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Autore: Elos    06/06/2011    10 recensioni
- [...] hai fatto in modo che l'orribile Weasley e sua moglie venissero a colazione a casa tua. - proseguì Draco implacabile, nel tono della massima dignità. - Domenica. Quando c'ero anche io. Mi hanno visto in pigiama. Ed hai preparato quella roba da Babbani, quel panino giallo, il scieesburge, e non mi hai detto che c'era la salsa piccante dentro. L'hai fatto perché io mi umiliassi davanti ai tuoi amichetti Grifondoro. Io lo so.
Harry lo fissò con l'espressione allucinata e sconvolta di qualcuno che non poteva credere a quello che stava sentendo.
- Malfoy... - sentenziò alla fine, gravemente. - Tu sei malato. Molto malato. Hai bisogno di cure.
Prima Classificata al concorso "Vendetta! Perché mi va." indetto da -pracchan-.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Trentacinque cose (e una di più)




Si rese conto che c'era qualcosa che non andava nel momento stesso in cui aprì gli occhi. La sveglia cinguettava rumorosamente da qualche parte sopra la sua testa, ed Harry emise un grwarpfl, poi un ngruntle, tirò fuori una mano da sotto il groviglio delle lenzuola, afferrò la sveglia e la scrollò un paio di volte per spegnerla. La sensazione che ci fosse qualcosa fuori posto era ancora lì, annidata da qualche parte nel fondo del suo cervello obnubilato, ma non riusciva a metterla a fuoco.
Aprì gli occhi, fissò la sveglia, ed una lama di sole gli tagliò la faccia e lo accecò. Ecco cosa c'era che non andava, rifletté Harry svogliatamente. Era il sole. Il sole era nel posto sbagliato, perché normalmente illuminava il letto non prima delle otto, sicuramente non alle sette, e invece la sveglia aveva appena suonato ed erano...
Inghiottì a vuoto, fissando le lancette. Otto e – cazzo – trentuno minuti. Miseria dannatissima e infame...
Scaraventò la sveglia da qualche parte ai piedi del letto mentre balzava in piedi e inciampava nelle lenzuola annodate. Allungò una mano per aggrapparsi alla maniglia dell'armadio, e questo ondeggiò ma non crollò, sfidando tutte le leggi della fisica e resistendo coraggiosamente al suo peso senza rovesciarsi.
- Merda! - esclamò Harry, disperato. - Merda, merda!
Avrebbe volentieri piagnucolato, al momento, perché di tutte le mattine nelle quali avrebbe potuto regolare male la sveglia, proprio quella? Spalancò l'armadio e aprì il cassetto dei calzini, cacciandoci una mano dentro mentre cercava con l'altra di strappare via una giacca dalla morsa delle stampelle. Dovette aggrottare la fronte, dopo un attimo di ricerca alla cieca, ed abbassare la testa per guardare il cassetto in questione: che non era pieno di calzini, nossignore, ma di mutande. Mutande di seta. Molto di seta. Fece una smorfia, richiudendo il cassetto con cautela e pensando esasperato che era l'ultima volta che permetteva a Draco di lasciare la propria roba nei suoi mobili, e aprì il cassetto più in basso. Camicie, nessuna delle quali gli apparteneva. Il terzo cassetto, cravatte. Cravatte verdi. Con il vaghissimo e crescente sospetto che forse e solo forse dietro a tutto questo vi fosse un piano preciso, Harry cominciò ad aprire cassetti alla rinfusa.
Sedici cassetti spalancati più tardi dovette arrendersi all'evidenza: della sua roba, nel suo armadio, non ce n'era traccia.
Avrebbe potuto provare a vedere se con la magia riusciva a sistemare la situazione, a rendere rossa almeno una delle cravatte, per le sacre mutande di Merlino, o a trasformare in un paio di boxer normali quei... quei... i cosi di Malfoy: ma un'immagine risalente al suo quarto anno ad Hogwarts della veste da cerimonia di Ron, indecorosamente tagliuzzata, gli si riaffacciò alla memoria e lo dissuase. Harry doveva vergognosamente ammettere a sé stesso di non essere mai stato un granché con gli incantesimi casalinghi.
Con in braccio un cumulo di roba appartenente a qualcun altro, raggiunse la cucina seguito da una nuvola fosca e temporalesca di cattivo umore. Afferrò la caffettiera e, dopo averci guardato dentro per assicurarsi che non fosse piena di scolopendre, scarafaggi o roba del genere, si versò un po' di caffè freddo in una tazza e bevve.
Otto secondi dopo stava sputando e tossendo tutto nel lavandino, il sapore della stramaledettissima salsa di soia irrimediabilmente appiccicato al palato.
Spalancò il frigo, la nuvola temporalesca subitaneamente trasformatasi in un principio di tormenta di neve plutoniana, e afferrò la bottiglia del latte. Vuota. Il cartone del succo d'arancia. Vuoto. Quello del succo di zucca, vuoto, vuoto, vuoto.
