Titolo: Avevo un gatto
che si chiamava Yoite
Autore: MaryKei-Hishi
Serie: Nabari no Ou
genere: Sentimentale;
azione; lime; YAOI; and if?.
Raiting: arancione/rosso
Pairing: Yukimi-Yoite / accenni
Yoite-Miharu. (se pur non all'inizio)
Note: è la prima volta
che compro un quadernino con un gatto decisamente
carino in copertina, nonostante abbia delle righe da terza elementare e l'ho
fatto per questa storia. -non che abbia mai avuto quaderni con gatti brutti in
copertina, ovviamente.
È la prima volta che mi
cimento in una fiction su Nabari e spero di riuscire
a portarla a termine o quantomeno di arrivare a quel punto in cui i personaggi
vanno da sé e la storia continua a scriversi da sola.
P.S.: sto guardando desperate housewife e continuo ad
adorare questo telefilm; voglio il cofanetto della seconda serie. Seconda.
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Prologo:
“Avevo un gatto di nome Yoite.”
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Kazuhiko Yukimi, nel pomeriggio,
quando non aveva in lista consegne del suo lavoro ordinario, era solito
elaborare i dati che i sottoposti di Hattori gli
inviavano sul computer e quel pomeriggio non faceva eccezione.
Era da poco tornato al
computer dopo una breve visita in cucina e aveva posato la sua birra preferita
sulla scrivania, accanto al tappetino del mouse; aveva dovuto però spostare
qualche cartaccia accartocciata lasciata distrattamente in disordine là sopra,
con quello spostamento, da che i mobili non sono spazi infiniti ne fece cadere
altre a terra superando quel limite del non ritorno; sembravano quasi le tessere
di un domino cinese.
-forse è ora di
riordinare- ammise a se stesso storcendo il naso e lasciò che le parole
volassero al vento senza ascoltarsi, sembrava più il rimprovero inudito di una mamma o di una sorella maggiore che la
propria considerazione cosciente.
Riprese in mano la
lattina e sorseggiò la sua birra beneficiando della freschezza di quella
bevanda appena tolta dal frigo, era primavera inoltrata e le giornate ormai stiepidite dal tempo lasciavano ben intendere che l'estate
era veramente alle porte.
Sentì il campanello
suonare e aggrottò le sopracciglia, proprio non aspettava nessuno in quella
bella giornata di primavera.
Andò ad aprire e vide il
suo capo dallo spioncino della porta, lo salutò come conveniva e lo lasciò
entrare vergognandosi per la prima volta del proprio disordine, notando come
quello, dietro le lenti scure dei suoi occhiali si stava guardando intorno.
-buon giorno signore.-
gli disse il biondo cercando di attirare la sua attenzione nuovamente sulla
propria figura -sono venuto per affidarti una missione- gli confidò l'uomo e
quello se ne sorprese -lei? Di persona?- chiese allibito Yukimi,
era una cosa di tal importanza da scomodare addirittura Hattori
in persona?
Il biondo guardò il suo
capo non trovandovi alcuna reazione alla sua domanda tanto avventata quanto
priva di garbo e raffinatezza -sono venuto ad affidarti lui.- e lo vide
muoversi di poco e spingere in avanti con la mano qualcosa.
Abbassò lo sguardo
vedendo un bambino spinto appena dalla sua mano, dallo sguardo basso e silenzioso,
un bambino che attendeva solo di essere depositato nella sua nuova casa.
-un ragazzino?- chiese
sconvolto -io?- continuò -non riesco a mantenere in vita una pianta come può
pensare che possa occuparmi di un moccioso?- e tornò a guardare il ragazzino
che pareva non aver reazione, si era limitato a stare lì, in piedi a fissare il
vuoto.
-ti conviene mantenerlo
in vita, sa usare il kira.- ammise Hattori e a quella rivelazione, Yukimi,
si ghiacciò sul posto -il kira?- chiese sgomento
-.come può essere? Avrà al massimo otto anni- mormorò subito dopo aggrottando
le sopracciglia in un vortice di pensieri e ipotesi.
