era vero, che non lo osservava.
Un’illusionista poteva trovare mille modi, dopotutto, di spiare qualcuno senza
essere visto o percepito. Nonostante questo, lo aveva fatto solo quando era
stato certo che l’altro stesse dormendo.
Gli faceva rabbia, e non si vergognava affatto di quei sentimenti.
Chrome aveva pianto non sapeva nemmeno lui quanto a lungo, e Sawada Tsunayoshi
non era nemmeno da considerarsi cosciente di essere vivo.
Mukuro non capiva: non cosa li dilaniasse a tal punto – cara amica per lei,
compagna di vita per lui, era chiaro che la sua morte portasse a quelle
reazioni.
Quello che l’illusionista non riusciva in alcun modo a comprendere era cosa
avesse di tanto speciale Sasagawa Kyoko; da morta tanto quanto da viva.
Superficiale, assolutamente banale: attraverso gli occhi di Chrome l’aveva
osservata, e in lei di buono aveva scorto solo la gentilezza rivolta alla
Guardiana stessa.
Ma poi? Poi non c’era altro.
Egoista nella sua pretesa di immischiarsi in cose in cui sarebbe stata solo
d’intralcio, l’arroganza nel voler essere al corrente delle cose come se tutto
le fosse dovuto, e la presunzione di chi crede di aver capito tutto, e invece
non ha capito un bel niente.
Una ragazzina debole e inutile, con un poco di gentilezza ed un barlume di
coraggio che sfociava però spesso nella stupida imprudenza.
Cos’aveva mai, di così bello, Sasagawa Kyoko?
Per cosa, concretamente, ci si disperava a tal punto?
Non
l’aveva mai potuta soffrire.
Fin da quella volta.
Ricordava il primo incontro con lei fuori da Vindice,
con un proprio corpo.
Aveva accompagnato Chrome.
Mukuro l’aveva guardata – sapendo bene chi fosse – chiedendosi perché mai fosse
lì; o meglio perché, supponendo che il suo compito fosse solo accompagnare
l’amica, non fosse già andata via.
Ma lei gli aveva sorriso e aveva detto con tutta la tranquillità del mondo: «Bentornato,
Rokudo-kun.»
Era rimasto perplesso: si aspettava cosa, un altrettanto amichevole “sono
tornato” come se la considerasse abbastanza importante da meritare una
risposta?
E Sawada Tsunayoshi, che dietro di lei osservava entrambi un po’ a disagio, un
po’ sulle spine, cosa si aspettava da lui?
«Grazie.» aveva risposto con un sorriso cortese quanto falso.
Tsuna l’aveva avvertito, Chrome percependolo aveva abbassato lo sguardo.
Sasagawa Kyoko aveva sorriso, invece.
Mukuro l’aveva istantaneamente etichettata come una donna stupida.
Tsuna sospirò, nella penombra della stanza: «Oggi sei
insolitamente in anticipo, Mukuro.» mormorò, senza voltarsi verso un punto in
particolare.
«Dunque, come supponevo, te ne eri già accorto.» osservò l’illusionista per
nulla sorpreso, palesando la propria presenza ma rimanendo accanto alla
finestra.
Il castano si limitò ad annuire.
«Credevo non gradissi compagnia, perciò dal momento che non mi hai cacciato ero
arrivato a pensare che non mi avessi notato.» continuò in un’osservazione
casuale.
«Tu e Hibari-san siete gli unici due che non avrei motivo di mandar via.»
«Oya, oya, che pessimi gusti.» commentò «Gokudera Hayato si sentirebbe offeso e
tradito da queste tue preferenze, sai?» insinuò.
Tsuna si concesse un incurvarsi di labbra leggero, alzando quindi lo sguardo
sull’altro: «Tu e Hibari-san siete gli unici due che non tenterebbero di
consolarmi.» chiarì, l’espressione ferita che come sempre si nascondeva dietro
quel sorriso debole.
Mukuro tacque per qualche istante: francamente proprio non voleva addentrarsi
in un discorso su Sasagawa Kyoko, men che meno con
lui.
«Tu non vuoi essere consolato, quindi va bene, no?» lo incalzò retoricamente.
«È vero.» convenne il castano, concedendosi un altro sospiro: «Ed in ogni caso,
chiedere a te di farlo non sarebbe corretto.» aggiunse criptico, ma Mukuro
sembrò capire fin troppo bene a cosa si riferisse. D’altra parte, la differenza
tra lui e Hibari Kyouya nel reagire al recente lutto era stata a dir poco
evidente.
Nessuno dei due teneva la ragazza in particolare considerazione: ma mentre il
Guardiano della Nuvola rimaneva in un silenzioso rispetto per il dolore altrui,
sebbene non condiviso, Mukuro era semplicemente…
indifferente. In un’accezione anche abbastanza negativa del termine, per essere
esatti.
«Ti stai addentrando in un argomento che, fidati, non vuoi trattare con me,
Sawada Tsunayoshi.» fece presente, lo sguardo che comunque non lo abbandonava.
