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Autore: visbs88    12/06/2011    4 recensioni
Versione alternativa della puntata 47 dell'anime.
[…]Seduto fra le intricate radici di un albero, Naraku osservava lo specchio d’acqua di fronte a lui, i petali chiari e le foglie secche che vi cadevano, inquinandolo come il veleno infetta un corpo umano. La brezza leggera mosse i suoi lunghi capelli castani, scuotendone le onde sinuose, spingendo alcune ciocche ad accarezzare il volto bianco e perfetto su cui i suoi occhi rossi spiccavano come sangue su neve appena caduta.[…]
Scritta per il contest Epicurean indetto da Roba da scrittori di fanfiction! su Facebook.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kikyo, Naraku
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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ONIGUMO CRIES FOR YOU

 
Contest: Epicurean indetto da Roba da scrittori di fanfiction! su Facebook.
Immagini: questa e questa. Per le spiegazioni su come le ho utilizzate, vi rimando alle note finali della storia.
Titolo: Onigumo cries for you.
Introduzione: […]Seduto fra le intricate radici di un albero, Naraku osservava lo specchio d’acqua di fronte a lui, i petali chiari e le foglie secche che vi cadevano, inquinandolo come il veleno infetta un corpo umano. La brezza leggera mosse i suoi lunghi capelli castani, scuotendone le onde sinuose, spingendo alcune ciocche ad accarezzare il volto bianco e perfetto su cui i suoi occhi rossi spiccavano come sangue su neve appena caduta.[…]
Personaggi: Kikyo, Naraku.
Rating: Arancione/16+.
Generi: Dark, Drammatico.
Avvertimenti: Contenuti Forti/Non per stomaci delicati, One-shot, Violenza, What if?
Pairing: Nessuno, accenni vaghissimi (ma vaghissimi sul serio) Inuyasha/Kikyo. Potete vederci del Naraku/Kikyo, ma dubito molto.
Numero parole (Contatore Word): 2.526.
Disclaimer: i personaggi non sono miei, ma dell’autrice del manga Rumiko Takahashi. Non scrivo a scopo di lucro, ma per puro divertimento personale. Le immagini a cui mi sono ispirata si trovano in questo sito. Presente un riferimento velato all’anime Claymore (per precisazioni, vedi note finali). Occorre il mio permesso per citare pezzi della storia, tradurla, riprodurla altrove o trarne ispirazione.
 
Buona lettura.
 
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Il cielo limpido di quella giornata calda e piacevole si era oscurato, coprendosi di nuvole cupe. Quelle dense nubi nere come la pece e grevi di pioggia sembravano vorticare su se stesse mentre l’aria si riempiva di tensione e l’odore della tempesta iniziava ad aleggiare nell’atmosfera stessa di quei luoghi, pesante, opprimente, angosciante. Spirava una brezza inquieta, satura di minaccia e pericolo, quasi velenosa, un venticello leggero che sussurrava tra le foglie degli alberi sibilando come un serpente pronto ad avvolgere le sue spire attorno alla preda, destinata ad una morte lenta, soffocante, un’orrenda agonia senza sangue né lamenti, piena di solo dolore.
Quel soffio intriso di malvagità, quell’alito simile ad un respiro di morte, accarezzava tutto ciò che incontrava, con una sorta di falsa delicatezza. Passava fra i capelli degli uomini agitati, si insinuava negli abiti, avvolgeva gli animali in allerta, consci del pericolo, faceva piegare i fiori sulle rive di un piccolo lago scuro. Increspava la superficie di quelle acque prima calme, quasi volesse distruggere ogni tranquillità e serenità.
Seduto fra le intricate radici di un albero, Naraku osservava lo specchio d’acqua di fronte a lui, i petali e le foglie morte che vi cadevano, inquinandolo come il veleno infetta un corpo umano. La brezza leggera mosse i suoi lunghi capelli castani, scuotendone le onde sinuose, spingendo alcune ciocche ad accarezzare il volto bianco e perfetto su cui i suoi occhi rossi spiccavano come sangue su neve appena caduta. Lo sguardo era fisso, quasi perso nel vuoto.
