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Autore: Val    07/06/2011    2 recensioni
"Per starsene un po’ più tranquilli, si erano presi un paio di giorni, forse tre, per fare un giro tra Northumberland e Yorkshire.
Era quasi aprile, c’erano già belle giornate.
Sìle stava attraversando il suo sesto mese di gravidanza con coraggio, perché era sì curiosa e piena di domande che a volte la spaventavano, ma anche con serenità, perché non aveva nulla di cui preoccuparsi, glielo dicevano tutti, e aveva vicini Dorcas, Ceday, Jane, Charlie e Una, Morgan. Perfino George a volte.
E aveva Liam."
Avevo promesso delle appendici a chi ha amato la storia di Liam e Sìle, così ecco qua la prima :)
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's Something Magic'
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Appendice – 1:

Per starsene un po’ più tranquilli, si erano presi un paio di giorni, forse tre, per fare un giro tra Northumberland e Yorkshire.
Era quasi aprile, c’erano già belle giornate.
Sìle stava attraversando il suo sesto mese di gravidanza con coraggio, perché era sì curiosa e piena di domande che, come per ogni donna nel suo stato, a volte la spaventavano anche, ma con serenità, perché non aveva nulla di cui preoccuparsi, glielo dicevano tutti, e aveva vicini Dorcas, Ceday, Dorinda, Charlie e Una, Morgan.
E aveva Liam.
Certo lui a volte doveva allontanarsi per lavoro, ma aveva concentrato tutti gli impegni più gravosi nei primissimi mesi di attesa e a quel punto le sue assenze si limitavano al massimo a tre o quattro giorni, durante i quali sapeva benissimo di non lasciare Sìle da sola.
E poi c’era il bambino.
Ogni sera, quando si metteva a letto, Sìle passava i primi minuti di riposo inseguendo con la mano la sensazione di sfarfallìo che avvertiva all’interno della pancia.
Era un momento che non si negava mai, era quello in cui sentiva finalmente di riuscire a scambiare qualcosa con la bambina.
Sì, era una bambina e Liam non ne era affatto meno felice.


- Mi dispiace…- aveva detto a Liam un pomeriggio di qualche tempo prima – ti giuro che non l’ho fatto apposta…ho cercato di fare finta di non saperlo, ma non ci riesco…-
Le sembrava di aver tradito un impegno. Quel giorno in cui aveva detto a Ceday che per niente al mondo voleva sapere se aspettava un bambino o una bambina, era del tutto sincera.
Liam aveva resistito per qualche secondo, fingendo di non dare peso alla frase, di continuare a montare quel mobile di cui miracolosamente riusciva a ritrovare ogni pezzo, ma non ci riuscì a lungo.
- Liam?-
- Sìle?- rispose lui con lo stesso tono esplorativo.
-…mi ascolti?-
- Sono tutto orecchie…-
- Ma non dici niente…-
Con un sospiro frettoloso di arginare il quotidiano attacco di insicurezze della compagna, mollò il cacciavite sul pavimento e appoggiandosi con le braccia alle ginocchia, si girò verso di lei che gli stava dietro.
- Tesoro…amore mio dolcissimo, luce dei miei occhi, mia unica ragione di vita, cerca di non prenderla come aggressività per favore ma ti sembra una cosa di cui scusarsi? E’ come chiedere scusa per il proprio colore di capelli, andiamo! E poi non siamo noi padri a determinare il sesso? E’ colpa mia, dovrei scusarmi io, ma non mi sento in difetto…-
- Sì, ma credevo ci tenessi a…-
- A che cosa?-
- A che fosse una sorpresa per entrambi…-
Liam la interruppe sollevando imperiosamente l’indice.
- Sìle, frena il fiume dei tuoi pensieri per trenta secondi e stammi a sentire: io tengo al fatto che nasca senza problemi, che sia sana e al fatto che tu stia bene. Non ci credo in questi impegni da film educativo in cui ti insegnano cosa sia la sincerità e la correttezza tra due che stanno insieme…sono pericolosi. -
- Ma nemmeno io ci credo…-
- E allora?- le chiese lui alzandosi a andando a sedersi vicino a lei – non mi sento tradito, lo so come sei e cosa ti succede ormai e se è femmina e ti somiglia, tanto peggio per lei: avrà un padre geloso in modo ossessivo…-
Fu Sìle a diventare imperiosa allora.
