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Autore: Edelweiss_    16/06/2011    1 recensioni
questa FF prende spunto dalla 'fabbrica di cioccolato' anche se la storia prende una piega diversa
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli Slipknot avevano pubblicato un nuovo album: ‘ All Hope Is Gone’ e con esso avevano indotto un concorso: in solo un CD era stato inserito un biglietto d’oro con scritti i termini del concorso, che consisteva nel trascorrere una giornata con gli Slipknot. Naturalmente io mi ero subito fiondata in un negozio di dischi, e, ovviamente, non avevo vinto. Ero una sfigata pazzesca, a volte mi chiedevo perché quando il destino inventava una nuova sfiga doveva provarle su di me. Non ci ero rimasta male, dopotutto me lo aspettavo … c’erano più di un milione di metallari al mondo, e io non ero sicuramente la più fortunata. Stavo lavando il mio piumone nella vasca da bagno, come facevo tutti gli anni quando arrivava l’estate, non è che non avessi i soldi per portarlo in lavanderia, semplicemente era un’abitudine che avevo acquistato da mia mamma; squillò il telefono e, come tutte le volte che quell’affare squillava, il mio gatto balzò giù dalla sedia e venne a strusciarsi contro le mie gambe. Mi aveva telefonato Helen, era il mio compleanno e io me ne ero dimenticata, era da quando mia madre era morta che non festeggiavo più un compleanno, mi rendeva triste ricordare quando io e lei sceglievamo la torta dal mio pasticcere preferito o quando insieme facevamo la lista degli invitati, che alla fine erano sempre circa 80 persone fra parenti, amici, amici dei parenti. Ma oggi Helen aveva organizzato una festa per me, io non ne capivo il motivo … compievo 34 anni, non 18; ma comunque ci sarei andata, per rispetto di chi l’aveva organizzata pensando a me e al fatto che dopo essere stata scaricata dal mio ragazzo 4 anni prima mi ero rintanata in casa come un boss mafioso. La festa era bellissima, i regali anche, ma c’era una cosa che non riuscivo a capire: perché aveva invitato il mio ex? Sapeva che avevamo litigato prima di lasciarci e che io non ero il tipo da ‘ restiamo solo amici ‘ … quando scartai i regali mi venne il magone: ricordavo quando da piccola giocavo a indovinare cosa contenessero i pacchetti. Comunque ero felice, mi piaceva stare in mezzo alla gente, nonostante di solito ero molto solitaria. Mi regalarono un po’ di tutto: da un libro a un completino (reggiseno e slip) sexy per … va beh … si è capito. Il mio ex mi aveva regalato una copia gold ( dvd + cd) di ‘all hope is gone’: era stato un pensiero carino … almeno i ricordava quali erano le cose a cui mi interessavo. Arrivai a casa e posai la borsa con i regali sul tavolo della cucina, guardai la lavagnetta appesa sotto l’orologio da muro … cazzo! Dovevo andare a fare la spesa, ormai erano le undici di sera e i negozi erano chiusi … non importava, ci sarei andata il giorno dopo. Decisi di chiudere in bellezza la serata e decisi di guardare il dvd che mi aveva regalato il mio ex: tolsi la carta, lo aprì e, come al solito mi appero a terra i libretti delle Lyrics; nel raccoglierli notai che c’era qualcosa di strano: aprì un libretto ed eccolo lì: il bigliettino d’oro. Prima mi accertai che fosse vero, poi di non stare sognando e infine mi misi a urlare e correre in giro per tutta la casa, una villa di due piani che riuscivo a mantenere grazie a mio padre che mi passava la sua pensione di invalidità (aveva avuto un incidente in Vietnam circa vent’anni prima e aveva perso l’uso di entrambe le gambe), e al mio lavoro da dentista in uno studio in centro a Milano. Lessi le istruzioni sul foglietto: 1) chiamare il numero 0399466897 [n. di telefono inventato, NdS]: lo feci e mi rispose una ragazza sui venti che mi chiese di fornirle i miei dati anagrafici 2) il giorno 30 giugno dovevo essere in America, Iowa, Des Moines, per le 10 di mattina: ok, forse era una cosa troppo da pazzi … dopotutto io avevo un lavoro e avevo calcolato 18 ore di aereo, ma io ero disposta a tutto pur di vedere