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Autore: Gloria Gerald    07/06/2011    12 recensioni
Quando Georgie udì quegli spari e lo vide accasciarsi al suolo pensò con orrore di averlo perso per sempre. Ma a volte la vita riserva una seconda chance...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Sono una fan sfegatata della coppia Abel-Georgie e aver trovato questo sito con tutte queste splendide fanfic su di loro mi ha resa entusiasta. Ispirata un po' dalle storie che ho letto qui e un po' dalla mia fantasia, ho provato a scrivere qualcosa anche io. E' un modo il mio per omaggiare una coppia che secondo me meritava molto di più di quello che ha avuto (anche se indubbiamente loro rappresentano l'amore epico, quello con la A maiuscola). Ma non riesco ancora a farmi una ragione che Abel sia morto. Per me Georgie non può essere assolutamente di nessun altro se non di Abel. Quindi ho voluto dar loro una chance in più.
Spero che vi possa piacere. Siate clementi!!!! 




Capitolo 1 - Tornare a vivere


Il cielo sopra Londra era scuro e minaccioso in quel tardo pomeriggio. Dai vetri filtrava poca luce e la stanza stava via via diventando sempre più buia.
- E’ meglio accendere qualche candela – pensò Georgie. Si alzò dalla sedia su cui aveva passato gli ultimi due giorni e si avviò versò il comò per prendere una scatola di fiammiferi.
Appena le candele furono accese la stanza si illuminò di una luce calda e fioca.
Georgie si guardò allo specchio davanti a lei e vide il suo viso pallido, segnato da profonde occhiaie, ma non ci fece nemmeno caso, troppe erano le preoccupazioni e le paure che la tormentavano per pensare al suo aspetto.
Tornò a voltarsi verso il grande letto posto al centro della stanza e i suoi occhi si velarono dalle lacrime. Abel giaceva privo di sensi, il respiro regolare, con il torace avvolto in un’ampia fasciatura. E tornò a pensare a quanto era accaduto due giorni prima.
Sarebbe mai riuscita a dimenticare? Sarebbe mai riuscita a togliersi dalla mente l’immagine di Abel che si accasciava al suolo sotto quei maledetti colpi di pistola? Aveva davvero pensato di averlo perso. Si sentì lacerare l'anima, come avrebbe fatto senza di lui? Non poteva lasciarla lì da sola.
Vederlo esanime, con la camicia macchiata di sangue, gli occhi chiusi, i capelli scomposti che ricadevano sul volto pallido, l'aveva distrutta. Il suo Abel, il suo unico amore...
Gli corse incontro disperata. Urlò tutto il dolore che aveva dentro e lo abbracciò stretto, incurante del sangue che le macchiava il vestito, incurante degli occhi dei curiosi puntati su di lei.
Con Abel aveva perso tutto, compresa la voglia di vivere e di andare avanti.
Quando arrivò il medico che doveva accertarne la morte, Georgie non voleva nemmeno permettergli di toccarlo. Suo padre e Dick dovettero portarla via di peso, mentre lei continuava a piangere disperata e ad urlare il nome di Abel.
Persa in quel terribile ricordo Georgie rabbrividì. Fu veramente il momento più brutto della sua vita. E proprio quando pensava che ormai non ci fosse più nulla da fare, la voce stupita del medico la ridestò da quel dolore lancinante - Respira ancora, c'è battito!
E tutto cambiò in un battito di ciglia. Lei rimase paralizzata per l'incredulità. Temeva di aver capito male. Il medico si affrettò ad urlare - Presto bisogna portarlo in ospedale, forse abbiamo una possibilità.
Georgie si aggrappò a quell'esile filo con tutta se stessa e pregò perchè lui potesse farcela.
Abel venne operato poco dopo. In quel grigio corridoio di ospedale suo padre le era vicino e la sosteneva con il suo abbraccio, mentre Emma, Dick, Catherine e i suoi genitori e anche la piccola Joy rimasero lì tutto il tempo per farle compagnia e per avere notizie di Abel.