Prima che l'uomo potesse
rispondere alle sue repentine domande una delle sua guardie del corpo di
affacciò dal pianerottolo -signore
l'elicottero è arrivato.- gli comunicò guardandolo e vide il suo superiore
annuire -buona convivenza- mormorò al biondo prima di lasciarlo solo on il
bambino.
Yukimi guardò nuovamente il ragazzino e gli girò intorno
un paio di volte -e io ora come lo cresco un ragazzino? - si chiese e gli posò
una mano sul cappello sfilandoglielo dal capo e i suoi capelli neri brillarono
alla luce muovendosi di poco -dammi il cappotto- gli disse il maggiore e vide
che quello diligentemente se lo sfilò porgendoglielo.
Mentre l'uomo lo prendeva
andandolo poi a posare sull'attaccapanni all'ingresso il bambino si addentrò
nella casa raggiungendo ben preso il divano e vi si mise seduto raccogliendo le
ginocchia al petto.
Gli approcci di Yukimi verso quello scricciolo furono tre: gli chiese il
nome e quello non rispose; gli chiese se
andava tutto bene e nemmeno quella volta
ebbe alcuna risposta e, in fine, gli chiese bruscamente se fosse o meno muto, o
sordo, o qualsiasi altra cosa giustificasse il fatto che lo stava ignorando
tanto palesemente.
Quel ragazzino gli stava
dando già urto al sistema nervoso.
Lo prese per il collo
della maglietta -sto parlando con te.- gli ringhiò in
faccia e quel ragazzino lo guardò con i suoi occhi cerulei, freddi e distanti.
Quello lasciò la presa,
vedere un moccioso con quello sguardo gli aveva fatto impressione.
Se avessi mai visto gli occhi di un morto, aperti,
sarebbero
stati identici ai suoi in quel
momento.
Lo lasciò solo sul divano
intento a non far nulla e se ne andò borbottando in cucina, tornò lì, davanti a
lui una mezz'ora più tardi osservandolo
nella medesima posizione nella quale lo aveva lasciato poco tempo addietro -emh, hai fame?-
provò a domandargli sperando in una risposta almeno questa volta e a differenza
delle altre volte quel ragazzino si volse a guardarlo, dritto negli occhi e Yukimi ebbe la medesima impressione di poco tempo prima.
-non guardarmi a quel
modo ragazzino.- e nonostante quello distolse lo sguardo da suo ebbe
l'impressione che non lo avesse fatto perché glielo aveva detto, bensì credette che lo avesse fatto per il suo volere personale,
una sorta di disinteressamento nei suoi confronti, nulla di più.
Gemette frustrato
scuotendo il capo in segno di niego allontanandosi
nuovamente, avere quella presenza in casa che non parlava, non si muoveva e che
lo ignorava gli dava un senso di inquietudine, qualcosa di simile alle
situazione di silenzioso imbarazzo, come quando incontrava qualche condomine in ascensore e si alimentava quel silenzio
ansiogeno fino all'arrivo al piano di uno dei due.
-pensi di potermi
ignorare vita natural durante?- chiese ovvio il
biondo pestando un piede a terra, quasi fosse lui il bambino tra i due.
Si fece ben presto ora di
cena e visto che quel moccioso si ostinava a non parlargli, lui semplicemente
non gli preparò alcun pasto; mangiò davanti a lui quasi a volerlo sfidare, e,
come era intuibile ottenne solo indifferenza.
Gli montò ulteriormente
un nervoso beffardo, gli pareva di perdere
delle stupide battaglie mentali, che
si era auto imposto, oltretutto.
Mangiò silenziosamente
guardandolo e fissandolo, sperando così di infastidirlo magari e si versò da
bere parecchie volete.
Passarono due giorni nei
quali quel ragazzino non disse nulla , non mangiò niente ne si mosse, fin
quando, forse sfinito di quella silente ribellione si stese sul divano.
Yukimi lo notò solo quando, passandogli accanto non lo
vide tremare.
Per la prima volta o vidi per quello che era
un piccolo fagottino d'ossa
tremante.
