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Autore: nightswimming    14/06/2011    1 recensioni
- Facciamo che ci pensiamo dopo cena. – disse sbrigativamente Dom, allungando famelico il piatto. Gaia annuì convinta.
- Ottima idea. Va bene grande così? –
- Sì che va bene, amore. Il maiale può trattenersi davanti agli ospiti. – rispose Matt al suo posto, con un sorrisino perfido.
- Vaffanculo, Bells. –
- Bisticciano come due innamorati. – rise Allegra, subito seguita da tutti quanti. – Gaia, non ti ingelosisci mai? -

Una BellDom che è un triangolo, a suo modo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Now there’s nothing left
To die for.
 
 
 
 


 
 
Erano le tre del mattino quando Dom, sulla porta di Villa Bellini, abbracciò Allegra con una foga del tutto fuori luogo e strinse la mano a Marco come fosse il suo migliore amico.
- Dom, - lo riprese Gaia, afferrandogli le spalle quando notò che cominciava a ondeggiare inquietantemente, - sei ubriaco! –
Il biondo scosse la testa e alzò fieramente il mento per ribattere.
- No. – disse, facendo seguire una pausa quasi teatrale. - …Sono completamente sbronzo. Se non mi sdraio finisco sdraiato. Qui a terra. Maaaatt… -
Matt gli si fece accanto col volto paonazzo e gli occhi lucidi.
- Doooom… - gli fece il verso. I due si guardarono e scoppiarono a ridere come matti, appoggiandosi alle rispettive spalle. Gaia alzò gli occhi al cielo.
- Inglesi. Incorreggibili. Quando si tratta di bere… –
Marco e Allegra salutarono ancora una volta e si allontanarono a braccetto, le teste vicine. Gaia chiuse la porta e osservò scuotendo la testa quei due salire le scale berciando God Save The Queen.
- Amore, stai accompagnando Dom nella sua stanza? Riesci a tornare sulle tue gambe? – urlò, spegnendo le luci del soggiorno. Matt le rispose facendole un saluto militare.
- Sissignora tenente colonnello. –
Dom scoppiò nuovamente a ridere, quasi singhiozzando. Gaia si avvicinò e gli diede un bacio sulla fronte.
 - Bene. Il tenente colonnello ti aspetta a letto, non appena finisce di serrare i ranghi fra i piatti da lavare. –
 
*
 
Matt mugugnò per il dolore. Dom era inciampato sull’ultimo gradino e gli era piombato su un piede con tutto il peso.
- Ahia, cazzo! –
- …Scusa. – biascicò l’altro, nascondendo la testa sotto il suo collo. Matt sbuffò e gli fece passare un braccio attorno alle proprie spalle. Il corridoio era buio pesto, ma in quel momento non disponeva della concentrazione sufficiente per ricordare dove fossero gli interruttori della luce.
Avanzarono in silenzio, incerti sulle gambe, i respiri un po’ affannati per lo sforzo che l’alcool rendeva eccessivo. All’ennesimo ondeggiamento, Dom andò a sbattere con la testa sul suo zigomo facendogli perdere l’equilibrio e finirono contro il muro.
Matt si ritrovò addosso il suo corpo bollente e faticò a restare in piedi: annaspò con le braccia fino a cingergli il collo e per fortuna Dom fu sufficientemente pronto ad allargare le gambe per sostenere quel peso improvviso.
- Cazzo, tu stasera vuoi proprio uccidermi… - si lamentò Matt, strofinando lo zigomo dolorante sulla maglietta dell’altro. Si sentiva la testa vuota e le tempie pulsanti.
Dom non rispose. Rimase immobile, le mani appoggiate al muro, il profilo indefinito nel buio che guardava fisso davanti a sé, e non in basso, dove era scivolato Matt.
- Dom? – domandò questo, piano, facendo leva sulle sue spalle per tirarsi su. Era stato un movimento piccolo, goffo, frettoloso, ma nell’arco di un attimo con quel minuscolo insignificante gesto aveva aderito completamente al corpo dell’altro e Matt avvertì distintamente che Dom era caldissimo dappertutto, che era leggermente sudato, che il cuore gli batteva a mille e che il motivo per cui non lo guardava negli occhi era il rigonfiamento all’altezza del cavallo dei pantaloni che il suo ginocchio aveva sfiorato.
Sentì di dovergli dire qualcosa. Che nelle condizioni in cui era avrebbe trovato eccitante anche un manico di scopa, per esempio.
Ma il pensiero lo infastidì, e gli parve così fuori luogo, così imbarazzante, così squallido che preferì non dire nulla.
 
