Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: tueswmoriarty    08/06/2011    6 recensioni
Teneva delle api, i propri pensieri per se stesso, e John Watson. (John/asexual!Sherlock - Traduzione a cura di Madame Butterfly.)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non è mio. Questa incarnazione di Holmes e Watson appartiene alla BBC.

Note: vagamente ispirata alla canzone "After the Storm" di Mumford & Sons.

(Traduzione a cura di Madame Butterfly -  link al permesso di traduzione qui - la storia originale la potete trovare a questo indirizzo. E ricordatevi che l'originale è sempre la versione migliore quindi, se sapete l'inglese, siete caldamente invitati a leggerla =D)





GET OVER YOUR HILL AND SEE





La prima volta che John si sposò, Sherlock rimase a casa. Disse a John che era stato chiamato per un indagine, e che John avesse capito che si trattava di una bugia non lo disse mai. Cenavano ancora insieme due volte alla settimana, senza Sarah, perché John sospettava che altrimenti Sherlock non avrebbe mangiato affatto.

Diceva a se stesso che non era perché il suo geniale, imprevedibile amico gli mancasse. Che non agognava le ore – alcune in silenzio, altre piene di azione continua, violenta e assordante – spese in compagnia di Sherlock Holmes.

Due volte alla settimana diventò tutte le sere. In breve tempo, stava correndo per Londra con Sherlock con la stessa frequenza di quando era scapolo. Molto più di frequente, in realtà.

Una sera tornò a casa, nel suo appartamento e trovò le serrature cambiate. Batté i pugni contro la porta.

“Sarah! Sarah, apri! Mi si è rotta la chiave!”

Lei obbedì, aprendo la porta quel tanto che bastava a rivelare il suo viso pallido e l’espressione calma. “John. Pensavo te ne fossi andato. Ho cambiato le serrature.”

“Andato?” Era confuso. “Sarah, io non ti ho lasciata.”

Le labbra di lei si strinsero in una linea sottile. “Pensavo avessi capito che l’hai fatto.”

La porta si chiuse.


***


“Ah, John. Mi chiedevo quanto ti ci sarebbe voluto per arrivare qui.” Sherlock sentì felicità, vera felicità, esplodergli nel petto per la prima volta in quasi sedici anni. Aveva nuovamente John nella sua stessa città. No, ancora meglio: sotto lo stesso tetto.

“No, non te lo stavi chiedendo,” John borbottò in un pessimo tentativo di irritazione mentre varcava la porta zoppicando. “Probabilmente mi hai messo Mycroft alle costole fin da quando ho lasciato il cimitero."

“Mycroft è in pensione, John. Ed è a Tahiti.” Il suo tono era sdegnoso.

“Giusto. Be’, la rete di senzatetto allora.”

“Forse.”

John piegò la testa verso di lui.

“Oh, d’accordo. Naturalmente. Ho preso in considerazione l’idea di incontrarti alla stazione ma non volevo sembrare troppo impaziente.”

Il sorriso di John illuminò l’intero atrio. “Non sia mai.”


***


John era tornato dopo Sarah ma le cose erano cambiate. Una linea era stata valicata, nessuno dei due sapeva esattamente dove.

Forse era il fatto che Sherlock non avesse mai affittato la stanza di John o spostato niente fuori (o dentro) la camera durante i due anni in cui era stato sposato.

Forse era perché il rapporto di John con Sherlock era la ragione per cui Sarah l’aveva lasciato, e tutti lo sapevano.

Forse era per via dei tocchi che erano stati più o meno costanti fin da quando Jim Moriarty (possa bruciare all’inferno) aveva rapito John tre mesi dopo aver incontrato Sherlock. Un piccolo tocco rassicurante su una spalla, la pressione di una mano sulla schiena, il modo in cui ci si aggrappava alla mano dell'altro per tirarsi in piedi - non erano mai davvero progrediti in nient'altro, ma neppure erano mai cessati.

Forse era il modo cauto con cui si aggiravano ai limiti l'uno della vita dell'altro, non sicuri di dove combaciassero, certi soltanto che l'altro era importante.

Ma forse erano contenti così, muovendosi dentro e fuori l'uno dall'orbita dell'altro. Forse era abbastanza.

