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Autore: Katia R    09/06/2011    1 recensioni
DATA PUBBLICAZIONE: 9 ottobre 2010.
"Non è che non abbiamo tempo, la verità è che ne perdiamo parecchio", diceva un filosofo latino.
Genere: Malinconico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lucanna\\Il tempo non cambia nulla TITOLO: "Il tempo non cambia nulla".
AUTORE: 
Katia R.
DATA FINE:
27 luglio 2010.
PERSONAGGI:
 Luca\...
Premessa: 
Questa storia era un'alternativa della mia precedente "You found me".
L'ho pubblicata ad ottobre anche se l'avevo finita a luglio, solo perché ero entrata in una specie di crisi :P
Buona lettura!

Il tempo non cambia nulla

“Ti lascerò andare ma indifesa come sei
farei di tutto per poterti trattenere.”

-Mi raccomando, quando arrivi chiamami!- dice Luca accarezzandola. Anna annuisce silenziosamente, continuando a guardarlo. Sospira e gli butta le braccia al collo. Luca la stringe subito tra le sua braccia e chiude gli occhi per godersi quello che poteva essere l’ultimo abbraccio. Rimangono per minuti interminabili così, fino a quando la voce all’altoparlante annuncia l’imbarco. Si staccano e Luca le tiene la mano, stretta tra la sua, guardandola negli occhi. Entrambi li avevano velate dalle lacrime.
-Vai, ti stanno chiamando…- dice Luca -E ricordati che io ci sarò sempre…-
-Si, lo so…- dice lei prendendo il ciondolo della sua collana tra le dita -Questo lo porterò sempre con me…- dice per poi afferrare il suo bagaglio a mano -Allora…- sospira -Vado! Mi mancherete!- altro sospiro -Mi mancherai tu…- Luca allunga nuovamente la mano e asciuga quella lacrima solitaria dal viso di Anna. Sorride, evidentemente emozionato -Anche tu mi mancherai…-
La voce all’altoparlante annuncia nuovamente ai passeggeri di recarsi all’imbarco.
-Ciao, Luca…- dice lei girandosi, e incamminandosi.
-Ciao Anna- dice quando lei è già lontana.

“Ti lascerò... crescere
ti lascerò... scegliere
ti lascerò anche sbagliare. Ti lascerò.”

E da quel giorno sono passati quasi dieci anni. Io e Anna ci siamo rivisti solo tre volte da quel giorno. Ho notizie di lei grazie ai suoi superiori. A volte io stesso mi maledico per averla fatta partire.
Dopo l’indagine contro la mafia russa, che ha visto Anna come infiltrata, le è stata offerta una nuova opportunità di lavoro. Di certo lavorare come infiltrata non era uno dei suoi sogni, lo sapevo benissimo, ma la voglia di cambiare vita ha prevalso su tutto e, con un peso sul cuore, ha deciso di partire per la prima missione. Avrei voluto dirle di rimanere perché sapevo quanto era pericoloso quel lavoro, ma quando ho visto Anna così decisa, ho preferito non dire nulla.
Ma adesso è una settimana che non ricevo più notizie. Cosa sarà successo?

Roma, 5 aprile.
È sera tarda. Sono nel mio ufficio, in piedi davanti alla finestra, aspettando di ricevere una chiamata che da una settimana non arriva. Sorseggio il mio caffè, anche se è un orario insolito, e continuo a guardare fuori dalla finestra le poche macchine che passano.
-Luca- mi giro e noto Ugo sulla porta -Io sto andando a casa. Tu hai deciso di rimanere qui!?- dice sorridente.
-No, no. Adesso vado a casa…- dico accennando un mezzo sorriso. Negli ultimi anni mi è riuscito bene fingere davanti a tutti. Ho sempre nascosto di essere costantemente in pensiero per Anna. Ho sempre nascosto che si, mi manca, continuando a fingere di star bene. Ho cercato di convincere me stesso anche, ma ho avuto scarsi risultati. Io so cosa provo per Anna e non posso più mentire su questo.
Afferro la giacca e do una pacca sulla spalla ad Ugo, spegnendo la luce del mio ufficio e chiudendo la porta alle spalle -Bella Ughé, ci vediamo domani!- esclamo per poi avvicinarmi con passo veloce verso la mia auto. Salgo e tiro un sospiro di sollievo. Adesso posso smettere di mentire. Posso mostrarmi completamente frustato, posso mostrarmi esasperato iniziando a guardare il cellulare sperando che squilli.
Sfreccio lentamente tra le strade della città, fino ad arrivare a casa. Non è cambiato nulla da quando Anna è andata via. La sua camera è diventata quasi un luogo sacro per me e vado lì ogni volta che devo riflettere. Mi aiuta a sentirla più vicina.
Entro in cucina e prendo un bicchiere d’acqua, per poi aprire nuovamente il frigo per vedere cosa prepararmi per cena. Alla fine opto per una cotoletta con patatine e una bella birra fresca. Cavolo, è l’ultima!
E anche questo è un colpo al cuore. Ho dimenticato di comprare la birra e altre cose. Di solito era Anna a fare la spesa perché sapeva che mi dimenticavo le cose. Improvvisamente mi è quasi passata la fame. Sbatto lo sportello del frigo e afferro il mio piatto e la mia birra stravaccandomi sul divano. Prendo il telecomando cercando qualcosa di buono in tv, ma dubito di trovare qualcosa. Alla fine finisco per vedermi un thriller.
Ogni tanto l’occhio cade sul cellulare che, se non fosse per la piccola luce che mi avverte che è acceso, penserei che non da nessun segno di vita.

