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Autore: Hotaru_Tomoe    05/03/2006    18 recensioni
L'amore tra Imhotep e Anck Su Namun è eterno e più forte della morte.
Il mio finale de "La mummia - Il ritorno".
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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PICCOLO AVVISO = Questa fiction è una versione alternativa del finale di “La mummia – Il ritorno” e per correttezza devo avvisarvi che sarà leggermente SPOILER per chi non ha visto il film. Quindi se non volete rovinarvi la sorpresa, siete avvertiti -_^
Il titolo è ovviamente ispirato alla bellissima canzone degli Evanescence e la fiction è nata dalla mia insoddisfazione per il finale del film, quando Anck Su Namun fugge senza aiutare Imhotep. D’accordo che loro due sono i cattivi e quindi devono finire male, però quando ho visto quella scena, mi sono cadute le braccia. Ma come? Il loro è un amore romantico e maledetto, che ha attraversato i secoli: nel primo film lei non ha esitato a uccidersi, per dargli il tempo di sfuggire alle guardie del Faraone, confidando che lui l’avrebbe riportata in vita. Nel secondo film lei cerca di impedirgli di lottare contro il Re Scorpione, dicendo che non vuole perderlo ancora. E cinque minuti dopo che fa? Se la da a gambe e lo abbandona. Logico, no? No, appunto -_- l’ho trovato un comportamento totalmente OOC e mi incavolo ogni volta che ci penso (sono da ricovero, lo so da me XD ) perciò, ecco il mio personalissimo finale ^__^ … enjoy!



MY IMMORTAL

La gigantesca piramide di Ahm Shere fu scossa una prima volta nella profondità delle sue fondamenta. Piccoli frammenti di roccia e una fine sabbia caddero a terra. Un rumore basso e sordo, come il ruggito di un leone ferito, risuonò per i corridoi vuoti, rimbombando sinistramente. Anck Su Namun si appoggiò a un muro per non perdere l’equilibrio e deglutì nervosamente. Sentiva un’ansia crescente dilagare nel suo cuore, un presagio di sciagura.
Dal momento in cui Anubi aveva tolto a Imhotep i suoi poteri, perché affrontasse il Re Scorpione da solo, aveva avuto la sensazione che qualcosa sarebbe andato storto e che era meglio lasciar perdere tutto.
L’aveva supplicato di abbandonare l’impresa e fuggire, ma lui non l’aveva ascoltata. Il suo orgoglio aveva avuto il sopravvento ed era corso incontro al suo destino. Ma in fondo non l’amava anche per questo? Per il suo carattere forte e deciso? Sì.
Mentre cercava di orientarsi negli stretti corridoi della piramide (che in quel momento le sembrava un soffocante labirinto), Anck Su Namun ricordò la prima volta che aveva incontrato Imhotep, tremila anni or sono.

Suo padre, contadino di Phile con dieci figli da sfamare, l’aveva venduta ad un mercante di schiavi berbero, perché fin da giovanissima, Anck Su Namun si era rivelata una bellezza rara e meravigliosa, che nemmeno una vita di stenti e lavoro nei campi di grano sulle rive del Nilo era riuscita a fiaccare. E la bellezza veniva pagata a peso d’oro a quei tempi. Dal momento in cui era salita sul carro del mercante diretto alla capitale Tebe, la giovane aveva capito che la sua vita finiva lì: d’ora in poi sarebbe stata solo l’oggetto del desiderio o del capriccio momentaneo di qualche nobile vecchio, ricco e annoiato. Niente più fantasie di bambina sul matrimonio e sull’amore, niente più pomeriggi trascorsi con le amiche ad immaginare l’arrivo di un uomo speciale, che d’improvviso ti fa battere il cuore e cancella il resto del mondo con la sua sola presenza.