Sherlock fu il primo ad accorgersi che non lo era. Ad un certo punto, si era accorto che c'erano cose che non poteva dare a John, e lui voleva davvero tanto che il suo amico le avesse. Non che fosse spaventato, in verità. John aveva il suo cuore; John era il suo cuore. Probabilmente anche John lo aveva dedotto, e se non l'aveva fatto era un idiota.

No, Sherlock non aveva paura ma c'erano cose che non riusciva a fare. John aveva bisogno di qualcosa di più di un occasionale sfiorarsi con le dita. Aveva bisogno di più dei languidi baci e delle notti tranquille sul divano che Sherlock gli avrebbe donato con gioia se solo non avesse saputo che John cercava dell'altro.

John aveva bisogno di un amante che fosse affamato del suo corpo quanto John lo era del suo. John aveva bisogno di qualcuno che potesse accarezzare e sentire e consumare e adorare. Aveva bisogno di essere toccato, intimamente e spesso.

Andò avanti per tre anni senza nessuna di queste cose.


***

Erano entrambi sessantenni ma ridevano insieme come ragazzini. I loro primi due giorni li avevano spesi più che altro a bighellonare intorno alla casa, disfare le scatole che John aveva spedito e mangiare cibo da asporto. Era una vita più tranquilla di quella che erano abituati a condurre, ma Sherlock dubitava che sarebbero stati in grado di rincorrere criminali a piedi o fare a botte con giganti o travestirsi da nient'altro che da quei deboli vecchi che erano rapidamente diventati.

"Hai ancora il teschio, vedo," osservò John, sistemando i suoi maglioni nell'armadio della stanza degli ospiti.

"Sì. Lo stai sbattendo fuori dalla sua stanza."

"Il teschio ha una stanza tutta sua?" Lanciò un'occhiata incredula a Sherlock, che sedeva su un angolo del letto.

"Dava l'illusione di averti ancora a casa."

"Ti prego, non dirmi che l'hai chiamato John."

"...No?"

John alzò gli occhi al cielo e andò a sedersi accanto a Sherlock. "Ora mi sento quasi in colpa a sbatterlo fuori, ma davvero non mi va di avere quella cosa che mi guarda mentre dormo."

Sherlock si illuminò. "Va benissimo. Dopotutto dorme nella mia stanza la maggior parte delle notti."

John lo fissò.

"Non va bene?"

John non rispose.


***


Mary era stata una moglie più comprensiva. Meno pressioni faceva lei, meno ne faceva Sherlock, e certi giorni sembrava quasi che ci fossero solo due persone implicate nel matrimonio di Watson. Fortunatamente non aveva mai avuto bambini perché Sherlock non pensava avrebbe potuto tollerare di essere chiamato padrino.

Era tutto quello che Sherlock voleva per il suo amico e quasi niente di quello che aveva voluto per sé stesso.

Passarono sette anni prima che realizzasse che aveva un problema. Non viveva più per i casi. Certo, godeva ancora dell'euforia che gli veniva dal risolvere un rompicapo irrisolvibile. Amava ancora il brivido della caccia. Era ancora geniale e desideroso di dimostrarlo, ma la sola cosa che lo faceva continuare ad andare a New Scotland Yard era John. Era l'opportunità di passare del tempo con il suo vecchio coinquilino. Era la possibilità di far finta che le cose non fossero mai cambiate, che erano ancora un’inarrestabile coppia di giovani uomini che correvano da una parte all’altra della città. Che quando avessero finito sarebbero ritornati al loro appartamento e si sarebbero buttati sul divano a guardare la tivù e mangiare cibo da asporto e ridere.

Era far finta che John fosse ancora suo.

Quindi Sherlock fece quello che faceva sempre quando cercava di liberarsi da una dipendenza. Eliminò del tutto il suo assortimento di sostanze. Lo sostituì con qualcosa di sufficientemente simile a calmare la sua insaziabile smania.

La prima volta aveva sostituito l'euforia della cocaina con il brivido della caccia. Entrambi erano rinvigorenti ed esilaranti e pericolosi. Entrambi lo facevano sentire come fosse più di un semplice uomo. Si bilanciavano a vicenda, anche se persisteva sempre un sordo desiderio per la droga.

Questa volta stava sostituendo John Watson. Affidabile, eppure sempre misterioso. Qualcosa che Sherlock avrebbe potuto impiegare anni a risolvere. Qualcosa che non aveva mai risolto.