Un fascio di luce finisce per svegliarmi. Inizio a sbattere le palpebre e dopo i primi secondi, inizio a sentire ogni genere di dolore per tutto il corpo. Il divano è sempre stato abbastanza comodo, sono io che da dieci anni dormo quasi sempre male.
Mi alzo e  vado in bagno, mi tolgo la camicia e i pantaloni buttandoli nella cesta dei panni sporchi. Apro il getto d’ acqua calda nella doccia e dopo qualche secondo mi rilasso mentre l’acqua mi scorre addosso.
Esco dopo qualche minuto e metto un jeans e una camicia grigia per poi afferrare giacca, cellulare e chiavi e scendere di corsa le scale.
Salgo in auto e sospiro dando un’ultima occhiata al cellulare. Niente. Nessuna chiamata, nessun messaggio. Niente di niente.
Metto in moto e fortunatamente, vista l’ora, non trovo traffico per strada. Arrivo dopo qualche minuto al decimo e trovo già Ugo in guardiola.
-Buongiorno, Ugo!- esclamo sorridendogli.
-Buongiorno Luca!- esclama lui ricambiando il saluto per poi ritornare ad appuntare qualcosa su un blocchetto.
Mi richiudo in ufficio e la prima cosa che faccio è comporre un numero. Lascio squillare per un po’ fino a quando una voce maschile non risponde.
-Salve, Luca Benvenuto!-
-Oh! Commissario! Mi dica…- dice il superiore di Anna dall’altro lato del telefono.
-Non ricevo notizie di Anna da una settimana. È successo qualcosa?- chiedo sperando non riesca a captare il terrore nella mia voce.
-Non lo sappiamo neanche noi, commissario. Anna non si fa sentire da un bel po’…- e lì che mi sento crollare tutto il mondo addosso.
-Pensa che le sia successo qualcosa?- chiedo sedendomi.
-Magari ha avuto qualche contrattempo!- esclama, sicuramente per tranquillizzarmi -Stia tranquillo, Benvenuto!- ecco, appunto. Non mi tranquillizzo affatto!
-Senta, conosco Anna Gori da anni e so per certo che se non da sue notizie è perché è successo qualcosa!- esclamo continuando a rimanere calmo.
-Purtroppo sa benissimo che noi non possiamo interferire nella missione- sospiro e mi passo una mano sul viso.
-Si, ha ragione, mi scusi. È che quando si tratta di Anna non ragiono più…- dico ricevendo una risatina dall’altro capo.
-Me ne ero accorto, Benvenuto!- esclama l’uomo -E comunque, appena abbiamo notizie l’avvisiamo. Mi stia bene, commissario! Buon lavoro!-
-Grazie. Aspetto sue notizie…-

Austria, 6 aprile.
Sono rannicchiata sul divano, avvolta nel mio plaid, e guardo la televisione. Prendo la tazza fumante di the e inizio a soffiare per poi berne un sorso.
Sono sicura che i miei superiori saranno preoccupati, ma non so come avvisarli che mi trovo nella casa del “nemico“.
-Amore!?- mi volto verso l’uomo appena entrato: Fredrich. Mi si avvicina e mi da un bacio a fior di labbra.
-Come stai?- mi chiede dolcemente. Sorrido -Bene- mento, visto che ormai è diventata un’arte grazie a questo lavoro.
-Esco per un po’. Ho un incontro con un mio collega!- mi annuncia con quel suo tipico accento tedesco che sto imparando ad odiare. Troppo autoritario. Annuisco sorridendogli e lui mi stampa un bacio in fronte. Odio quando lo fa. Mi ritorna in mente il mio passato.
-Selene!?- qualcuno mi richiama: una piccola peste di sette anni, nipote di Friedrich. È un bambino adorabile, ma meno lo chiamo, meglio è. Il suo nome mi evoca troppe emozioni.
-Quante volte ti ho detto di non correre, Lukas!?- ecco, appunto. Ci ha pensato la governante a chiamarlo per nome. Subito una stretta al cuore che nascondo dietro un sorriso -Non fare arrabbiare la signora Hoffman!- esclamo facendolo accomodare sotto il plaid, accanto a me.
-Oggi ho preso un bel voto a scuola!- esclama euforico.
-Ah! Bene! E la mamma cosa ha detto?- chiedo.
-Mi ha promesso che se vengo promosso mi porta in vacanza con lei!-
-Wow! Allora vedi di fare il bravo e di prendere sempre buoni voti, intesi!?- dico mentre lui annuisce teneramente. Lo stringo a me, e per qualche assurdo motivo, ripenso al mio Abel.

Roma, 6 aprile.
È tardo pomeriggio e continuo a firmare delle pile di carta che Gabriele continua a portarmi. Gabriele. È proprio vero che nella vita si cambia. Io non mi sarei di certo immaginato Mancini sposato e con tre piccole pesti per casa. Mi accorgo di giorno in giorno che sto invecchiando. Soprattutto ogni volta che vedo un ragazzo che un tempo era un tenero bambino di dieci anni.
-Luca!?- dice proprio lui di fronte a me. Alto, occhi azzurri e quei riccioli rossi che lo avrebbero distinto tra tutti. Sorrido e mi alzo -Abel! Sei tornato!- esclamo abbracciandolo. Lui ricambia l’abbraccio felice. Dopo che Anna è partita mi sono preso cura di Abel andandolo a trovare ogni giorno all‘istituto, appena avevo un momento libero.
-Notizie di Anna?- mi chiede sorridente.
-No, per ora nulla- dico mostrandomi tranquillo -E tu? Che notizie mi porti? Come va l’università?-
-Bene! Mi mancano altri due anni- dice -Però in realtà ero venuto qua per un’altra cosa!- esclama sorridente.
-Cioè?- chiedo curioso.
-Io e Wendy abbiamo deciso di sposarci- dice aspettando una mia reazione che non tarda ad arrivare.
-Ma come…-
-Non è presto, Luca. Ci conosciamo da quando avevo tredici anni! Siamo sicuri di questo passo!-
-Si, si. Ma quando?- chiedo ancora sorpreso.
-Ecco, è questo il punto- dice tornando serio. Lo guardo senza capire. Poi improvvisamente un flash. Oh. Capito.
-Volevo aspettare che tornasse Anna…- sospiro e mi avvicino prendendogli il viso tra le mani -Figliolo, sai benissimo che di questo passo ti potresti sposare quando già hai i capelli bianchi- dico dolcemente e gli stampo un bacio in fronte -Però magari cerco di informarmi appena posso mettermi in contatto con lei!- esclamo. Come se fosse una cosa facile.
Lui annuisce e sorride -Grazie, beh, ovviamente mi farebbe piacere se fossi tu il mio testimone!- esclama. Rimango sorpreso nuovamente, e adesso anche un po’ emozionato.
-Non piangere, eh! Mi stai diventando sentimentalista, Luca!?- dice per sfottermi.
-Vattene, va!- esclamo spingendolo amichevolmente.
-Ti va se stasera ci prendiamo una pizza?- chiede. Lo guardo e annuisco, sorridente.
-Allora a dopo!- esclama uscendo dalla stanza.
È proprio vero. Il tempo passa e quasi non te ne accorgi. Rimandi le cose da fare e poi non ti rimane più tempo. Ti rimane solo il rimpianto.