Non sarebbe mai stata libera di innamorarsi, di scegliere la persona con cui trascorrere la vita, non sarebbe stata libera nemmeno di scegliere come vestirsi. “Non è giusto!” un’ondata di collera e rancore invase il suo cuore e Anck Su Namun nascose il capo sulle ginocchia e pianse lacrime amare pensando al destino che l’attendeva.
Chiunque, giudicando la sua situazione dall’esterno, avrebbe detto che era stata estremamente fortunata: dalla sua misera capanna di fango a Phile direttamente all’interno del palazzo imperiale del faraone Seti I. Infatti, poche ore dopo il suo arrivo a Tebe, era stata scelta da uno scriba del faraone, che era andato al mercato appositamente per trovare delle nuove concubine.
Ma Anck Su Namun non si sentiva affatto una donna fortunata e, mentre il pesante portone del palazzo si chiedeva alle sue spalle, la donna pensò “Sono in trappola.”
Era estate ed il viaggio era stato estremamente faticoso. Il mercante aveva lesinato alle donne acqua e cibo, il carro era scomodo, sobbalzava di continuo e Anck Su Namun non era riuscita a chiudere occhio. Ora che il suo destino era compiuto, la tensione che l’aveva tenuta in piedi fino a quel momento, si allentò di colpo, lasciando il posto ad una cupa rassegnazione. Ebbe la strana sensazione che i preziosi mosaici del palazzo si muovessero sotto i suoi piedi e le alte colonne ondeggiassero “Sto per svenire… cadrò…”
E invece non cadde. Qualcuno la sostenne con forza, ma anche con estrema delicatezza, passandole un braccio attorno alla vita e stringendola a sé. Anck Su Namun aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu una preziosa veste di seta nera, elegantemente posata sul possente torace di un uomo; lentamente alzò lo sguardo, fino ad incontrare un viso così bello che si domandò se non fosse stata salvata dal dio Osiris in persona: occhi scuri e penetranti, labbra piene e carnose, mascella volitiva, pelle bronzea e priva di difetti. “Attenta!” la voce dell’uomo era bassa, calda, sinceramente preoccupata per lei e suonava come una dolce melodia alle sue orecchie; diffuse in tutto il suo corpo un calore mai sperimentato prima, che fece arrossire le sue guance esangui. Un istante. Le bastò un solo istante per innamorarsi perdutamente di lui.
“Dea Isis, ti scongiuro, fa che sia lui il Faraone, fa che sia lui l’uomo con cui passerò il resto della mia vita.” questo pensò Anck Su Namun con tutte le sue forze.
“Sommo Imhotep, state bene?” chiese lo zelante scriba.
Una fitta di dolore strinse il cuore della donna: l’uomo si chiamava Imhotep, dunque non era lui il faraone. Certo, sarebbe stato troppo bello. Anck Su Namun si accorse che non riusciva più a distogliere lo sguardo da quei magnetici occhi neri. E non andava bene: la gente attorno a loro avrebbe trovato sicuramente da ridire… però… nemmeno lui distoglieva lo sguardo e sembrava ammaliato e ipnotizzato quanto lo era lei. Possibile? O era solo una sua ennesima e sciocca fantasia?
“Io sto bene, ma questa donna ha bisogno di cure immediate.” disse Imhotep con tono imperioso.
“Ma – ma io devo presentarla a Seti!” protestò lo scriba.
“Amenophis, costei è chiaramente disidratata e non si regge in piedi. Non è in grado di fare altro che riposare. E poi ora il Faraone è in riunione con i suoi ministri, non potrebbe riceverla comunque.” tagliò corto.
“Ah… in questo caso faccio chiamare delle schiave perché si occupino di lei.”
“Non occorre. La curerò personalmente.”
Il cuore di Anck Su Namun ebbe un nuovo sobbalzò e sentì di essere arrossita ancora di più, mentre Amenophis protestava “Ma… ma… sommo Imhotep!”
“Spiegherò personalmente l’accaduto a Seti. D’altronde sarà ben contento di sapere che una delle sue concubine è affidate alle cure del Sommo Sacerdote, nonché medico di corte, non credi?” Così Imhotep liquidò il petulante scriba, passò il braccio libero sotto le ginocchia di Anck Su Namun e la sollevò tra le sue braccia forti.
