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Autore: slice    13/06/2011    4 recensioni
Non c'entra niente con gli 883. Avvisati. Sono parole italiane con un significato prima di tutto estraneo alla canzone.
Questa è una what if? al contrario. Ovvero: non parto da una situazione nel manga per arrivare a una diversa conclusione, bensì parto da un diverso inizio per arrivare ad allacciarmi al manga.
Parlo di Minato e Shikaku e di un ipotetico interessamento da parte di entrambi; il rating è arancione perché non mi fido, ma avrebbe potuto essere pure verde per quel che c'è. Spero che iniziate a leggere prima di passare oltre perché era molto che la volevo scrivere, motivo per cui ho avuto tempo e modo di vivisezionarla da varie angolazioni.
Questa shot ha partecipato alla sfida "A cena con il crack" indetta da wari all'Urd Cafè.
Fanfiction partecipante al Lovely Valentine - II edition, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Naruto Shippuuden
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Minato ha sempre pensato, precisamente dal loro primo incontro, che Kushina fosse la ragazza più bella, spiritosa e femminile che avesse mai visto.
Tutti hanno storto il naso all'udire il suo punto di vista su di lei, che comunque, pur sempre nell'intimità degli amici, non ha mai oltrepassato la soglia del complimento vago. Tuttavia, è stato solo quando ha sentito parlare allo stesso modo di Mikoto che ha capito quanto la cosa potesse essere estremamente soggettiva.
Minato è un ragazzo intelligente, con il sorriso facile e la testa sulle spalle, ed è riuscito a capire quasi subito che quello che sente verso la ragazzina dai lunghi capelli rossi non può essere solo rispetto. Anche a distanza di anni, è rimasto fermo sulle sue convinzioni per quanto riguarda Kushina, e con il passare del tempo è sempre più convinto di aver avuto una gran fortuna a essere ricambiato.
È sempre stato un osservatore e nella sua breve vita ha avuto modo di verificare, guardando non troppo lontano da sé, che le cotte si infiammano subito e durano poco; ha scoperto che generalmente l'altra persona viene elevata a un livello superiore e quando si scopre invece che ha più difetti che pori è una cocente e devastante delusione. Pertanto, è andato sul sicuro quando si è accorto di non riuscire a vedere quella ragazzina priva di difetti. Il fatto che li vedesse, e soprattutto che si rendesse conto di tollerarli, gli ha dato in breve la misura di ciò che si stava formando tra le sue mani, facendo sì che lui riuscisse a proiettarsi in un ipotetico futuro soltanto con quella persona accanto. Poi, quando è stato chiaro che Kushina ricambiava i suoi sentimenti, si è sentito lusingato, fortunato e molto felice.
Per questa serie di eventi e coincidenze, nonostante la sua giovane età, si è permesso di dare per scontato che nella vita o si hanno cotte rapide e dolorose o siamo innamorati e felici per sempre. La cosa che per prima ha fatto vacillare questa apparentemente granitica convinzione è stata una terza persona: Sarutobi Asuma.





Nessun rimpianto, nessun rimorso



Minato porta le braccia sopra la testa, stirandosi.
“Domani andrò in missione,” dice, prima di voltarsi verso il suo interlocutore, “starò via per mesi, probabilmente, o forse non tornerò più,” conclude, accigliandosi.
“Smettila Minato, non ti bacerò,” dice Shikaku, scoprendo le sue intenzioni con una facilità disarmante.
“Ma uffa!” bercia lui, alzandosi a sedere, “Tu non sei curioso di sapere?” chiede, allargando le braccia.
Shikaku lo osserva per un momento, poi scuote la testa in un gesto poco convinto, vagamente negativo.