Il vento cresceva d’intensità. Un sorriso si dipinse sul viso del demone, un crudele e beffardo taglio tra le labbra sottili e pallide, un ghigno privo di reale allegria e felicità, pieno solo di una strana soddisfazione che fece brillare le iridi di Naraku. Tese una mano in avanti, in un movimento cauto e lento, sfiorando l’aria con delicatezza, fendendola piano quasi avesse paura di offenderla. Aprì il palmo verso l’alto, come in attesa di qualcosa.
E quel qualcosa arrivò.
Figure bianche si profilarono all’orizzonte, creature da lui stesso evocate grazie al potere conferitogli dalla Shikon no Tama. Quel gioiello era ormai quasi interamente nelle sue mani, attendeva solo di essere completato e inquinato dal suo male. L’avrebbe sporcato con il sangue che scorreva nelle vene di colei che era tanto pericolosa per lui, per Naraku, quel sangue che voleva versare a tutti i costi per rinnegare la propria umanità che non riconosceva, per liberarsi di un nemico temibile eppure così fragile, senza difese, se colpito al momento giusto.
Gli occhi del demone scintillarono e parvero ancora più infuocati mentre si fissavano su quegli esseri che volavano verso di lui, candidi spettri dalla forma ancora incerta, contrastanti con l’oscurità che aveva ammantato il cielo e l’ambiente circostante, visibili a qualsiasi occhio umano e non, che l’avrebbero attirata da lui. Si libravano nell’aria pesante con leggiadria e grazia incantevoli, in movimenti sinuosi, quasi stessero nuotando anziché spostandosi nel vento. Brillavano di candore e portavano sulle loro ali strane luci con cui sembravano giocare con leggerezza, in una danza di lampi sfocati e scintille nitide che avrebbe incantato qualsiasi spettatore.
Naraku però era ben lungi dall’essere sensibile alle meraviglie che si delineavano di fronte ai suoi occhi, nei quali era visibile solo quella strana e crudele gioia. Abbassò senza fretta la mano, e quasi seguendo il suo movimento le creature scesero verso l’acqua con dolci e morbide piroette, fino a posarsi sulla sua superficie, ripiegando le loro larghe ali. Finalmente si poteva distinguere la loro vera forma.
Erano cigni. Splendidi cigni dal piumaggio candido, che iniziarono a muoversi con lentezza e grazia nel piccolo lago, che parevano sfiorare appena, scivolando senza peso, mentre il vento li accarezzava e spargeva su di loro i petali di quei fiori che stava distruggendo, i cui steli si agitavano senza però aver più la possibilità di recuperare la bellezza perduta. Solo gli occhi degli uccelli tradivano la loro origine: grandi, rossi, vitrei, come pieni del sangue di quelle anime che stavano trasportando.
Spiriti di donne umane giovani e piene di rimpianto per la vita perduta troppo presto, quegli stessi spiriti di cui lei si nutriva per vivere. Il demone aveva creato quegli esseri per sottrarglieli e insieme per attirarla a lui debole e senza forze. Lei, sacerdotessa così potente, attenta, perspicace, come avrebbe potuto non notare quelle creature così falsamente pure e piene di grazia che in realtà la stavano uccidendo, che nessuno avrebbe forse mai scambiato per demoni malvagi, che erano ben più potenti degli animaletti che quella stolta aveva al suo servizio?
Naraku sorrise più ampiamente, guardando i cerchi nell’acqua disegnati dai cigni, le piccole onde che andavano formandosi grazie al loro movimento, le fronde degli alberi che si agitavano con sempre più violenza, le nubi che non avevano smesso di vorticare minacciose sopra di lui.
Dopo quella che parve un’eternità di tempo, una parentesi di pace lunga eppure così falsa, lei comparve.
La vide emergere dalla boscaglia, poco lontano da lui. Gli venne voglia di ridere, ridere per umiliarla, per la misera condizione in cui era ridotta.
Kikyo si appoggiava al suo arco, che pareva usare quasi come un bastone. Delle sue solite grazia e regalità rimaneva ben poco; esse erano state sostituite da una figura debole e affranta, una vecchia fragile con il volto di fanciulla. I lunghissimi capelli sciolti ricadevano in disordine sulle sue spalle e davanti al suo viso più pallido del corpo di un cadavere. I suoi occhi vagarono quasi vacui sulle figure di fronte a lei, per poi posarsi su Naraku. Subito un guizzo di vita li attraversò, e mosse un passo verso di lui, sforzandosi di mantenersi diritta. Lui ghignò. Era intrepida, era orgogliosa, era testarda come ogni donna, era umana anche nella sua condizione di non morta, e gli umani sono sempre così stupidi e restii ad arrendersi.