Austria, 8 aprile, primo pomeriggio.
Le schegge dell’esplosione sono arrivate a più di cinquanta metri di distanza. Della postazione di servizio non è rimasto più nulla. I vigili del fuoco cercano di spegnere il fuoco. E tra le altre cose, trovano corpi completamente carbonizzati. Un vigile del fuoco trova qualcosa che luccica. Si china per raccoglierla e si ritrova una collana con un ciondolo, con qualche graffio, ma ancora intatto. A pochi metri, il corpo di una povera donna. Il commissario della polizia si avvicina.
-Commissario Huber, ho trovato questa- dice mostrandogli la collana. Il commissario ha un colpo al cuore. Quella collana l’aveva già vista. Sposta lo sguardo verso il corpo della donna e chiude lentamente gli occhi, sperando sia un incubo.

Roma, 9 aprile, tardo pomeriggio.
Sono fermo alla macchinetta e continuo a parlare con Ingargiola. Improvvisamente il cellulare inizia a squillare. Mi scuso con Giuseppe e mi allontano per rispondere.
-Pronto!?-
-Commissario, sono Mantelli- un tuffo al cuore. Il superiore di Anna.
-Mi dica- inizio ad agitarmi.
-Benvenuto, quello che le sto per dire non è ciò che speravo, purtroppo- ed è lì che già mi sento crollare tutto addosso -C’è stata un’esplosione. Il luogo dove Anna lavorava è saltato in aria e…- sono costretto ad appoggiarmi alla scrivania -Hanno trovato dei corpi carbonizzati, tra cui quello di una donna e a pochi centimetri, c’era il ciondolo che Anna portava sempre con sé…- deglutisco. Il nostro ciondolo. Deglutisco un altro paio di volte, non riuscendo a dire nulla. Mantelli sembra capire il mio stato d’animo e rimane in silenzio. Dopo circa un minuto lo sento richiamarmi.
-Si- dico semplicemente, non riuscendo più a capire nulla. Non può essere vero. Non può essere di Anna quel corpo carbonizzato.
-Benvenuto, non so cosa dire. L’ho chiamata appena mi sono un po’ ripreso. Anna era diventata come una figlia per me. È stato un duro colpo…-
-Io- cerco di formulare una frase di senso compiuto -Siete sicuri che è lei?- chiedo disperato.
-Commissario, purtroppo non c’era né la carta d’identità e nessun segno per poterla riconoscere. E poi, visto che non si fa sentire da una settimana… È probabile…- rimango di nuovo in silenzio. In questo momento nulla ha più senso.
-La ringrazio, Mantelli. Se… se ha altre notizie, mi faccia sapere…-
-Va bene, commissario. Lo so che è difficile ma- sospira -Appena le è possibile, dovrebbe passare qui-
-Si, certo. Se riesco vengo stasera stesso…-
-Come vuole, Benvenuto. L’aspetto!- esclama per poi chiudere.
Con un gesto meccanico poso il cellulare sulla scrivania. Faccio il giro e mi butto a peso morto sulla sedia. Guardo un punto fisso davanti a me. Le mani congiunte davanti agli occhi.
-Luca!?- Vittoria è appena entrata.
-Che succede? Perché piangi?- chiede. Ed è solo in quel momento che mi accorgo che sto piangendo davvero. Le lacrime scendono copiose, una dietro l’altra, e si posano sulla mia camicia. Chiudo gli occhi e inizio a singhiozzare. Improvvisamente mi sento circondare da due forti braccia. Vittoria. Mi stringo a lei e continuo a piangere. Rimane per un po’ in silenzio e poi mi rifà la stessa domanda di prima -Che succede, Luca?- e noto che il suo tono è preoccupato.
-Anna- riesco a dire soltanto questo. E sento che la stretta si fa più debole. Sollevo gli occhi e vedo Vittoria che è sbiancata.
-No…- dice sommessamente. Mi stacco da lei e prendo un forte respiro -Ascolta, devo…- prendo un altro respiro -Devo andare a prendere le sue cose. Non dire niente agli altri. Non c‘è nulla di sicuro. Spero non sia sicuro…- dico alzandomi lentamente. I miei movimenti sono quasi meccanici. Raggiungo la porta e mi volto verso Vittoria, facendo un lungo sospiro -Mi raccomando…-
-Tranquillo. Non dirò nulla. Fammi sapere- mi dice ancora scossa. Annuisco ed esco velocemente dal commissariato, cercando di non mostrare i miei occhi rossi.
Salgo in auto e appoggio la testa sul volante. La mia Anna non c’è più e non riesco ancora a capacitarmene. Metto in moto e mentre guido penso a tutti i miei ricordi più cari con Anna. Il suo sorriso che rimarrà sempre impresso nella mia mente. Il suo modo di fare, a volte un po’ pazzo. Il suo modo di capirmi subito, senza bisogno di parole. Mi è mancata tutto questo tempo, ma ora… Ora sento che mi mancherà ancora di più.
Avevo ragione. Il tempo è passato e adesso mi rimane solo il rimpianto. Ti amo, Anna. E vorrei potertelo dire. Ma è troppo tardi. E senza accorgermene mi ritrovo nuovamente in lacrime. La strada davanti a me un po’ appannata. Mi passo una mano sugli occhi per asciugarle e tiro su col naso. Se solo potessi ritornare indietro…
Pochi minuti dopo mi ritrovo sotto la sede. Parcheggio e scendo dall’auto. Sospiro chiudendo lo sportello per poi salire gli scalini e ritrovarmi di fronte un uomo sulla quarantina.
-Salve, sono il commissario Luca Benvenuto- dico cercando di tener ferma la mia voce.
-Ah, si! Mantelli la sta aspettando! Prego- dice mentre mi fa strada.
-Dottor Mantelli, c’è il commissario Luca Benvenuto!-
-Lo faccia entrare!-
Entro lentamente ritrovandomi un uomo sulla cinquantina, capelli bianchi, baffi, corporatura media. Sposato, visto la fede. Come lo dovrei essere io. Allungo una mano per stringere la sua e come se mi avesse letto nel pensiero mi porge un sacchetto.
-Questo è tutto ciò che hanno ritrovato nell’armadietto di Anna, più la collana con il famoso ciondolo- dice con voce un po’ roca. Prendo il sacchetto tra le mani e non posso che notare la nostra foto in primo piano. La nostra prima foto. Accanto la collana con il ciondolo “indistruttibile” che le avevo regalato. Deglutisco un paio di volte e combatto per non far scendere quelle maledette lacrime. Gli occhi iniziano a pungere. Tiro su col naso -Grazie, dottor Mantelli- dico con la voce spezzata. Esce quasi in un sussurro. L’uomo, alto quanto me, mi poggia una mano sulla spalla -La prego, diamoci del tu. In un momento come questo non riesco a dare del lei ad un uomo disperato…-
Annuisco e ritorno a guardare quel sacchetto.
-Anna teneva molto a te. Ogni volta che chiamava chiedeva di te- rialzo lo sguardo e rimango sorpreso. Non mi avevano mai detto niente.
-Era lei che ci diceva di non dirti che gli mancavi. Sapeva quanto mancava lei a te e quindi per non farti star peggio, ci chiedeva di non dire nulla…- lo guardo e accenno un sorriso -Anna è sempre stata così. Ha sempre pensato agli altri, e poi a se stessa. Era una donna fantastica, sai!?- dico guardandolo.
-Però questo a lei non l’hai mai detto, vero?- chiede.