In quel luogo c'è sempre una gran pace e, anche se l'altro è davvero rumoroso, si sta meglio con lui intorno. Certo, il fatto che cerchi di baciarlo da mesi non lo rende la persona più adatta con cui addormentarsi, tuttavia Shikaku sa che non farebbe mai qualcosa del genere senza il suo permesso. A guardarlo così, controluce, con i capelli biondi quasi bianchi e quegli occhi di un blu denso, fa davvero un certo effetto e ammette che ha pensato a lungo alla richiesta che gli è stata fatta. Trattiene un sorriso, a questo pensiero, perché effettivamente Minato gli piace, la sua figura gli procura un rimescolio dentro e l'uomo che sta diventando lo irretisce, gli fa venire voglia di seguirlo. Shikaku sa che cos'è quello che sente.
“Ci ho pensato e credo che mi piacciano le ragazze,” e mente solo in parte: a lui non interessano i ragazzi o le ragazze, solo Yoshino e Minato.
Namikaze sgrana gli occhi e poi sembra entrare nei suoi stessi pensieri così come si entra in una cortina di fumo.
Shikaku non è sicuro di riuscire a intortare una mente brillante e attenta come la sua, però spera di non dover mai trovarselo troppo vicino. Non che non sappia controllarsi, in quanto ninja sarebbe imbarazzante, ma per natura lui è indubbiamente ed estremamente pigro e, di conseguenza, anche abbastanza arrendevole. Minato ha colto nel segno, inoltre: la cosa lo incuriosisce, lo attrae, il pensiero di stargli vicino in modo diverso da un amico lo alletta.
Minato è un bel ragazzo, lo ha sempre pensato trovandolo un pensiero normale nella sua oggettività; quando però si è accorto che gli procurava reazioni fisiche inusuali si è fatto domande che non avrebbe mai dovuto porsi. Quel ninja ha un'energia pura, luminosa, libera, che riempie una stanza e invade gli altri. Il suo sorriso abbaglia, dà forza, sprona, e la sua voce gli procura sempre un caldo senso di famiglia. Fisicamente Shikaku non riesce a non sentirsi attratto e a volte, convinto anche che non dipenda da lui, nella sua stanza, prima di dormire, si lascia sopraffare dal piacere che lo avvolge pensandolo. Si è chiesto se fosse una malattia, si è chiesto se fosse giusto o corretto, si è anche chiesto cosa ne pensasse l'interessato e quando un Minato ubriaco gli ha confessato che probabilmente gli piacevano anche i maschi - in confidenza, perché era sicuro che la sua intelligenza non li avrebbe allontanati - si è sentito molto confuso.
È inusuale per un Nara sentirsi confuso, perché il loro QI è molto alto, in genere, e le lacune vengono colmate dalla loro capacità analitica per mezzo delle poche informazioni fornitegli. Ma l'amore, ha scoperto Shikaku quando ha visto sorridere Yoshino la prima volta, è qualcosa che sconvolge tutti, e loro più degli altri. L'amore non è razionale e se non interessa la mente rispondere con quella non ha senso.
“E magari chiamerai tuo figlio Shikamaru, eh?” ride Minato, stesosi nuovamente accanto a lui.
Già.
Purtroppo molti di loro hanno dei cammini già scritti da regole più antiche del villaggio stesso. Non vivono da soli sui monti senza doveri e possono puntare il dito solo su una delle poche opzioni che verranno scelte da altri. Gli anziani dei Nara lo hanno già informato che dovrà scegliere una delle ragazze in età da marito all'interno del clan. Lo hanno già incatenato a loro, perché i suoi figli dovranno essere Nara al cento per cento. Perché dovrà avere figli.
Essere un ninja retto, impegnato e coraggioso è un dovere che ha verso il villaggio, avere figli è un dovere nei confronti del clan.
“Mh, forse,” sospira, beandosi dei bassi raggi del tardo pomeriggio.
“E allora che mi dici di Sarutobi?” salta su Minato, come se avesse trovato la leva dove fare forza, tornando senza filo logico alla questione precedente.
Shikaku si volta di lato, dandogli le spalle, e un sorriso increspa le sue labbra. Minato è un bel ragazzo, l'uomo che sta diventando gli fa venire voglia di seguirlo e ascoltare la sua gelosia gli gonfia il petto di luminosa felicità.