- Naraku…
La sua voce era poco più di un sussurro, spezzato e flebile, eppure pieno di astio, di rancore, di disperazione. Kikyo era disperata e colma di odio, quell’odio che cinquant’anni prima aveva provato verso Inuyasha cadendo nell’inganno di Naraku, quell’odio che la consumava dentro e grazie al quale era anche ritornata in vita.
- Kikyo. È bello rivederti.
Il tono del demone era così diverso. Così pieno di crudele ironia, così trionfante, e, lo capirono entrambi, così vivo. Così forte e sicuro, chiaro e netto, così diverso dalla tenue voce della sacerdotessa. Quella loro differenza pareva un presagio, sembrava celare ciò che il destino a loro riservava, e che ambedue intuirono.
Lo sguardo di lei si spostò ancora una volta sui cigni che non avevano smesso di muoversi sulla superficie del lago, e in particolar modo sulle anime che trasportavano sulle loro ali candide. Anime che le servivano per mantenersi in vita, senza le quali sarebbe crollata e tornata ad essere terra e polvere per sempre.
Alle sue spalle comparvero gli Shinidamachu. Naraku li guardò intrecciarsi intorno a lei, sostenendola, volarle vicino con curve sinuose accarezzandole i capelli e intrecciandosi fra loro. Alcuni provarono ad avvicinarsi agli uccelli, ma appena tentarono a toccarli e sottrarre loro alcuni spiriti si ridussero a brandelli, prima ancora di sfiorare il loro manto candido.
- Naraku, maledetto!
Il demone guardò divertito Kikyo. Lei aveva quasi gridato quelle parole, con le ultime forze che le poche anime che aveva in corpo le conferivano. Sentiva la propria fine vicina, ma non era disposta a non lottare come avrebbe dovuto invece essere. Una stupida, stolta, debole femmina umana: solo questo era Kikyo, nulla di più. E nel suo grido si era percepita la tipica volontà degli esseri umani di combattere anche contro l’impossibile, il coraggio e la convinzione di poter sopravvivere, tutto così totalmente, irrimediabilmente inutile. Naraku sorrise mentre lei, in uno sforzo di certo immane, tendeva il suo arco puntando una freccia contro di lui. Gli Shinidamachu si intrecciarono nuovamente attorno a lei, sorreggendola con la loro debole energia demoniaca, che tuttavia si stava prosciugando a causa della vicinanza dei cigni, che parevano osservare la scena coi loro vacui occhi pieni di sangue.
- Scocca quella freccia, Kikyo. Sono curioso di vedere il risultato che ne otterrai.
- Naraku… tu non mi ucciderai – rispose lei a denti stretti, mentre le sue mani tremavano con violenza.
- Non lo sto già facendo, Kikyo? – sorrise il demone, con un piccolo cenno agli spettri sull’acqua del lago – Quante anime possiedi ancora? E quanto costerà a me sottrartele, mentre tu sei in questo stato?
- Onigumo… te lo impedirà – continuò lei, mentre una nuova fiamma brillava nei suoi occhi così limpidi e profondi. Era sempre stata una guerriera, e pareva non essersi ancora rassegnata a smettere di combattere i demoni per proteggere gli umani. Tuttavia, per quanto il suo orgoglio e la sua temerarietà fossero grandi, Naraku sapeva che di lì a poco si sarebbe spezzata.
- Onigumo? Onigumo non mi ha impedito di fare tutto questo. E per dimostrartelo, ti toglierò la vita con le mie stesse mani.
Il demone fece come per alzarsi, ma la sacerdotessa scoccò senza esitazione la sua freccia, risoluta a non lasciarsi sconfiggere. Naraku non provò a scansarsi. Ad un semplice cenno della sua mano, uno degli uccelli sul lago spiccò il volo con un velocità fulminea, frapponendosi fra lui e la sacerdotessa e venendo colpito in pieno dalla freccia, che lo distrusse. Il demone sorrise ancora notando il lampo di sorpresa e angoscia che aveva attraversato gli occhi della donna, che era impallidita ulteriormente e che pareva ormai solo un fantasma, un angelo di morte ormai nudo e senza difese. L’ebano dei suoi capelli contrastava con il bianco del suo viso, rendendola più bella che mai. L’arco sfuggì alla presa delle sue dita, cadendo al suolo.
