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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    18/05/2011    13 recensioni
Dopo aver saputo della morte di Jiraya, il Quinto Hokage non poteva che abbandonarsi al sakè in una serata fredda ed uggiosa, dove la luna non splendeva e persino le stelle erano offuscate dalle nuvole grigie.
Si sentiva vuota, perduta, e non appena fece ritorno nel suo ufficio, quasi ubriaca e completamente abbandonata al dolore, qualcuno le fece una visita inaspettata, che accrebbe il suo tormento…
Ce l’avrebbe fatta a reagire e a continuare a lottare? O si sarebbe lasciata sopraffare dal suo assalitore molto inaspettato?
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sorpresa, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
- Questa storia fa parte della serie 'A Life of a Queen'
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Tsunade barcollava nelle strade deserte e buie di Konoha:
si sentiva perduta, vuota,
tremendamente sola…
 
Il sakè non bastava a consolarla della perdita che aveva subito,
non bastava a tentare di farle dimenticare, anche solo per una sera, della tragedia che era avvenuta troppo lontana da lei perché potesse intervenire,
perché potesse salvare l’unica persona che le fosse rimasta…
 
stupido baka!
Continuava a ripetere tra sé e sé:
perché l’aveva abbandonata?
Perché si era gettato in una missione suicida, consapevole dell’enorme rischio che correva?
 
L’aveva fatta diventare Hokage,
le aveva lasciato in mano tutto ciò a cui lui teneva:
la sua infanzia, la sua adolescenza, la sua vita,
i luoghi che più aveva amato, le persone che aveva protetto,
il suo affetto…
E ora, lei si trovava la responsabilità dell’intera vita delle persone che amava sulle spalle.
Ma era sola, tremendamente sola.
 
Dan era morto.
Suo fratello era morto.
E ora, anche Jiraya l’aveva abbandonata per sempre…
Cosa poteva fare senza più alcun appoggio?
Certamente avrebbe continuato a lottare per quel villaggio, l’unica cosa che la teneva ancora legata alle persona che aveva amato e che in quei momenti la facevano tremendamente soffrire…
 
Non poteva far altro che chiedersi perché non fosse morta anche lei come i suoi compagni Jiraya e Orochimaru.
Era rimasta in compagnia soltanto di un’infinità di responsabilità, nient’altro.
 
Ma quella sera non se la sentiva di fare l’Hokage, di essere responsabile.
Aveva deciso di lasciarsi andare, di annegare per una sera nel dolore e nella disperazione più totale:
non ce l’avrebbe fatta a tenersi tutto dentro ancora per molto, prima o poi avrebbe dovuto sfogarsi e nel sakè aveva trovato un conforto piuttosto squallido, ma appagato.
 
Si avviò verso il palazzo dove lavorava quotidianamente, salendo lentamente le scale quasi come se quella strada le pesasse più di ogni altra cosa.
Il cielo era vuoto, la luna sembrava aver perso la sua luce e persino le stelle l’avevano abbandonata, lasciandola totalmente al buio.
 
Aprì lentamente la porta del suo ufficio e vi entrò senza fretta, con movimenti lenti e poco sincronizzati: era abituata a bere, l’alcool ormai non le faceva più un grande effetto ma quella sera aveva particolarmente esagerato e si sentiva più stordita del solito, tanto che si scordò di chiudere la porta alle sue spalle.
Avanzò nella stanza buio, sfiorando con la mano la propria scrivania e restando immobile di fronte alla finestra: guardava al di fuori di essa, ma il suo sguardo era perso nel vuoto ed i suoi occhi privi di ogni sentimento.
Forse soltanto dolore e malinconia.
 
Sentì alcuni passi avanzare nel corridoio, fino ad arrivare di fronte alla stanza dove lei era immobile e fermarsi dinnanzi alla porta, ma Tsunade non aveva la forza di voltarsi o tentare qualsiasi movimento: quella sera avrebbero anche potuto benissimo ucciderla che non le sarebbe importato nulla.
 
- Non pensavo di trovarla qui anche a quest’ora della notte, Quinto Hokage -
 
Quella voce cupa e fredda fece momentaneamente raggelare il sangue nelle vene alla donna, la quale tuttavia non aveva alcuna intenzione di muoversi dalla sua posizione.
Aveva riconosciuto benissimo quell’uomo e si stupiva del motivo per cui fosse lì, proprio lui che l’aveva sempre odiata e aveva desiderato con tutto se stesso che si dimettesse dalla carica di Hokage.
 