“Che palle...” biascica, mettendoci più irritazione possibile.
“Oh, scusa, ti sto dando fastidio? Molto maturo, Nara!”
“Disse, quello geloso...”
“Non è gelosia è un dato di fatto: quel... quel... coso, lì, ti sta sempre appiccicato, ci giochi pure a shogi nonostante non sappia nemmeno dove mettere le pedine,” abbaia Minato, gesticolando.
“Sta imparando,” tenta di inserirsi l'altro, invano.
“E se anche fosse gelosia sarebbe solo colpa tua che non dividi le tue attenzioni equamente! Io so giocare a shogi, non devo imparare, ci giochi mai con me?”
“L'ultima volta ti sei infilato il Re nelle mutande e volevi che lo prendessi!” e torna a guardarlo, finalmente, cogliendolo di sorpresa.
“Be'...” dice Minato, voltando il viso nella direzione opposta, “avevo bevuto, quella sera...” bofonchia, abbassando lo sguardo.
Nara si ricorda bene com'è andata quella sera. Si ricorda bene che è stato molto vicino a baciarlo.
Namikaze è una persona equilibrata, con un'educazione impeccabile e un'empatia quasi Inuzukiana, conosce i propri spazi e vede fin dove può arrivare a invadere quelli degli altri. Conosce bene i suoi amici, così come conosce bene lui e se non si è mai spinto oltre, da sobrio, è proprio perché non vuole trascinarlo fuori, bensì che si esponga da solo.
Quando Minato beve, invece, dimentica questi confini, questi pali che ha messo lì giusto per impedirsi di degenerare, e sembra che non importi più il mezzo che usa per raggiungere le sue priorità. Allunga le mani sui suoi fianchi, gli offre da bere, lo bacia sulla guancia, gli accarezza i capelli, lo abbraccia, e quel che è peggio è che trova un muro molle fatto di sbuffi e mugolii contrariati che lo fanno sorridere. Quel muro molle sembra eccitarlo e sentirsi Minato eccitato addosso non aiuta ad accettare le proposte del clan. Shikaku ogni volta spera che non si spinga oltre, tutte le volte che tocca il limite è molto tentato di sorpassarlo, di lasciarsi toccare, di lasciarsi baciare e poi dare la colpa all'invadenza e all'irruenza altrui. Ma per fortuna, almeno fino a ora, è sempre riuscito a portare del senno nella sua testa e in quella bionda ebbra di alcolici.
Quella sera, per esempio, dopo aver avuto le sue labbra a pochi centimetri dalle proprie, lo aveva convinto a giocarsela sulla scacchiera: se avesse vinto lo avrebbe lasciato fare.
Un Namikaze sbronzo e un Nara sobrio? Mi chiedo chi vincerà, avrebbe celiato Uchiha se fosse stato presente - e al corrente della situazione. Però ovviamente avrebbe avuto piena ragione, e la partita era finita presto con la sconfitta di Minato. Dopo c'era stato un momento in cui aveva pensato che non avrebbe più rivisto il Re.
“Senti, come va con Kushina?” butta lì per risolvere la situazione, almeno momentaneamente, imprimendosi nella memoria quel rossore sotto gli occhi blu.
Minato lo osserva, aggrottando la fronte, poi si alza, teso, e sembra arrabbiato.
“Che stronzo!” ringhia, marciando in salita sulla collina in direzione della strada che passa poco lontano da lì.

Shikaku si stende nuovamente, osservando come il tempo scivoli via al ritmo delle nuvole che gli passano davanti.
Come va con Kushina?, come se c'entrasse, e allo stesso tempo come se fossero cose diverse.
Kushina è per Minato quello che Yoshino sta diventando per lui, sono cose diverse perché lontane da loro due, ma sono parallele a quello che sentono. Shikaku prova la stessa cosa per entrambi in modi diversi ed è facile supporre che sia così anche per l'altro. Quella domanda, in quel contesto, tende a sminuire l'uno o l'altro, è odiosa, lui l'ha odiata fortemente e l'ha usata con Minato per chiudere la conversazione.