-ehi- lo richiamò non potendolo
fare con il suo nome e andò a scuoterlo appena muovendolo dalla spalla. -ehi,
non credi sia il caso che.- si interruppe quando vide le sue gote arrossate e
gli occhi lucidi che lo guardavano -tu hai la febbre.- sentenziò passandogli
una mano sulla fronte ma il cucciolo, nonostante tutto scansò la sua mano; Yukimi lo guardò tristemente e prese il cellulare
allontanandosi di qualche passo il bambino lo seguì con lo sguardo e vide la
sua schiena grande e forte mostrarsi a lui e i suoi capelli corti tenuti
indietro dalla fascia e si rese conto che se pur in pochi giorni non lo aveva
mai visto privo di quel particolare.
Gli parve una
considerazione stupida per uno che lo stava per mandare via, di nuovo, nessuno
lo voleva per più di una settimana.
-ehi ciao- gli sentì dire
con voce dolce e lo vide voltarsi a guardarlo mentre raccontava al suo
interlocutore che un bambino cattivo era piombato nella sua vita -sì, grazie,
ti aspetto.- disse per poi richiudere il telefono star-tak
per poi riporlo nella tasca;
Yukimi si avvicinò a lui sul divano -mia sorella mi
sgriderà per il disordine- gli disse senza un perché e il bambino lo guardò
appena -vado a prenderti una coperta- gli disse per poi alzarsi, ma si sentì
afferrare per la maglia e vide quel piccolo fagottino tremante guardare altrove
un secondo dopo che i loro occhi si era incontrati.
Il maggiore sorriso
intenerito -ehi non preoccuparti, torno subito.- ammise mantenendo poi la sua
promessa con l'aggiunta di una coperta che l'avrebbe tenuto al caldo, come in
un dolce abbraccio.
Quando tornò da lui, in
salone lo trovò nuovamente seduto e si mise accanto a lui posandogli la coperta
sulle spalle, facendo attenzione ad accostarla bene al suo collo; -appena ti
senti meglio andiamo a comprare un pigiama e qualche vestito.- gli confidò con
dolcezza e gli accarezzò i capelli.
Fui certo di vederlo arrossire in quell'occasione,
mentre
abbassava la testa per annuire
debolmente,
nonostante le sue guance erano già
rosse per via della febbre.
Quando Amatatsu, la sorella minore di Kazuhiko
arrivò li trovò entrambi sul divano e vide suo fratello fare spallucce,
cercando di muoversi il meno possibile e guardo il bambino che lui le indicava
-dorme, che dolce- mormorò lei e gli si avvicinò -gli hai misurato la febbre?-
chiese al fratello ma quello negò -credo che il termometro sia in bagno, in un
qualche cassetto lì- ammise e lei lo guardò inarcando un sopracciglio. -non
guardarmi così io non me ne faccio niente di un termometro!- borbottò il biondo
e quello lo picchiettò sulla testa intimandogli di fare silenzio o avrebbe
svegliato il bambino. -oh a proposito, come si chiama?- domandò ma lui gli
rispose che fino a quel momento non aveva detto niente, non aveva fatto alcun
che ne aveva, per ovvi motivi, mangiato.
-sembra quasi una
bambola.- mormorò rattristandosi senza sapersene spiegare il perché.
Ci fu un piccolo momento
di silenzio e poi lui scosse il capo -non dire queste stupidaggini- mormorò -vado a preparargli qualcosa, deve
comunque mangiare qualcosa prima di prendere qualsivoglia medicinale.- spiegò
tecnica e lasciò suo fratello sul divano intento ad accarezzare i capelli del
nuovo arrivato
-questo odorino mi sta
facendo venire fame- ammise il biondo al ragazzino che nel contempo si era
svegliato e pochi istanti più tardi Amatatsu comparve
con un vassoio tra le mani con su una ciotola colma di riso ai frutti di mare
-che aveva trovato nel freezer del fratello. Andò a sedersi sul tavolinetto di
fronte al divano e dovette incastrare le gambe con quelle del fratello per entrarvi
-oh ciao- disse al ragazzino e quello si nascose bambinescamente -quale era-
vicino a Kazuhiko che scoppiò a ridere -ahahha sorellina incuti timore a chiunque- la prese in
giro e lei gonfiò le guance offesa -ma ho detto solo ciao!- si lamentò -e tu
non ridere.- intimò al fratello.