- Non osare provarci! Se ti vado bene io così come sono, deve andarti bene anche lei…-
Liam rise sotto i baffi e si stiracchiò per distendere la schiena, poi si girò verso di lei e con una mano le accarezzò la pancia, ormai abbastanza prominente.
- Sei proprio sicura?-
Sìle ci pensò un momento concentrandosi su sé stessa e annuì.
- E’ una cosa che sento molto intensamente…- rispose guardandolo mentre lui fissava il camino con aria pigra.
- Allora non c’è più niente da fare, sono finito…-
– Preferivi un maschio vero?-
Occorreva un nuovo argine al fiume di panico.
- Ma no! Certo sarebbe stata una boccata d’ossigeno per i pochi maschi della mia famiglia circondate da donne molto volitive, ma tanto lo sappiamo che più di uno o due a generazione non ne nascono…- rispose lui, quindi proseguì come parlando tra sé e sé – e poi credo che di fondo sia un fatto da attribuire alla consapevolezza che vivere con molte donne è comodo, nonostante le sfuriate… -
- Vuoi dire che l’interesse individuale è diventato un dato genetico nel tuo clan?-
- E perché no? -
Sìle lo squadrò con attenzione ma decise di dargli una possibilità.
- Comunque tu non ossessionarla va bene?- gli disse mettendo la mano su quella di lui: lo sfarfallìo che aveva già iniziato a sentire appena Liam l’aveva toccata, aumentò, diventò più vivace – è contenta di sentirti vicino…- gli disse strappandogli un sorriso intenerito.
- Pensi che sarà come te?- le chiese lui.
Sìle annuì.
- Probabilmente lo sarà sì. In genere quel tipo di somiglianza si tramanda di madre in figlia, o di padre in figlio nel caso di streghe maschio. Ma loro sono molti meno di noi…chissà perché?-
Liam si sistemò un cuscino dietro la nuca e accolse sulle ginocchia l’ultima gattina che lo aveva scelto come suo umano, Olivia, che aveva un nome solo perché Dorcas si rifiutava di permettere che un altro gatto che finiva nelle sue mani, si chiamasse Gatto o Micio.
Liam invece non si sentiva abbastanza superiore ad un felino per imporgli un nome umano.
- ...non so da quanto le cose stiano così, ma le donne sono più degli uomini. Forse è per quello…-


Il sogno che stava facendo in quegli ultimi minuti di sonno, era sfumato nella triste realtà di cui avrebbe preso coscienza pochi istanti dopo.
Come spesso accade a tutti, del sogno non era rimasto altro che una nuvola indistinta di immagini confuse e assurde, ma nelle orecchie rimaneva quel suono assordante e fastidioso che lo aveva svegliato.
- Ma che diavolo è?- chiese a qualcuno che poteva essere Sìle come sé stesso, perché lei, scoprì alzandosi, non era già più a letto.
Il rumore per qualche attimo parve essersi fermato e Liam stava quasi accarezzando l’idea di rimettersi a dormire, ne aveva bisogno, quella notte era andato a letto molto tardi, ma questa sua rilassante riflessione, condita della piacevole consapevolezza di come ci si sentiva quando fuori tuonava la mattina presto e con un brividino più di soddisfazione che di freddo si riaffondava tra le lenzuola tiepide, venne interrotta da un altro strepito.
Sembrava una cicala con un attacco di tracheite, ma intanto le cicale di primavera e in Gran Bretagna, erano davvero incontri difficili da fare, oltre a ciò: le cicale potevano avere la tracheite?
Ecco, arrivato sul limite di quel baratro, Liam venne colto da un attacco di stizza profondissima, andò alla finestra praticamente ad occhi chiusi, aprì la finestra a ghigliottina e, rischiando la testa non per la ghigliottina, ma per l’infisso di legno che minacciò di impattare contro la sua fronte, si sporse per vedere di cosa si trattasse.
