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Autore: Shari Deschain    30/05/2011    2 recensioni
«Voi siete come questi temporali estivi», ricorda di averle detto una volta. «Portate freschezza dove il caldo è soffocante, e date nuova vita là dove il significato di vita è un concetto ancora non ben definito», lei aveva sorriso e lo aveva baciato.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katherine Pierce, Stefan Salvatore | Coppie: Katherine/Stefan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Love. Hate. Such a fine line'
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Warning: Spoiler seconda stagione (post 2x16), Missing Moment
Wordcount: 1150 (FDP)
Disclaimer: TVD è di L.J. Smith e di quegli adorabili stronzi di Julie e Kevin. Se mi pagassero per fare questo, sarei la donna con il lavoro più bello del mondo dopo la Dobrev.
N/A: Scritta per il TVG!Fest vampiregeometry, prompt Katherine/Stefan – Temporale estivo
─ Temporalmente collocata dopo la 2x16, quando Damon invita Katherine a togliersi di torno e trovarsi un'altra camera da letto.
─ Teniamo conto che questa cosa io l'ho scritta tra le due e le tre di notte, con un temporale in sottofondo e un paio di birre in circolo, e che nelle mie intenzioni doveva essere una roba fluff da dedicare alla Lizzie_Siddal. Non so nemmeno io cos'è venuto fuori. Samba, mi dispiace ma te la tieni così XD
─ Il titolo significa pioggia d'estate. Ed effettivamente avrei anche potuto metterlo in italiano, ma è venuto fuori in francese e l'ho lasciato così, amen.