Sì, è uno stronzo.



Lo ha sentito quello, anche quello prima e quello prima ancora. Li ha sentiti tutti, ma non ha voglia di alzarsi. Lo sa chi è.
Si tira le coperte sulla testa e aspetta che l'ubriaco in strada gli sfondi la finestra a sassate.
Improvvisamente c'è silenzio e quando avverte la finestra cedere con un colpo secco alza la testa di scatto.
“Sei impazzito?” urla, sussurrando.
Minato ridacchia, forse contento di avergli rotto la finestra senza aver svegliato i genitori o più semplicemente di avergli rotto la finestra e basta.
“Non ti svegliavi...”
“Sono sveglio dalla prima sassata: è vetro, idiota!”
“Non chiamarmi idiota, domani andrò in missione e al ritorno mi sposerò.”
Shikaku vorrebbe dirgli che proprio per questo motivo non è una bella idea trovarsi in camera sua, di notte. Però per quanto si sforzi non riesce a dire niente.
“Ti ho portato una cosa!” dice l'altro, ignorando il silenzio e porgendogli un sacchettino.
Lui ci guarda dentro, aprendolo, poi lo fissa e fissa la bottiglia che ha in mano.
“Mi hai portato degli onigiri alle tre del mattino? Quanto hai bevuto, per curiosità?”
Minato ride, sedendosi sul suo letto.
“Che c'entra l'ora? Sono buoni, assaggiali!” propone, sporgendone uno nella sua direzione.
“È unto.”
“Finiscila di fare il mestruato!”
Shikaku suo malgrado si lascia sfuggire uno sbuffo divertito e si passa una mano sulla faccia, sedendosi accanto a lui. Prende l'onigiri che gli viene offerto e lo assaggia.
“Ok, è vero: è buono. Te lo concedo.”
Minato sorride, bevendo dalla bottiglia.
Poi osserva l'altro tenere le dita unte per aria mentre finisce di masticare l'ultimo boccone e gli prende il polso portandosele alle labbra.
“E dai...” brontola Shikaku, cercando di riappropriarsi delle falangi.
Minato ride, tenendolo con fermezza, e avvicina il viso al suo.
“Perché non puoi accettare sempre quello che ti offro, senza tutte queste storie?”
“Perché uno dei due deve tenere i confini,” risponde, pronto. Quella domanda se l'è fatta molte volte da solo e la risposta è stata costruita ad arte per potercisi aggrappare, anche se, in realtà, a dirla ad alta voce si accorge che non è poi così efficace.
“Dei, che palle...” Minato abbassa la testa, strizzando gli occhi come se avesse dolore da qualche parte. Poi la rialza, mischiando il blu dei propri occhi con il nero dei suoi.
“Shikaku, promettimi che nella prossima vita staremo insieme giorno e notte!”
Lo dice con una serietà che aumenta in modo esponenziale il valore di quello che la frase rappresenta di per sé, la rende una promessa vera, solenne, da rispettare. E Shikaku annuisce, serio, prima ancora di rendersene conto.
Poi spalanca gli occhi, sorpreso di trovarsi le labbra di Minato premute contro le proprie. Sorprendentemente sa molto poco d'alcool.
La prima cosa che pensa è che avrebbe dovuto farlo secoli prima, la seconda è che ci sono i suoi genitori due stanze più là e la terza la esprime a parole appena le labbra dell'altro scendono sul suo collo.
“Siamo già nella vita dopo?” sussurra, scioccato e rincitrullito.
Minato ridacchia sotto il suo orecchio e un brivido caldo gli corre giù fin dentro le viscere. Istintivamente sposta la testa di lato, si sbilancia e mette un braccio dietro per non cadere.
L'altro dà un colpetto proprio all'interno di quel braccio per far cedere il gomito e Shikaku si trova sdraiato nel suo letto con le labbra di Minato sulle proprie.