- Draco... - ringhiò, ferocemente.
Quando l'avesse avuto sottomano, pensò, l'avrebbe strozzato. Oh, sì. Gli avrebbe aperto lo stomaco - portando a termine il lavoro che avrebbe dovuto concludere nel bagno dei maschi al loro sesto anno - e gli avrebbe estratto le viscere, per poi annodargliele attorno al collo e strangolarlo. Molto, molto lentamente.
In qualche modo riappacificato con il mondo da quei pensieri, riuscì a lavarsi, a radersi e a vestirsi - con i vestiti di Draco, ma non ci pensare, Harry, si disse, stasera potrai strangolarlo. Con i suoi intestini. Tirò la catena, quando ebbe finito, ed allungò una mano a tastoni verso il rotolo di carta igienica sulla destra: le sue dita sprofondarono nella carta come fosse aria pura, e poi il rotolo si limitò a dissolversi davanti ai suoi occhi inorriditi con uno sbuffo di fumo colorato.
C'era un involto di carta gialla simile ad un piccolo petardo al suo posto, ora, sul quale era scritto: “Truffinganni Marca Weasley! E lasciate i vostri amici a chiappe asciutte (si fa per dire)!
Con la mente ancora annebbiata dall'incredulità, Harry fissò il petardo e cercò di ricordarsi dove conservava il rotolo di riserva. Se ne ricordò dopo un attimo - dietro la porta del bagno. A cinque metri di distanza in linea d'aria.
Forse sventrarlo e strangolarlo non era sufficiente, rifletté Harry. Forse avrebbe potuto considerare la possibilità di impalarlo.

Viaggiare con la Metropolvere era ancora il suo sistema di spostarsi meno preferito. Nell'usare una Passaporta aveva quantomeno la consolazione di sapere che a nessuno piacevano le Passaporte, e che tutti, o quasi tutti, arrivavano a destinazione rotolando, inciampando o barcollando. Solo lui, invece, usciva fuori dai camini generalmente sulle ginocchia o sul sedere, un paio di volte pancia a terra, con le vesti buone ricoperte di cenere e fuliggine.
Si rese conto che c'era qualcos'altro che non andava non appena ebbe messo piede nell'Atrium del Ministero: perché tutti i maghi e le streghe che come lui stavano uscendo dai camini, o passando accanto alla fontana, o camminando verso l'ascensore, alzarono la testa, lo guardarono e cominciarono a fare strane cose. Cioè, più strane del solito. Tipo sogghignare. O arrossire - soprattutto le streghe. O indicarlo. O un po' tutte e tre. Harry c'era più o meno abituato, con quella cosa del Ragazzo-Che-E'-Sopravvissuto che gli si era incollata addosso come una pelle di pesce, di quelle tutte scagliose e appiccicose e praticamente impossibili da staccare senza lasciarne dei grumi, ma questo era diverso. E non gli piaceva proprio per niente.
Si infilò nell'ascensore - una strega minuscola con un orrendo cappellino rosa ed una faccia da tredicenne lo guardò in viso ed i capelli, in spregio ad ogni regola umana, le arrossirono fino alle punte - e si schiacciò sul fondo cercando di passare inosservato: ma era come cercare di far passare inosservato un baobab arancione, realizzò Harry. Tutti continuavano a fissarlo. Una coppia di maghi si chinò su una rivista che assomigliava orribilmente al Settimanale delle Streghe e cominciò a ghignare, gettando verso di lui quelle che, probabilmente, a loro avviso erano occhiate discrete.
Secondo Livello...” annunciò fortunatamente la voce raggelante dell'ascensore. Se l'avesse detto in Serpentese, con quella voce assolutamente impersonale, non avrebbe potuto essere più spaventosa. “Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, comprendente l'Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Auror e i Servizi Amministrativi Wizengamot.
Harry cercò di non travolgere la strega ed il suo cappellino rosa - impresa resa non facile dal fatto che lei continuava a venirgli in mezzo ai piedi - e sgattaiolò fuori. Incedette nel corridoio con quella che sperava fosse un'andatura rapida e disinvolta, sforzandosi di ignorare l'orribile vocina nella sua testa che continuava a ripetergli questo è ancora un buon momento per una fuga. Afferrò con due mani la vocina traditrice, mentalmente, spiaccicandola energicamente sul fondo del cranio.
Il Quartier Generale degli Auror era un alveare in fermento: c'erano maghi che correvano da una parte all'altra con le braccia piene di fascicoli, infilandosi in cubicoli dai quali riemergevano o a mani vuote o con i fascicoli raddoppiati in peso e volume, maghi che strillavano attraverso la stanza notizie a tutti quelli che passavano loro nelle vicinanze, apparentemente a caso, maghi impegnati con serietà nel versarsi grosse tazze di tè dalla Teiera Sempiterna appoggiata nell'angolo di sinistra - e che, per una qualche ragione che doveva essere sembrata molto divertente a chiunque l'avesse comprata, era di un improponibile color rosa confetto metallizzato.