Anck Su Namun era sudata, in disordine, puzzava ed era sporca di sabbia e fango a causa del lungo viaggio, avrebbe insozzato la sua veste sacra, ma Imhotep non ci badò minimamente e la strinse a sé. “Come ti chiami?”
“A… Anck Su Namun.” mormorò.
Imhotep le sorrise dolcemente “Non preoccuparti, avrò cura di te.” e lei, sentendosi protetta e al sicuro, abbandonò la testa sul suo braccio.

Imhotep fu il suo primo uomo, si concesse a lui prima di diventare la favorita di Seti. Da sempre era l’unico amore della sua vita. Le loro anime erano una cosa sola, il tempo non aveva minimamente intaccato i loro sentimenti; il mondo attorno era cambiato in tutto, ma il loro amore era sopravvissuto, immutato e ardente come un tempo. “Non ti perderò di nuovo, amore mio.” pensò Anck Su Namun inoltrandosi nel ventre della piramide.
Delle urla disumane e delle voci concitate l’aiutarono a capire dove dirigersi. In fondo al corridoio si apriva una enorme sala, quella dove il Re Scorpione era rimasto addormentato per cinquemila anni.
La visione che si presentò ai suoi occhi era così terrificante che il suo corpo si pietrificò sulla soglia della sala. Una creatura enorme e mostruosa stava appesa al soffitto; il suo corpo per metà era umano, per l’altra metà era un gigantesco scorpione, dotato di affilate chele, con le quali al momento stava facendo a pezzi il curatore del British Museum. “E Imhotep vorrebbe affrontare quel mostro? Non ce la farà mai!”
I suoi occhi vagarono per la sala alla ricerca del suo amato e sospirò di sollievo vedendolo sano e salvo. In un altro angolo la reincarnazione della Principessa Nefertiri stava soccorrendo l’uomo chiamato Rick O’Connell, da un’altra parte il bambino e il fratello di Nefertiri stavano armeggiando con lo scettro di Osiris.
Soddisfatto del suo lavoro, il Re Scorpione si guardò attorno e fissò il suo sguardo su Imhotep: “Ho appena deciso che non mi occorre un servitore.” disse in egiziano antico, e si scagliò verso di lui.
Imhotep afferrò una pesante scure e fece un balzo indietro, schivando la chela del mostro. Poi lo colpì con forza; il Re Scorpione indietreggiò di alcuni passi e controllò i danni: aveva riportato solo un piccolo graffio, la sua corazza era molto resistente. La creatura gli rivolse un sorriso di scherno e tornò all’attacco.
“Se solo avessi i miei poteri lo ucciderei in un istante.” Dubitava che, nelle sue condizioni attuali, avrebbe potuto fare qualcosa per fermarlo, ma doveva comunque tentare, perché altrimenti il Re Scorpione si sarebbe scatenato e avrebbe ucciso la sua amata. Lo colpì nuovamente con l’ascia, provocandogli ancora pochi danni; un paio di volte le chele della creatura si chiusero a vuoto a pochi centimetri da lui. Improvvisamente, mentre cercava di schivarle, l’enorme scorpione lo colpì a tradimento con la coda, sbattendolo a terra e facendo rotolare lontano l’ascia. Imhotep cercò di rimettersi in piedi, ma l’ennesima scossa di terremoto gli fece perdere l’equilibrio. Lo scorpione avanzò lentamente, consapevole della vittoria, la sua enorme ombra incombente e minacciosa su di lui, la coda alzata e pronta a trafiggerlo. Rassegnato, Imhotep chiuse gli occhi, attendendo il colpo fatale.