-Oh, si. Gliel’ho detto un sacco di volte. Vivevamo insieme. Abbiamo superato tutto insieme- dico guardando un punto impreciso sul pavimento -Non ci siamo mai separati veramente- sospiro -Non posso credere che non ci sia più- dico guardando Armando di fronte a me. Gli occhi si appannano nuovamente e cerco un modo per evitare che le lacrime scendano. Tutto inutile. Mi ritrovo nuovamente in lacrime. Armando mi guarda commosso e mi attira a sé, come un figlio. È strano. Io e lui non ci siamo mai conosciuti realmente, ma avevamo una cosa in comune. L’amore per Anna. Un amore diverso, certo. Lui l’amava come una figlia. Io l’amavo, punto.
Mi stacco tirando su col naso e scusandomi.
-Non ti devi scusare. Ti capisco. Quando avevo ventisette anni uccisero la mia fidanzata. So come ci si sente- dice lasciandomi spiazzato. Anna non era la mia fidanzata.
-Adesso vado. Devo passare da un’altra parte- dico cercando di cambiare discorso.
-Si, va bene- dice con un mezzo sorriso. Mi volto e faccio per andarmene, ma improvvisamente mi fermo sulla porta -Ti prego. Fai di tutto per sapere se è sicuro- dico con un magone alla gola. Lui annuisce soltanto, con gli occhi lucidi. Accenno un altro saluto e mi dirigo a passo lento all’uscita.
Salgo in auto e mi dirigo dal mio migliore amico. Nel giro di pochi minuti mi ritrovo sotto casa sua che poi tanto sua prima non era. Suono al campanello e lui viene subito ad aprire, tutto sorridente -Oh, Luca! Come mai qui?- chiede. Ma notando la mia espressione diventa improvvisamente serio -Luca!? Che succede?- mi chiede.
-Anna- riesco solo a dire, mentre ricomincio a piangere. Non ce la faccio a trattenermi. È più forte di me.
-Anna cosa?- chiede sempre più preoccupato -Luca! Anna cosa?- ripete, ma so benissimo che ha capito.
-Non…- sospiro tra le lacrime e i singhiozzi -Non c’è più, Ale- e la mano che aveva appoggiata alla porta, scivola via, come tutti gli anni che sono passati.
-Papà, chi è?- chiede una vocina arrivando dietro di lui. La bambina mi sorride gridando -Zio Luca!- ma è un attimo. L’attimo dopo si accorge che sto piangendo e allora diventa triste.
-Tesoro, vai di là. Continua a guardare i cartoni. Devo- Alessandro sospira e cerca di mantenersi calmo davanti alla piccola Eleonora -Devo parlare di una cosa importante con zio Luca- la sua voce diventa quasi più roca. La piccola di soli sei anni scappa di nuovo in camera, senza fare domande o altro. Alessandro mi fa accomodare e in poche parole gli dico tutto. Non sa cosa dire. Rimane in silenzio per un po’, poi mi attira a sé e mi abbraccia. Lo stringo forte e continuo a piangere.
Sento sbattere il portone e poco dopo sulla porta compare Elena. Ci guarda senza capire. Poggia le buste della spesa sul tavolo e ci guarda con un’espressione interrogativa.
-Anna- dice Alessandro tutto d’un soffio. Elena schiude la bocca -Anna!? Cosa “Anna”!?- dice preoccupata avvicinandosi velocemente a noi.
-Che succede? Che ha Anna?- chiede.
Di nuovo silenzio. Elena mi afferra per il colletto della camicia e inizia a scuotermi -COSA CAZ*O SUCCEDE?- chiede ormai urlando. Ha gli occhi sbarrati e aspetta una risposta. E la trova nei miei occhi. Una lacrima, lenta, solitaria le riga il viso. Allenta la presa e inizio a parlare, quasi meccanicamente, raccontandole tutto.
È costretta a sedersi. Si passa le mani sul viso -Non ci credo- mi guarda sconvolta -Non ci credo- continua a ripetere prendendosi la testa tra le mani. Alessandro va subito da lei e la stringe. E per me è un altro colpo al cuore. Quante volte ho stretto Anna tra le mie braccia mentre lei piangeva. Quante volte siamo rimasti uniti per affrontare le mille avventure che la vita ci ha riservato. E adesso non rimane più niente. Niente tranne che i ricordi. Quelli sono indelebili.
Mi alzo lentamente e ripongo la sedia di nuovo al suo posto. Li guardo ancora una volta, ancora sconvolti.
-Io- deglutisco -Vado a casa. Ho bisogno di rilassarmi- dico asciugandomi gli occhi.
Alessandro si avvicina -Luca, vengo con te. Sto con te fino a…-
-No- lo interrompo -Stai con Elena. Io ho bisogno di stare solo, ti prego…- lui mi guarda qualche secondo e poi annuisce -Ok, come vuoi…- e dopo averli salutati mi dirigo a passo spedito verso l’uscita. Mi chiudo la porta alle spalle e sospiro. Tiro su col naso e scendo le scale per poi raggiungere la mia auto e successivamente casa mia.
Seduto sul porticato principale trovo Antonio. Il vecchio e caro Parmesan. Lo guardo e non c’è bisogno di parole. Mi stringe forte, come un padre con un figlio.
-Hai detto a Vittoria di non dirlo a nessuno, ma ha fatto uno strappo alla regola con me…- dice staccandosi. Deglutisco di nuovo, ormai è una delle cose che mi riesce meglio.
Lo faccio accomodare e prendo due birre. Ci sediamo entrambi sul divano.
E poi inizio a parlare a raffica raccontandogli tutto. Si asciuga le lacrime e poi mi guarda. Faccio un mezzo sorriso. Amaro.
-Sai… in molti ci scambiavano per fidanzati…-
-Beh, in fondo lo eravate- dice lui, attirando subito la mia attenzione -Credi che non lo avessimo capito? Sarò pure vecchio e rimbambito ma io l’avevo capito, come anche gli altri del resto!- esclama con un sorrisino.
E per la prima volta trovo il coraggio. Per la prima volta lo dico ad alta voce.
-L’ho persa, Antò- dico flebilmente, quasi in un sussurro -E la cosa peggiore è che l’ho persa nel preciso istante in cui ho capito di amarla…-
Sorride ancora una volta e abbassa lo sguardo per poi rialzarlo -No, Luca. Tu l’hai capito già tanto tempo fa. Quando Anna era ancora qui, a Roma. Quando vivevate ancora insieme. Lo sapevi, ma non avevi il coraggio di ammetterlo. Prima di tutto a te stesso- dice dolcemente. E mi accorgo che ha ragione. Come sempre.
-Voi avete iniziato ad amarvi di giorno in giorno, per tutti questi anni. Credimi, ho quasi ottant’anni e non ho mai visto un rapporto più bello, forte, e speciale come il vostro. Anche se lei adesso non c’è più… vivrà sempre in te. Vivrà con te. Sempre- mi dice emozionato con un tono paterno. Abbasso lo sguardo e mi ritrovo di nuovo gli occhi appannati. Forse ha ragione Abel: sono diventato un uomo dalla lacrima facile.
Un altro tuffo al cuore: Abel. Proprio lui che voleva aspettarla per il suo matrimonio. Proprio lui che non vedeva l’ora di riabbracciarla. Come dovrei dargli questa notizia?
-Vorrei addormentarmi e risvegliarmi scoprendo che tutto questo è stato solo un brutto, bruttissimo incubo- dico lentamente, cercando di dire qualcosa di senso compiuto. Credo di avercela fatta.
-Perché non vai a riposare!?- dice Antonio.
-Tu rimani qui?- chiedo.
-Se non ti dispiace… si-
-Ovvio che non mi dispiace- dico alzandomi -Prenditi la mia camera…- dico facendogli un sorrisino forzato.
-E tu?- chiede perplesso.
-Io…- sospiro -Dormo nella stanza di Anna- dico sempre con quel macigno sul cuore. Lui annuisce silenziosamente e io raggiungo lentamente la camera di Anna. Mi siedo sul letto e mi lascio andare all’indietro, guardando il soffitto e sospirando. Nel giro di pochi minuti chiudo gli occhi e…