E tutti loro, quelli con i fascicoli e quelli senza fascicoli e quelli con le tazze di tè, alzarono la testa e fissarono Harry. E ghignarono. Harry si bloccò sulla soglia, sovrastato dalla terrificante impressione di trovarsi di fronte ad una folla di redivivi Severus Piton. La vocina nella sua testa resuscitò e strillò fuga! ora!
- Potter! - esclamò un'altra voce, molto più concreta, a cinque centimetri dal suo orecchio sinistro. - Sei in ritardo! Sono già tutti in sala riunione e ti stanno aspettando e... - Eloise Midgen si interruppe. Sbatté le palpebre due volte, si aggiustò gli occhiali sulla punta del naso e sembrò mettere a fuoco la faccia di Harry. - Harry! Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!
- Credo di averne appena visti diversi. - bisbigliò Harry, debolmente. - Tutti con la stessa faccia. Eloise, tu sai perché mi stanno guardando in questo modo?
Eloise apparve profondamente a disagio. Spostò il peso da un piede all'altro, aggiustandosi nuovamente gli occhiali in un gesto nervoso. L'acne che aveva dato battaglia alla sua faccia durante gli anni ad Hogwarts aveva fatto fagotto ed era scomparsa dopo il diploma, lasciandosi dietro due enormi occhi azzurri, un paio di quasi invisibili cicatrici da brufoli qua e là sulla faccia ed una delle scollature più incredibilmente e magnificamente gloriose che fossero mai uscite fuori dalla nobile Casa di Tassorosso. Ron si era già strozzato con la propria stessa saliva, vedendola. Due volte. Era stato piuttosto divertente, in effetti.
- Uhm, Harry. - cominciò lei. - Uhm. - L'uhm era sempre un cattivo segno, con Eloise. Un gradino più su di oh, mio Dio (che significava veramente che si era toccato il fondo), ma sempre diversi piani di scale più in basso di un inizio rassicurante. - Ecco. Tu non, uh, tu non leggi molti giornali, vero?
- Non leggo il Settimanale delle Streghe. - replicò lui cupamente.
Gli occhi di Eloise si sgranarono.
- Oooooh! Sai del Settimanale? Allora hai già visto la pubblicità?
- Quale pubblicità?
Eloise ingoiò a vuoto.
- Non l'hai vista.
- No.
- Oh, uhm, forse è il caso che, Harry, tu vada subito in sala riunioni. Davvero. Ti stanno aspettando tutti...
- Eloise.
Di nuovo, deglutizione a vuoto.
- Sì...?
- Vorrei sapere di che cosa stai parlando. Grazie.
- Harry...
- Eloise.
Rassegnata, Eloise armeggiò per un attimo con il cumulo di fascicoli che aveva in mano, prima di estrarre una rivista dal mucchio: le pagine patinate, le scritte in giallo fosforescente e gli enormi titoli vuoti di un qualunque significato logico strillavano a gran voce Settimanale delle Streghe. Harry la prese con due dita, ed Eloise gli suggerì con un fil di voce:
- Pagina ventitré.
Harry andò a pagina ventitré con l'impressione di camminare verso il proprio patibolo. A pagina ventitré c'era una sua foto che occupava praticamente tutta la pagina - Harry pensò potesse trattarsi di un'altra monografia idiota - ma poi c'era anche questa scritta molto, molto grande sul fondo che diceva...
- Eloise. - chiamò, la voce strozzata. - Chi ha... da dove... io non... io non capisco... c-che cos'è?
- Oh, è un annuncio. - suggerì Eloise, volenterosamente.
- Sì, ma c'è scritto...
- Be', c'è scritto che, uhm, potresti essere interessato ad avere compagnia. - Anche Eloise, come la streghetta dal cappello rosa, dimostrò di essere in grado di far arrossire i propri capelli. - Molta compagnia. Principalmente maschile. A, uhm, a pagamento.
- E' una follia. - esalò Harry. - C'è il mio indirizzo, qua sotto. Chi può aver fatto una cosa del genere? Non lo conosce nessun...
Si interruppe e serrò gli occhi, mentre dalla gola gli usciva un verso disumano come neanche il Serpentese era mai stato, nulla che una bocca normale potesse emettere:
- Drrrrrrraco... -
Eloise sbatté lunghe ciglia brune sugli occhioni molto azzurri:
- Come hai detto, Harry?
- Eloise... - Harry arrotolò il Settimanale e se lo cacciò in una tasca del mantello. - … come posso fare per far sparire questo annuncio dal giornale?
- Be', se non sei stato tu ad inviarlo puoi spedire loro una lettera di protesta. Puoi anche denunciarli al Wizengamot. - gli spiegò Eloise, evidentemente sollevata dalla piega presa dal discorso. - Possono rintracciare l'autore di questo, uh, be', dello scherzo e...