Fu un miracolo, come disse il medico. Abel riuscì a superare quel delicato intervento ed ora era lì con lei. Immobile da due giorni in quel letto a casa di suo padre, mentre lei non aveva smesso nemmeno un istante di stargli accanto, parlandogli, tenendogli la mano, pulendogli le ferite, prendendosi cura di lui in tutto e per tutto.
Sia suo padre che Emma erano molto preoccupati per lei, perchè aveva passato le ultime 48 ore senza chiudere occhio e senza mangiare. Ma come avrebbe potuto?
Non voleva lasciarlo nemmeno per un istante, non aveva altro pensiero che per lui. La fame e la stanchezza avrebbero potuto aspettare. Quello che davvero contava ora era riavere Abel con lei. Avrebbe dato qualunque cosa per rivedere i suoi occhi, il suo sorriso, risentire la sua voce.
Non poteva abbandonarlo, doveva rimanere lì con lui finchè non si sarebbe svegliato.
Sorrise sommessamente mentre si trovava a guardarlo persa nei suoi pensieri. Era incredibile. Abel era stato in prigione, rinchiuso in quell'orribile cella, sottoposto sicuramente a torture, era stato ferito gravemente, aveva subito un delicato intervento e ora giaceva privo di sensi in quel letto, eppure era bellissimo.
Non riusciva a staccare neppure per un attimo gli occhi da lui. Era completamente rapita da lui.
Ma come aveva fatto a non accorgersene prima? Come aveva potuto non rendersi conto di quello che Abel rappresentava per lei?
Ora era certa solo di una cosa. Lo amava. Lo amava disperatamente, con tutto il cuore.
E aveva capito che tutto quell'amore non poteva essere nato in lei solo in tempi recenti. Forse lo amava da sempre, semplicemente non lo sapeva.
Forse crederlo suo fratello l'aveva indotta a pensare che quell'amore fosse fraterno e non si era accorta che invece era qualcosa di diverso.
I sentimenti erano affiorati prepotentemente solo quando aveva creduto di perderlo per sempre, solo nel momento in cui lui non era più al suo fianco, pronto a proteggerla, a consolarla, ad amarla, come aveva fatto per una vita intera. Quel vuoto accanto a lei era diventato insopportabile, la paura di non poterlo più rivedere le aveva dato una scossa e solo in quel momento raggiunse la lucidità che le permise di dare un nome a quel sentimento che le stava lacerando il cuore.
Amore. Amore non fraterno, non platonico, ma amore passionale, disperato, bisognoso, prepotente, reale.... lo stesso tipo di amore che Abel provava per lei da sempre.
Il rumore della pioggia che batteva contro i vetri la destò da quei pensieri. Guardò fuori e vide il cielo sempre più scuro, i rami degli alberi si agitavano scomposti al vento che stava crescendo sempre più e aveva iniziato a piovere a dirotto. - Sta arrivando il temporale - mormorò avvicinandosi alla finestra.
- E' così che mi sento dentro - pensò - agitata come questi rami spazzati dal vento.
Era strana la contrapposizione che si venne a creare. Fuori la tempesta e dentro a quella stanza la calma più assoluta: la luce fioca delle candele e il respiro regolare di Abel che dormiva. Stare lì dentro al sicuro la faceva sentire meglio. Stargli accanto, anche se non poteva comunicare con lui, la faceva sentire a casa.
Tornò a sedersi sulla sedia posta accanto al letto e gli accarezzò il viso rilassato, togliendogli dolcemente i capelli che ricadevano sugli occhi chiusi.
Poi si spostò dalla sedia al letto, per potergli stare ancora più vicina e sorrise dolcemente - Ti prego apri gli occhi, torna da me amore mio.
Sperava che lui la sentisse e che rispondesse a quel richiamo, ma non successe nulla, Abel continuò a dormire.