i miei ‘Knot 3) potevo portare un amico, parente e obbligatoriamente genitore se ero minorenne: sarei andata da sola, non conoscevo molta gente a cui piacessero gli Slipknot e comunque non avevo voglia di girare per gli Sati Uniti con quella pazza di mia cugina Sarah. Il giorno dopo stampai un cartello con scritto :’ chiuso per motivi familiari dal 28.6 al 14.7 ‘ avevo calcolato qualche giorno per ambientarmi e fare qualche giro, e feci disdire gli appuntamenti che avevo fissato per quei giorni e avvisai mio padre che sarei stata in America per qualche giorno: gli dissi che dovevo partecipare a un meeting per discutere di dei nuovi impianti dentistici, sicuramente non mi avrebbe lasciato andare se gli avessi detto che andavo a incontrare gli Slipknot. Una settimana dopo ero seduta su un aereo in prima classe ascoltando sul mio i-pod le ultime canzoni degli ‘knot, ma non riuscivo a mantenere la calma e, dato che mi mancavano esattamente 17h e 12 minuti decisi di mettermi a leggere qualcosa: ricordavo di aver messo in bora (bagaglio a mano) un libro intitolato: ‘ il nome della rosa ‘ di Umberto Eco. Quel giorno avevo messo degli abiti comodi ma che rispettassero il mio stile, indossavo una maglietta degli Iron Maiden, un paio di jeans neri e un comodo paio di scarpe da tennis. Una volta arrivata in aeroporto vidi una macchina con un uomo appoggiato al cofano e un cartello con scritto Sophie Magistri, che ero io. Mi avvicinai e dissi in inglese che quella che cercava ero io: mi fece salire in una BMW nera e mi accompagnò in un Hotel a 5 stelle chiamato ’ Renaissance Des Moines Savery Hotel ‘ [esiste davvero, NdS] e mi fece accomodare in una camera con bagno con vasca idromassaggio, una camera con letto a baldacchino e un frigobar che conteneva le più svariate bibite e qualche pacchetto di noccioline. Decisi che l’indomani avrei esplorato l’hotel e avrei comprato una cartina di Des Moines, e che ora era meglio riposare un po’, magari dopo un bagno nella vasca idromassaggio e che dopo sarei andata a dormire. Svegliarmi fu abbastanza difficile, il fuso orario mi stava uccidendo: ma mi ci sari abituata, non era la prima volta che andavo in America. Mi svegliò il cameriere che portava la colazione in camera: cappuccino con croissant al cioccolato e un succo di frutta: divorai tutto sapendo che, probabilmente, a pranzo non avrei mangiato niente. Mi vestì: stavolta decisi di vestirmi in modo formale, un tailleur celeste con una camicia bianca e delle scarpe modello Chanel bianche: non mi vestivo mai così, ma volevo fare bella figura in quell’albergo. Iniziai la mia esplorazione dell’hotel leggendo un de coupon con una piantina dello stabile: al terzo piano c’erano le sale con le saune e le stanze per i massaggi, sulla terrazza in cima all’albergo c’era una piscina: non ci sarei andata, probabilmente era piena di bimbetti indisciplinati che schizzavano acqua e che non ti permettevano di prendere il sole in sacrosanta pace; al quarto piano c’era un solarium e un beauty center: mi diressi lì: volevo apparire in forma smagliante, il giorno dopo. Mi feci fare la ricostruzione delle unghie delle mani facendomi mettere uno smalto nero con la frech e un teschietto sull’unghia del pollice. Dopo di che mi feci applicare una maschera ai cetrioli e mi feci fare un massaggio. Era mezzogiorno e mezza e io avevo appena finito di rilassarmi in hotel: decisi di andare a mangiare qualcosa. Come avevo previsto il menù non mi attirava molto, non avevo fame, ma decisi comunque di prendere una bistecca ai ferri e un’insalata accompagnata da un vino rosso abbastanza caro e molto buono: dopotutto le spese venivano accollate alla ’ roadrunner records ‘. Nel pomeriggio decisi di uscire e di fare un giro in città, presi una cartina nella Hall dell’albergo e iniziai a girare per la città. Rientrai verso le otto di sera e decisi di mangiare solo un’insalata e di bere semplicemente acqua. Andai a dormire verso le dieci dopo aver guardato un po’ la televisione.
  
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