Non va bene, pensa, stringendo incoerentemente la maglia dell'altro.
“Ehy, mh... Aspetta, sei ubriaco!” lo accusa, cercando di trovare un modo di spostare la sua attenzione.
Ma poi succede quello che non si sarebbe mai aspettato.
Namikaze interrompe le sue azioni, lo fissa negli occhi e poi si abbassa su di lui: i loro corpi combaciano e quello che sporge cozza.
Shikaku apre la bocca e inarca la schiena, Minato sospira, carezzandogli i capelli sciolti sul cuscino.
“Ho bevuto solo quello che bastava per farti sentire che avevo bevuto...” e sorride quando l'altro lo fulmina con un'occhiataccia. Poi si muove e l'espressione del ragazzo sotto di lui cambia.
A Shikaku scappa da ridere se pensa che si è immaginato tante versioni di quello che stanno facendo da averne una vasta scelta, eppure non c'è niente che lo diverte nelle emozioni che sente. Vengono da un posto in profondità, dentro di lui, tanto intense da farlo tremare.
Ha un moto di riso solo quando le dita di Minato gli toccano la pancia nuda mentre lo spoglia, l'altro sorride appuntandosi il fatto che soffra il solletico, da qualche parte nella sua testa in un piccolo spazio razionale che non è occupato dalla sua pelle, le labbra, i sospiri.
Forse avrebbe avuto senso resistere fino a quel punto solo se si fossero almeno fermati a quel bacio, se avesse fatto qualcosa per evitare di sentire l'altro ovunque sopra di sé, tuttavia nemmeno il leggero dolore che prova quando lo sente scivolare con fatica all'interno del suo corpo riesce a farlo pentire. È invece felice, come non pensava di potersi sentire con qualcuno diverso da Yoshino.
Il pensiero della ragazza lo coglie impreparato, per un momento la sua attenzione corre da lei, prima di avere le labbra catturate in un bacio umido, esigente, prima di realizzare che, quando è con Minato, avverte esattamente lo stesso calore che sente con lei. Non può essere sbagliato se fa così bene, dopotutto.
“Vuoi che chiami Kushina e Yoshino, per darci una mano?” lo sgrida quell'idiota di Namikaze.
“Finiscila...”
“Allora resta qui con me, Nara!”
Shikaku stringe la mano sul suo fianco mentre lui aumenta la velocità dell'amplesso. Si sente esplodere, sente qualcosa comprimere dall'interno, che vuole uscire, e quando arriva alla gola un gemito lascia le sue labbra. Minato stringe gli occhi e i suoi muscoli si rilassano quando anche lui non riesce a trattenere un gemito, poi gli frana addosso, affondando la testa nei suoi capelli neri.
“Non è esattamente come farlo da soli,” constata semplicemente Minato, con voce roca e affannata.
Shikaku ride, facendolo traballare sopra di sé.
“No, decisamente,” ridacchia ancora, prima di essere baciato con veemenza.
Qualche minuto dopo Minato è ancora lì, sul suo stomaco, ad ansimare mentre si muove sulla sua erezione, invertendo i ruoli di qualcosa che per loro, ormai da molto tempo, non ha più confini definiti.



Non ci sono state altri momenti come quello. Dopo, le responsabilità, sia che riguardassero il lavoro o la famiglia, li hanno occupati e tenuti lontani, ma niente gli ha impedito di essere grandi amici.
Minato sorride, avvicinando il bicchiere alle labbra.
“Incredibile, i nostri figli saranno coetanei!”
“Sono sette mesi che lo dici, quando nasceranno smetterai?”
“Uffa! Mi piacerebbe che tuo figlio badasse al mio...”
Shikaku versa da bere a entrambi.
“Hai poca fiducia nei tuoi geni.”
“Mh, ti ho fatto capo dei jounin per le tue capacità, ma anche perché ci sono pochissime altre persone di cui mi fido così tanto. Vorrei che mio figlio potesse contare sul tuo come posso permettermi di fare io con te!” sorride, bevendo alla sua salute.