-prova a mangiare un pò- disse tralasciando il biondo che riteneva un cretino e
si rivolse dolcemente al bambino cercando di non intimorirlo più.
Quello sentì che il
biondo aveva iniziato ad accarezzargli i capelli; in quel momento percepì uno
strano calore al petto e si rese conto di non averlo quasi mai provato quello
strano qualcosa e che non gli dispiaceva provarlo.
Prese il cucchiaio
odorando quasi fosse un gatto diffidente quel cibo e lo assaggiò stupendosi del
gusto nuovo che non aveva mai provato tra le cose che gli erano sempre state
date da mangiare.
Afferrò la ciotola e
cominciò a mangiare quel riso che tanto premurosamente Amatatsu
gli aveva preparato sotto gli occhi sorridenti di Yukimi
e sua sorella.
A fine serata il bambino
crollò addormentato sul divano e il biondo lo portò per la prima volta sul
letto, sul suo letto che da quel momento avrebbero diviso; quel suo letto che
diventò il loro letto.
Quando Yukimi riuscì dalla camera trovò sua sorella intenta a riordinare
un minimo -ehi lascia, faccio io.- si propose Kazuhiko togliendole di mano le lattine vuote di birra che
si erano accumulate in quei giorni.
Lei negò sorridendo -ora
che non sei più solo sai che non puoi più limitarti a gestire un porcile, vero?-
chiese e vide il fratello limitarsi a far spallucce -se proprio devo- mormorò
facendo ridacchiare la compagna -stai facendo rivoltare mamma nella tomba-
ammise trovando la cosa alquanto spiritosa.
Yukimi sorrise appena spostando lo sguardo dalla sorella
al resto della casa e si avvicinò alla finestra guardando fuori la città vivere
notturna, -quella befana non voleva proprio morire.- ammise -ti ricordi?- gli
chiese sorridendo al suo riflesso e la vide avvicinarsi -ci sono volute tutte
le nostre forze- mormorò lei e gli prese il braccio tra le mani -ora
continuiamo a riordinare, non farmi credere che le tue sono veramente promesse
da marinaio, su!- lo incitò prendendo il vassoio con la ciotola e le bacchette
per poi portarlo in cucina e Kazuhiko la osservò
allontanarsi;
la seguì e la vide
intenta a gettare i rimasugli di riso nel pattume prima di depositarla nel
lavabo assieme alle bacchette.
Kazuhiko andò in frigo prendendo un paio di birre e ne
porse una alla sorella -rilassati e facciamo una pausa- propose e vedendo che
lei afferrava la birra intuì che era d'accordo.-sembriamo una famiglia, vero?-
le chiese e la fece sorridere. -tralasciando che avremmo commesso incesto, io
dovrei essere anche una puttana adultera?- gli chiese tirando la linguetta della
lattina sorseggiando subito dopo la bevanda fresca.
Amatatsu ammiccò alla camera da letto dove il ragazzino
riposava in predo all'effetto dei medicinali che gli aveva somministrato. -da
dove sono usciti fuori capelli e occhi neri come la notte?- chiese e il
fratello rise -tu sei matto- mormorò e fece tintinnare le loro lattine -me ne
ero scordata prima- ammise facendogli bambinescamente la linguaccia e per un
momento sembrarono essere tornati ai loro anni di adolescenza, dove tutto era
un gioco.
-la mamma è morta inutilmente.- ammise lui
-che riposi comunque in pace.- rispose lei
freddamente, quell'attimo di ricordo era evaporato facendoli tornare al
presente delle loro azioni. -l'abbiamo ammazzata
inutilmente- rimboccò lui comprendendo che la sorella voleva uscire al più
presto da quel discorso e calcò appositamente quel termine per rendere meglio
quel che provava, avrebbe potuto
pronunciare sinonimi più signorili ma lui era solito non definirsi tale, i
convenevoli non avevano mai fatto per lui, sembrava un essere nato dalla terra
stessa.