*
 
Per fortuna la porta della camera di Dom era ad appena un metro di distanza.
Nessuno dei due accese la luce: guardarsi in faccia dopo quello che era successo nel corridoio parve insopportabile ad entrambi. In ogni modo la finestra aveva le tende aperte e la luce della luna illuminava il letto come un faro, dissipando una parte di oscurità.
Matt rimase a fissare quell’ammasso di lenzuola e cuscini come incantato. Era di un biancore abbacinante: sembrava neve. Gli sembrò freddo ed immenso. Il pensiero che Dom quella notte vi dormisse da solo, ubriaco e confuso, gli lasciò una sensazione sgradevole all’altezza dei polmoni. Come un senso di soffocamento.
- Vuoi… Vuoi che dorma con te? – si ritrovò a chiedergli, sottovoce.
Erano esattamente al centro della stanza. Dom alzò la testa di scatto, gli occhi sgranati che per la prima volta dopo minuti interi incrociarono i suoi, dopodiché scoppiò in una risatina sgradevole.
- Dormire con me? Sei impazzito? – disse sprezzante, scoppiando in una nuova risata. – Ma figurati. Non sono mica malato. – Respirò velocemente, prendendosi la testa fra le mani e sedendosi sul letto ad occhi chiusi. – E poi Gaia ti aspetta. –
Matt lo osservò scompigliarsi i capelli e provare a togliersi la maglietta, senza risultato. La tirava su scoprendo una strisciolina di pelle e quella poi ricadeva giù; la tirava su e ricadeva giù; la tirava su e ricadeva giù. Si scopriva un fianco, poi un pezzetto di addome, poi l’ombelico…
Emise un verso che era quasi un ringhio.
- Ma guardati, non riesci nemmeno a svestirti. – sussurrò arrabbiato, terribilmente arrabbiato con lui. Perché lo stava trattando in maniera fredda e arrogante, perché era così ubriaco da non riuscire nemmeno a sfilarsi una cazzo di t-shirt.
Perché non voleva che rimanesse a dormire con lui.
Dom al suono della sua voce tremante di collera si bloccò. Dal collo della maglia spuntavano solo i capelli biondi: la rindossò del tutto, lento, rivolgendogli uno sguardo a metà fra l’impaziente e il riluttante.
- Allora aiutami. – sussurrò infine, in un soffio. E poi alzò le braccia.
Matt ammise a sé stesso di non aspettare altro. Si avvicinò in un passo e obbedì alla sua richiesta, senza una traccia di gentilezza, quasi strappandogliela di dosso. Dom lo afferrò per la camicia e lo fece crollare su di sé, incontrando le sue labbra al volo, quasi di schianto. Matt gli passò le mani fra i capelli e lo baciò con tutta la foga di cui era capace, grato, frenetico, ringraziando Dio di essere ubriaco perché l’indomani il ricordo di quella sera sarebbe stato sicuramente relegato in fondo alla sua memoria da un mal di testa massacrante, lo sapeva per certo, lo sapeva perché era già successo un anno prima quando Gaia era andata in palestra e Dom si era presentato alla villa con un sacchetto di birre in mano, e avevano bevuto, bevuto fino a riconoscere a malapena il proprio corpo da quello dell’altro quando si erano gettati nel lago e la luna aveva illuminato i loro visi pallidi e bagnati, e Matt si era fatto aiutare da Dom a risalire a riva e come bel ringraziamento aveva tentato di soffocarlo con l’asciugamano, e lui si era arrabbiato, incazzato a morte, perché a dir suo aveva veramente rischiato di morire, e per farlo smettere di ridere l’aveva baciato con furia, schiacciando il proprio viso contro il suo e insinuando la lingua nella sua bocca senza alcun riguardo, staccandosi quando aveva avvertito il suo respiro spezzarsi e farsi affannoso solo per dirgli “vedi, io non ti voglio soffocare” e ricominciando subito dopo, e Matt quando aveva sentito la macchina di Gaia scricchiolare sulla ghiaia del cortile si era sentito combattuto fra il sollievo e la frustrazione, perché avrebbe tanto voluto sapere se Dom stava scherzando davvero oppure…
- Maaaatt! –
Matt si allontanò di scatto e cadde dal letto, rialzandosi subito dopo. Ansimava, per lo spavento e… per il motivo per cui stava ansimando anche Dom. Non voleva assolutamente chiarire a sé stesso quale fosse.
Il suo batterista fu molto bravo. Rise, si accese una sigaretta, si scusò e gli chiese di scusarsi anche con Gaia. Matt gli voltò le spalle senza neanche aspettare che terminasse la frase.
Dom lo guardò sbattere la porta dietro di sé, deglutì e si accorse solo qualche minuto dopo che tutto il tabacco si era consumato e che le lenzuola si erano macchiate di cenere.
 
