Venetië,
1763
Passeggia
lenta per le
calli di Venezia. E’ appena arrivata, non conosce nessuno,
non sa dove andare.
Non che le importi un granché …
Da
quattro anni gira
l’Europa, ogni anno in una città diversa. Giusto
il tempo di adattarsi e poi
via, altre strade, altre città, altra gente, altra lingua. E
se l’è sempre
cavata.
Shary
Ann Volwater.
Diciotto anni e accento olandese. Diciotto anni e una massa folta di
capelli
infuocati. Diciotto anni e gli occhi nocciola del padre odiato.
Diciotto anni e
la carnagione diafana, quella della madre cara. Diciotto anni e un
taccuino di
pelle chiara e di pagine giallognole e porose
–così assorbono meglio
l’inchiostro.
La
sua vita è
confusione, delirio, fuga. La sua mente è lucida devozione
alla natura, pura gentilezza
e sorriso sulle labbra, sempre e comunque.
Curiosa e intraprendente.
°°°
Passeggia
per i vari
sentieri di ciottolato dei Giardini Papadopoli. Sono dei giardini
piccoli,
ricchi di alberi, piante, ruscelli. Quei ruscelli che le ricordano
tanto
Anversa …
Da qualche giorno ha preso l’abitudine di andare a errare per i giardini veneziani, oggi i Giardini Pubblici, domani Parco Savorgnan, dopodomani chissà dove. Camminare tra gli alberi la rilassa, la ispira, anche se da quasi un mese ormai impugna la penna solo per sprecare inchiostro in inutili righe senza forza.
Ora
cammina tra i suoi
pensieri e i
ruscelli dei Giardini
Papadopoli, quindi. Sono giorni che non ci metteva piede,
chissà perché ...
Nostalgia, noia? Alza il cappuccio del cappotto azzurro a nascondere i
capelli
rossi: qualcuno le ha già fatto notare quanto siano
riconoscibili e vistosi, e
oggi non sa se vuole incontrare gente. Forse è meglio
sedersi su una pietra
o sotto un albero e
ricominciare finalmente
a scrivere. Gli occhi si soffermano su ogni foglia,
su ogni piccolo e insignificante
ciottolo che muore sotto il suo passo.
°°°
Passeggia
scalza sul
bagnasciuga, lasciando che le onde le lambiscano i piedi, i capelli
immobili
nell'umidità della nebbia. Non vede altro che ombre, sfumate
in un alone
biancastro come dal pennello di un artista. Si stringe nella mantellina
grigia... Stasera non pensa a niente, stasera non vuole pensare a
niente.
La
spiaggia silenziosa
di Venezia è piena di musica; le onde sfregano i loro
archetti sulla sabbia e
la melodia si mescola all’aria salmastra.
Ma
ad un tratto altre
note accarezzano
le sue orecchie, soffocate dalla nebbia. Sono vibrazioni tristi,
malinconiche.
Decide di seguire la musica e si incammina verso la sua fonte, attenta
alla
sabbia sotto ai suoi piedi. In lontananza, ma non riesce a definire con
esattezza quanto sia effettivamente distante, intravede la sagoma di un
uomo, e
di un violino. Si avvicina, ma resta comunque in disparte: non vuole
rompere
quella catena armoniosa di suoni. Non ha idea di chi sia il musicista,
in fondo
non conosce nessuno, ma poco le importa.
La
musica cade sulla
sabbia, come un sasso, poi il silenzio. Si lascia sfuggire un sospiro e
si
avvicina, attenta a non fare rumore inutile. Non farà
niente; si limiterà a
chinare la testa e a sussurrare: “Suonate
magnificamente.”
°°°
Passeggia
per le calli
di Venezia; tra Sestiere San Polo e Piazza San Marco
c’è Rialto.
Non
era mai stata a
Rialto, l'aveva sfiorato, intravisto, ma mai assaporato nella sua
essenza. Non
è abituata a tutta questa gente, di solito frequenta luoghi
pressoché deserti.
