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Autore: ChelseaH    16/06/2011    2 recensioni
In realtà era strano vederlo così scatenato con musica come quella di sottofondo, Timo era più tipo da Samy Deluxe o Linkin Park, non certo remix assurdi di Born this way di Lady Gaga ma il ragazzo stava passando una sorta di crisi adolescenziale in quel periodo, poco importava che avesse ventitré anni suonati e andasse anzi per i ventiquattro.
Timo ha deciso di trasferirsi a Berlino dopo che lui e i suoi ex compagni di band hanno apparentemente preso strade differenti. Ora è mpegnato a leccarsi le ferite di una storia ormai finita con Lena, che attualmente esce con un certo Caspar, e a prendersi cura di Zoey - la coinquilina che considera come una sorella - che da troppa confidenza a sconosciuti chiamati Max. Ma dov'è finito l'inseparabile David? E gli altri suoi amici?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Non conosco i Panik non mi appartengono, con questa storia non intendo dare rappresentazione reale dei loro caratteri e / o comportamenti ne tantomeno lucrarci sopra.


NOTE INIZIALI: L'avvertimento "AU" l'ho messo solo in quanto in questa storia i Panik non sono mai diventati famosi. Inoltre la fic, pur essendo incentrata su di loro, ha come special guest star gli Empty Trash, un'altra band tedesca anch'essa scioltasi più di un anno fa ormai, il cui leader Max Buskohl è diventato "famoso" più che altro per la partecipazione a Deutchland sucht den Superstar, un reality tipo American Idol, X-Factor ecc. ecc. ecc. I due ET che verranno maggiormente citati nella storia sono per l'appunto Max - il cantante - e Julius - il bassista.

Il Magnet Club in cui è per lo più ambientato questo primo capitolo è un locale berlinese che esiste davvero, quello che va per la maggiore in quanto a concerti e simili (tipo il nostro Alcatraz milanese per intenderci). E credo sia tutto per questo primo capitolo!

Ah… ovviamente la storia non è Timo-centrica, date tempo al tempo xD


Uh, e quasi dimenticavo! Love, hope and strenght è il titolo dell'omonima canzone dei The Black Pony, una band tedesca fresca fresca di Bester Durchstarter all'ultima edizione dei Comet!


Love, hope and strenght.

01. Vodka, Lady Gaga e incontri casuali.

Il caldo era soffocante quella sera al Magnet Club, un locale distante poche fermate di metropolitana da Alexanderplatz e dal cuore pulsante di Berlino. Zoey non capiva come mai dovessero passare la maggior parte delle loro serate lì, a prescindere da chi si esibiva sul palco o da quali dj si alternavano alla console, come se la capitale tedesca non offrisse nient’altro.

Sbuffò, passandosi distrattamente la mano fra i capelli castano scuri e alzandosi sulle punte per riuscire a vedere al di sopra della marea di teste danzanti che affollavano la pista da ballo, alla disperata ricerca dell’unica testa che voleva vedere, ma con scarsi risultati.

“Cerchi qualcuno?” una voce divertita alla sua destra la fece voltare di scatto.

“Razza di-“ iniziò a dire rivolta al ragazzo moro che le si era parato di fronte ma venne interrotta dallo stesso che la prese per un braccio trascinandola in mezzo alla pista e mettendosi a ballare.

Timo Sonnenschein, il suo coinquilino nonché responsabile di tutte quelle serate inutili passate a sudare dentro a quelle quattro mura.

“Perché la prossima volta non esci con Lena?” gli urlò all’orecchio avvicinandosi al ragazzo che le cinse i fianchi con le mani attirandola a sé.

“Perché Lena non è esattamente la mia migliore amica.” le rispose.

“Nemmeno io lo sono.” gli fece notare ma il ragazzo aveva già ripreso a ballare come se nulla fosse.

In realtà era strano vederlo così scatenato con musica come quella di sottofondo, Timo era più tipo da Samy Deluxe o Linkin Park, non certo remix assurdi di Born this way di Lady Gaga ma il ragazzo stava passando una sorta di crisi adolescenziale in quel periodo, poco importava che avesse ventitré anni suonati e andasse anzi per i ventiquattro.