Il barista cambia la bottiglia di sake, spezzando il discorso e i loro pensieri per un momento mentre ne mette una piena, poi torna a fare quello che stava facendo alla cassa, a qualche metro di distanza.
“Be', mi piacerebbe che si guardassero le spalle a vicenda, ecco... O il culo, se gli dovesse piacere!” ride Minato, versandosi altro sake.
“A me non piacerebbe per niente,” dice l'altro, serio, abbassando la testa.
Minato lo guarda con un'espressione confusa, con il sake a mezz'aria.
“Stavo scherzando...” spiega, nel vedere la faccia dell'amico, “pensavo fosse ovvio.”
“No, non lo è,” replica nervoso Shikaku, alzando la testa di scatto.
Namikaze lo osserva di sottecchi, beve il sake con dei pensieri in testa troppo complicati per non intrecciarsi tra loro. E si blocca, spalancando gli occhi, con un'accusa sulla lingua.
“Un momento,” dice voltandosi verso l'altro, “cosa vorresti dire? Cioè, tu... Vuoi dire che se tornassi indietro tu non... ?” Minato si passa una mano sulla faccia, poggiando il bicchierino sul piano del bancone.
“Non dire idiozie, non è quello che intendevo,” spiega l'altro, buttando giù il contenuto del suo, “hai idea di quanto sia complicato e... triste, a volte...”
“Vaffanculo, Nara! Perché, pensi che per me non lo sia? Ma rifarei tutto, daccapo!”
Lo sgabello sfrega per terra, l'Hokage si alza e si volta. Barcolla fino all'entrata, apre la porta del locale e l'umido lo avvolge subito, in strada.
Shikaku rimane dentro, a bere e a pagare da solo.

Pochi giorni dopo Inoichi sta dicendo a Chouza che non si mangia in ospedale, che sua moglie, due stanze più avanti, li pesterà tutti a sangue se insiste a fare tutto quel fracasso con le buste delle patatine. Chouza ribatte che anche lui ha avuto a che fare con una donna incinta e quando Yamanaka si presenta rossa di collera, con l'asta della flebo in mano, lui sorride e le fa un complimento. Questo causa un enorme sorriso di lei, un suo rilassamento improvviso e di conseguenza uno sgretolamento parziale della realtà. Ma fortunatamente i bisticci di quei due cessano per qualche minuto, almeno fino a quando non è permesso vedere i neonati dal vetro; dopo infatti cominciano a battibeccare su quanto dovrebbero mangiare i neonati.
Shikaku sbadiglia, poggiando la schiena alla sedia e nel farlo si accorge di avere due figure di fianco.
“Kushina!” dice all'improvviso, mettendosi composto.
“Buongiorno papà,” sorride lei, contagiandolo, mentre illumina l'ospedale da sopra quel pancione ingombrante. “Posso entrare?” chiede indicando la stanza di Yoshino.
“Certo che puoi, le farà piacere.”
Kushina bussa, spostando il mazzo di fiori da una mano all'altra. Poi entra, salutando la neo mamma con epiteti idioti, come solo lei riesce a inventare.
“Allora, com'è diventare padre?” chiede Minato, sedendogli a fianco.
“Assurdo: ero un bambino anch'io solo ieri,” risponde lui, vago.
Minato abbassa la testa, cercando i suoi occhi e facendolo così voltare verso di sé.
“Senti, mi dispiace, la scorsa settimana avevo bevuto decisamente troppo e ho frainteso, ok?” dice Namikaze, gesticolando come fa quand'è nervoso.
Ma Nara si volta dall'altra parte, ignorando la poca voglia che si sente addosso di tenere il punto, specialmente in quel momento.
“Andiamo! Non fare l'Uchiha!” celia l'altro, con poca convinzione. “Lo so cosa volevi dire, lo so perché ti piace bere, lo faccio anch'io,” sussurra poi, serio.
Shikaku abbassa la testa per non doverlo guardare negli occhi.