- Neanch’io, Danzo. -
 
Lui fece un sordo e quasi impercettibile ghigno comprendendo che la donna lo aveva riconosciuto nonostante l’ubriachezza.
Le si avvicinò con passo cauto, mentre lei continuava a restare immobile e immersa nel suo sconforto, per quanto la figura di quell’uomo la turbasse non poco: aveva sempre tentato di toglierla dai piedi, quella notte avrebbe potuto approfittare benissimo di quella situazione, vile com’era.
 
- Immagino che la notizia della morte di Jiraya-sama vi abbia sconvolto, non mi stupisce che siate sprofondata nell’alcool. -
- Non abbastanza per non comprendere il sarcasmo delle tue parole, Danzo. Immagino che tu abbia approfittato della situazione per farmi questa visita, che non sarà certamente di cortesia -
 
Nonostante l’alcool era abbastanza lucida per dare delle risposte sensate a quell’uomo che continuamente la tormentava e cercava in ogni modo di farla deporre dal suo incarico: voleva essere lui l’Hokage, non quella ninja medico che tuttavia gli sembrava estremamente affascinante…
 
Le si avvicinò ancora, fin quando non appoggiò il proprio bastone alla scrivania e poggiò le proprie mani grosse e rugose sul bacino di lei: a quel gesto, un brivido percorse la schiena della donna, ma non abbastanza intenso per farla reagire.
Restò immobile mentre lui le si avvicinava ulteriormente, con un sorriso ironico stampato sul volto segnato dalle rughe: quella situazione gli piaceva, quella donna l’attirava in un certo senso…
 
Era bella e formosa, oltre ad avere un carattere determinato che tuttavia si indeboliva moltissimo in circostanze come quella…
Inoltre, era sua nemica, desiderava spodestarla e prendere il suo posto,
desiderava comandare su di lei,
desiderava fare di lei ciò che voleva,
desiderava possederla e quello era certamente uno dei momenti più favorevoli, dato che era debole psicologicamente e stordita dall’ubriachezza.
 
- Io la definirei piuttosto una visita di piacere…-
 
Fece scorrere la sua mano destra lungo la schiena di lei con cautela sino a giungere al collo.
Le toccò la pelle calda e liscia, godendo di quel tocco delicato e fine e muovendo le sue dita sulla sua carne, mentre l’altra cominciava a stringerle il bacino.
 
Si avvicinò ulteriormente al suo corpo ma Tsunade non reagì nemmeno a quei gesti: il dolore, la disperazione per la perdita di Jiraya erano ancora troppo vivi dentro di lei, il sakè era nel pieno della sua efficacia e ciò le impediva di fare alcun movimento, pur essendo consapevole che l’uomo che la stava toccando era il peggiore sulla faccia della Terra.
 
Lui le scostò leggermente i capelli biondi e avvicinò le proprie labbra al suo collo, fino a baciarlo con un certo trasporto e a quel gesto seguì un totale avvicinamento di lui al corpo di lei, tanto che il suo petto muscoloso si trovò a contatto con la schiena della donna.
Il braccio lungo la vita la strinse ulteriormente a lui, mentre la sua bocca si muoveva con insistenza lungo la pelle liscia e calda di Tsunade.
 
Un altro brivido la percorse e questa volta la sua reazione non sfuggì all’uomo, il quale allontanò il suo viso da lei, compiaciuto.
 
- Si vede che è molto che non ti fai baciare da un uomo, Tsunade…-
- Non ti ho autorizzato a darmi del “tu” -
 
Fu l’unica risposta che riuscì a dargli, con freddezza, ma ancora una volta non si oppose a quei gesti disgustosi: lei lo odiava profondamente e sapeva del sentimento ricambiato, tuttavia non riusciva a comprendere perché quell’uomo avesse assunto un tale atteggiamento nei suoi confronti.
 