“Vado a prendere da bere.” gli disse dopo un po’, lasciandolo da solo in mezzo a quel mare di persone e avviandosi verso il bancone del bar. Non fece a tempo a sedersi su uno degli alti sgabelli mentre attendeva che il barista si girasse verso di lei, che una ragazza dai lunghi capelli le andò incontro sorridendo e le si sedette vicino.

“Zoey!” esclamò sporgendosi dalla sedia per darle i classici tre baci sulla guancia.

“Lena...” sospirò Zoey. Non che non le facesse piacere vedere l’amica ma la presenza della ragazza e Timo nello stesso posto allo stesso momento, poteva essere potenzialmente un problema. Non fece a tempo a elaborare quel pensiero che un ragazzo alto, moro e ricciolino raggiunse Lena passandole un braccio intorno al collo e baciandola. Per fortuna Zoey non aveva ancora ordinato o sarebbe potuta affogare nel suo drink mentre osservava la scena e si rendeva conto di quanto poco vestita fosse l’amica, quanto fosse esageratamente truccata e quanto fosse... bionda. Da quanto non vedeva Lena? Due settimane, forse tre? Quattro magari? Si prese la testa fra le mani, Timo in crisi adolescenziale era un conto, ma anche Lena?

“Zoey, questo è Julius.” le disse Lena indicando il ragazzo, che prontamente allungò una mano verso di lei.

“Julius Caspar Murke.” si presentò.

Caspar? Seriamente? Zoey allungò a sua volta la mano senza riuscire a proferire parola.

“Zoey Hoffmann. – disse per lei Lena – Bene Zoey, noi andiamo a ballare.” aggiunse poi, sparendo con Caspar ancora prima che lei potesse proferire parola.

Ballare.

Ballare avrebbe portato Lena esattamente fra le braccia di Timo perché non importava quante persone affollassero il locale, la pista da ballo era troppo contenuta perché quei due potessero rimanere l’uno all’oscuro della presenza dell’altra e viceversa.

“Cosa ti do?” le chiese in quel momento il barista risollevandola dalle immagini di devasto e distruzione che si stavano formando nella sua mente.

“Una vodka lemon... no... liscia... doppia... tripla... quadrupla se esiste.” sospirò Zoey disperata chiedendosi perché, con tutti i locali di cui era provvista Berlino, Lena e quel Caspar avessero deciso di venire a ballare proprio lì.

“Sicura?” domandò l’uomo alzando un sopracciglio non troppo convinto.

“Sicurissima.” rispose lei resistendo all’impulso di scappare via prima dell’apocalisse, buttando giù tutto d’un fiato la vodka doppia che il barista le mise davanti e affrettandosi a chiedere un bis che diventò presto un tris.

“Un’altra.” disse mezz’ora abbondante dopo, strascicando le parole e lanciando occhiate preoccupate alla pista cercando di ricordare cosa la stesse preoccupando così tanto.

“No.” replicò con fermezza l’uomo dietro al bancone.

“Come?!” chiese Zoey indignata.

“Stai esagerando.” ripose semplicemente l’altro.

“Il tuo lavoro è servirmi da bere. Vodka!” esclamò la ragazza battendo un pugno sul tavolo con convinzione ma il gesto le fece perdere l’equilibrio e quasi cadere dalla sedia.

Guardò verso il basso, il pavimento iniziava a sembrarle oltremodo lontano.

“Vodka!” ripeté, con un po’ meno di decisione nella voce, mentre un senso di vertigine si impadroniva di lei.

“Hey attenta!” solo quando un ragazzo la prese saldamente fra le braccia, Zoey si rese conto di essere definitivamente scivolata dalla sedia.

“Portala a prendere una boccata d’aria prima che si senta male sul serio.” disse il barista all’indirizzo del nuovo arrivato, come se lo conoscesse bene.

“Oooookay capo!” esclamò questo rafforzando la presa su di lei e conducendola gentilmente lontano dal bancone.

“Mi gira la testa.” si lamentò Zoey, mentre in qualche parte remota del suo cervello una vocina gridava che non era bene farsi portare in giro dagli sconosciuti.

“Vedrai che ti sentirai subito meglio ora. - cercò di confortarla lui quando oltrepassarono una porta nascosta poco lontana dall’area bar e l’aria fredda della notte li investì in pieno – Respira profondamente.” le consigliò dando l’esempio ma Zoey venne assalita da un conato di vomito improvviso. E fortuna che si sarebbe dovuta sentire subito meglio, pensò mentre riversava l’anima all’angolo di una strada deserta, sul retro di un locale e con uno sconosciuto che si stava prendendo la libertà di tenerle i capelli tirati all’indietro per non farla sporcare.

