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Autore: Lely_chan    12/06/2011    3 recensioni
Scegliere una via significa sempre abbandonarle un'altra, ma quanta devastazione ha lasciato il mio passaggio?
Diventando un vampiro ho perduto me stessa. Quando ero un essere umano non sono mai stata me stessa. Il mio corpo compie gesti che la mie mente non riconosce. Che cosa sono io?

Tra passioni, dolori e sangue, si snodano le vicende di Yuki, che racconta in prima persona i suoi forti sconvolgimenti emotivi. L'ossessione per Kaname, l'amore per Zero, la sete che non riesce mai ad essere soddisfatta. Questa FF mette in primo piano i suoi tormenti per le decisioni che ha dovuto prendere e per la sua nuova condizione di vampiro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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1.Genkaku


Chiusa in una cella, Zero che mi sorveglia, Kaname scomparso. Se me l'avessero raccontato solo pochi giorni fa, non ci avrei creduto.
Nei miei occhi una sola immagine: il signor Aidoh ridotto in polvere, la sua testa che vola via sotto il colpo deciso della katana. Nelle mie orecchie una sola voce: Hanabusa che urla la sua disperazione. Da quando ho di nuovo coscienza di chi sono, so cosa vuol dire assistere alla morte del proprio padre, seppur io abbia solo udito la battaglia tra Rido e Haruka. E adesso i ricordi di quella tragica notte non potevano far altro che miscelarsi con quelli appena vissuti, creando un turbinio di orrore che mi impediva di chiudere occhio.
Ero in quella cella, ma non c'ero, la mia testa era altrove. Non avevo granchè coscienza del mio corpo, ma avvertivo che stavo tremando.
«Pensi che se diventassi un vampiro diventerei più forte?» la mia stessa voce adesso rimbombava nella mia testa, mentre mi rannicchiavo in un angolo, le ginocchia al petto e le braccia a cingerle. “Non sarai mai una ragazza forte” mi ripeteva la stessa voce, la mia voce. Chiusi gli occhi, strinsi le palpebre più che potevo, probabilmente digrignai i denti.
Incubi. Incubi da sveglia. Da quando mi ero risvegliata ero piombata in una spirale infinita di malvagità.
Sapevo che Zero era fuori dalla porta che mi teneva segregata nel quartier generale degli Hunter, ma sapevo anche che se avessi gridato aiuto, l'unica cosa che avrebbe fatto per me sarebbe stata uccidermi.
“E sarebbe una cosa così disdicevole? Non vuoi morire, Yuki?” il vampiro, quella parte oscura di me stessa, continuava a parlare alla mia coscienza, solleticandola. E se fossi davvero morta? Mi sarebbe davvero dispiaciuto lasciare questo mondo?

«Ho sete...» rannicchiata in un angolo, in preda ad una sorta di delirio, non riuscii a dire nient'altro che quelle parole. Il vampiro, era sempre il vampiro a parlare.

Vidi quella chioma argentea far capolino dalla finestrella a sbarre. Gli occhi ametista mi guardarono con una freddezza indescrivibile a parole. Mi sembrò di essere ancora immersa nella neve, di nuovo una bambina sperduta che ha bisogno di aiuto. Solo che in quella cella non sarebbe giunto nessun vampiro cattivo a divorarmi, ero io quel vampiro e, guardando quegli occhi viola, non avrei desiderato altro che divorare l'uomo a cui appartenevano.
«Ho sete» ripetei «ho molta sete».
E' difficile pensare a qualcosa di diverso dal sangue, quando non vedi altro attorno a te. Il sangue di Haruka, il sangue di Rido, dello del signor Aidoh e il sangue fresco di Kaname che si ferisce solo per nutrirmi. La mia mente vagava da sola guidata dal colore rosso che aveva contraddistinto tutta la mia esistenza. Non riuscivo a pensare lucidamente.
Sentii qualcosa cadere sul pavimento, non molto distante da me. Assottigliai la vista e la individuai: una scatolina di compresse ematiche. La raccolsi con estrema velocità, il mio corpo fu molto più lesto dei miei pensieri. Me la rigirai tra le mai e la aprii, guardando quelle pastigliette bianche tutte ben allineate. La richiusi, e la scaraventai al mittente.
«Io mi sono sacrificata per te, Zero!» gridai, non ero in me per rendermi conto di quel che dicevo «Hai un debito di sangue con me!»
Sentii le mie guance bagnarsi, mentre i mie pugni si strinsero così forte che avvertii le unghie penetrarmi nei palmi. Le mie iridi erano sicuramente di un rosso acceso, non potevo vederle ma sentivo che in quel momento non vi era alcuna umanità in me. Le puntavo nel punto dietro la porta in cui sapevo che lui si trovava e sapevo anche che lui lo sentiva, non poteva non sentire il mio sguardo.
«Perché non me lo ordini, Kuran?» gelido, mi sentii come se il sangue smettesse di circolarmi nelle vene, raggrumandosi «Sei una maledetta sangue puro. Ordinami di cederti il mio sangue».
Mi alzai in piedi. Tutto attorno a me aveva assunto una tinta scarlatta. Camminai verso la porta, afferrando poi con entrambe le mani le sbarre che sprangavano la finestrella che mi faceva comunicare con l'esterno.
«Potrei implorarti,» un filo di voce, un sussurro «ma non potrei mai costringerti, Zero».
Sentivo la mia voce ma era come se non mi appartenesse. Il vampiro non la riconosceva come propria perchè quelle parole andavano contro la purezza stessa del suo sangue.
Continuavo a piangere. La disperazione spesso mostra il lato peggiore di qualcuno e, nel mio caso, mio lato peggiore era quello umano, quello che era stato felice, quello che in quel momento non capiva cose stesse accadendo.
Le stesse mani che afferravano le sbarre si mossero repentinamente attorno al mio collo. Mi sentivo soffocare. Sentivo il mio stomaco contrarsi con ferocia, come se il vampiro dentro di me tentasse di divorarmi, di nutrirsi di quel poco che rimaneva della mia umanità.
«Ze...ro...» la mia voce risultava strozzata, pronunciavo una sillaba alla volta utilizzando la poca aria che riuscivo ad inspirare «ti...pre..go».
«Ordinamelo!» .
Odio. Potevo avvertire solo quello nelle sue parole. Nessuna pietà, nessuna compassione. Il vampiro dentro di me sogghignava all'idea di tanta malvagità. “Divoralo” mi diceva “lo desideri, non è così?”.