- Denunciare. - ripeté Harry, la voce cupa. - Ottimo. Sai scrivere una lettera di protesta?
- Sì, be'...
- Ne scriveresti una per me?
- Uh, sicuro. - Eloise sembrava lusingata. - Certamente. Vuoi anche che la invii?
- No, mi basta che tu la scriva, per favore, io non saprei neanche da che parte cominci... - si interruppe, inorridito, quando gli occhi gli caddero sull'orologio in fondo alla sala. - La riunione! -
Eloise guardò l'orologio e sbiancò:
- Oh, mio Dio, oh, mio Dio, oh, Harry, ti uccideranno...
Oh, mio Dio, pensò Harry. Ecco. Ora avevano veramente toccato il fondo.
Ma doveva guardare il lato positivo, si disse entrando nella sala riunioni e lasciandosi alle spalle una Eloise intenta a torturarsi le mani tirandosi un dito alla volta: la mattinata non poteva che migliorare.

Millicent Bullstrode era stata un'undicenne massiccia, una dodicenne spaventosa, una quattordicenne inquietante all'epoca del Ballo del Ceppo e una diciassettenne che era stato un sollievo veder allontanarsi dalla scuola mano nella mano con i genitori.
Millicent Bullstrode era stata una Mezzosangue in mezzo a un branco di Serpeverde. Aveva tentato fino al quinto anno la strada dell'adattamento mimetico, dando per un po' il peggio di sé finché l'Esercito di Silente non l'aveva più o meno Schiantata nel corso dell'evasione dall'ufficio della Umbridge; dopodiché, in un attacco di adolescenza a scoppio ritardato, aveva stabilito che era comunque tutto inutile, che sarebbe sempre stata la spina nel fianco della sua stessa Casa, e si era detta be', perché no?
I suoi genitori l'avevano allontanata da Hogwarts per tenerla al sicuro dalle grinfie del Signore Oscuro e dei suoi Amabili Mangiasporco, e Bullstrode aveva continuato a studiare per conto suo, per poi dare gli esami dei M.A.G.O. come privatista, diplomarsi un anno prima dei suoi coetanei rimasti a scuola e, con gran sorpresa di tutti, assicurarsi un posto come Auror in un momento in cui di Auror c'era un gran bisogno. Aveva un padre Babbano, una madre che non aveva mai avuto niente a che vedere con Voldemort e con le sue losche trame; il Ministero aveva sorvolato sul suo non rilucente passato da Serpeverde. E adesso era a capo del Quartier Generale degli Auror.
Certe volte Harry pensava che la vita fosse buffa. Mentre la Bullstrode si chinava su di lui, incombendo dall'alto della sua consistente stazza da valchiria, e picchiettava con un dito enorme sull'orologio da taschino che aveva appena estratto dalla veste, segnalandogli i suoi trentasette minuti e mezzo di ritardo, si ritrovò tuttavia a considerarla, più che buffa, desolante. Era desolante, ecco. Era circondato dai Serpeverde e non c'era via di fuga.
- Suppongo, Potter, che avrei dovuto rammentare la tua scarsa propensione al rispetto per le regole e per i tuoi superiori dagli anni di scuola. - commentò melliflua la Bullstrode in una stupefacente imitazione di Severus Piton. - E tenerne conto nell'indire una riunione alle ore nove del mattino. Un altro Mangiamorte ha infilato una Pluffa Esplosiva nella tua cassetta della posta?
Il suo appartamento era troppo piccolo per permettersi una cassetta della posta personale. C'era una buca delle lettere, ma una Pluffa non ci sarebbe mai entrata dentro. In effetti, tre mesi prima gliel'avevano depositata nel cestino dei rifiuti appena fuori dalla porta di casa: Harry, tuttavia, si guardò bene dal far rilevare a Millicent Bullstrode l'imprecisione.
- No, signore. - replicò invece, sempre più debolmente. - Ci sono stati... mi sono capitati alcuni... diversi... incidenti.
- Oh, sì. - La Bullstrode gettò una lunga occhiata significativa alla rivista arrotolata che sporgeva dalla tasca di Harry. Harry si preparò a morire sul posto per l'onta e l'umiliazione di una qualche atroce battuta pitonesca, ma la donna si limitò a inarcare un sopracciglio e a non dire niente in proposito - cosa per la quale le sarebbe stato eternamente grato. Avrebbe potuto anche considerare l'ipotesi di portarle il caffè tutte le mattine. - Siediti, Potter. La riunione è cominciata da trentanove minuti. Voglio sperare che tu abbia portato il fascicolo del caso Smith.
Harry si sedette, cercando di ignorare meglio che poteva l'occhiata compassionevole gettatagli da Seamus Finnigan, seduto dall'altra parte del tavolino, e quella non precisamente amichevole di Morag MacDougal. Harry non aveva ben capito che cosa spingesse MacDougal ad essergli ostile: sospettava che avesse a che fare con un certo appuntamento rifiutato secoli prima, ma preferiva non pensarci troppo su.