-ANNA!- urlo ansimante, mettendomi seduto sul letto. Antonio sentendo l’urlo si precipita nella stanza.
-Luca!? Che succede?- chiede preoccupato.
-Anna è viva! Io lo sento! Anna è viva!- esclamo mentre lui mi guarda come se fossi pazzo.
-Luca…- cerca di cominciare un discorso, ma io scuoto la testa -No! Sono convinto! Lei è viva! Lo sento!- dico sicuro sistemandomi un po’ e correndo verso il bagno.
-Sai benissimo che non è così da quel poco che ci hanno detto…-
-No, Antonio. Lei è viva!- esclamo sicuro e uscendo dal bagno mi dirigo verso la porta -Chiudi tu, io vado!- e l’attimo dopo sono già in strada, pronto a salire in macchina e ad andare a parlare con il superiore di Anna.


EPILOGO.
Roma, 6 giugno. Primo pomeriggio.
Siamo in questa piccola chiesetta e vedo Abel sul sagrato della chiesa, agitato come non mai. Mi avvicino sorridente e gli metto una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare -Nervosetto!?- dico sfottendolo un po’.
-Abbastanza! Non è che non sono sicuro è che…- sospira -Non vedo l’ora di vedere Wendy e soprattutto di vedere Anna!- esclama con gli occhi lucidi.
Già. Anna.

~ ~ ~ ~ ~
-Sono sicuro che Anna è viva!- esclama Luca convinto. Mantelli gli si para davanti -Luca, Anna non si fa più sentire. È stato ritrovato un corpo con il suo ciondolo a pochi centimetri…-
-Ti dico che è viva!- esclama sempre più convinto -E poi, Anna non si sarebbe mai tolta quel ciondolo!-
-Magari ha dovuto!-
-Non abbiamo la certezza che sia morta!- e solo quella parola gli mette i brividi -Sono sicuro che Anna stia bene!-
-Luca…-
-Ti prego! Stavate seguendo una pista, giusto!?- Mantelli annuisce -E allora continuate su quella pista! Magari Anna non può informarvi per altri motivi!-
-Si, ma cosa dovremmo fare?-
-Dovete andare nella “tana” del nemico! Dovete vedere se Anna è lì!- dice in modo disperato.
-Va bene! Chiamo il commissario Huber e chiedo di fare un controllo nella villa di Fredrich Webber!- esclama prendendo la cornetta del telefono in mano e iniziando una discussione di circa cinque minuti. Alla fine Mantelli saluta con un ampio sorriso e si volta verso Luca -Stanno andando a controllare! Se Anna è viva ce lo diranno subito!-
Luca annuisce con un sorriso.
-Luca, non voglio che però tu ti faccia delle illusioni…- dice l’uomo dolcemente.
-No, non rimarrò deluso. Lo sento…-