Non era così stupido da credere che avrebbe potuto sostituire John con un'altra persona. Era un piccolo miracolo che fosse in grado di tenere a John così tanto, e un miracolo ancor più grande che John contraccambiasse (più o meno) l'affetto di Sherlock. Dunque scambiò la sua vita a Londra, la sua vita con John, con una tranquilla casa nell'Hertfordshire. La casa era in cima ad una piccola collina, piacevole e vicina al suo nuovo lavoro. Era comoda e adorabile e non era casa.

L'Hertfordshire non era la casa di Sherlock ma era la casa del Rothamsted Research e delle loro colonie di api. Un istituto di ricerca agriculturale non era un posto dove ci si sarebbe aspettati di vedere Sherlock, ma le api erano scomparse ed era un mistero. Poteva mantenere desta la sua attenzione. Per non parlare del fatto che quelle api gli ricordavano John. Erano piccole e ronzavano in maniera fastidiosa. Talvolta erano pelose e tonde e a strisce. Quando non c'erano il mondo diventava peggiore. Faceva male.

Si vedevano ogni due mesi e si mandavano frequentemente messaggi, ma non aveva mai smesso di far male.


***


Quando John finalmente parlò, Sherlock fu colto di sorpresa. Si era calato profondamente nella contemplazione del volto del suo amico: le rughe profonde, le borse sotto gli occhi e quei capelli grigi gli facevano dimostrare in pieno i suoi sessantacinque anni.

"Tu sei... un idiota." L'inflessione della sua voce era quasi la stessa che aveva avuto il giorno dopo che si erano incontrati, quando stavano viaggiando in taxi e John gli aveva detto che le sue deduzioni erano straordinarie.

La fronte rugosa si contrasse. "O forse sono io l'idiota. Credo di capire adesso."

Sherlock era talmente deliziato dal fatto che John stesse parlando; cosa che non aveva fatto da quando Sherlock aveva menzionato la sua tendenza a dividere una camera con il teschio che chiamava John. Sorrise ma non aveva idea se quello fosse un comportamento più socialmente appropriato rispetto alla sua recente rivelazione. "Naturalmente sei tu l'idiota. Io sono un genio, ricordi?"

John lo guardò. "No, quando si tratta di cose come questa non lo sei. Se tu fossi davvero un genio me l'avresti semplicemente detto."

Ora era il turno di Sherlock di accigliarsi. "Dirti cosa?"

"Quello che provi."

"E che cosa provo?"

"Be', non lo so con precisione, ma come minimo direi che ti piaccio."

"Certo che mi piaci! Sei il mio migliore amico."

John sembrò un po' rattristato, ma qualcosa nell’inclinazione della sua testa mostrava che non era deluso o ferito. John era triste per lui. "E tu il mio. Infatti posso tranquillamente affermare che mi piaci più di chiunque altro al mondo."

"Be', suppongo che la scelta fosse tra me ed Harry, ora che Mary se n'è andata." Si pentì di quelle parole appena gli furono uscite dalla bocca, ma sembrava che John si fosse aspettato da lui qualche commento venato d'amarezza. Emise un profondo sospiro.

"Questo non ha niente a che fare con lei. Non c'è mai stata una vera gara, non da quando ti ho incontrato."

Sherlock ripeté quelle parole nella testa per un momento.

"Avresti dovuto dirmelo," continuò John, tranquillamente.

"Non potevo," fu la calma risposta. "Non posso... non possiamo... non sarebbe stato giusto nei tuoi confronti. Anche adesso non è giusto per te."

"E questo perché?" John si allungò in avanti e gli toccò il dorso della mano.

"Lo sai perché. Pensa, John. Ho mai mostrato interesse in una relazione?"

"Prima di adesso, intendi?" John lo stava stuzzicando. Sherlock si accigliò. "D'accordo, d'accordo. So cosa intendi. No, eri sposato con il tuo lavoro, se ricordo bene. Lo sei ancora."

"Quindi nessun interesse."

"No, suppongo di no. Ci sono state delle volte in cui ho sperato... ma nel complesso direi di no."

Sherlock annuì, soddisfatto. "Come al solito vedi ma non osservi."

"Certe cose non cambiano mai."

"Appunto."

"Ti andrebbe di dirmi che cosa avrei dovuto osservare?"