Aprì la borsa e ne trasse fuori il fascicolo. Erano mesi che ci lavorava sopra: Zacharias Smith non gli era mai stato particolarmente simpatico e, da quando l'aveva visto scappare via la notte della Battaglia di Hogwarts, la vaga antipatia si era notevolmente intensificata: quando gli Auror avevano cominciato a sospettare che fosse coinvolto in un traffico di sostanze illecite, perciò, Harry era stato ben felice di occuparsene. Aveva fatto ricerche e seguito piste e fatto tutto quel che si supponeva facesse, ed era particolarmente orgoglioso del suo lavoro. Si sentì rinfrancato tenendolo in mano, e lo allungò verso la Bullstrode con infinito sollievo.
- Le ultime pagine... - si sentì in dovere di specificare. - … saranno un po' in disordine.
Le aveva scritte la notte precedente, fino a cinque minuti prima di coricarsi, con gli occhi gonfi di stanchezza. La scrittura avrebbe potuto essere un po' più pulita, e sicuramente i fogli avrebbero potuto essere sprovvisti di...
… macchie di marmellata.
Bullstrode sollevò il foglio per tenerlo in controluce e Harry sentì la gola chiuderglisi alla vista dell'enorme chiazza rosata che spiccava sulla destra. Il capo degli Auror alzò un sopracciglio e domandò in tono neutro:
- Frutti di bosco?
Harry emise un suono che poteva emergere solo dalla gola di uno gnu morente, e la Bullstrode prese un altro foglio dal fascicolo. Questo era lucido e patinato e aveva una grossa foto stampata sopra, ed Harry non ebbe bisogno di guardarlo due volte per sapere che cosa c'era scritto e cosa fosse. Si rannicchiò sulla sedia, facendosi più piccolo che poteva, e pregò che la terra si aprisse e lo ingoiasse.


Otto ore più tardi, la porta di un appartamento che recava sulla targa del campanello il nome Malfoy, D., si spalancò tanto violentemente che il battente andò a schiantarsi contro la parete, facendo oscillare e cadere a terra il quadro di una pretenziosissima natura morta appeso poco più in là. Le pere nel dipinto si contorsero e rotolarono via, offese, oltre i bordi della cornice.
Qualcuno molto biondo e molto ghignante alzò la testa da un libro, restando comodamente seduto sul bianco divano del soggiorno, inquadrò la porta, inquadrò l'Harry furioso tra i due stipiti, inquadrò la parete e infine osservò:
- Credo che tu abbia lasciato una crepa, Potter. Di nuovo.
- Ho passato tutta la giornata... - ringhiò Harry, avanzando a passo pesante nel soggiorno. - … a spiegare al mio capo perché il mio stramaledettissimo fascicolo era pieno di annunci pornografici. Tutto il Ministero ghigna quando passo. Sono tornato a casa per scoprire che erano arrivati ottocentoventitré gufi in risposta al tuo stramaledettissimo annuncio, e che la posta mi aveva intasato la buca delle lettere, era travasata ed aveva cominciato ad inondarmi lo stuoino. Ho dovuto nuotare tra le buste per entrare in casa. Adesso dammi una sola buona ragione per la quale non dovrei spedire questa lettera al Wizengamot... - agitò la pergamena ripiegata che teneva in mano, minacciosamente. - ... e denunciarti, come tutti pensano che avrei il dovere di fare.
Draco smise di ghignare. Aggrottò la fronte - ed Harry si chiese come diamine facesse a guardarlo dall'alto verso il basso anche ora che era seduto - e poi gli rivolse quell'occhiata obliqua che segnalava sempre il preludio ad una polemica.
- Hai mescolato la tua orribile divisa da Grifondoro con le mie camicie bianche prima di metterle a lavare. - sibilò poi, con freddezza. - Adesso ho dodici camice rosa, e non riesco a trovare un dannato incantesimo per farle tornare del colore giusto. So che l'hai fatto apposta.
Harry si trovò a boccheggiare per un minuto buono come un pesce, incredulo, prima di alzare le mani al cielo.
- E' stato uno stramaledettissimo incidente, Malfoy! - sbottò esasperato. - Dio, non posso credere che tu abbia veramente trasformato la mia giornata in un inferno in terra per le tue fottute dodici camicie rosa!
- E hai fatto in modo che l'orribile Weasley e sua moglie venissero a colazione a casa tua. - proseguì Draco implacabile, nel tono della massima dignità. - Domenica. Quando c'ero anche io. Mi hanno visto in pigiama. Ed hai preparato quella roba da Babbani, quel panino giallo, il scieesburge, e non mi hai detto che c'era la salsa piccante dentro. L'hai fatto perché io mi umiliassi davanti ai tuoi amichetti Grifondoro. Io lo so.