*
 
Ripassò per quello stesso corridoio, cercando di fare meno rumore possibile. Aprì la porta curandosi di non far cigolare i vecchi cardini e lo vide alzarsi subito a sedere sul letto, a torso nudo esattamente come l’aveva lasciato.
Si avvicinò lentamente e salì con le ginocchia sulle lenzuola. Dom gli abbracciò i fianchi e lo baciò immediatamente, con una dolce naturalezza, come se l’avesse fatto da sempre. Gli tolse la camicia con gesti sempre più concitati e lo fece sdraiare sotto di sé, slacciandogli i jeans con una mano e sostenendosi sul cuscino con l’altra. Osservò il suo viso accaldato farsi serio mentre glieli sfilava: tremò leggermente quando si morse un labbro. Gli tolse i boxer con un movimento che gli sembrò molto goffo e che lo fece vergognare profondamente, ma Dom lo sfiorò d’un tratto con la mano aperta e lui si sentì come se gli avessero dato una scossa elettrica, come se il viso e il corpo dell’altro fossero tutto ciò che occorresse sapere del mondo – perché erano il mondo, erano tutto quello che percepiva attorno a lui – come se un’illuminazione improvvisa avesse squarciato un velo che esisteva da quando l’aveva conosciuto. Come se avesse appena avuto un lampo di genio.
Aprì gli occhi che aveva tenuto chiusi per il piacere e si svegliò accanto a Gaia, accanto alla sua bocca semichiusa ancora tinta di rossetto dalla sera prima.
Matt prese diversi respiri per calmarsi, ma non ci riuscì. Era dolorosamente teso tutto quanto, come se stesse per spezzarsi da un momento all’altro - e in un punto in particolare.
Non aveva avuto il coraggio di andare fino in fondo nemmeno nel segno e tantomeno lo aveva nella realtà: così cercò di chiudere Dom fuori dalla propria mente e si sforzò di immaginare le labbra rosse e socchiuse di Gaia che succhiavano, leccavano, mordevano e lo baciavano ovunque.
Funzionò: l’eccitazione, nata da un sogno su Dom, stava raggiungendo il limite a causa di una fantasticheria su Gaia addormentata. Matt provò a vergognarsi di sé stesso ma non ci riuscì, e a furia di rigirarsi nelle lenzuola fresche per darsi sollievo finì per svegliarla e soddisfò quel desiderio ibrido figlio di due passioni diverse nel suo corpo morbido e famigliare.
Ascoltando i suoi respiri calmarsi e rallentare dopo l’orgasmo, si chiese se anche Dom l’aveva sognato.
 