Austria.
-Salve, vorremmo parlare con il signor Webber!- esclama il commissario Huber e uno dei suoi uomini, in borghese.
-Lei chi è, scusi?-
-Sono per una ditta che lavora fuori città. Volevo parlare con lui, se è possibile-
-No, mi spiace. Il signore Webber non c’è…-
-Ah! Che peccato!- fa una smorfia -Non c’è la moglie, la compagna, qualcuno in casa?- chiede.
-Si, aspetti!- esclama la donna andando a chiamare qualcuno.
-Si, mi dica!- esclama una donna, per poi alzare gli occhi rimanendo senza parole. Il commissario sorride -Anna…- dice sottovoce. Anna sbarra gli occhi -Cosa ci fa lei qui?- chiede sempre sottovoce.
-C’è stata un’esplosione e pensavamo fossi rimasta vittima- dice sincero.
-Oh…- riesce solo a dire -Beh, prego, vuole entrare signor…- lascia incompleta la frase stando al “gioco“.
-Hurban!- esclama sorridente accomodandosi.
Si siedono intorno al tavolo.
-Come avete fatto a sapere che ero qui?- chiede sottovoce.
-In verità non lo sapevamo. Eravamo convinti che lei non ci fosse più- dice sinceramente.
-E cosa vi ha convinto alla fine?-
-Il commissario Benvenuto!- esclama facendo cadere la bustina di zucchero dalle mani di Anna.
-Selene!- esclama la signora Hoffman arrivando in cucina.
-Oh, non so proprio dove ce l’ho la testa oggi. Mi cade tutto dalle mani!- esclama rimettendosi a sedere. Luca. La stava ancora cercando. Non si era dato pace. Sorride involontariamente.
-Non so esattamente come ha fatto a capirlo, ma…- il commissario sospira -Sapeva che tu eri ancora viva- dice sorridente.
-Devo ringraziarlo per la milionesima volta nella mia vita- dice Anna sorridente e anche un po’ emozionata.
-Beh, visto che il suo compagno non è in casa, verremmo un’altra volta!- esclama ad alta voce.
-Va bene- dice accompagnandoli alla porta.
-Anna, quanto pensi ci vorrà?- chiede sottovoce.
-Due settimane, massimo! Cercherò di mandarvi un messaggio se riesco- dice seriamente.
-Mi raccomando. Aspetto tue notizie!- esclama il commissario per poi salutarla e andare via.
~ ~ ~ ~ ~

La cerimonia ha inizio. Di Anna ancora nessuna traccia. Aveva promesso di esserci. Lo aveva promesso ad Abel. Io e lei non abbiamo ancora avuto modo di parlare ma ho letto un fax e mi basta per ora. L’importante è che sia viva.
Seduto sullo sgabello dal lato di Abel lo guardo, emozionato. Vedo la luce nei suoi occhi quando guarda Wendy. È la stessa luce che ho io quando guardo Anna. Me lo ha detto Antonio poco fa.
Arriva quasi il momento delle promesse e qualcosa, o meglio qualcuno, in fondo alla chiesa, attira la mia attenzione. L’attimo dopo rimango senza parole. Credo che il mio cuore perde più di un battito. Anna, bella come sempre, fasciata in quel vestito di seta color pesca e i capelli con lo stesso taglio di sempre. Non riesco a fare a meno di guardarla. E quando i suoi occhi incontrano i miei, anche lei rimane senza parole e il suo sorriso si tramuta in un’espressione indecifrabile.
Alcuni si girono a vedere cosa mi ha sconvolto così tanto e quando lo scoprono rimangono un po’ come me.
Vorrei correre verso di lei e stringerla tra le mie braccia non facendola andare più via. Ma non posso. Non in questo momento.

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Non ci credo. Sono di nuovo a “casa”! Ci sono tutti i miei amici. C’è il mio “piccolo” Abel che si sta sposando e c’è Luca, bellissimo nel suo vestito da testimone, con uno sguardo diverso in cui noto una certa emozione. Vorrei correre ad abbracciarlo e rimanere per ore abbracciata a lui. L’ultima volta che ci siamo visti è stato due anni dopo che sono partita. Sono passati otto anni. E solo Dio sa quanto mi è mancato in tutto questo tempo. Sorrido ai miei amici che si sono girati e con la mano faccio un piccolo cenno. Poi mi concentro solo su Abel e la sua dolcissima sposa Wendy. E sullo splendido testimone seduto accanto.


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Quando il prete annuncia che la cerimonia è finita la prima cosa che faccio è andare da Abel e abbracciarlo. Poi passo a Wendy e mi metto di lato, facendo passare gli altri.
Poi eccola di nuovo. La vedo avvicinarsi ad Abel, e ormai in lacrime lo abbraccia forte. Abel cerca di trattenersi, ma la gioia è troppa e alla fine cede anche lui.
Anna gli accarezza il viso e riesco a leggere il suo labiale “Mi sei mancato. Ti voglio bene”. Sorrido e mi emoziono ancora una volta vendendoli abbracciarsi.