Lui si lasciò sfuggire un risolino ironico, per poi abbandonare il collo e lasciare scivolare la sua mano lungo il petto di lei: era liscio e piacevole al tatto, quella pelle così calda l’aveva bramata per molto, troppo tempo…
L’aveva sempre guardata da lontano, ma non aveva mai ignorato la sua bellezza e perfezione, non aveva mai ignorato il suo desiderio di poter fare di lei ciò che voleva…
La mano rugosa scese sino al seno di lei, percorrendolo con delicatezza e assaporando quel momento con un certo godimento: sfiorò la scollatura, la pelle viva, soltanto dopo aver goduto di quella prosperosità e le slacciò la giacca verde, lasciandogliela cadere dalle spalle con un gesto rapido ma non affrettato.
 
A quel punto, qualcosa dentro di lei si mosse e non poté tollerare ancora quei gesti insensati dell’uomo: non voleva permettergli ancora di toccarla, di godere del suo corpo. Lei lo odiava, gli faceva schifo, terribilmente schifo.
Si allontanò dalla figura di Danzo, guardandolo negli occhi sebbene la sua vista fosse leggermente annebbiata e restando ad un metro da lui, mentre quest’ultimo aveva riacquistato un’espressione seriosa che tuttavia si intravedeva solamente nel buio della stanza.
 
- Hai sempre cercato di spodestarmi, cosa ti prende ora?! -
 
Disse con un briciolo di rabbia, di arroganza probabilmente, ma questo non impedì all’uomo di avanzare di qualche centimetro senza alcun timore: sapeva quanto fosse vulnerabile e aveva intenzione di approfittarne, viscido e vile com’era.
 
- Io voglio diventare Hokage, e questo lo sai bene… Sono disposto anche ad ucciderti, senza troppi ripensamenti. -
 
Quelle minacce arrivarono sino all’orecchio della donna senza tuttavia provocare alcun effetto: non la intimorirono per niente, la lasciarono semplicemente indifferente di fronte a quelle parole così scontate.
Tsunade sapeva che volesse ucciderla, ma sapeva anche che non lo avrebbe fatto quella sera, la sua attenzione era rivolta ad altro e lei comprese bene cosa, senza tuttavia avere ancora la forza di reagire.
 
Con uno scatto rapido si avvicinò a lei, costringendola contro il muro e bloccandole la vita con le grosse mani, le quali imprimevano una certa forza su di lei mentre anche il suo corpo cominciava ad aderire a quello dell’Hokage: lei non sapeva come reagire, la sua inaudita forza le avrebbe permesso di ucciderlo con un sol corpo ma il sakè le affievoliva le forze, rendendola debole e offuscandole la vista.
E lui questo lo sapeva bene, dato che non ci aveva pensato due volte ad approfittarne.
 
- Ma questo non significa che io abbia intenzione di rinunciare al tuo corpo… -
 
E dopo aver detto quelle parole avvicinò spudoratamente il suo volto al corpo di lei e prese a baciarle il collo con avidità mentre una delle sue mani scendeva a percorrerle una gamba con insistenza.
Il suo corpo si era avventato su quello di lei ed i suoi muscoli scolpiti aderivano perfettamente al suo seno prosperoso con una certa foga.
Lui godeva di quel momento di piacere, in cui finalmente aveva ottenuto ciò che dall’ombra bramava da tempo: il corpo perfetto di lei a suo piacimento.
 
Tsunade non poté che restare tremendamente disgustata da quel gesto, da quella passione puramente carnale che aveva invaso quel demonio e che lo aveva spinto sino a quel punto.
Lui la desiderava, in quel momento più che mai e ne avrebbe approfittato senza alcun problema.
Poi, forse, l’avrebbe risparmiata per un successivo divertimento.
 
Quando l’erezione di lui cominciò a premere contro l’inguine di lei, Tsunade si riprese e tentò di allontanare quel mostro da lei spingendo debolmente le sue mani contro il petto di Danzo, senza tuttavia riuscire nel suo intento.
Di fronte a quel debole tentativo l’uomo fermò momentaneamente la sua foga e sorrise ironicamente, guardandola negli occhi e lei vide l’odio e la cattiveria brillare nel suo occhio destro.
 
- Cosa pensi di fare, povera ed indifesa Tsunade? Ridotta in questo stato non riusciresti a liberarti di me nemmeno se lo volessi davvero. -
 
Questo era il problema, voleva davvero liberarsi di lui?
Certo che sì! Lo odiava, lo disprezzava, le faceva schifo in ogni sua forma e parola, non avrebbe desiderato la sua morte in quel momento più di ogni altra cosa al mondo!
I suoi gesti non erano l’affetto di cui lei aveva bisogno,
non erano le dolci carezze di Jiraya quando lei era triste,
non erano quelle parole piene d’affetto che lui le diceva per farla emergere dal suo dolore…
 
No, erano egoismo puro,
passione carnale e nient’altro.
Se ne avesse avuto la forza gli avrebbe vomitato addosso.
 