«Io ti desidero».

Fu la continuazione logica dei miei pensieri, dei pensieri del vampiro. Era una voce così suadente, così irreale che era impossibile che provenisse da una ragazzina in pieno delirio.
Sentii le chiavi girare rapide nella serratura, ma la porta non si aprì. Il mio cuore sobbalzò.
Era un intero anno che lo desideravo. Kaname lo sapeva. Io stessa l'avevo capito: se non avessi bevuto il sangue di Zero avrei sempre avuto sete. Non avevo mentito, desideravo davvero quel sangue per sentirmi completa. I battiti nel mio petto aumentarono, rendendo la mia respirazione sempre più affannosa. “E' il desiderio Yuki, lo senti come vibra?”. Sì, lo sentivo, lo sentivo pervadermi. Nella mia mente affondare le zanne nel collo di Zero era la cosa più proibita e più necessaria che dovessi fare. Uno scontro inconciliabile tra le mie due anime.
Sapevo che la porta era aperta ma non volevo uscire, l'istinto del cacciatore mi diceva di attirare la preda nella mia tana. Mi scaraventai su quelle assi, cingendo ancora le sbarre con le mani tremanti. L'attesa di veder esaudito il proprio desiderio è ancora peggio di sapere che questo non potrà mai essere realtà. Guardai fuori. I miei occhi lo cercavano.

Lui non era lì.

I miei occhi incontrarono lo sguardo glaciale di Hanabusa. Mi porgeva il suo polso. Sanguinava.
«Principessa» tutta quella cordialità mi investì come cento pugnali.
Aprii dolcemente la porta e gli sorrisi. Mi si avvicinò senza alcun timore.
Il mio nobile antenato aveva appena ucciso suo padre e lui, con quel gesto così apparentemente innocuo, mi stava chiedendo di porre fine alla sua vita. Lo sapevo. Il vampiro mi diceva che era così.
La sete mi stava corrodendo e quell'odore di sangue, il sangue di Aidoh, solleticava il mio olfatto come il più peccaminoso degli inviti.
Presi il suo polso tra le mani. La sua ferita si stava velocemente rimarginando.
«Non so perchè il mio Nobile fratello abbia compiuto tali scelleratezze» diplomazia, strano che fossi in grado di usarla in quella situazione. Condussi lentamente la sua mano sul mio cuore «Ti chiedo perdono, Hanabusa».

Perdono. Si può essere innocenti e chiedere il perdono?

Mi avvicinai a lui e, allungando la mano, presi dalla tasca interna della sua giacca le compresse ematiche. Ne ingurgitai due velocemente e poi gliele restituii. Lo guardai fisso negli occhi, ma lui non disse una parola, così come non feci neppure io.
Si volse e, estraendo le chiavi dalla tasca dei pantaloni, si avviò verso l'esterno della cella. Appena richiuse a chiave la porta guardai fuori dalla finestrella.
«Aidoh» lo chiamai ma lui non si voltò, fermò solo il suo incedere pesante «Zero non è mai stato fuori da questa porta, vero?»
Lui non rispose. Si volse semplicemente a incrociare il mio sguardo perso ed io capii.

Non era mai stato lì. Era il carceriere della mia mente, non del mio corpo.




Note d'Autore
Konnichiwa a tutti/e! Questa è la prima FanFiction che pubblico su EPF (in verità ne ho scritto moltissime, ma talmente tanto tempo fa che ormai non risultano più nemmeno in archivio). Mi sono decisa a scrivere, nonostante mille indecisioni, perchè amo molto questa serie ed è, secondo il mio punto di vista, bello poter immaginare cosa pensano determinati personaggi e il perchè decidono di scegliere una soluzione piuttosto che un'altra.
Non so se il mio modo di scrivere o l'approccio che ho a determinare tematiche possano essere di vostro gradimento. Spero comunque di ricevere un ritorno da parte di voi lettori (anche solo degli insulti XD) per potermi migliorare qualora riteniate che ci sia qualcosa da migliorare, o continuare a fare quello che faccio.

Se sono riuscita ad intrattenervi con questo capitolo lasciate un commento.

Tanosiku yatte kudasai!
Lely-chan

Traduzione delle parole in Giapponese:

* Watashi wa Yuki Kuran desu = io sono/ mi chiamo Yuki Kuran
** Genkaku = illusioni
*** Konnichiwa = ciao
**** Tanosiku yatte kudasai  = divertiti
  
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