Harry lo fissò con l'espressione allucinata e sconvolta di qualcuno che non poteva credere a quello che stava sentendo.
- Malfoy... - sentenziò alla fine, gravemente. - Tu sei malato. Molto malato. Hai bisogno di cure.
Draco gettò alle ortiche la massima dignità e balzò in piedi, strillando inferocito:
- Quella di oggi era solo un'equa vendetta, Potter, e non è ancora niente in confronto a quello che potrei farti! Perché non dici anche che è stato un incidente quella volta che hai dimenticato accesa la tua stupidissima telefissione a casa mia e ho dovuto continuare a lanciare Incantesimi Silenzianti perché gli... gli stupidi omini che c'erano dentro stavano facendo esplodere qualcosa, e... o quella volta che hai dato il numero del feletono a quell'idiota della Lovegood, che ha chiamato alle stramaledette cinque del mattino, quando avevo un colloquio di lavoro tre fottutissime ore dopo? Anche quello non l'hai fatto apposta? Hai appeso una finta convocazione del Wizengamot alla mia cassetta delle lettere, e mi hai lasciato credere per tre giorni che fosse vera, e solo quando avevo cominciato a preparare le valigie per Azkaban mi hai detto che era tutto uno scherzo! Ti pare un cazzo di scherzo da farsi a chi ha un cazzo di Marchio Nero?
Harry, che aveva cominciato ad aprire bocca per protestare, la richiuse di fronte all'ultima accusa. - Uhm... - cominciò, imbarazzato, per poi assottigliare gli occhi e tornare al tono ringhioso quando un ricordo riaffiorò sopra agli altri: - Ehi! Non avevo cominciato io! Eravamo appena stati insieme alla Ricorrenza per la Battaglia di Hogwarts al Ministero, e tu mi avevi interrotto ventitré volte durante quello schifoso discorso! Per correggere la mia dizione! Ventitré! Hermione ha avuto un collasso! A cena, hai passato tutto il tempo a tirare fuori vecchie storie della scuola con il mio capo, ricordando felicemente e a voce alta tutti i soprannomi orribili che mi avevate dato!
L'espressione di Draco si trasfigurò, per un attimo, mentre adocchiava Harry con improvviso, aperto affetto. Commentò in tono sognante:
- E' vero. Che magnifica serata... -
- Hai riso mentre Hermione parlava della Bacchetta di Sambuco! - esplose Harry, sentendo qualcuno molto piccolo e molto depresso piangere dentro di lui al ricordo. - Hai fatto battute sull'importanza della durezza e della lunghezza delle bacchette con i suoi genitori!
- E tu hai Trasfigurato il mio cuscino perché si trasformasse in un'enorme cimice! Mentre ci dormivo sopra!
- Questa è buona! - ghignò Harry, piantandosi di fronte a Draco: era qualche centimetro più basso, ma compensava con gli impossibili capelli sparati in tutte le direzioni. - Perché non parliamo di quella volta che hai bruciato le mie riviste di Quidditch?
- Erano idiote!
- Erano un regalo! Di Ron! Per me!
- Be', ce n'erano troppe. Ed erano dappertutto. Riempivano la stanza.
- Era la mia stanza! - Harry sentì di doversi aggrappare a quel po' di sanità mentale che gli restava con le unghie e con i denti, prima di scivolare giù per il viscido tunnel della follia galoppante. - E hai frugato tra i miei cd, e mi sono trovato con il disco di Biancaneve e i sette nani nella custodia di Mission Impossible, e non riesco più a trovare i miei stramaledettissimi film di James Bond!
- Sono cose stupide e idiote, ed erano sempre fuori dagli scaffali. - sentenziò Draco, signorilmente. - E' un bene che tu le abbia perse.
Harry gli rivolse un'occhiata incredula:
- Non eri tu che mi hai tenuto il muso per una settimana dopo che mi ero lasciato scappare che Gandalf muore prima della fine del film?
- E' stato meschino da parte tua! - strillò Draco. Come riuscisse a passare in meno di un minuto dalla signorilità all'isteria era un mistero per Harry, spiegabile solo con la parola psicosi. - Non avresti dovuto!
- Mi pento di averti portato al cinema, Draco. - affermò Harry, cupamente. - Se non l'avessi mai fatto, non mi sarei ritrovato con un film pornografico mescolato ai miei dischi di cartoni animati. L'ho trovato trenta secondi prima di inserirlo nel lettore perché Hugo lo vedesse, scambiandolo per La Bella e la Bestia. Aveva la copertina sbagliata, Avrei traumatizzato Ron a vita, se l'avesse saputo. E comunque... - aggiunse come per un ripensamento. - … Luna aveva il tuo numero di telefono perché tu avevi incantato la mia agenda perché confondesse i nomi e i numeri e i recapiti! Hermione le aveva appena installato il telefono a casa ed io, invece di darle il mio, le ho dato il tuo! Te la sei cercata!