*
 
Quando si svegliò la mattina dopo scoprì che se n’era andato. Gaia gli disse che aveva lasciato un biglietto in cui si scusava con lei per il comportamento della sera prima e Matt capì subito che non si riferiva all’ubriacatura. Sorrise, e anche Gaia sorrise, e lui si sentì terribilmente in colpa.
Dom voleva bene a Gaia: la considerava una gran donna.
Matt si ritrovò a constatare con divertimento amaro che probabilmente gli importava di più non ferire lei piuttosto che non sconvolgere la vita a lui.
 
*
 
Matt cominciò a pensare che Gaia sospettasse qualcosa pochi giorni dopo. Si ritrovarono a parlare di Marco e Allegra mentre erano seduti in terrazzo a fare colazione, e lei ricordò divertita il modo in cui Dom li aveva abbracciati sulla porta, affettuoso e colmo di gratitudine, come se quei due gli avessero fatto un gran favore.
Matt rimase in silenzio, corrucciato, spalmando la sua marmellata sul pane con una concentrazione eccessiva. Gaia rise e gli chiese di raccontarle le condizioni in cui Dom era andato a dormire, temendo che magari l’amico potesse aver fatto qualcosa di stupido sotto i fumi dell’alcool – che so, tranciargli le corde della Glitter con i denti o cose simili, visto che erano giorni che non lo nominava neppure nei suoi discorsi.
Matt si affrettò a negare tutto, brusco. Gaia non insistette e capì che qualcosa doveva essere successo per forza.
 
*
 
L’estate finì con molta lentezza, strascicando i giorni nella noia e nella routine. Gaia non smise mai di pensare a quella sera: non li aveva mai visti comportarsi così, e li conosceva troppo bene entrambi per sbagliarsi. Dom era un amico, un caro amico, che lei amava e da cui si sentiva riamata. E Matt, beh, Matt era il suo uomo da anni, ormai, e come lui aveva confidato al suo batterista era in grado di leggerlo come un libro aperto.
Sapeva che nessuno dei due le avrebbe mai fatto del male, almeno non coscientemente - e quindi non di proposito.
Perciò, pur con una certa fatica, accantonò l’inverosimile dubbio che le si era insinuato nella mente più per esclusione che per altro e quando Matt e Dom raggiunsero Chris per partire in tournée sentì di avere il cuore in pace.
 
*
 
La ripetitività dei concerti, dei viaggi in aereo e delle serate permise sia a Matt che Dom di vestire i soliti panni di goliardia e spensieratezza. Ogni volta che suonavano ci mettevano più concentrazione e impegno che mai, come a voler incanalare ogni energia fisica e emotiva nella musica per evitare di riversarla in altro. Sentivano di rendere ogni esibizione più bella e spettacolare di quella prima: non affrontare i fatti aveva avuto almeno questo effetto positivo.
Quando l’alcool cominciava a scorrere troppo abbondantemente in corpo e uno sguardo, un brevissimo contatto, una battuta o anche semplicemente il trovarsi nella stessa stanza faceva scattare sensazioni pericolose, Matt correva a telefonare a Gaia e Dom si buttava nelle braccia della prima fan disponibile.
Gaia si inquietò: Matt non la chiamava mai così spesso. Non era così cieca e sentimentale da commuoversi per tutta quell’attenzione telefonica; al contrario; quel dubbio orrendo che razionalmente aveva tentato di accantonare tornò a riaffacciarsi sempre più spesso.
 