Sapeva che ci voleva qualche giorno. Il dottore era stato chiaro nel dire che Abel era sopravvissuto per miracolo e che necessitava di molto riposo e di tempo per riprendere i sensi.
Sospirò pesantemente, arresa a quell'attesa. Sapeva che doveva già ritenersi fortunata perchè lui era vivo. Ora doveva solo pazientare per riaverlo con lei totalmente.
Era solo che a volte le sembrava che il tempo non passasse mai. Erano trascorsi solo due giorni, ma a lei sembrava molto di più e la cosa peggiore era non sapere quanto ci sarebbe voluto ancora.
Non voleva altro che vedergli aprire gli occhi. Era come attendere un perdono divino, ma a volte le sembrava che quel perdono non sarebbe mai arrivato.
Scosse la testa, non doveva pensare certe cose. Doveva essere forte e paziente. Lamentarsi e commiserarsi non sarebbe servito a niente. Doveva reagire, prendersi cura di lui e aspettarlo, finchè non sarebbe stato pronto a risvegliarsi, a tornare da lei.
Si alzò e si avvicinò al comodino. Bagnò una garza con dell'acqua e la passò sulle labbra di Abel per farlo bere.
Quelle labbra.... come poteva non ripensare a come l'avevano baciata? Come poteva dimenticare le dolci parole che le avevano detto?
Lo shock del primo bacio tra loro, a casa dello zio Kevin, quando lei non solo aveva dovuto superare la rivelazione di essere stata adottata, ma aveva scoperto che Abel la amava. Era stato molto dolce con lei, ma quel bacio l'aveva confusa. Non sapeva che fare. Il ragazzo che credeva suo fratello le stava dichiarando un amore che lei non era pronta ad accettare. Era troppo presto e l'unica soluzione che le parve possibile fu scappare, lontano da tutto, lontano da lui.
Sorrise tra sè. Ripensando a quel giorno capì che quella confusione era stata generata da ciò che Abel le ispirava: amore, passione. Ma non poteva ancora rendersene conto. Non aveva ancora compreso a fondo quelle emozioni che solo lui sapeva suscitare in lei.
Ma fu conscia di quell'amore quando Abel venne incarcerato. Quanta disperazione, quanta nostalgia aveva provato. Se non fosse stato per l'aiuto di Maria, si sarebbe dannata giorno e notte per non avergli potuto dire almeno una volta di amarlo.
Torno a sedersi sulla sedia, si appoggiò allo schienale, chiuse gli occhi e tornò col pensiero a quel giorno in cui era entrata in quella cella.
Aveva ancora chiara nella mente l'immagine di lui incatenato a quel muro, tra il buio e l'umidità di quell'orrenda prigione.
Sentiva il bisogno di stringerlo a sè, non solo per essere rincuorata da lui, ma per aiutarlo, per fargli sentire il suo calore, per dirgli che non era solo.
Come si può ridurre un uomo a quello stato di miseria e solitudine? Il suo Abel, il suo adorato Abel, solo in quella stanza, abbandonato alle sue paure, senza un gesto di affetto, senza una presenza che lo rassicurasse.
Che bell'effetto le aveva fatto poterlo toccare ancora, potergli parlare, poter sentire la sua voce.
Non avrebbe mai più dimenticato quel giorno e le emozioni che visse là dentro. Non importava che si trattasse di un luogo squallido, non le importava di niente.
Quello che contava era avergli aperto il suo cuore, avergli detto quanto lui fosse importante per lei, averlo baciato di nuovo.
NOn avrebbe potuto dimenticare mai la sensazione di sentirsi stretta a lui in quell'abbraccio.
NOn avrebbe potuto dimenticare di aver fatto l'amore con lui. La sua prima volta. NOn era nè spaventata, nè preoccupata. Era con Abel e sapeva che non sarebbe potuto succederle nulla di male.
Si era abbandonata completamente a lui, facendosi amare ed amandolo a sua volta. Avvolta da quel meraviglioso calore che la pelle di Abel le trasmetteva.