Colpo che non arrivò mai. Sentì invece un liquido caldo e denso colargli sulla guancia e un odore di rame penetrargli le narici. Riaprì gli occhi e vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere: senza alcuna esitazione Anck Su Namun si era frapposta tra lui e lo scorpione e gli aveva fatto da scudo. Era stata trafitta all’altezza dell’addome – ironia della sorte, proprio il punto dove poco prima aveva accoltellato la reincarnazione di Nefertiri.
“NOOOOOO!!!!” gridò con tutto il fiato che aveva, con tutte le sue forze, fino a sentir male alla gola. Gridò per negare l’orrore di quella scena, come a volerla cancellare dai suoi occhi e dalla realtà.
Lo scorpione ritrasse l’aculeo e Anck Su Namun si accasciò al suolo, tra le braccia di Imhotep.
“Non temere. La raggiungerai presto…” il Re Scorpione si preparò ad ucciderlo, quando delle urla di giubilo alle sue spalle lo fecero voltare.
“Rick! Ehi Rick guarda, ce l’ho fatta!!!” Tutto felice Jonathan agitava lo scettro di Osiris, che finalmente era riuscito a tramutare in una lancia. Tuttavia la sua espressione di trionfo si mutò rapidamente in orrore, quando vide la creatura perdere interesse per Imhotep e fissare con odio l’unica arma di questa Terra in grado di ucciderlo. Jonathan lanciò un grido e iniziò a passarsi freneticamente la lancia da una mano all’altra, come se scottasse.
“Jonathan, lanciamela!” gli urlò Rick e l’uomo fu ben felice di accontentarlo. Poi afferrò il braccio di Alex e scappò via. Così facendo, ad Alex sfuggì di mano il Libro dei Morti che aveva con sé, che cadde in un profondo crepaccio “Oh oh... zio Jonathan…” disse il ragazzino
“Nah, non importa Alex – lo consolò Jonathan – te ne comprerò un altro. Ora filiamocela.”
Rick scagliò la lancia con rabbia contro il mostro: “Va’ all’inferno e porta con te tutti i tuoi amici!” Il Re Scorpione si dissolse in una nuvola di fumo nero e così accadde anche all’esercito di Anubi che stava per assalire i Medjai nella pianura.
Evelyn aiutò Rick ad alzarsi. Una nuova, potente scossa di terremoto squarciò il pavimento della piramide, aprendo profondissimi crepacci, nei quali si intravedevano fiumi di lava ed orrende creature che si contorcevano: era un abisso spalancato sull’aldilà. Velocemente i due avventurieri uscirono dalla sala e si affrettarono ad abbandonare l’edificio ormai pericolante.

In tutto questo caos, nessuno aveva notato Imhotep. Incurante di quello che gli accadeva attorno, era rimasto tutto il tempo chino su Anck Su Namun, che stava lentamente morendo tra le sue braccia. La ferita era profonda e i suoi vestiti erano ormai zuppi di sangue. Le carezzò il viso ed i lunghi capelli corvini, mentre le lacrime si affacciarono sui suoi occhi dopo un tempo immemorabile. “Anck, mio unico amore, mia principessa, apri gli occhi. Ti scongiuro: guardami.”
Faticosamente, Anck Su Namun rispose al suo richiamo. Era strano: ricordava di essere stata trafitta dal Re Scorpione, eppure non provava alcun dolore, il suo corpo era insensibile… che buffo. Era solo molto, molto stanca e aveva una gran voglia di dormire, ma Imhotep la stava chiamando. Aprì gli occhi e se lo trovò di fronte “Imhotep, non piangere.” Con un grande sforzo, alzò il braccio e gli passò la mano davanti al viso, nel loro antico gesto d’amore. Imhotep le prese la mano con la sua e ne baciò il palmo con affetto “Perché lo hai fatto, Anck Su Namun? Perchè non sei fuggita, mettendoti in salvo?”
Anck Su Namun sorrise: “Te l’ho detto: non volevo perderti ancora. Io ti amo più della mia stessa vita.”
“Anch’io ti amo e voglio vivere con te. Perciò fatti forza, non lasciarmi solo di nuovo. Resisti!”