*
 
Il giorno prima del Reading, Matt invitò cena Chris e Dom nel suo appartamento a Londra.
Il tour stava andando a gonfie vele e per questo motivo brindarono in continuazione, felici, senza pensieri. Dom era talmente sicuro del successo della serata che quando Chris tornò a raggiungere Kelly e i bambini si disse che non c’era niente di male a rimanere per un’altra birretta.
Quella sera non aveva sentito niente per Matt che andasse oltre l’orgoglio di averlo come frontman e la solida amicizia che li aveva da sempre legati. Si sentiva al sicuro e sentiva di aver messo al sicuro anche lui. E Gaia. Le loro vite forse non sarebbero state sconvolte da un paio di colpi di testa provocati da qualcosa di così nebuloso e probabilmente passeggero.
Ma quando Matt si accorse che era troppo ubriaco persino per alzarsi dal divano e gli propose di fermarsi a dormire lì, Dom capì che non aveva dimenticato niente. Né la sua testa né il suo corpo.
Quella sensazione, come lo sfiorare una cicatrice che ci si dimentica di avere addosso ma che è sempre lì, scavata nella pelle, evidente e incancellabile, lo riempì di una felicità che non avrebbe mai sperato di poter provare. Matt era così: talmente presente in ogni fibra di sé da potersi scordare di averlo sempre addosso.
Lo baciò di slancio, gli disse che lo amava. Che in qualche vigliacca maniera lo aveva sempre amato. Poi tacque, aspettando una risposta.
Matt tacque a sua volta, per secondi interi, come a volersi convincere di aver capito bene, ma troppo euforico per riuscire a pensare con lucidità. L’immagine di Gaia che gli si parò davanti agli occhi fu però così istintiva da farlo esitare ancora, e capì che anche Dom l’aveva vista, come fosse un ologramma proiettato dal suo sguardo. Entrambi si immobilizzarono, paralizzati dal senso di colpa.
- Io… Voglio bene a Gaia. Non posso farle questo. – disse Dom, sottovoce ma in tono fermo, pur sapendo che con quell’affermazione sigillava forse per sempre quello che aveva avuto il coraggio di aprire poco prima. Matt lo vide stringere i pugni con forza e ammirò la sua integrità. Lui avrebbe saputo fermarsi per primo?
- Mi ha reso felice. Così felice. – sussurrò, sentendo la gola chiudersi. Sapeva la risposta.
Dom annuì sorridendo.
- Lo so. E’ per questo che le voglio bene. -
Dormirono insieme, abbracciati, divisi fra la tristezza provocata dal senso di colpa e la gioia incredibile che li invadeva anche solo quando si sfioravano. Quando si svegliarono Dom chiese di poter fare una doccia, Matt gli rispose di no nella maniera più assoluta, che l’avrebbe fatta prima lui, e assistette immobile allo spettacolo dell’altro che si spogliava nel letto per chiarire la questione.
Si spogliò a sua volta sentendosi la testa meravigliosamente leggera e il corpo in fiamme. Il pensiero di Gaia era andato a infrangersi miseramente contro il muro di emozioni che Dom aveva saputo provocare soltanto togliendosi la maglietta.
Ripensò a quelle due sere al lago, quando lei li aveva fisicamente interrotti entrambe le volte: e decise che non intendeva negarsi più nulla.
 
*
 
Mentre facevano l’amore il telefono aveva squillato tre volte. Matt aspettò che Dom entrasse nella doccia per controllare e non si stupì affatto quando scoprì che erano di Gaia.
Il senso di colpa riaffiorò improvvisamente e lo spinse a chiamarla subito: lei, affettuosissima, loquace e fin troppo premurosa gli chiese come stavano andando i preparativi per il concerto di quella sera, sentendosi rispondere con una gentilezza quasi formale.
Quando Dom uscì dal bagno Matt udì distrattamente che Marco e Allegra li avevano invitati al loro matrimonio, fissato per il mese prossimo.
   
 
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