Si era finalmente resa conto del significato più profondo delle parole di Emma. Comprese appieno che cosa vuol dire amare e visse quell'unione come l'esperienza più sensazionale della sua vita. Essere una cosa sola con lui l'aveva fatta sentire completa, felice. L'intimità che avevano condiviso li aveva segnati per sempre. Si appartenevano e nessuno avrebbe mai potuto spezzare quel legame.
Aveva capito che quello che era successo tra di loro era scritto nel loro destino. Si conoscevano da una vita, si amavano da una vita e mai lei avrebbe potuto condividere un'esperienza simile con un altro uomo. Mai.
Ecco perchè con Lowell non aveva funzionato. Con lui non c'era quella confidenza, quella serenità. Non c'erano quelle emozioni forti, devastanti, celestiali che solo Abel poteva farle provare. Era felice di non essere riuscita a concedersi a Lowell. Non avrebbe mai potuto, non sarebbe mai stato lo stesso. Lei era di Abel e solo di Abel.
Riaprì gli occhi e vide che non era cambiato nulla. Lui continuava a dormire. Se non altro le sembrava rilassato e sereno.
Dentro di lei maturò la convinzione che lui avvertisse la sua presenza.
Si inginocchiò accanto al letto, prese la sua mano inerme tra le sue. La baciò con dolcezza e gli disse - Sono qui Abel e ci rimarrò per sempre. NOn ti lascerò mai più.
Il temporale fuori aveva preso a farsi più intenso.
Georgie rimase lì, in ginocchio accanto al suo Abel. Si sentiva più rilassata ora. Forse pensare a ciò che di bello avevano insieme le dava sicurezza ed ottimismo.
Da quel giorno in cui avevano fatto l'amore nella cella, Georgie costudiva un dolce segreto. Quando lui venne colpito dagli spari e si accasciò al suolo, lei gli corse incontro, lo abbracciò e gli disse di aspettare un bambino. Le parve chiaramente di vederlo sorridere prima di perdere i sensi, ma chissà se aveva capito davvero.
- Vedi Abel, hai un'altra buona ragione per svegliarti. Non ci sono solo io ad aspettarti, ma anche il nostro bambino.
Sentì gli occhi pizzicarle. Ogni volta che pensava alla creatura che portava in grembo si emozionava. Non sapeva se quel giorno Abel avesse sentito quando lei gli parlò del bambino, ma di sicuro ora glielo avrebbe ridetto. Sperava tanto di renderlo felice con questa notizia. Non vedeva l'ora di potergli parlare di nuovo.
Presa da queste considerazioni, Georgie non si accorse che stava chiudendo gli occhi. Si arrese al sonno. Era esausta.
Rimase addormentata lì. Inginocchiata accanto al letto di Abel, con la mano di lui stretta tra le sue e la guancia appoggiata a quell'intreccio di mani che le fecero da cuscino.
Mentre fuori la tempesta imperversava, dentro la stanza regnava la quiete che accompagnava il sonno dei due ragazzi.


Il temporale della notte aveva lasciato spazio ad un cielo azzurro e limpido e il sole era tornato a riscaldare la vecchia Londra.
I raggi luminosi attraversarono i vetri della stanza di casa Gerald, riportando la luce.
Georgie dormiva ancora in quella scomoda posizione, ma aveva talmente bisogno di riposarsi che poco importava. Era ancora tra le braccia di Morfeo, abbandonata al sonno più profondo quando qualcosa la riportò alla realtà e si svegliò.
Sentì una mano che le stava accarezzando dolcemente la guancia e i capelli e pigramente aprì gli occhi. La luce calda che illuminava la stanza dapprima le diede fastidio, ma subito dopo si abituò.
Non aveva ancora alzato la testa, stava pian piano riprendendo lucidità quando sbarrò gli occhi per lo stupore e per aver realizzato una cosa molto importante.
Una mano la stava accarezzando..... ma allora.....