«Vorrei avere la tua freddezza. È molto più adatta ad un Boss.» mormorò.
«È molto più adatta agli assassini, e agli uomini senza scrupoli.» lo corresse,
il tono come quello che potrebbe avere un adulto nei confronti di un bambino
ancora troppo piccolo per capire.
Cadde il silenzio, ed invase la stanza per un intervallo di tempo abbastanza
lungo.
Fu Tsuna a romperlo, nel modo peggiore possibile per l’illusionista.
«Non ti piaceva affatto, vero? Fin da quando sei uscito da Vindice.» pronunciò,
ma il tono non era d’accusa.
«Per niente.» replicò impietoso; non sapeva se per ferire lui assecondando un
istinto inconscio, o se per brutale e crudele sincerità che – in fondo – lo
aveva sempre contraddistinto.
Che fosse un pregio o un difetto, era opinabile.
«Lo immaginavo. Mi dispiace, credo che sia in parte a causa mia.» disse
solamente.
Mukuro strinse i pugni nervosamente: lui era sempre, sempre, sempre così.
Non era nemmeno certo che Tsunayoshi avesse capito, che si fosse reso conto del
perché di tutto quell’odio – oltre alla concreta antipatia che aveva provato
verso quella ragazza, ma che l’illusionista rivolgeva anche alla maggior parte
delle persone che entravano a contatto con lui.
Pur non sapendo di quante e quali cose il castano avesse davvero preso coscienza,
nulla cambiava in lui: per quanto crudele fosse Mukuro nei suoi confronti… non lo biasimava mai davvero, mai altrettanto
crudelmente.
«Vorrei chiederti un favore.» riprese poi, guardandosi le mani, le dita
intrecciate fra loro: «Vorrei che ci fossi anche tu, domani.» concluse.
Ah. Il funerale.
Sospirò: «È un ordine?» chiese senza esitazioni, che giunsero però quando il
castano alzò lo sguardo su di lui.
Mukuro deglutì a vuoto, impercettibilmente, con la sensazione di avere di
fronte un bambino ferito che sta per scoppiare in lacrime; e, tuttavia, ancora
quel debole tentativo di sorriso.
«È… solo un mio desiderio.» mormorò: «Vorrei che ci
fossi, ma… non voglio ordinartelo.»
Strinse i pugni, ancora una volta, e non visto si morse appena il labbro
inferiore.
«Va a dormire. Oppure piangi fino a sentirti male, ma domani non voglio
assistere anche alla tua disperazione.» replicò secco, muovendosi verso la
porta – in un insolito abbandonare la stanza normalmente anziché sparendo
semplicemente alla vista – senza voltarsi.
«Dammi tregua.»
Non
c’era alcuna tregua,
nel saperlo solo a sprofondare nel dolore
e in un immotivato senso di colpa.
Quel funerale, che si era appena concluso, era stato un
supplizio.
L’aria era stata appesantita dal dolore e dalle lacrime, somigliando a quella
che accompagna le nuvole cariche di pioggia poco prima di un temporale.
Sawada Tsunayoshi, come c’era da aspettarsi, non ha pianto: forse lo ha fatto
la notte prima, e forse lo farà quelle a seguire.
Nessuno dei Guardiani, tranne Lambo e Chrome, ha pianto: le espressioni addolorate,
oppure il silenzio rispettoso del dolore altrui, sono state le uniche cose con
cui hanno potuto provare ad essere la forza del Boss.
Tutti hanno donato almeno un fiore.
Tutti tranne lui; il Guardiano della Nebbia ha solo osservato.
Si è detto che, quantomeno per rispetto a Sawada Tsunayoshi, forse si sarebbe
dovuto adeguare.
Ma poi si è detto che un fiore non sentito somiglia più ad un insulto che ad un
concordato e fittizio rispetto; e che in fondo, per fingere di essere gentile
non aveva motivo.
«Non potevi adeguarti, immagino, vero?» gli ha sibilato contro Gokudera Hayato
passandogli accanto, accusatorio.
«Sono qui su richiesta di Sawada Tsunayoshi. Nient’altro.»
Il Guardiano della Nebbia non ha pianto: non vede perché dovrebbe, dopotutto.
Note
finali prive di utilità
Francamente
non so se l’idea di partenza si sia poi riflessa sul risultato finale °_°” *grosse perplessità*
Avrei voluto mostrare un Mukuro che non dimostra dispiacere perché è innamorato
di Tsuna (che però è compagno/fidanzato/sposato con Kyoko): e dal momento che
Mukuro non è esattamente il tipo di persona che si dispera per la morte della
“concorrenza” – concetto un po’ cinico, ma detto terra terra
è così XD – avrei voluto riflettere quel modo diverso di metabolizzare una
situazione che per tutti quelli che lo circondano è dolorosa, ma che in lui non
si riflette allo stesso modo.
Non so se ci sono riuscita, però :°