“Mi… mi dispiace… io vorrei, ma…” Anck Su Namun chiuse gli occhi ed esalò l’ultimo respiro.
Imhotep l’abbracciò forte e lasciò che le lacrime scorressero liberamente, dando sfogo al suo dolore. Il Libro dei Morti era andato perduto e non avrebbe potuto resuscitarla mai più. E a lui non importava più di niente, né di vendicarsi degli O’Connell, né di conquistare il mondo con l’armata di Anubi. “Se avessi conquistato il mondo, te l’avrei offerto in dono. L’avrei fatto solo per te, mia Anck Su Namun, per te avrei conquistato il sole e tutte le stelle del cielo, solo per te…”
Ormai era tutto finito. Mentre attorno a lui grossi blocchi di pietra si staccavano dal soffitto e le architravi crollavano a terra, Imhotep si sedette col corpo di Anck Su Namun in grembo e continuava a parlarle con dolcezza, aspettando pazientemente di poterla raggiungere nell’aldilà.
Improvvisamente davanti a lui si materializzò una imponente figura avvolta in una fulgente luce dorata: indossava abiti regali dell’antico Egitto ed aveva fattezze canine. Imhotep si schermò gli occhi con una mano “Dio Anubi, sei tu? Sei venuto a prendermi per il giudizio finale?”
“No – la voce del dio suonò solenne e profonda – sono venuto a restituirti questi.” Sollevò una zampa e sopra di essa apparve una sfera di luce bianca. “Sono i tuoi poteri. Te li ho sottratti solo per il combattimento con il mio guerriero e visto che lui è stato distrutto, non ha più senso che io li conservi, perciò te li rendo.”
Imhotep scosse la testa: “Non li voglio. Senza di lei, nulla ha più senso ed io sono stanco di essere solo.”
“Con i tuoi poteri potresti salvarti, invece se resti ancora qui morirai, ne sei consapevole? E’ davvero questo quello che vuoi?”
“L’unica cosa che vorrei è che Anck Su Namun fosse ancora viva. Vorrei che mi guardasse con i suoi bellissimi occhi, che mi incantasse con la sua voce, che mi rendesse schiavo con i suoi baci. Non desidero altro.”
Anubi si avvicinò incuriosito al sacerdote: “Il tuo amore è dunque così grande? Questi poteri ti permetterebbero facilmente di regnare sul mondo intero e tu saresti pronto a rinunciarvi per una donna?”
“Mio Signore, non per una donna qualsiasi, ma solo per lei, la mia unica compagna e ragione di vita.”
“In questo caso… – Anubi fece sparire la sfera di luce e la sostituì con una fiammella dorata – Sai cos’è questa?”
Imhotep scosse la testa lentamente.
“E’ la vita di questa donna. Sei disposto a barattarla in cambio dei tuoi poteri? Bada bene che se accetti, sareste costretti a vivere come normali esseri umani e un giorno morirete comunque.”
Un sorriso incredulo si allargò sul viso del sacerdote: “Ogni secondo vissuto insieme sarà come una pietra preziosa e quando vorrai chiamarci a te, lo accetteremo.”
“Così sia.” sentenziò Anubi e soffiò la fiammella verso il corpo di Anck Su Namun. “Presto tornerà alla vita, ma conviene che ti affretti ad uscire, o rimarrete sepolti ad Ahm Shere.” Detto questo Anubi scomparve.