“Penso che sia proprio come hai detto tu, in fondo,” dice sforzandosi di rimanere serio, ora che sente la voglia di cedere aumentare.
“Certo, certo! E come hai chiamato tuo figlio?” chiede Minato. E ride mentre il neo papà si porta una mano sul volto per celare il suo sorriso, invano.
“Hai proprio ragione: se tornassi indietro...” bisbiglia Namikaze, facendo una pausa ad effetto con finti brividi, “...che schifo!” celia poi, scorrendo di un posto sulle sedie.
“Idiota!”



La pioggia cade fitta. O forse il cielo piange.
Shikaku stringe i pugni, ma non ha le unghie sufficientemente lunghe per farle penetrare dentro la pelle. Digrigna i denti, frustrato.
Minato non esiste più.
Crateri ed enormi crepe devastano il paesaggio davanti a lui, kunai e altri segni di lotta sono presenti ovunque fin dove può spaziare con lo sguardo. Il verde dell'erba è sostituito da un nero che fuma e puzza; tutto quello che resta è terra bruciata.
È arrivato tardi. È arrivato giusto in tempo per vedere in lontananza i ninja medico che portavano via i corpi. E adesso non c'è che terra bruciata e il vagito di un bambino, intorno a lui.
“Shikaku-san, la prego lo tenga un momento,” dice il ninja medico lì vicino, senza lasciargli il tempo di negarsi.
In un attimo Nara si trova un bambino biondo tra le braccia. Spalanca gli occhi stringendoselo addosso appena l'altro ninja lascia la presa.
Sfiora quei capelli, assorto nella contemplazione, pentendosene quando li sporca di sangue. Si stupisce che il bambino smetta di piangere, ma è vederlo aprire gli occhi, scoprendo un blu denso, chiaro e pulito come il cielo d'estate, che il respiro gli viene meno per qualche secondo. Rimane immobile, con i sensi impigliati nei versetti e i piccoli movimenti del neonato, a fissare quella che sembra la stessa vita che è appena scomparsa tanto da dare quasi un senso a tutto quello, almeno per il tempo in cui si perde in quegli occhi. Poi il ninja medico pretende il bambino indietro, allora la pioggia ricomincia a occupargli l'udito, l'aria fredda gli punge la pelle e dentro non ha che la stessa terra bruciata che osserva intorno a sé.
Minato non camminerà più su accanto a lui, non lo rischiarerà più con la sua solida volontà del Fuoco. Non lo vedrà mai più.
Quel bambino non conoscerà la dolcezza e la forza di sua madre e nemmeno la grandezza di suo padre, quella del semplice uomo che era tutti i giorni e non quella delle gesta eroiche che lo hanno ucciso.
La loro morte ha permesso al villaggio di sopravvivere, ha permesso a lui di sopravvivere. Dovrebbe essergli riconoscente, quindi. Dovrebbe ringraziarli.
Sì, dovrebbe.
Ma l'acqua porta via le sue lacrime e non c'è niente che trascini via quel dolore urlante che filtra così in fondo da non saper come fare a tirarlo fuori, perciò adesso non vuole ringraziare nessuno.
A essere sinceri c'era stato un tempo in cui aveva creduto che Minato sarebbe stato il più grande Hokage di tutti i tempi. Adesso sa che si sbagliava.
È stato uno stupido, si ripete, mordendosi la lingua con forza, uno stupido che si è buttato in uno scontro come un genin, senza chiedere aiuto né prepararsi un piano decente: ha dovuto ripiegare sul sigillo del diavolo... quel cretino!, pensa, digrignando i denti tanto da sentirli scricchiolare sopra al rumore della pioggia.
Ma è solo quando un ANBU si presenta alle sue spalle che si accorge di aver passato ore con i muscoli tesi, i pugni stretti e il capo chino, a insultare Minato. Dopo, l'ANBU gli rivela che il Sandaime non vuole che l'orfano sappia dei suoi genitori, né che la notizia venga divulgata ad altri.