Dannato Timo, dannata Lena, dannata vodka.

“Comunque io sono Max.” le disse il ragazzo allungandole un fazzoletto di carta e facendola sedere sul ciglio di un marciapiede poco lontano.

“Z-z-zoey.” balbettò lei rendendosi conto di star sudando freddo.

“Non sei molto abituata a bere eh?” suonava più come un’affermazione che una domanda, ma Zoey scosse comunque la testa.

“Non ti preoccupare, passa in fretta.” le disse sorridendo, passandole un braccio intorno alle spalle e strofinandole un braccio con la mano, cercando di scaldarla un po’.

“Puoi portarmi a casa?” gli chiese, del tutto dimentica che Max fosse un completo estraneo e pensando solo a quanto avrebbe voluto chiudere gli occhi, al caldo sotto il suo piumone.

“Certo Zoey.”


***


Timo era nero di rabbia, o forse definirlo nero di rabbia sarebbe stato un eufemismo.

Già gli piaceva poco uscire con qualcuno per divertirsi e poi venire abbandonato dal suddetto qualcuno per un drink ma, quello che gli piaceva ancor meno, era scoprire che – sempre suddetto qualcuno – era sparito – sparita – con uno sconosciuto dopo aver buttato giù alla goccia tre giri o forse quattro di vodka liscia. Tutte informazioni che aveva ricevuto dal barista, questo ovviamente dopo essere incappato nell’ultima persona sulla faccia della terra nella quale avrebbe voluto incappare, ovvero Lena Listing, ed essere scappato al bancone del bar alla disperata ricerca della spalla amica di Zoey sulla quale piangere, spalla che era sparita con chissà chi.

Sì, Timo era decisamente nero di rabbia.

Così si era lasciato il Magnet alle spalle e aveva composto a memoria il numero di Zoey mentre si dirigeva verso la più vicina fermata della metropolitana. Al secondo squillo la chiamata venne presa e una voce che proprio non era quella dell’amica rispose.

“Pronto?”

“E tu chi cazzo saresti?” lo aggredì Timo, senza nemmeno accertarsi di aver composto il numero correttamente.

“Mmm, potrei farti la stessa domanda. – replicò la voce con tono piuttosto seccato. – Comunque suppongo tu sia Timo.” aggiunse.

“Ripeto, chi cazzo sei?” la pazienza di Timo si stava decisamente esaurendo, accompagnata da un leggero senso di disagio e preoccupazione all’idea di Zoey sola con uno sconosciuto che si permetteva perfino di rispondere al suo cellulare.

“Max.” si limitò a rispondere la voce all’altro capo. Lo stava prendendo in giro? Sul serio pensava di sbrigarsela buttando fuori un nome?

“Passami Zoey.” gli intimò.

“Dorme.”

“Che vorrebbe dire che dorme?!” Timo era incredulo.

“Dorme.” ripeté l’altro.

“Dove?” chiese minacciosamente Timo, decidendo che era meglio optare per un taxi e andare a recuperare Zoey, ovunque si fosse cacciata.

“Nel suo letto... l’ho appena riportata a casa, non c’è bisogno di scaldarsi così tanto... anzi, potresti anche ringraziarmi per essermi preso cura di lei quando si è sentita male.” sbuffò Max prima di riappendere e lasciare Timo a fissare con basimento e preoccupazione crescenti il cellulare ormai muto, e rifiutandosi di contemplare i vari significati dell’espressione essermi preso cura di lei. Senza ulteriore esitazione si buttò in mezzo alla strada fermando di prepotenza il primo taxi di passaggio e indirizzandolo verso l’appartamento che divideva con Zoey.

