World of Beginnings
Erano passati anni da quando, vagando sola con pesanti ricordi, l’aveva
ritrovato.
Eppure non s’era ancora abituata al dolce, lieve sapore della quotidianità – dopotutto,
non l’aveva mai assaporata, nel suo viaggio, mai aveva avuto l’occasione di sfiorarla
con le dita, né di sentirla pizzicare sulla lingua, né di udirne il suono nel
vento.
Mai, fino al momento della sua morte. Allora, con coraggio, aveva preso con sé ogni
cicatrice ed ogni ricordo di quella vita vissuta come un guscio vuoto, una mera
effigie, una vaga ombra – un clone. Ed aveva errato, per anni ed anni.
Erano passate infinite primavere da quei tempi, ma talvolta le pareva di
poterli scorgere oltre l’orizzonte.
Quella sera, ogni immagine, che appartenesse all’una o all’altra vita, era più
vivida.
Sakura avanzava a passi lenti, mentre il velo bianco le accarezzava il viso,
come i petali di ciliegio in una notte di tanti anni prima - ed anche allora l’amore
aveva sussurrato loro ogni risposta.
Davanti a lei, non v’era nessuna porta chiusa tra le tenebre di Infinity; nessun
deserto corroso dal tradimento e dalla soffocante pioggia di Tokyo: solo la
luce più accogliente e profonda.
E quando infine essa l’avvolse, e lei lo vide al suo fianco, gli prese la mano.
La prima volta che l’aveva visto, gli aveva chiesto chi fosse. Cercava Shaoran,
e cercava se stessa.
“Lo voglio”.
In quel momento, trovò entrambi – e, lasciando cadere ogni peso dalla sua
anima, sentì nell’amore il quieto sapore della quotidianità.
Be’, questa è tutta tua. Ogni singolo segnetto nero sulla schermata.
Per il resto, nulla da dire, se non long
live the clones.