Senza pensarci due volte, Imhotep si caricò la sua compagna sulle spalle e iniziò a correre disperatamente verso l’uscita, evitando tutto ciò che crollava e le voragini che si aprivano nel pavimento, inghiottendo ogni cosa. Non era abituato ad essere umano: il costato gli doleva per lo sforzo, le ferite riportate durante il combattimento col Re Scorpione bruciavano, aveva la gola secca ed il respiro affannoso, ma strinse i denti e non rallentò nemmeno per un secondo: a costo di farsi scoppiare il cuore, sarebbero usciti da lì. E poi, come un miraggio, apparve l’uscita, inondata dalla calda luce del meriggio. Con un ultimo sforzo Imhotep raggiunse lo spiazzo di fronte alla piramide e si voltò a contemplarne la rovina. D’improvviso udì un debole lamento ed un delicato respiro sfiorare il suo collo sudato. Velocemente posò a terra il suo amore e la guardò trepidante; Anck Su Namun spalancò gli occhi sorpresa e si mise a sedere, tastandosi preoccupata l’addome: attraverso i vestiti strappati, vide la sua pelle intatta e nessun segno di ferite, poi Imhotep si gettò su di lei, stringendola così forte da toglierle il fiato “Imhotep? Siamo… siamo morti?” non capiva cosa fosse successo.
L’uomo le prese il viso tra le mani e la baciò sulla bocca con passione, inspirando il suo fiato, inebriandosi del suo dolce sapore “No, amore mio: il dio Anubi ti ha ridato la vita, prendendosi in cambio i miei poteri.”
“Quindi ora sei…”
“Umano, e libero dalla maledizione dell’Hom Dai.”
Anck Su Namun si strinse a lui, accarezzandogli la nuca calva, le spalle e la schiena, come a volersi assicurare che fosse davvero lì, che non fosse solo un sogno. Ma sentiva il battito del suo cuore impazzito e il calore della sua pelle: non era un sogno, era la realtà “Ora nulla potrà più tenerci separati. Voglio trascorrere ogni attimo della mia vita accanto a te.”
“E così sarà, mia principessa.”
Anck Su Namun rise sommessamente “Oh, in questa vita non sono più una principessa, sono solo un’archeologa.”
“Per me sarai sempre la mia principessa.”
I due si alzarono, diretti allo spiazzo lungo la sorgente del Nilo ove avevano lasciato i cammelli e Anck Su Namun gli prese la mano, intrecciando le dita con le sue e guardandole incantata, come se fosse la cosa più straordinaria del mondo. Imhotep le rivolse uno sguardo interrogativo “Qualcosa non va?”
“C’è una cosa che non ti ho mai detto: quando ero la concubina di Seti era questo il mio desiderio più grande, poter camminare al tuo fianco alla luce del giorno, poterti toccare, abbracciare, baciare di fronte a tutti, senza alcun timore. A volte dal balcone della mia stanza guardavo le giovani coppie che passeggiavano per le vie di Tebe; spesso si trattava di popolani, figli di mercanti o artigiani, però almeno loro erano liberi di amarsi… Noi invece eravamo costretti a vederci in segreto, sempre nel timore di venire sorpresi, in pubblico potevamo limitarci a qualche sguardo e la cosa mi faceva soffrire…”
“Anche per me era una tortura, ma ora è tutto diverso – le passò un braccio attorno alle spalle – ora siamo liberi, come gli ibis che volano nel cielo. Il passato è morto, riposa sotto le sabbie di questa terra. Molti ostacoli sono stati posti sulla nostra strada, ma li abbiamo superati. In questa epoca la Dea Hathor ci è propizia.”
E così i due innamorati iniziarono il viaggio di ritorno al Cairo: dal giorno seguente avrebbero guardato avanti, pensando solo al loro futuro.

FINE


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NOTE = Hathor è la dea egizia dell’amore.

Questa è una fiction che ho scritto diverso tempo fa, poi ho continuato a rimaneggiarla e a riscriverla, finchè non sono stata soddisfatta. In particolare la parte più recente che ho aggiunto è stato il primo incontro tra Imhotep e Anck Su Naumn: avevo in mente di scriverci una fiction vera e propria, ma un po’ perché mi mancavano le idee, un po’ perché comunque si sarebbe conclusa tragicamente, ho deciso di lasciar perdere, inserendo qui un veloce quadretto.
Spero che non risulti troppo drammatica e nel finale troppo mielosa.
Commenti e recensioni sono sempre graditi!
   
 
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