Uno degli uccelli sul lago prese il volo e si diresse verso di lei, iniziando a compiere dei circoli sempre più stretti. Kikyo cadde sulle ginocchia. Un’anima uscì dal suo petto, subito raccolta dall’uccello. Inutili furono i tentativi degli Shinidamachu di riappropriarsene: furono tutti distrutti, e la donna rimase sola. Sola contro Naraku, sola contro quegli spettri che erano la sua vera morte. Si accasciò sul terreno, dopo aver tentato di pronunciare una qualche parola che il demone non colse. La fissò per lunghi secondi, il suo ghigno trionfante sempre stampato sul suo volto, prima che lo stesso cigno, che non era ancora tornato fra i suoi compagni, l’avvolgesse della sua energia, la sollevasse e la portasse da lui. Gliela posò in grembo, e Naraku la strinse fra le sue braccia, in un gesto che a chiunque sarebbe parso d’affetto. Le sollevò appena il capo, e si accorse che non era svenuta o morta. Gli occhi castani erano socchiusi e pareva fare sforzi enormi per aprirli del tutto. Una sua mano si strinse a pugno, come a voler dimostrare che Kikyo non si era ancora arresa.
Ma ormai nemmeno il potere spirituale resisteva dentro di lei. Era un guscio quasi vuoto, freddo e arido, bellissimo e triste, che voleva resistere eppure che si era già spezzato. Le sue labbra si mossero appena, ma tutto ciò che ne uscì fu un lamento, a cui Naraku rispose con una risata di scherno.
- Pensi ancora che Onigumo, Inuyasha o qualsiasi altro stolto possa salvarti, Kikyo? – le domandò, la voce piena di trionfante, malvagia, ironica gioia – Onigumo non ti amava. Questo… questo è tutto ciò che Onigumo provava per te.
Di scatto, prima che Kikyo ancora potesse comprendere le sue parole, la sollevò e la baciò, premendo con prepotenza le proprie labbra contro le sue. Insinuò a forza una mano sotto i suoi vestiti, per poi strapparli, scoprendo il suo bianco petto e l’addome, mentre lei rimaneva immobile, troppo debole per anche solo provare ad opporsi. Naraku infilò la lingua dentro la bocca di lei, senza nessun altro sentimento che una voglia violenta di dimostrare la propria forza, mentre stringeva la presa senza alcuna delicatezza su uno dei suoi seni. Quando si staccò da lei, una smorfia divertita e insieme quasi disgustata era dipinta sul suo volto.
- Desiderio – disse sprezzante – Onigumo voleva questo corpo e nient’altro. È questo che avrebbe fatto di te, se avesse potuto, sciocca donna. Non è questo un amore che riesce ad impedirmi di ucciderti.
All’improvviso, però, una lacrima solcò il volto di Naraku, senza che lui quasi se ne accorgesse. Scese lungo la guancia pallida, seguendone i lineamenti perfetti, per poi cadere sul volto di Kikyo, bagnandolo. Fu presto seguita da altre, e il demone incrociò quasi stupito gli occhi della donna, nei quali balenò un lampo attonito. Aggrottò appena la fronte.
- Onigumo piange per te – mormorò piano, chiudendo gli occhi. Passò qualche istante di silenzio, prima che scoppiasse a ridere. Una risata crudele, agghiacciante, priva della benché minima allegria, sprezzante, beffarda. Le lacrime continuavano a sgorgare dagli occhi rossi del demone, inondando il suo viso, senza però che nemmeno un singhiozzo soffocato rompesse quel riso spaventoso, angosciante.
- Avevi ragione, Kikyo! – esclamò poi, guardandola con lo sguardo pieno di spietata crudeltà – Guarda, Onigumo piange per te! Ecco cosa può fare per salvarti: piangere!
Fece un pausa, e per qualche istante regnò il silenzio.