Draco sembrò gonfiarsi come un pavone. Certe volte Harry si dimenticava questo lato del suo carattere, che lo riportava orribilmente indietro, ai tempi della scuola, e riusciva a vedere solo cose... cose, be', non precisamente belle, no, perché erano tutte aguzze e sarcastiche e... ma cose molto... molto cose. Cose che gli piacevano. E invece poi Draco faceva qualcosa, o diceva qualcosa, ed Harry ricominciava a chiamarlo Malfoy, e si tornava indietro negli anni, e lui si chiedeva come diamine avessero fatto a finire così.
Malfoy il Pavone alzò la cresta ed esclamò, puntandogli contro un dito.
- Spero che tu non ti stia dimenticando... - sibilò, il tono che scendeva a quelle tonalità basse e perfide che solo lui e la Bullstrode erano in grado di assumere, tra i viventi, e che spedivano dritti dritti al cervelletto di Harry una scarica di piccoli e zannuti impulsi elettrici tutti con la faccia di Severus Piton. - … di quella volta al settimo anno quando mi hai fatto credere che Pansy mi avesse dato un appuntamento per concludere qualcosa di serio, e invece tu e i tuoi amici idioti mi avevate spedito una fottutissima massaggiatrice Veela che ha cercato di depilarmi nella Stanza delle Necessità!
Harry ghignò:
- Tu sei gay, Malfoy. A meno che la Parkinson non abbia tenuto nascosto a tutti un grosso segreto in mezzo alle gambe, non avreste potuto concludere un bel niente. E devo ricordarti le foto apparse casualmente nella Sala Grande di me e di Ginny? Corredate di dettagliate spiegazioni anatomiche? La McGranitt mi ha fatto pulire i sotterranei con uno spazzolino da denti, dopo averle viste, e Ron non mi ha parlato per una settimana!
- E' stato sicuramente un miglioramento. - sentenziò Malfoy.
Harry fece per fare qualche battuta sulle capacità neuronali dimostrate nel corso degli anni da Tiger e Goyle, ma chiuse la bocca prima di lasciarsi sfuggire qualcosa del genere. Tiger e Goyle erano argomento tabù, perché uno era morto, l'altro era... be', era stato ad Azkaban. Per un po'. Non erano una cosa da tirar fuori, se non volevano trovarsi a litigare davvero. Draco gli rivolse un'occhiata talmente penetrante da dare l'impressione di avergli letto nel pensiero, ma poi se ne uscì fuori con una voce offesa:
- Quando avevo la febbre, mi hai messo sotto i piedi la borsa dell'acqua calda. E hai lasciato il tappo aperto mentre la facevi bollire con un Incantesimo Riscaldante.
- E' stato un incidente!
- Oh? Anche fingere di aver buttato nel secchio la mia Nimbus2001 è stato un incidente?
- Malfoy, tu avevi buttato veramente la mia Firebolt! Ho dovuto inseguire lo spazzino per quattro isolati per riprenderla! E ti sei vendicato staccandomi la spina del computer mentre stavo scaricando un film che mi aveva mandato Hermione!
- Sono inciampato sul cavo!
- Suppongo tu sia anche inciampato sul mio biglietto per la partita dei Cannoni di Chudley! E che, inciampando, tu l'abbia mandato a fuoco. Io e Ron ne parlavamo da mesi!
- L'anno prima tu avevi mandato un gufo al mio Club di Quidditch per annullare la mia iscrizione! - replicò Malfoy, sibilando indignato. - Mio padre voleva diseredarmi per quello! Quelli del Club non accettano rientri!
- Malfoy, se vogliamo tirare fuori tutte, e proprio tutte, le vecchie storie, perché non parliamo un po' del quarto anno ad Hogwarts, eh? O del quinto anno, e di una certa Rita Skeeter, delle voci che avevate messo in giro e di quello che mi avete fatto passare?
Qualcosa sembrò attraversare la faccia di Draco. Aprì bocca, la richiuse, la riaprì, mise su un'espressione perfida, perse l'espressione perfida. Era una cosa affascinante da guardare, pensò Harry distrattamente. Si chiese se il Cappello Parlante fosse stato ubriaco, il giorno in cui aveva messo Draco a Serpeverde, perché il magnifico cretino era del tutto incapace di progettare un malefico piano e portarlo a termine senza che qualcosa andasse storto e gli si ritorcesse contro. Aveva il viso arrossato, i capelli molto meno maniacalmente in ordine del solito, e un velo come luccicante di sudore sotto agli occhi grigi. Li faceva più grigi. Molto più grigi. La terza volta che Draco aprì la bocca, la voce uscì fuori piagnucolosa:
- Perché arriviamo sempre a parlare di quello? Non è stata solo colpa mia, la Skeeter era lì tutto il tempo e faceva domande, tu passavi il tuo tempo a pavoneggiarti e... e a metterti in mostra, era ingiusto e così...