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Stringo forte Abel, ancora una volta. Mi sembra ieri quando era un dolcissimo bambino di dieci anni. E adesso è un uomo. Forse era troppo presto per il matrimonio, ma se lui ha deciso così sono sicura che non si è sbagliato. Saluto Wendy e a primo impatto mi sembra davvero dolcissima come mi avevano descritto.
E poi, in tutto quel macello di gente non capisco più niente. Cerco Luca, ma non lo trovo.
Corro da Vittoria e insieme a lei mi dirigo al locale lì vicino. Tavolini all’aperto, fortunatamente.
Poco dopo arriva Elena con Alessandro e la loro bambina. Mi vengono incontro ed Elena inizia quasi a correre. Mi abbraccia forte e io la stringo, pensando che mi è mancata davvero tanto. Alessandro si aggiunge all’abbraccio mentre quella tenera bambina ci guarda senza dire nulla.
-Amore, questa è la famosa zia Anna di cui ti ho parlato tanto!- esclama emozionata. La bambina sorride e mi porge la manina -Ciao! Sono Eleonora!- esclama tutta sorridente. L’identico sorriso di Elena.
Sentiamo un po’ di chiasso e ci voltiamo verso quell’unica direzione.
-Oh! Smettetela di litigare!- esclama Gabriele con un bambino di circa un anno, credo, cercando di dividere Laurent e Michelle, se non erro.
-Oh mio Dio!- esclama venendomi incontro -Fatti abbracciare!- esclama felice. Si stacca e mi fa un segnale verso una donna, castana, occhi chiari.
-Anna, lei è mia moglie, Angélique!- esclama.
-Beh, solo una donna con un nome così poteva sposarti!- esclamo facendo ridere tutti, compresa lei -Piacere comunque! Anna!-
Nel giro di pochi minuti arrivano tutti ad abbracciarmi, ma ancora non vedo lui.
E poi eccolo. Mi sembra un sogno e come in ogni sogno ho paura che appena lo raggiungo svanisca. Rimaniamo a fissarci per qualche secondo. Un momento che mi sembra interminabile. Sento gli occhi dei nostri amici addosso, o meglio, cercano di mostrarsi indifferenti.
-Anna- risento dopo tutto questo tempo il mio nome pronunciato dalla sua voce. È passato tanto tempo. Troppo. Ma c’è una cosa che il tempo non ha cambiato: ciò che io provo per lui. Ho sempre continuato a portarlo nel cuore. Non ho mai smesso di amarlo. Neanche per un secondo.
Mi viene incontro e non capisco più niente. Faccio qualche passo avanti, per poi ritrovarmi tra le sue braccia. Mi stringe forte e sento il suo respiro sulla mia spalla. Chiudo gli occhi per godermi quel momento, mentre mi faccio scappare un piccolo mugolio, iniziando a piangere silenziosamente.

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Non mi sembra vero. La sto abbracciando. Stringo ancora più forte per poi darle un bacio sulla spalla e sollevarla di qualche centimetro da terra. Ci guardiamo negli occhi ed è tutto così strano. Sembra che il tempo non sia passato. Sembra tutto come prima. Forse è anche meglio di prima. Tiene le braccia giunte intorno al mio collo e sorridiamo tra le lacrime.
E poi la voce di Abel al microfono -Una volta ho letto una citazione- e si avvicina lentamente a noi -Credo che non ci sia citazione più adatta in questo momento…- dice guardandoci. Sorride ancora una volta -“Il tempo non conta per il cuore. Si può amare anche stando lontani e quell'amore, se è vero e puro, non morirà mai neanche fra mille anni”- dice spiazzandoci. Io e Anna ci guardiamo e non sappiamo che dire, mentre i nostri amici, non aspettavano altro da tempo.
-E adesso… musica!- e subito dopo si sente una dolcissima melodia in sottofondo. Guardo Anna e con una smorfia divertente le chiedo, un po’ goffamente, di ballare. Lei ride e si stringe di nuovo a me, iniziando quel lento. Ci guardiamo negli occhi e sento qualcosa di diverso dentro di me. Mi avvicino a lei e poggio la mia fronte alla sua, continuandola a guardare. Chiudo gli occhi e la guido in quella danza per poi far incontrare i miei occhi nuovamente con i suoi.
-Sai, credo di aver sognato tanto questo momento che… Ancora non ci credo!- esclamo mentre lei sorride -Mi sei mancata tanto- dico deglutendo -Ho…- mi schiarisco la voce -Ho capito tante cose durante la tua assenza. O forse le avevo già capite prima ma non ho mai avuto il coraggio di dirtelo. Ecco…- sorrido -Ho preparato un discorso per dieci anni e adesso non riesco a trovare le parole giuste per dirti quello che sento…- faccio scivolare le mie mani lungo le sue braccia e poi sui suoi fianchi. Lei mi mette le braccia intorno al collo e continuiamo a ballare -La semplicità è sempre stata il tuo forte- mi ricorda lei. Annuisco e sospiro prima di ricominciare a parlare -Beh, allora se la metti così…- prendo un gran respiro e finalmente lo dico.
-Ti amo- lei schiude la bocca, sorpresa da quella dichiarazione -Lo so, probabilmente c’ho messo troppo tempo. Probabilmente in dieci anni il tuo sentimento per me sarà cambiato. E probabilmente vorrai rimanere solo mia amica e mi va bene così, perché…- mi mette una mano sulla bocca.
-Probabilmente dovresti solo stare zitto- mi dice con un mezzo sorriso e gli occhi lucidi -Ho aspettato questo momento per dieci lunghi anni e tu adesso mi vieni a dire che probabilmente quello che provo per te è cambiato!? Credimi, ogni santo giorno della mia vita, da quando ti conosco, non ho mai smesso neanche un attimo di amarti- sospira -Si, Luca Benvenuto: io ti amo ancora!- esclama mentre io rimango spiazzato.

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Non so come ho fatto a non svenire o a scoppiare a piangere, ma ce l’ho fatta. Mi sembra un sogno. Luca che finalmente mi dice “ti amo”. Ok, si, il nostro rapporto è sempre stato speciale e in qualche modo me l’aveva anche detto che mi amava. Aveva solo paura. E ora ha trovato il coraggio ed è riuscito a dirmelo. Non credevo che sarei riuscita a parlargli dopo quelle due paroline. Adesso mi guarda spiazzato e credo che deve ancora rendersi conto, come me, che è tutto vero e che non stiamo sognando.
Lo vedo sorridere e mi sembra un sorriso nuovo, carico di emozioni. Si china leggermente e l’attimo dopo sento le sue labbra sulle mie. Chiudo gli occhi e istintivamente le mie labbra, appoggiate alle sue, si increspano in un sorrisino felice. Sento che vuole approfondire il bacio, allora schiudo leggermente le labbra e gli permetto di farlo. Mi sento sollevare da terra di qualche centimetro e mi stringo ancora più forte a lui. Questo è un momento magico. Sento che ci stanno guardando ma non mi interessa. Sono troppo felice per badare agli altri!
Ci stacchiamo e riapro gli occhi lentamente ritrovandomi di fronte i suoi. Sorride. Mi poggia a terra e in quel momento parte l’applauso da parte dei nostri amici. Qualcuno fa un boato da stadio, quasi, e altri ci guardano con le lacrime agli occhi. Chissà da quanto aspettavano questo momento.
Cerco di non piangere, mentre Luca mi stringe per la vita per poi prendermi la mano e condurmi in un posto più isolato, sotto lo sguardo felice dei nostri amici.