Il lungo mantello azzurro scivola tra i corpi leggero, seguito dalla nuvola di capelli
incandescenti, lo sguardo
della ragazza guizza ovunque. Si posa su un caffè -
Caffè Rialto. Si avvicina,
poi accelera il passo e sospinge la porta. Gli occhi nocciola scrutano
l'interno, affollato. Fa caldo qui, allenta la fibbia del mantello e
lascia
respirare il vestito bianco, tenuto per troppo tempo all'ombra del
pesante
tessuto blu. Si ferma in mezzo alla stanza e si guarda intorno, il
sorriso abituale
stampato sulle labbra. Ha voglia di rumore. di gente, di chiacchiere.
Cerca
un tavolino, è
lì, vicino alla finestra. Da qui si vede il Canale, le
barche, il mercato
chiassoso... Forse, forse, è la volta buona. Estrae il
quaderno, la penna e
l’inchiostro scuro dal mantello chiaro e li posa sul tavolo.
Ordina un caffè
all’inserviente, guarda a lungo fuori, perdendo lo sguardo
nel cielo plumbeo.
Poi
apre le pagine,
intinge la penna e scrive.
°°°
Sono SharyAnn Volwater. Straniera a Venezia.
In realtà nessuno è straniero a Venezia, a meno che non lo si voglia essere.
Io sono una straniera a Venezia. Così come sono stata una straniera a Londra, a Parigi, a Monaco, a Vienna, a Milano. Per certi versi lo sono stata anche ad Anversa.
Mi ricordo quando giocavo per le strade della città con i miei amici o quando passeggiavo con un libro in mano con mia madre che mi insegnava ora la storia, ora la geografia, ora la letteratura europea, rigorosamente parlando in inglese, la sua amata lingua madre.
Tutti mi guardavano con disprezzo. La spudorata figlia di quel povero uomo del pittore Theo Volwater, quella strega dai capelli di fuoco, il sorriso tentatore e gli occhi inquisitori del demonio.
E’ vero, odiavo l’etichetta, rispondevo a tutti esponendo le mie idee e le mie opinioni, non esitavo a farmi a valere.
E’ vero anche che forse una ragazza dabbene non dovrebbe farsi coinvolgere in un duello …
Perché non possono le donne essere libere?
Perché non possono scegliere la propria vita?
Sono stata diseredata e cacciata di casa a quattordici anni per aver rifiutato un matrimonio di convenienza e la vita di un uccello dalle ali splendide chiuso in una gabbia di obbedienza e soprusi. Mi sono rifiutata di passare la stessa vita di mia madre.
Ho girato l’Europa. Vivo libera. Vivo per me stessa. E’ sbagliato?
Sì.
Troppo gentile, troppo istruita. Sono una depravata, un’immorale, una puttana.
Odiatemi, padre, odiatemi e fate soffrire le pene dell’Inferno a mia madre.
Io sto bene, sono sola e felice con i miei capelli indemoniati, i miei occhi tentatori e il mio sorriso infuocato.
La pioggia picchia le calli e i campi di Venezia, il cielo nero pesa sulla laguna.
Non è bello il mare? Accumuna tutti, ci rende vicini, anche se viviamo a chilometri e chilometri di distanza. Casa di tutti e proprietà di nessuno. Invincibile, ma disponibile verso l'Uomo ingrato.
E così io sono a casa. Corro tra i campi di tulipani e gioco tra i canali; vi osservo da dietro le vostre tele.
Mi estirpata dalla mia terra, mi avete diseredata e cacciata, ma, padre, io sono ancora lì, io sono ancora a casa.
°°°
Sorride
SharyAnn,
mentre fa precipitare su un foglio insignificante i suoi pensieri.
La
sua vita è
confusione, delirio, fuga. La sua mente, spesso, ne è solo
lo specchio
frantumato.
Partecipante al contest "Nice
to meet you" indetto sul forum di EFP da Bellis e
DataLore.