Ma lui non si curò di quello che lei poteva provare,
non gli importava sapere che stesse soffrendo, che stesse morendo dentro:
a lui interessava soltanto soddisfare il suo desiderio carnale, la sua perversione nei confronti di quella donna tremendamente bella e intoccabile… O almeno fino a poco prima lo era stata.
La sua mano destra era comodamente appoggiata sul sedere di lei mentre con l’altra le prese il viso con una delicatezza irritante:
la costrinse a guardarlo negli occhi,
a specchiarsi e vedere a cosa si stava arrendendo,
a perdersi in quell’odio e in quel disprezzo infinito…
 
- E’ davvero un peccato che una donna tremendamente bella come te si lasci così andare per la perdita di un inetto come il sannin dei rospi… -
 
Disse quelle parole con cattiveria, perché sapeva di ferirla ed indebolirla ancora di più…
Invece quella sua voce irritante ed aggressiva non fece altro che risvegliare in lei quella forza che l’aveva sempre contraddistinta: quelle parole di insulto verso una persona che lei aveva amato l’avevano profondamente ferita…
Ma l’avevano anche riempita di rabbia, di desiderio di eliminare quel cafone dannato e fargli sputare sangue a forza di fargli ammettere quanto fosse piccolo e schifoso, peggio di uno scarafaggio.
 
Lui non si accorse del cambiamento della donna, preso com’era dall’osservarle il corpo:
i fianchi perfetti,
il seno prosperoso che si intravedeva dalla scollatura,
il collo caldo e liscio,
il viso dai lineamenti delicati,
la bocca carnosa e rosea che sembrava essere la sua più grande tentazione…
 
Fece scendere la mano dal viso al petto della donna e si avvicinò ulteriormente a lei, come se volesse finalmente assaporare il dolce sapore delle sue labbra…
 
-… Ma ora voglio quello che lui non è mai riuscito ad avere.-
 
La sua voce era ironica, sadica.
Voleva distruggerla completamente, annientare le sue difese e vincere anche contro quel sannin che era riuscito a diventare una leggenda, al contrario di lui.
Bramava le labbra di quella donna tremendamente bella ed affascinante, voleva quel bacio che nessuno era mai riuscito ad avere: voleva rovinarla, togliendole la sua purezza.
 

Stronzo egocentrico di merda
Pensò lei con rabbia e non appena si rese conto delle intenzioni dell’uomo riuscì finalmente a reagire, a ritornare in sé nonostante l’alcool: a difendere tutto ciò per cui aveva sempre lottato.
Non avrebbe permesso a nessuno di prendersi gioco di lei, né tantomeno delle persone che amava!
Gli mollò un potente pugno nello stomaco, abbastanza forte da scaraventarlo contro la parete di fronte e disintegrarla.
Era stanca, non era al cento per cento delle forze, ma questo non l’avrebbe fermata di certo.
 
Non avrebbe permesso a quell’inetto egocentrico di insultare Jiraya,
non gli avrebbe permesso di avere ciò che nemmeno il suo migliore amico era riuscito ad avere da lei.
Non si sarebbe lasciata sottomettere da nessuno, MAI!
Né tantomeno da quello sporco traditore maniaco di Danzo, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe potuto fare!!
Lo odiava, lo disprezzava, le faceva schifo.
 
Senza contare il fatto che aveva cercato di approfittarsi di lei,
della sua situazione dolorosa,
del suo lutto,
del suo dolore straziante…
 
Ma nonostante questo, ancora una volta il pensiero di Jiraya l’aveva salvata,
le aveva permesso di reagire,
le aveva dato la forza di lottare.
E in quel momento lei comprese che non si sarebbe mia più arresa, di fronte a niente e a nessuno.
Di fronte a Danzo men che meno!!
Avrebbe continuato a lottare e a vivere per le persone che aveva sempre amato, difendendo il villaggio da tutto e da tutti, anche a costo della vita.
Te lo prometto, per sempre. 

 

  
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