- Insomma hai finito con questo baccano infernale?- si ritrovò a dire ad una bella gazza paffuta che lo prese in considerazione per un paio di secondi scarso.
Era molto impegnata in un’attività che a prima vista poteva essere pazzesca: svolazzava e inveiva minacciosa contro una grande cornice di stucco dorato, vuota a prima vista, che stava appoggiata contro il muro di una dependance della grande tenuta confinante con la strada forse in attesa di un restauro da parte dei vicini di casa.
Era davvero arrabbiata.
Liam ne comprese il motivo solo quando si accorse che non era una cornice vuota quella, ma uno specchio.
Se fosse stata vuota ci avrebbe visto dentro una porzione di muro, invece rifletteva il fitto fogliame delle querce soprastanti.
- Buongiorno…- lo salutò Sìle.
Lui si girò e la vide vestita con un pesante cardigan di lana nera su una tunica bianca e un bello sciarpone con disegni neri e rossi.
- Sei uscita?-
- Pluffie voleva uscire. Non mi sono fidata di lasciarlo andare da solo però…non conosce questo posto – spiegò lei stiracchiandosi all’indietro in un gesto che, per la leggera goffaggine dovuta alla pancia ormai prominente, risultava quasi tenero – è una bellissima giornata…già che sei sveglio andiamo da qualche parte?- propose prima che lui iniziasse a protestare perché Pluffie al guinzaglio poteva strattonarla, farle perdere l’equilibrio, mettersi a correre e trascinarsela dietro.
Sìle insisteva che Pluffie era un cagnolino tutto sommato piccolo e gestibile, e poi con lei era buonissimo, ma Liam era, senza ammetterlo neppure sotto tortura naturalmente, in fase ipeprotettiva.
La notte Sìle lo sentiva svegliarsi, controllare che lei stesse bene, poi magari per calmarsi andava di sotto a fumarsi una sigaretta o semplicemente usciva di casa.
Lei sapeva che aveva la tentazione di allontanarsi per distendersi e farsi tornare il sonno, ma per niente al mondo l'avrebbe lasciata sola.
Non era il classico futuro padre che dava istruzioni alla dolce metà su quanto e come muoversi, non gli saltava il cuore in gola se Sìle si diceva un po' stanca, ma solo per il suo fortissimo senso della dignità...che comunque era prontissimo a perdere alla prima avvisaglia di problema: per Sìle e sua figlia, anche se non erano ancora stati presentati ufficialmente, non era così dura rinunciarci.
Perfino di fronte a Ceday o a Morgan.
Quella volta comunque non fece rimostranze, Sìle ormai era tornata e non aveva alcuna intenzione di fare la figura dell'ansioso.
- Avevo sentito un tuono...- osservò invece.
- Non pioverà per un bel po'- rispose lei, e Liam si fidava di queste sue predizioni.
- Ah...d'accordo, perché no?- rispose quindi tranquillamente.
Lei gli sorrise contenta e lo ringraziò.
- L’hai pagata tu quella gazza idiota allora?-
- Non è idiota…-
- No infatti, è stronza -
Sìle uscì e prese a scendere le scale della casa che avevano preso in affitto per quella settimana.
- Smettila. Ti piacciono un sacco. Sono intelligenti, lo dici sempre anche tu: vedrai che adesso si riconosce e si calma…- disse, poi dopo un attimo aggiunse – ti faccio un caffè?-
- Sì, ma intanto mi ha svegliato! Anche due o tre caffè, grazie…adesso arrivo – rispose lui togliendosi velocemente maglietta e pantaloni con cui dormiva e infilandosi in bagno per una doccia.
Quando la raggiunse al piano di sotto, la trovò che sbirciava da una finestra.
Rimase fermo a guardarla, immobile e silenzioso, col preciso intento di vedere quanto ci avrebbe messo lei ad accorgersi della sua presenza.
Non era niente di strano, di magico, ma quando si voltava a guardarlo, aveva sempre un sorriso così sereno che faceva passare qualunque scontrosità da risveglio brusco.