Si era trasferito a Berlino da Neumünster ormai da più di un anno e per un po’ di tempo aveva abitato da solo godendosi quella novità, dopo aver condiviso per anni ogni momento della sua vita con degli amici che erano stati anche dei compagni di band ma che ormai avevano preso strade diverse dalla sua. Presto però aveva dovuto fare i conti con un portafoglio che non riusciva a stare al passo con le sue spese e si era deciso, seppur a malincuore, a cercare un coinquilino. Sempre meglio che doversene tornare a Neumünster, aveva pensato. Dopo aver vagliato diversi pretendenti al secondo posto letto offerto dal suo modesto appartamentino nel cuore di Neukölln, si era ritrovato a puntare tutto su una ragazza amburghese che gli aveva chiesto informazioni tramite mail e che gli era andata a genio a pelle, per motivi che non avrebbe saputo spiegare: Zoey Hoffmann. Sulle prime la sua ragazza dell’epoca, Lena – quella Lena – si era opposta all’idea che lui convivesse con una persona del sesso opposto diversa da lei, ma poi lei e Zoey avevano legato seduta stante e Lena aveva impiegato pochissimo a far evolvere il loro rapporto da quello di potenziali rivali in amore a quello di amiche. E ora erano sette mesi che conosceva Zoey e viveva con lei, e in quel lasso di tempo aveva imparato a volerle bene come a una sorella e, di conseguenza, a preoccuparsi per lei da bravo fratello acquisito quale si considerava. Andava da sé che quando finalmente il taxi si fermò di fronte all’edificio nel quale abitavano, impiegò meno di trenta secondi per pagare e precipitarsi su per le scale, facendo irruzione in casa come se dovesse salvare una donzella indifesa da un incendio o, peggio, da un tizio di nome Max.

L’appartamento era silenzioso e buio e, con suo sommo stupore, trovò Zoey profondamente addormentata – e sola – nel proprio letto. Un po’ pallida ma apparentemente in perfette condizioni fisiche. Tirò un sospiro di sollievo sentendosi un po’ stupido ad essersi preoccupato per niente ma prendendo allo stesso tempo nota mentalmente di farle una bella ramanzina la mattina dopo. Poi, rifiutandosi di rimuginare ulteriormente su quanto accaduto e sugli incontri sgradevoli fatti al Magnet, si tolse le scarpe e si buttò ancora vestito sotto alle coperte con lei.


***


Lena si stava spazzolando i lunghi capelli biondi seduta sul letto della sua stanza, mentre lasciava che le lacrime le scendessero libere lungo le guance. Aveva accettato di andare al Magnet con Julius e i suoi amici solo perché era sicurissima di non fare incontri di alcun tipo. Sapeva che Timo e Zoey frequentavano quel locale, ma era convinta ci andassero solo in occasione di determinati concerti e quella serata – un normalissimo dj set da discoteca – avrebbe dovuto essere abbastanza sicuro. E invece aveva capito che non lo era affatto nell’esatto istante in cui aveva adocchiato Zoey seduta al bancone del bar, e se Zoey era lì di sicuro lo era anche Timo dato che la ragazza a Berlino non aveva ancora avuto modo di farsi nuovi amici nonostante ci abitasse ormai da mesi e mesi. Voleva bene a Zoey ma stare con lei le ricordava Timo ed era questa la ragione per la quale aveva evitato l’amica negli ultimi tempi, semplicemente non voleva pensare a Timo. Si era perfino ossigenata i capelli per diventare l’esatto opposto di ciò che piaceva a quel ragazzo, al ragazzo che le aveva spezzato il cuore e a cui lei aveva spezzato il cuore e, a distanza di un mese e mezzo dalla rottura, ancora non riusciva a capacitarsi di come fosse successo. Un giorno stavano insieme ed erano una coppietta felice e contenta, con i loro alti e bassi come qualunque altra coppia di ragazzi della loro età, ma comunque stavano bene insieme. Il giorno dopo erano due perfetti estranei.

Aveva tentato di colmare quel vuoto e mettere una pezza a quel dolore uscendo con vari ragazzi ma nessuno le aveva fatto provare nulla di meritevole di essere provato, fino a quando aveva conosciuto Julius qualche settimana prima. Non che si fosse accesa una scintilla o qualcosa di simile, ma Julius sembrava un bravo ragazzo e di sicuro si divertiva molto con lui e anche i suoi amici le piacevano parecchio, quindi si era detta perché non provare?

Ma rivedere Timo... chissà se si era accorto che i suoi capelli non erano più del loro classico castano scuro o del ragazzo ricciolino con il quale stava ballando. Non avrebbe saputo dirlo, lo sguardo di Timo si era posato su di lei e si era subito distolto nell’esatto momento in cui l’aveva riconosciuta. Poi il ragazzo era scomparso in mezzo alla folla.



   
 
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