Harry non aspettò che finisse di blaterare: chiuse la distanza che li separava e, dato che Draco aveva già la bocca aperta, e l'alternativa era tra tirargli un pugno o quello, be', scelse quello e gli cacciò la lingua in bocca. Fu la volta di Draco di emettere un grwarpfl, soffocando. Harry pensò che l'avrebbe spinto via, e invece il ragazzo alzò le mani, gli strinse le spalle e lo avvicinò un altro po'.
Finirono sul divano, e per quarantacinque beatissimi minuti nessuno dei due parlò più.


Draco al mattino dormiva sempre fino a tardi: a pancia sotto, le braccia e le gambe spalancate fiduciosamente fino ad occupare tutto il letto. Harry si trovava a combattere per l'angolino di sinistra, rannicchiato contro il cuscino, e così andava a finire che dopo un po' si stancava, si alzava e andava a fare il caffè. Nel Mondo Magico il caffè si usava poco, ma a Draco piaceva. Svegliarlo con una tazza piena, calda e fumante contribuiva a mantenerlo di umore tollerabile per tutto il giorno.
Anche quel mattino Harry barcollò fino alla cucina, la schiena dolorante per gli entusiasmi della notte prima, e accese il fuoco sotto al bollitore: poi, però, invece di ciondolare in giro per la casa in cerca di qualcosa da leggere, si avvicinò al camino e mormorò un Incendio.
Il barattolo della Metropolvere era sul camino, come in tutte le case di maghi, ed Harry ne buttò una manciata tra le fiamme:
- Tiri Vispi Weasley, Appartamento di Sopra! -
Pochi istanti più tardi la sua testa si stava affacciando nella camera da letto sopra al negozio di scherzi di George Weasley, e George Weasley in persona si stava sporgendo dalle lenzuola disfatte per guardarlo, assonnato e perplesso.
- 'giorno, Harry. - bofonchiò, stordito. - Che succede? -
Harry gli rivolse un enorme sorriso.
- Mi dispiace svegliarti. - bisbigliò, gettandosi ogni tanto un'occhiata alle spalle per controllare che Draco ronfasse ancora nell'altra stanza. - Ma avrei bisogno del tuo aiuto. -
- Sicuro, Harry. - commentò George, di buonumore. Si strofinò gli occhi e sembrò più sveglio. - Dimmi quel che ti serve. -
- Ho bisogno di qualcosa di grosso. Di veramente grosso. - si guardò alle spalle. Dal camino riusciva a vedere un angolo della camera da letto, attraverso la porta, ed uno spicchio del materasso. C'era un piede nudo di Draco, lì, che sporgeva al di fuori delle coperte, ed Harry se ne sentì stranamente intenerito. Tornò a girarsi verso George, mentre un ghigno malefico gli affiorava sulla faccia ed ogni tenerezza lasciava il posto ad una creaturina nera e sibilante, dentro di lui, che era perfettamente in grado di sghignazzare perfidamente e di esibirsi in un'eccellente imitazione del vecchio Riddle.
- Sembra... - esclamò. - ... che oggi sia arrivato il mio turno.






Note dell'Autore: Come mi è uscita fuori questa...? Non ne ho idea. *_* -pracchan- ha prodotto il bellissimo concorso Vendetta! - Perché mi va., e man mano che leggevo il bando si formava nella mia testa l'immagine di questi due che battibeccavano. Non è stata colpa mia, perciò. E' semplicemente accaduto. Oh.
E si è classificata prima a pari merito con Nerd Power della stupenda Harriet. Potete trovare i giudizi qui.
Questa storia viene dedicata a Ray08, che oggi compie gli anni. Mi sembrava una cosa carina pubblicarla per chiudere la serie delle domeniche buie (e non pubblicare, il giorno del suo compleanno, qualcosa sfettuccia-budella-deprimi-entusiasmo x°D).
Il titolo è un omaggio ai trentacinque terribili dispetti, per l'appunto, che erano il tema del concorso. Chiunque riesca ad individuare il trentaseiesimo nel mucchio vincerà un premio. x°D Il "signore" rivolto alla Bullstrode non è un errore, è voluto: io sono convinta che poliziotti e ufficiali in servizio non abbiano sesso.
Tutta la storia non ha alcunissima pretesa di serietà, e cerca solo di far ridere. I polli. Che, come tutti sanno, sono fini umoristi. Avete mai visto un pollo ridere davanti ad una battuta di pessimo gusto? No? Appunto.

Si ringraziano ancora la GiudiciA per la bellissima idea e i giudizi, la meravigliosa Salice che ha fatto ancora in tempo a betare questa storia prima dell'invio, e Ray08 che, insieme a valekiller, flopi, _Calypso_, roxy_xyz ed altri hanno seguito quest'iniziativa dall'inizio alla fine. Grazie davvero.


Altre storie partecipanti a questo concorso e già pubblicate sono:
Per un po' di fiducia... di kiriku
I compiti del Cappellaio di redeagle86
  
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