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Camminiamo mentre tengo la mia mano intrecciata alla sua. Continuiamo a ridere e a baciarci, continuando a ripetere “non ci credo” e “dimmi che non sto sognando”.
Ed è bellissimo quando ti accorgi che non stai sognando. Quando capisci che quello che ti sta succedendo è realtà. Forse passerà del tempo prima che mi abitui a questa situazione. Anna, la mia migliore amica, adesso è diventata la donna della mia vita. La guardo e penso che niente può rendere giustizia al suo sorriso, e che il suono della sua risata è la melodia più dolce che abbia mai sentito in vita mia.
Ci sediamo su un muretto e l’aiuto un po’ per via dei tacchi. E mentre parliamo del più e del meno, mentre le spiego quanto mi è mancata in questi dieci anni, la sera inizia a calare e il sole lascia spazio alla luna e alle stelle.
Il riflesso della notte nei suoi occhi rende tutto più bello. La fisso e lei dopo un po’ abbassa lo sguardo imbarazzata.
-Che c’è?- chiedo sorridente.
-Beh, mi guardi in un modo… strano! Cioè, non strano nel senso negativo, ma… Si, va beh, hai capito, no!?- dice gesticolando. La guardo divertito e glielo faccio apposta -No, non ho capito…- dico guadagnandomi una mezza occhiataccia.
-Mi guardi come se fossi una divinità scesa in terra- dice sorridente mentre io inizio a ridacchiare -Beh, penso sia lo sguardo di ogni innamorato- dico dolcemente mentre vedo un luccichio nei suoi occhi.
-Mi sono ripromessa di non piangere, ma se continui a dire cose così dolci, penso che non resisterò- mi porgo in avanti e le stampo un bacio -Allora parliamo di altro, dai…- dico sorridente.
-Allora… Domani appena possibile devo andare alla sede!- esclama. Il mio sorriso scompare e divento improvvisamente serio. Lei se ne accorge subito -Che c’è, Luca?- chiede.
-Quanto…- sospiro -Quanto tempo rimarrai qui a Roma?- chiedo deglutendo. Non voglio perderla di nuovo.
-Beh, fino a quando non morirò- dice sorridente. La guardo perplesso -Cosa!?- lei inizia a ridere -Si, hai capito bene. Ho deciso di rimanere qui. Ho deciso di lasciare quel lavoro. Mi ha tenuto troppo tempo lontano da voi. E poi, adesso ho tutto ciò che voglio e che ho sempre voluto- dice guardandomi.
-Quindi rimani qui?- chiedo timoroso. Lei sorride -Beh, almeno fino a quando non mi vorrai più…-
-E allora preparati a rimanere qui perché io ti vorrò per sempre- dico dolcemente per poi avvicinarmi e rubarle un altro bacio. Lei mi cinge nuovamente e si lascia andare.
Ci stacchiamo e mi sorride -Hai la minima idea di quanto tempo è che aspetto questo momento!?- dice.
-Circa da quanto lo aspetto io. Solo che tu l’hai capito prima di me- dico sorridente.
-Le donne hanno sempre una marcia in più!- esclama fiera.
-Ma sentila!- esclamo sorridendo. Lei si avvicina e appoggia la testa sulla mia spalla. La circondo con le mie braccia e appoggio la testa sulla sua -Sono stati anni di inferno, Anna. Non puoi capire come mi sentivo. Ho dormito male per dieci anni e ogni volta che mi arrivava una chiamata avevo il terrore che mi informassero che tu non c’eri più. Come due mesi fa- sospiro -Ho passato le pene dell’inferno, piccola. E pensavo che non ti avevo mai detto la cosa più importante. Adesso non vorrei far altro che ripetertelo ogni secondo- dico stampandole un bacio in fronte. Anna sorride -E allora dimmelo. Ripetimelo fino a quando non ti stanchi- dice. E io inizio -Ti amo, ti amo, ti amo- e subito dopo sento le sue labbra avvinghiate alle mie.
-Forse è meglio ritornare dai ragazzi- dico quando ci stacchiamo. Lei fa una smorfia e inizio a ridere -Dai, abbiamo tanto di quel tempo per stare insieme!- esclamo.
-Quanto?- mi chiede mentre ci alziamo. La cingo di nuovo a me e la guardo negli occhi -Tutta la vita. Promesso- dico per poi stamparle un altro bacio e tornare dagli altri.
La vita ti riserva tante sorprese. Ti fa perdere delle persone, per poi accorgerti che non le hai mai perse veramente. Il tempo passa lento, inesorabile. Non sai cosa ti aspetta nel corso della tua vita. Potrebbe succedere di tutto.
Credevo di aver perso Anna, e invece adesso sono qui, seduto al tavolo e la guardo ridere insieme agli altri. La mia vita era priva di significato negli ultimi dieci anni, eppure è bastato un solo attimo, il momento in cui l’ho vista, per trovare il vero senso.  Io vivo per lei. Sento le stesse cose che sentivo dieci anni fa. Anzi, forse il mio amore per lei è andato crescendo di giorno in giorno.
Ho capito tante cose nella mia vita. Ho capito soprattutto una cosa: il tempo non cambia nulla. Potranno passare anni e anni ancora, ma sono sicuro che se qualcosa è destinata a durare, durerà per sempre.
"Non è che non abbiamo tempo, la verità è che ne perdiamo parecchio", diceva un filosofo latino.
È vero. Ne ho perso talmente tanto che ho rischiato di perdere tutto. Però adesso sono qui, stringo la mano della donna che amo e capisco che tutto il tempo che mi resta lo impiegherò per recuperare tutto il tempo che abbiamo perso. Gliel’ho promesso: abbiamo tutta la vita per stare insieme.

FINE













   
 
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