 
Pluie d'été






Sdraiato al buio sul suo letto, immobile, con gli occhi chiusi e un sorriso inconscio appena accennato sulle labbra, Stefan ascolta il temporale abbattersi con violenza crescente contro i muri e il tetto della sua casa.
Ama il rumore della pioggia, e non tanto per il suo effetto rilassante, quanto per i ricordi che che riesce a rievocare dentro di lui: momenti così lontani nel tempo da sembrare ormai frammenti di sogni perduti, e sensazioni così difficili da rivivere adesso da fargli dubitare della loro effettiva esistenza.
La pioggia gli ricorda lontane giornate d'infanzia, trascorse davanti ad un camino acceso, con un libro tra le mani ed una famiglia silenziosa al suo fianco.
Gli ricorda notti illuminate dai lampi e finestre scosse dal vento, e due bambini nascosti sotto la stessa coperta, mano nella mano, uniti contro quelli che la loro paura infantile considerava uragani in grado di sradicare via l'intera casa.
Gli ricorda cavalcate solitarie in mezzo al fango e all'erba, immerso in un mondo grigio e senza confini, con il solo scroscio dell'acqua nelle orecchie e il doloroso piacere del frustare dell'aria sul volto abbronzato dal sole.
Gli ricorda, insomma, una vita felice e probabilmente troppo breve, che non smetterà mai davvero di rimpiangere.
Lontano dall'alcova calda del suo letto, ma abbastanza vicino da attirare la sua attenzione, il rumore secco di un vetro infranto interrompe il filo delle sue reminiscenze.
Con un sospiro stanco, e più per evitarsi le riparazioni del giorno dopo che per effettivo attaccamento alla sua casa natale, Stefan si alza e va a cercare la fonte del rumore.
Nel corridoio, grazie alle enormi vetrate sprovviste di imposte, il rumore della pioggia è molto più forte. Non vedendo vetri rotti da nessuna parte, Stefan prosegue e comincia ad aprire una ad una tutte le antiche porte di stanze ormai in disuso. Gli mettono tristezza quelle camere vuote, piene di polvere e oggetti antichi, ma non gli importa abbastanza da farle risistemare, o da fare qualsiasi altra cosa che non sia lasciarle ammuffire, abbandonate a sé stesse e ai loro fantasmi, dimenticate.
L'unica stanza che qualche volta ─ ma molto raramente ─ ancora visita è quella dei suoi genitori, situata alla fine del lungo corridoio, appena prima di quella di Damon.
Ed è proprio sul pavimento di quella vecchia camera da letto che giacciono i cocci rotti che stava cercando, ma Stefan non li degna nemmeno di uno sguardo.
I suoi occhi sono concentrati su una figura minuta, parzialmente in ombra, che con le braccia incrociate appena sotto il seno, se ne sta tranquillamente in piedi davanti alla finestra spalancata.
Il vento le scompiglia i riccioli bruni in un turbinio scuro e indefinito, e la pioggia le incolla addosso la vestaglia leggera, ma da quello che Stefan riesce a vedere dal suo profilo, Katherine sta sorridendo.
Anche quello è un sorriso appena accennato e forse nemmeno totalmente consapevole, e Stefan si domanda vagamente se quello sia il primo vero sorriso che riesce a vedere sulle sue labbra.
E se una parte di lui ─ quella che la vuole falsa, bugiarda e manipolatrice ─ vorrebbe tanto poter dire di sì, un'altra parte ─ quella più onesta, quella che meno risente del rancore ─ oppone una fiera smentita.
Di nuovo una moltitudine di ricordi sfocati gli stringono il cuore in una morsa antica e dolcemente dolorosa.
Non più bambino, non ancora uomo, quante notti di pioggia aveva passato tra le lenzuola, con lei, in cerca di un conforto ben diverso dalla paura di un temporale. Ricorda i loro sussurri coperti dallo sciamare del vento, le risate soffocate sulla pelle l'una dell'altro per non rischiare di essere scoperti, per non mettere fine a quello che sembrava un bellissimo sogno e che invece si era rivelato essere il preludio di un incubo lungo un secolo e mezzo.
«Voi siete come questi temporali estivi», ricorda di averle detto una volta. «Portate freschezza dove il caldo è soffocante, e date nuova vita là dove il significato di vita è un concetto ancora non ben definito», lei aveva sorriso e lo aveva baciato. Poi aveva ripreso ad insegnargli a fare l'amore, ora con impeto e quasi con violenza, come l'infuriare del vento, e ora teneramente, con delicatezza, come le gocce di pioggia che scivolavano lente contro i vetri bagnati di una stanza che non avrebbero dovuto condividere.
«Mi piacciono i temporali», mormora Katherine ad un tratto, riportandolo alla realtà. «Mi piace la loro forza», aggiunge, voltandosi verso di lui.
Non è il genere di frase da cui ci si aspetta una risposta, e mentre un lampo illumina la sua figura snella, Stefan si domanda se la sfumatura di tristezza negli occhi di Katherine sia reale o solo un frutto della sua immaginazione. Non ha modo di accertarsene però, perché lei torna quasi subito a voltarsi verso la finestra e nella gelida luce bianca dei fulmini, il suo volto perde ogni espressione ed i suoi occhi non sono altro che incavi di ombre scure.
«Vieni qui. Vieni a vedere la pioggia», lo invita ancora lei, dopo qualche istante di silenzio. «Sembra quasi che voglia annegare il mondo»
Ammaliato da un qualche incantesimo sconosciuto, eppure terribilmente familiare, Stefan si muove spontaneamente in avanti, pronto ad obbedire, prima di ricordarsi che quella è Katherine, che questo non è il milleottocentosessantaquattro, e che Damon è nell'altra stanza, probabilmente sveglio, e ancora più probabilmente in ascolto.
Ci sono debolezze che nessuno dei due può più permettersi, e suo fratello ha già dimostrato la propria forza.
«Va' a dormire, Katherine», risponde allora Stefan, facendo un passo indietro. «E chiudi la finestra, per favore»
Katherine china appena la testa, sorridendo accondiscendente, e richiude le imposte con un gesto lento e misurato. Un ultimo, testardo refolo di vento si infila tra i pannelli più bassi, quelli ormai sprovvisti di vetro, arricciandole la vestaglia intorno alle gambe snelle.
«Mi rifiutate entrambi, la stessa notte, quando non molto tempo fa avreste fatto a gara per avermi», mormora Katherine lentamente, con un tono quasi sorpreso e vagamente offeso. «Cos'è cambiato?»
«Tutto», risponde Stefan istintivamente. Katherine sorride.
«Il che spesso vuol dire che non è cambiato niente», replica con leggerezza, poi si volta verso il letto, dandogli le spalle, e mettendo quindi fine alla conversazione.
Non prova neanche ad invitarlo a seguirla, e questo non lo sorprende più di tanto. Katherine non è abituata a vedersi negare quello che vuole.
Ancora confuso sul significato di quel breve scambio di battute, confuso da lei, come sempre, Stefan le dà a sua volta le spalle, riconquistando l'uscita.
«Ricordo che un tempo anche a te piacevano i temporali», lo richiama la voce sottile di Katherine, quando lui è già nel corridoio, diretto verso la propria stanza.
Stefan esita un istante, incerto se rispondere o meno.
«Mi piacciono ancora adesso», ammette alla fine, con sincerità.
Katherine non risponde, ma anche se non può vederla, Stefan ha la precisa impressione che lei stia sorridendo soddisfatta.


   
 
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