- Cosa guardi lì impalato?-
- Te…-
La sentì ridere e avrebbe scommesso che stava arrossendo. Almeno in questo Sìle era come molte altre: più si vedeva il pancione, meno si piaceva, meno credeva di poter piacere a lui, che invece la trovava bellissima in un modo tutto nuovo.
E poi anche se si vedeva, quel pancione, non era poi così enorme e lei non era nemmeno ingrassata.
Quella stronza, come diceva Ceday, non metteva su un chilo nemmeno a imbottirla!
E poi aveva un'aria più matura a volte, questo forse la rendeva più bella. Iniziava a diventare fascinosa come Morgan senza lo stesso apparente distacco dal mondo.
- Ti da fastidio?- le chiese avvistando la tazza di caffè fumante sul tavolo che lei gli indicò.
Lei scosse la testa e si girò, appoggiandosi con un fianco alla finestra chiusa.
- Anche io ti guardo, ma tu non te ne accorgi mai…-
- La cosa non mi offende – rispose Liam sfogliando una o due pagine del giornale che Sìle aveva comprato fuori. Pluffie vedendolo, gli andò vicino e gli diede il buongiorno a modo suo: sollevato sulle zampe posteriori per appoggiarsi alla sua gamba, si stiracchiò con un grugnito e uno sbadiglio mentre Liam gli grattava la testa – buongiorno palla di pelo…-
- Possiamo andare a Lindisfarne?- chiese Sìle che fino a quel momento era rimasta piuttosto distratta.
- Certo…vediamo se qui c’è l’orario delle maree…- disse lui sfogliando il giornale.
- Ce n’è uno attaccato alla porta d’ingresso…-
Liam le andò dietro lasciando perdere il giornale e insieme cercarono l’orario di quel giorno.
- Ce la facciamo?- chiese lei sempre con tono un po’ svagato, abbracciandolo come fosse stato un morbido cuscino.
Era diventato normale da qualche tempo che fosse sonnacchiosa e pigra nel parlare, più bisognosa di un rilassante e confortante contatto fisico, anche se poi non era affatto più sedentaria nelle sue attività.
La cosa più strana era che a Liam più di una volta era sembrato addirittura di sentirla ronfare, fare le fusa come un gatto vero mentre gli stava abbracciata.
Lui le circondò la testa con un braccio, deglutì un sorso di caffè e sorrise.
- Ci sono venti minuti scarsi di strada, sono le nove del mattino, aprono i varchi alle dieci…credo proprio che potremmo farcela ad arrivare per le sei e trantacinque di stasera, sì…- le disse dandole un bacio sulla testa – ce la faccio perfino a prendere un altro paio di caffè senza rischiare di farci travolgere dalla marea -
Sìle accennò un sorriso e lo colpì con una mano sul petto.
- Non prendermi in giro…e poi tanto credo che galleggerei con questa pancia…-
Non era una lamentela o se lo era, la espresse con lo stesso tono distratto e leggero che mantenne per tutto il viaggio, anche se il panorama le piaceva e la fece diventare più euforica.
Quando furono sull’isola però, in cammino sulla lunga scia di asfalto che portava al castello di Lindisfarne, in una splendida e soleggiata giornata costellata di narcisi gialli in piena fioritura che spiccavano sul verde dell’erba e sul blu del cielo riflesso sulla sabbia umida, lei tornò a distrarsi e si fece di nuovo più silenziosa.
Liam non se ne preoccupava troppo, lasciava che fosse lei a dirgli cosa le ronzava in mente, lo faceva sempre.
- Mi piacerebbe cercare notizie di mio padre…- gli disse infatti dopo un po’.
- E’ la prima volta che lo dici…- rispose lui richiamando Pluffie che sembrava molto ispirato dalla pallina di un altro cagnolino: lui la sua l’aveva lasciata a casa quel giorno.
Sìle appoggiò la testa sulla spalla di Liam e sospirò.
- Ci penso da un po’ in realtà…da quando mi hai sgridata per essermi preoccupata che potessi preferire un maschio…-
- Non ti ho sgridata…-
- Un pochino sì. Ma avevi ragione… -
Allora Liam ritrattò subito la sua posizione, in modo ironico chiaramente.
