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Autore: Nadine_Rose    24/05/2011    1 recensioni
Questa è la storia di un amore nato tra la peggiore delle violenze e maturato per il desiderio inconscio d’amare, un amore capace d’intenerire il duro cuore di un soldato e di confondere l’animo di una prigioniera.
“Guardandomi attorno, mi resi conto che ero l’unica senza compagnia e di nuovo m’invase la tristezza. Mi avevano detto che per ogni persona sulla faccia della terra c’era un’anima gemella e la mia in quale parte del mondo si nascondeva? Mi domandavo chi fosse e cosa stesse provando in quel momento l’uomo che dall’alto mi era stato designato” [Rosa De Santis; tratto dal capitolo 5, False speranze].
“Mi voglio arruolare, voglio portare la Germania, la nostra Germania alla vittoria. Fra qualche mese tutta l’Europa saprà chi sono gli Von Hennen” [Karl Von Hennen; tratto dal capitolo 6, Orgoglio patriottico].
Storia scritta insieme a un mio amico.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Premessa

 

“ La vittima e il carnefice ” è una storia scritta insieme al mio caro amico UgoCINQUE.

Essa racconta di un amore nato tra la peggiore delle violenze e maturato per il desiderio inconscio d’amare, un amore capace d’intenerire il duro cuore di un soldato e di confondere l’animo di una prigioniera.

In questa storia ogni riferimento a fatti, luoghi e persone è puramente casuale.

 

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Prologo

 

Un’altra fredda e dolorosa notte calò sulla Risiera di San Sabba. I soldati si ritirarono, chi negli uffici a contare freddamente il numero dei morti, chi nei loro confortevoli e caldi alloggi a festeggiare, bevendo e soddisfacendo i propri piaceri mentre i prigionieri nelle loro anguste e fredde celle a distendere le membra stanche. Solo una giovane, nel suo vestito a righe bianche e blu due volte più grande di lei, si aggirava ancora nel campo diretta verso l’edificio a tre piani. Al secondo piano, nell’ultima stanza a destra, la numero 132, l’aspettava il suo amante. A breve, avrebbe finalmente riassaporato il profumo della sua pelle e confuso il respiro con il suo; con abbandono, si sarebbe adagiata su quel letto e lo avrebbe accolto su di sé e in sé. Bussò alla porta ma nessuno le rispose. “ Karl, sono io! ” disse e bussò più forte. Ma di nuovo fu il silenzio a risponderle. Aprì quindi la porta e, lentamente, entrò nella stanza. Tutto era apparentemente normale. La finestra socchiusa che faceva trapelare un po’ di fioca luce, sulla scrivania una bottiglia quasi vuota della miglior vodka e un bicchiere sporco, tre cicche di sigaretta nel posacenere e, sul comodino, una lettera. Gelò. Sedette e, con le mani che tremavano, l’aprì:

 

“ Cara Rosa,
probabilmente quando leggerai questa lettera io sarò già in viaggio per Berlino. Mi hanno trasferito. Avrei voluto dirtelo di persona ma non ho avuto il coraggio. Perdonami. Com’è strana la vita. Prima che ti conoscessi non avrei mai pensato di potermi innamorare di una ragazza come te. Eppure sei riuscita a far breccia nel mio freddo cuore di tedesco. Sei stata l’unica ragione che mi spingeva a trascinarmi per un altro giorno, l’unica cosa bella che mi sia capitata in questi mesi che per me sono stati di prigionia, qui a San Sabba. Mi hai stravolto la vita. Ti porterò per sempre nel cuore.
Con tutto l’affetto che provo,

Tuo, Karl.
P.S.: ti ho lasciato una sorpresa nel cassetto. Perdonami, se puoi ”.

 

La giovane, sconvolta, si sdraiò lentamente sul letto e portò la lettera al cuore. Si girò poi sul fianco e aprì il cassetto del comodino. In fondo al cassetto la vide: Karl le aveva lasciato la sua benda nera, la prese avidamente e mettendosi in posizione fetale la strinse a sé insieme alla lettera. “ No! ” urlò nel freddo silenzio della stanza lasciando esplodere il suo dolore in un pianto disperato.

 

 

 

 

   
 
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