Amatatsu sospirò e posò la propria bevanda sul ripiano
accanto a loro e prese quella che il biondo non aveva ancora assaggiato
posandola lì accanto alla propria, gli prese le mani e si avvicinò a lui
inumidendosi le labbra prima di parlargli, quasi a voler temporeggiare per
cercare le parole, lui la fissò, fissò le sue labbra carnose e lucide di saliva
e non pensò ad altro se non a guardarla, bella come era sempre stata da che lui
avesse ricordi.
Vide le sue labbra curvarsi
in un timido sorriso e percepì le sue mani raggiungere il suo viso
accarezzandogli le guance -Kazuhiko- disse e udire il
suo nome completo detto con quella dolcezza bastò a cancellare qualsivoglia
inquietudine. -eravamo ragazzini fortemente convinti che sarebbe stato per
sempre.- disse cercando di tranquillizzarlo -è stato un bellissimo gesto
d'amore- gli confidò andando a baciargli una guancia e lui la trattenne tra le
braccia accarezzandogli piano la schiena.
Qualche istante più tardi
dopo essersi distanziata da lui spingendolo dai pettorali gli sorrise -domani
devi assolutamente pulire questo porcile.- gli disse e quello ridacchiò -come
desidera signora- rispose scherzando -e domani passerò a controllare- ammise
lei ovvia.
I giorni che seguirono
servirono al bambino per ristabilirsi, ancora non aveva proferito parola ancora
non aveva detto come si chiamava ma almeno mangiava e seguiva con gli occhi
quei due che animavano tutta la giornata, da mattina a sera; pareva ascoltarli
se pur senza rispondere ai loro tentativi di intentare un dialogo con lui.
Pareva quasi più paffuto
quel ragazzino da quando era arrivato in casa Yukimi.
Finalmente il padrone di
casa aveva iniziato seriamente a far ordine lì dentro e quella incominciava ad
avere nuovamente le parvenze di un'abitazione.
*
erano appena le dieci
meno venti e sua sorella se ne era appena andata, avevano riordinato e Amatatsu aveva lavato i piatti come una brava donna di
casa; in quel momento Kazuhiko se ne stava vicino
alla finestra seduto su una sedia che si era trascinato dietro per star comodo
mentre si concedeva lo stravizio di una sigaretta dopo cena e si era messo lì,
con la finestra completamente aperta per non infastidire troppo il bambino.
Fece un paio di tirate
guardando il cielo scuro della notte, si voltò poi a guardare quel bambino e fu
sicuro che quello deviò lo sguardo nell'attimo precedente, vedendolo immerso
nell'imbarazzo dell'esser colto in fallo stando osservandolo a sua volta in
quel frangente.
Sul viso del maggiore si
dipinse un sorriso divertito -pensi che ora potremmo parlare?- gli chiese -se
non vuoi dirmi come ti chiami dovrò trovarti un nome io stesso- ammise e notò
di aver attirato la sua attenzione -mh vediamo- propose dei nomi ma nessuno sembrava adatto a
quel ragazzino, ne lui dava cenni di apprezzamento verso l'uno o l'altro.
-Yoite.- mormorò poi e il ragazzo mentre il biondo
continuava a proporre altre ipotesi mormorò quello “Yoite”;
quando lo aveva
pronunciato c'era qualcosa nella sua voce, un ricordo probabilmente.
All'alba del suo nuovo
nome Yukimi fu sorpreso della sua scelta, contornata
da un vocino inaspettato.
-Yoite. Mormorò lui e annuì -avevo un gatto che si
chiamava Yoite.- ammise.
In quel momento non aveva
solo un gatto che si chiamava Yoite, aveva un bambino
che aveva scelto di chiamarsi a quel modo; avere il suo Yoite
da crescere da quel momento in avanti.
Marykei-Hishi