Le unghie di Naraku si trasformarono all’improvviso in artigli affilati, simili a quelli di Inuyasha. Un terribile lampo di consapevolezza attraversò gli occhi di Kikyo, un secondo prima che il demone le squarciasse il petto in una ferita ancor più profonda di quella di cinquant’anni prima.
Un abbondante fiotto di sangue inondò gli abiti di Naraku, un sangue freddo, che era solamente una pallida imitazione di quello vero.
- Ma è tutto inutile – sussurrò, mentre nel suo palmo si materializzava la Shikon no Tama. Innumerevoli gocce di sangue la sporcarono, e il demone rise, chiudendo la mano a pugno.
Un orrendo grido si levò al cielo nero, come se mille lame cozzassero fra loro stridendo.
I cigni alzarono i loro becchi verso l’alto, lanciando le loro acute grida alle nuvole scure, mentre i loro occhi iniziavano a piangere sangue. Sbatterono le ali tutti insieme, mentre le anime che portavano si sollevavano alte sopra di loro.
Le poche ancora dentro al corpo della sacerdotessa fuoriuscirono in un fulgore accecante di luce. Si portarono sopra gli uccelli, unendosi agli altri spiriti, mentre il corpo di Kikyo si distruggeva sotto la presa di Naraku, fino a quando non rimasero solo i suoi abiti. Il demone gridò il suo trionfo con un’altra risata ancora più terribile della prima, che si sovrappose al canto dei cigni, divenuto all’improvviso dolce e melodioso. Li guardò, gli occhi scintillanti. Stavano accompagnando con la loro voce le anime verso la serenità nell’altro mondo. Ma lui decise che non l’avrebbero mai trovata.
Con un gesto secco e deciso, bloccò il loro canto. Qualche istante dopo, gli uccelli cominciarono a disintegrarsi senza un suono, scomparendo a poco a poco, mentre le anime volavano via, dissolvendosi nel cielo che stava iniziando ad essere squarciato da tremendi fulmini.
Quando tutto sparì, Naraku raccolse nel proprio pugno una manciata di polvere, la stessa che aveva composto il finto corpo della donna che Onigumo aveva amato. La lanciò in aria, lasciando che il vento la portasse con sé, separandone i granelli sottili.
Kikyo era morta. E Kikyo non sarebbe mai più ritornata.
 

Utilizzo delle immagini: la prima immagine (questa qui) è usata in maniera abbastanza esplicita. I cigni, secondo la simbologia celtica, volando riportano le anime alla loro origine. Inoltre, il canto funebre del cigno accompagna le anime verso la serenità; mi sembrano chiari i riferimenti a ciò nella mia storia, e anche la scena dei cigni sul lago mi sembra abbastanza chiara. Per quanto riguarda la seconda (questa), l’angelo mi ha fatto pensare subito a Kikyo per via dell’arco e soprattutto per le figure che ci sono sullo sfondo e in primo piano, che mi hanno ricordato all’istante gli Shinidamachu, ditemi se non ho ragione x°D inoltre, nella storia c’è un paragone tra Kikyo e un “angelo nudo”, che comunque qui intendo più per indifeso.
 
Ehm, ciao a tutti ^^’’
Mi sono data al dramma x°D che nessuno interpreti questa shot come l’espressione di una mia voglia di vedere Kikyo morta, ma è più che altro un tributo a Naraku che è tanto buono e caro e incompreso e maltrattato da tutti *_* *i lettori la guardano allucinati e si chiedono cosa si sia fumata questa stasera* ehm, niente, lo giuro ^^’’ scherzo, comunque sul serio, un po’ di onore a questo cattivo il cui fascino è troppo spesso sottovalutato -.- spero di averlo utilizzato bene. Non sono invece convinta dell’IC di Kikyo, mah, per questo mi affido al vostro giudizio. La scena del pianto di Naraku (o meglio, Onigumo), è in parte presa da un dettaglio della prima puntata dell’anime Claymore, se a qualcuno interessa. Non mi sembra ci sia molto altro da dire…
Beh, questa storia è stata scritta per un contest indetto dalla pagina Facebook Roba da scrittori di fanfiction… se nella fase delle votazioni popolari vorrete votarmi, ben venga xD
Spero vogliate lasciarmi un commentino,
Visbs88
   
 
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