Di scatto tirò su la testa e guardò verso la figura di Abel che giaceva sul letto.
Georgie non seppe dire quello che provò in quell'istante, ma fu qualcosa di molto, molto forte. Come la scarica elettrica di un fulmine.
Rimase così per qualche istante, immobile, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta.... avrebbe voluto parlare ma la voce le si spezzò in gola.
Abel aveva la testa abbandonata sul cuscino, rivolta verso di lei. La stava guardando. Con quei meravigliosi occhi blu come il mare in tempesta. Occhi che erano particolarmente brillanti in quel momento. Le sue labbra erano appena incurvate in un dolce sorriso.
Si era svegliato! Finalmente!
- Georgie - sussurrò. - Georgie sei proprio tu? Dimmi che non sto sognando, ti prego.
AVrebbe voluto alzarsi da quel letto per abbracciarla e tenerla stretta a sè, ma non riusciva a muoversi. Avvertiva un forte bruciore nel petto e si sentiva debole.
Improvvisamente Abel si ricordò quello che era successo e il suo volto si oscurò per un attimo.
Georgie sentì le lacrime rigarle le guance e la vista le si appannò. Rispose con la voce rotta dall'emozione - No Abel, non è un sogno! Sei vivo, sei qui con me e non mi lascerai mai più!
Come avrebbe voluto abbracciarlo, ma sapeva che le ferite erano ancora aperte e non voleva recargli dolore. 
Si alzò dal pavimento e si sedette accanto a lui sul letto.
- Tu non hai idea di quanto mi hai fatto preoccupare - disse tra le lacrime che incominciarono copiose a scenderle dagli occhi. - Ho temuto di perderti Abel. Ho temuto che non ti avrei più potuto riabbracciare!!!
Si abbandonò ai singhiozzi. Sentiva il bisogno di quel pianto liberatorio.
Abel provò una fitta al cuore. Non sopportava di vederla così. - Non piangere Georgie, sono qui. - e allungò un braccio per afferarle la mano.
- Basta lacrime, voglio vedere un tuo sorriso. Per mei sei sempre meravigliosa, ma quando ridi sei ancora più bella. QUindi fai un favore ad un moribondo e smettila di piangere! - Disse lui strizzandole l'occhio.
Era incredibile il suo Abel. Era appena scampato alla morte, ma pensava solo a lei, non voleva vederla piangere e cercava di farla ridere.
Georgie si lasciò scappare una piccola risata tra le lacrime e abbozzò un sorriso.
- Ti amo - gli disse asciugandosi gli occhi - Ti amo da morire.
Poi scese sul suo viso, gli scostò i capelli dagli occhi e lo baciò dolcemente sulle labbra. Abel rispose a quel bacio con tutto se stesso.
Un turbinio di emozioni attraversò entrambi. Amore, dolcezza, passione.... lasciarono andare una volta per tutta la frustrazione, il dolore e la paura.
Ora erano isieme, bisognosi uno dell'altra e la consapevolezza del sentimento che li univa li aveva riportati alla felicità. Era come tornare a vivere una seconda volta!
Si staccarono per un attimo e si guardarono intensamente negli occhi.
Dio com'era bella, pensò Abel mentre il cuore prendeva a martellargli forte nel petto. Eccome se era vivo! Solo lei sapeva fargli provare quelle intense emozioni.
E capì in quell'istante che se non era morto era solo perchè non avrebbe potuto staccarsi da lei. Era come già le aveva detto, sarebbe sempre tornato da lei.
- Ti amo anche io Georgie. Ti amo disperatamente!
Si baciarono ancora e poi sorrisero felici, mentre restarono fermi lì, con le fronti unite, respirando i loro stessi respiri.
Quel mattino entrambi tornarono alla vita, decisi a non separarsi mai più e consapevoli come non mai della forza del loro amore, un amore unico che poteva combattere tutte le avversità, anche la morte.

TBC
    


 
   
 
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