- Allora è vero, ero arrabbiatissimo! Ero tentato di mandarti a letto senza cena…-
Arrivarono lungo una spiaggia fatta di grossi massi e Sìle volle andarsi a sedere lì, a guardare il mare.
- Come mai ti distrae così tanto questa cosa?- le domandò Liam sedendosi accanto a lei e scostandole una ciocca di capelli dal viso: un attimo dopo se la ritrovò stretta al petto, seduta tra le gambe, come faceva Lily.
- Mi distrae perché mi sono ricordata che l’unico viaggio che ho fatto con mio padre, l’ho fatto da queste parti…l’unica volta in cui mia nonna è riuscita a farci incontrare senza che mia madre si opponesse. Non so quanto siano fedeli alla realtà i ricordi, ma quando siamo stati a Whitby, mi sono ricordata del laghetto di fronte alla chiesa e di un gruppo di oche bianche. Ce n’era una con i piccoli e io li inseguivo…e lui mi richiamava per paura di non raggiungermi in tempo per non farmi cadere nel laghetto…-
- Allora ti ricordi di lui…-
Sìle fece segno di no con la testa.
- Ricordo solo la sua voce credo…vorrei cercarlo. Ho pensato che potrebbe essere contento se lo cercassi. Vorrei conoscerlo, lo so che è vivo. E voglio dirgli che sta per diventare nonno e vorrei che conoscesse il meraviglioso padre di sua nipote…-
Liam fece una smorfia inorridita.
- Non prendermi in giro tu ora. Ehi, lì dentro – disse affondando la mano sotto il braccio di Sìle per solleticarle la pancia mentre le dava un bacio alla base del collo - dai un calcio alla mamma, prende in giro papà!-
Lei rise e Liam la abbracciò sentendola rabbrividire sotto una folata improvvisa di vento e, dopo qualche attimo in cui attraverso gli occhiali da sole, rimase in contemplazione del mare e di due torri coniche che si levavano da una striscia di terra poco lontana dall’isola, si abbassò per parlarle più da vicino.
- Pensi che potrei ritrovarlo? Da dove comincio?- stava chiedendo lei.
- Da tua nonna…- le suggerì e quando lei si girò a guardarlo con immediata inquietudine, lui confermò con un cenno quanto aveva detto – Una è rimasta in contatto con lui per diverso tempo. L’hai detto tu stessa che quel viaggio con tuo padre hai potuto farlo grazie a lei…avrà sicuramente qualche notizia in più no? Qualche lettera, qualche indirizzo magari -
- Le telefono allora…- risolse Sìle fissando gli occhi sul mare e poi su Pluffie.
- Oh dai Sìle…che ti costa andarle a trovare per una volta? Magari anche tua madre sa qualcosa, ma lo sai che se non vi guardate in faccia, non riesci a scucirle una parola -
- Ma non devo scucirle niente, glielo chiedo e basta…perché dovrebbe negarmi una risposta?-
- Perché si ostina a non voler neppure rivolgere il pensiero a quell’uomo ad esempio? Lo sai che è così…e sai anche che questa paura di tornare là, è sproporzionata al problema. Non esiste un problema vero, tu sei più forte di tutti i tuoi ricordi -
Sìle sbuffò immusonita ma sapeva che Liam aveva ragione, quindi non reagì male, si limitò a non rispondergli sperando di spuntarla così.
Sapeva anche che non ci sarebbe riuscita però…infatti...
- Streghetta…- la richiamò Liam e lei lo guardò di nuovo.
- Non voglio ritornarci là, non mi piace l’idea di incontrare gente che conoscevo…-
- Ehi tu…- sussurrò Liam posandole un dito sulla fronte. La spinse leggermente indietro – guarda che di biglietti per il traghetto avevo in mente di comprarne due, se non disturbo...-
La ragazza sospirò ancora poco convinta, ma già più serena all’idea di rimettere piede sulla sua isola natale: con Liam vicino non aveva davvero paura di niente.
Si girò verso di lui, lo abbracciò, lo baciò sulle labbra e gli si strinse contro.
- Va bene andiamo…- bisbigliò.


   
 
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