"Non ho mai avuto una relazione romantica perché ci sono certi aspetti di essa che trovo... poco appetibili."

"Ah." Un lampo passò negli occhi di John.

"Ah cosa?"

"Posso essere poco osservatore ma ho riconosciuto l'occhiata di disprezzo che hai lanciato al letto mentre parlavi."

"E?"

"E ne deduco che ti riferisci al sesso quando parli di cose che trovi poco appetibili."

Sherlock sorrise. Un sorriso amaro. "Ben fatto, John."

"Quindi mi stai dicendo che non mi hai mai confessato quello che provi perché sei asessuale?" Perché John si stava dilungando sull’argomento?

"Questo è il nocciolo, sì."

"È ridicolo, lo sai. Dimmi, ti diverti a fare il martire?"

"Cosa? Naturalmente no!" Sherlock era offeso e non era sicuro del perché. Non era che John non lo avesse mai accusato di fare il melodrammatico in passato.

"Allora perché? A parte il fatto che probabilmente ti sei appena reso conto che ti piaccio."

"Non è. Così." Come si permetteva John di accusarlo di una tale ignobile svista; di non aver capito che una parte del suo cuore era stata assente per anni. "È perché non sarebbe stato giusto chiederti di fare a meno del sesso. Lo so che ti piace."

John ridacchiò. Ridacchiò. "Non sarebbe un problema. Ho sessantacinque anni, Sherlock. Non ho la metà della vita sessuale a cui ero abituato. Oltretutto, mi è già capitato di stare senza."

Sherlock ripensò a quei tre anni tra Sarah e Mary. I tre anni in cui John era stato suo e di nessun altro.

"Ma questo non dura. Non può durare. E io non voglio solo un paio d'anni, John. Io voglio decenni. Voglio ogni minuto che abbiamo perso." Le parole gli erano sgorgate fuori rapidamente come quando era nel bel mezzo di una deduzione. E quella era una deduzione. Stava parlando a voce alta e scoprendo man mano la verità. Voleva John per il resto della sua vita. Amava John.

"Sono tuoi. Ogni minuto è tuo." La voce di John si ammorbidì. "Siamo stati insieme per tre decenni. Se saremo fortunati ne avremo altri tre." Si tirò su e passò una mano tra i riccioli sale e pepe di Sherlock.

"Smetterai di sposarti? Rimarrai con me?" La vulnerabilità nella domanda sorprese perfino lui.

"Penso di averne abbastanza del matrimonio. Sono tutto tuo." Ci fu una pausa per un secondo prima che si alzasse e desse a Sherlock un bacio asciutto alla base della gola. "E sono abbastanza bravo a dare ordini in camera da letto. Non dovrai fare niente che tu non voglia fare."

Sherlock si irrigidì. "Io... non so se sono stato chiaro, John." John si risedette.

"Mi dispiace se ho..."

Sherlock dissipò la sua preoccupazione. "Il bacio andava bene. Mi è piaciuto il bacio. Puoi ripetere il bacio tutte le volte che vuoi."

John lo fece, avvicinandosi un po' di più alla bocca, questa volta.

"È solo che... le camere da letto sono per dormire. Faccio questo in camera. Tutto qui."

"Ed è quello che fai sul divano, e sui treni, e in qualunque altro posto ti capiti di collassare." John gli sorrise con indulgenza. "Va bene, Sherlock. Va tutto bene. Mi piace dormire." Lo baciò di nuovo, questa volta sulle labbra. "Mi piaci tu."

Sembrò che tutto il sangue nel corpo di Sherlock gli fosse affluito alla testa, facendogli avvampare le guance e ronzare le orecchie. Si domandò brevemente se per caso le api fossero scappate e lo avessero seguito a casa.

"E a me piaci tu."

John gli sorrise apertamente. Quell’espressione lo faceva sembrare di nuovo giovane. "Penso che avresti dovuto menzionare una cosa del genere."

Sherlock si sporse per baciare via il ghigno dalla sua faccia. Aveva sessant'anni e baciava per la prima volta; sessant'anni e finalmente con l'uomo che amava.

Fu sorprendentemente bello. Sherlock lasciò che John affondasse le mani tra i suoi capelli e che lo guidasse gentilmente. Le labbra di John erano soffici e calde e asciutte. Il suo tocco era gentile. Si baciarono come due uomini che si conoscono bene e che sanno quello che vogliono.