Con il tempo le persone odiano quel bambino biondo, che è la copia esatta di Minato con la forza e la dolcezza di Kushina, e raccolgono tutto il disprezzo di Shikaku, in un insulso circuito di dolore e paura. Paura che i sussurri arrivino al bambino, paura che si decida di andare oltre le malelingue, paura di non essere lì a proteggerlo.
Ma allo stesso tempo Shikaku non si avvicina, non lo aiuta, non lo difende. Non ce la fa.
Naruto lo intossica, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua luminosità, gli ricordano qualcosa che è rimasto solo dentro di lui. Un pezzo di qualcosa che, una volta spezzato, si è perso dentro di lui.



Adesso Naruto è un eroe.
Tutti lo rispettano, molti lo fermano per strada per ringraziarlo, anche ora, a distanza di tempo, e lui si stupisce ogni volta. Spalanca quegli occhi chiari, limpidi, e sul suo viso si fa strada un'espressione seria che fa venir voglia di abbracciarlo, di ricordargli che va tutto bene, che se lo merita, che li ha salvati tutti.
Adesso Naruto sa chi erano i suoi genitori, li conosce entrambi.
Suo figlio Shikamaru una sera d'estate gli ha riferito quello che il jinchuuriki, in confidenza, gli aveva rivelato tempo prima: l'incontro con suo padre e, dopo, quello con sua madre, sì, ma anche quanto fosse stato arrabbiato con loro e frustrato e felice e quanto fosse, e sia tutt'ora, orgoglioso di essere loro figlio. Quando Shikamaru ha concluso Shikaku lo ha ringraziato. Suo figlio non capirà mai perché, ma sapere quelle cose in un qualche modo contorto lo ha alleggerito, è stato come rendere giustizia a qualcosa che era rimasto in sospeso da troppo tempo per sperare che si potesse risolvere.

Shikamaru gli si affianca, sull'engawa, sedendosi poco distante da lui.
“Asuma non era male a shogi, sai?” dice, prima di sbadigliare.
“Ti batteva?”
“I primi tempi sì... Ma tu sei un avversario peggiore,” sbuffa, mettendosi un sandalo.
Lui fa un mezzo sorriso, mugolando in risposta.
“Esci?” chiede poi, catturato dai suoi movimenti.
“Sì, è il compleanno di Kiba,” dice, massaggiandosi una tempia mentre con una mano si infila anche l'altro sandalo.
“Non sembri molto contento,” lo scruta il padre.
“Ma no, è solo che lui e Naruto diventano molesti quando bevono...” dice, buttando la testa all'indietro quando vede Chouji entrare nel vialetto.
Shikaku ride, osservando Naruto e Kiba bisticciare oltre la staccionata.
“E scommetto che la tua flemma li rende solo più audaci, mh?” dice, mentre il sole cade lentamente dietro gli alberi e la risata di Naruto riempie l'aria, chiara e trascinante.
Shikamaru lo osserva, sorridendo.
“Già,” dice, abbassando la testa, prima di alzarsi, “non capisco come 'non arrampicatevi sul muro di cinta di quella casa' possa diventare 'imbrattate i muri altrui pisciandoci sopra', nelle loro teste!”



Owari









Erano mesi che volevo scrivere una cosa del genere.
Diciamo che sono in un certo senso stupita di quello che è venuto fuori mentre, dall'altra parte però, credo che non si veda - senta? - ugualmente tutto quello che avrei voluto. Non so dire se mi ci stia avvicinando o meno, per ora so che questo è il mio limite e spero che si intraveda almeno un briciolo di quello che volevo ci fosse, della bellezza di questi personaggi, dell'amore che nutro per loro. Bah. Sono sempre chiara come un tuorlo, eh? Bene. Ottimo, direi.
Spero vi piaccia, almeno, e che non offenda gli amanti di questi personaggi che io, ci tengo a ribadire, stimo moltissimo.



I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro. Gisgdiadgvaid!



  
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