Sherlock si tirò momentaneamente indietro. "Forse dovresti ridare al teschio la sua stanza. Non è per niente giusto, tu che irrompi in questo modo.”

John sorrise e disse la parola preferita di Sherlock.

"Geniale."


***

Come vanno le cose? Mycroft mi ha accennato che Mary era in ospedale. - SH

Non bene. Ictus. E’ in coma. - John

Mi dispiace. Vuoi compagnia? - SH

No, non farti problemi. C'è Harry qui. Ti terrò informato. Come stanno le api? - John

Splendidamente. Presento una relazione sugli effetti dell'incremento della produzione del mais sulla loro vita sessuale a un simposio la prossima settimana. - SH

Sembra proprio il tuo campo. - John

Molto divertente, John. - SH

...

Mary se n'è andata la scorsa notte. Domani i funerali. - John

Mi dispiace così tanto, John. Il posto? Sarò lì. - SH

No. So che hai il simposio domani. Verrò presto a trovarti. - John

D’accordo. - SH

Preferirei essere con te che ad ogni simposio. - SH

Dico davvero. Rispondimi, accidenti a te, o dovrò chiamare Mycroft. E’ fuori dal paese e non ne sarebbe contento. - SH

Lo so. Grazie. Adesso ho solo bisogno di elaborare il tutto. Posso venire a trovarti quando mi è passato? - John

Sei sempre il benvenuto qui. - SH

Dico davvero. Puoi rimanere per sempre, se ti va. - SH

Grazie. Verrò al più presto. - John


***


Era un tipo di vita tranquillo, ma dopotutto era sempre stato semplice tra di loro. Erano affondati in una confortevole vita domestica la prima volta che si erano incontrati. Perché avrebbe dovuto essere diverso, nonostante gli anni e le miglia che li separavano dal 221B di Baker Street?



FINE.





Note: la timeline che ho usato per questa storia è grossomodo questa: ho supposto che Sherlock avesse 30 anni e John 35 durante la prima serie. Ho calcolato due anni a scorrazzare per Londra, risolvendo crimini, seguiti dal matrimonio di John con Sarah. Ho (piuttosto generosamente, povera Sarah) stimato che sia andato avanti per altri due anni. Seguono ulteriori tre anni da scapolo, poi il matrimonio di John con Mary. Lo so che nel canone quel matrimonio ha vita piuttosto corta ma non volevo avere John sposato tre volte quindi l'ho ignorato. John e Mary sono stati sposati per 23 anni, ma i 16 anni a cui fa riferimento Sherlock sono i 16 anni passati nell'Hertfordshire mentre i Watson rimanevano a Londra. Il "tempo presente" in questa fic è il 2040, il che vuol dire che Sherlock ha 60 anni e John 65. Le cifre tonde sono probabilmente banali ma sono più facili da gestire!

Non avevo progettato di descrivere Sherlock come asessuale, ma alla fine è stato inevitabile! È diventato subito il mio canone personale per quanto lo riguarda. Mi scuso se ho fatto qualche errore. Questo fandom è stato il mio primo contatto con AVEN e l'asessualità in generale, e non vorrei aver detto/fatto/scritto qualcosa di offensivo. Per favore, correggetemi gentilmente dove ho sbagliato e tenterò di fare meglio in futuro.

Questo è il mio solo fandom e sono nuova, quindi sono a corto di contatti per britpicking/betareading. Di nuovo, le mie scuse per i surplus di 'z', la scarsità di 'u' e i problemi con i tempi verbali.

C'è davvero un Rothamsted Research e si trova sul serio nell'Hertfordshire. È il più antico istituto di ricerca agriculturale della Gran Bretagna.

Grazie infinite per aver letto!


Note dalle traduttrice: Non ho altro da aggiungere a parte che ho adorato tradurre questa fic per il suo stile fresco, per il continuo cambio di scena (dal matrimonio con Sarah all'arrivo di John nell'Hertfordshire, per poi tornare indietro nel tempo narrando della decisione di Sherlock di ritirarsi, eccetera eccetera) e perché nonostante non sia 'davvero' slash l'ho trovato di una dolcezza immensa *_*

Spero vi sia piaciuta e di non averla tradotta troppo schifosamente. In ogni caso io ce l'ho messa tutta ._.
  
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