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Autore: Hiromi    19/06/2011    9 recensioni
Takao e Karen, Mao e Rei, Max e Maryam, Hilary e Kai... Pezzi di puzzle che si incastrano alla perfezione, complicati e piccolissimi, finissimi e ricercati... Ma non ci mancherà qualche pezzo? Sarà il caso di rimediare...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Lily_92

A Lily_92.

Perché il suo affetto e il suo entusiasmo riescono sempre a farmi sorridere ed emozionare.

Perché è una dolcezza, e le dolcezze… Meritano altra dolcezza! ♥

 

 

 

 

 

 

 

 

Wonderwall

 

 

 

 

 

 

 

Beautiful dawn 
Lights up the shore for me. 
There is nothing else in the world, 
I'd rather wake up and see (with you). 
Beautiful dawn 
I'm just chasing time again. 
Thought I would die a lonely man,

 in endless night

 

High – James Blunt

 

************

 

 

All’apparenza poteva sembrare stesse studiando, e da un certo punto di vista era proprio così: circondata da Cosmopolitan, Vogue, Elle e Harpeer’s Bazar, Daphne stava facendo il punto della situazione per le sfilate primavera- estate di quell’anno: solitamente le piaceva capire cosa si sarebbe usato nella futura stagione e che cosa gli stilisti avevano deciso fosse in e cosa out.

Accavallò le gambe, socchiudendo gli occhi e concentrandosi su un vestito in particolare che giudicò assolutamente divino. Era incredibile come perdersi tra abiti e accessori le facesse dimenticare ogni cosa.

 

Shopping Therapy.

 

“Ehi, tesoro, ti disturbo?”

 

Alzando gli occhi, sorrise quando si accorse che nella stanza era appena entrata sua madre. “No, per niente.” Scrollò le spalle, sbuffando. “Karl Lagerfield è un mito: credo che mi stia per venire un accidente a furia di vedere tanta roba.”

 

Hilary allungò lo sguardo per poi strabuzzare gli occhi. “Tentatrice.” Sibilò scherzosamente, chiudendo di scatto la rivista.

“Senti, volevo parlarti un attimo.” La donna si sedette accanto a lei, e le accarezzò distrattamente i capelli. “Mao mi ha riferito della litigata furibonda che è avvenuta tra te e tua sorella, e so bene che sono affari vostri, ma non posso fare a meno di dirti alcune cose.”

 

Daphne serrò la mascella. “Mamma-”

 

Lei la bloccò con un gesto. “No, ascoltami: io apprezzo che tu abbia preso da me l’amore per la moda, la vitalità, l’ironia, il calore… Mi piace molto.” Sorrise, circondandole le spalle con un braccio. “Con due ghiaccioloni in casa ho bisogno di man forte e, credimi, se non ci fossi tu sarei persa.”

 

La ragazza, conoscendola bene ed avendo capito dove volesse andare a parare non poté assolutamente evitare una smorfia. “Mamma.”

 

“Forse con questo matrimonio in casa ultimamente ti ho trascurata troppo e la cosa non mi piace.” continuò imperterrita, storcendo il naso. “Tu lo sai che ti adoro, non è così?”

 

Sospirò, fissando un punto oltre a lei. “Sì, lo so, ma-

 

“Non dubitarne mai. Ti amo nel modo più completo che possa esserci, come solo una madre può fare, e non dimenticare che è solo grazie a te che in questi anni non sono impazzita.” chiarì, scostandole una ciocca castana dalla fronte. “Probabilmente è normale che ti ritrovi a storcere il naso nei confronti di tua sorella: non saprei, io sono stata figlia unica, ed è una cosa nuova per me. Ma anche se Nadja fosse un genio assoluto, tu sei la mia Daphne, e ti fai amare per quello che sei. Un’impareggiabile macchietta.” fece, strizzandole l’occhio.

“E non solo in famiglia…” fece, maliziosa.

 

La ragazza arrossì, per poi irrigidirsi. “Non so di cosa tu stia parlando.”

 

“Dai, un tempo con me ti confidavi: conosco il tuo primo amore, il tuo primo bacio, il tuo primo giro in moto, il tuo primo appuntamento…” elencò, con voce volutamente lamentosa. “Ora è tutto finito? Addio alla mamma?” fece, melodrammaticamente.

 

Daphne scosse la testa, con l’accenno di un sorriso sulle labbra. “No, è che… E’ complicato.”

 

Sbuffò pesantemente, per poi posare la mano sulla spalla di sua figlia in maniera solenne. “Okay: mi piace il fatto che mi assomigli, ma… Non va mica tanto bene che mi assomigli anche in quel lato di carattere che avevo fino allo scorso anno. Lo chiamiamo il lato Golightly?” fece, cercando di buttarla sul ridere. “Te lo dice una che si è redenta: la paura porta a fare le peggiori cazzate.”

 

L’altra serrò i denti. “Tu non sai nulla di me e Dimitrij.”

 

“Perché non me lo racconti, allora?”

 

Quella scosse la testa. “Siamo Daphne e Dimitrij, okay? Non siamo i Kai e Hilary del nuovo millennio. Solo Daphne e Dimitrij. Sbagliati per giunta. Io non voglio stare con lui. Non voglio, punto.”

 

Hilary annuì lentamente. “Se lo dici tu sarà vero.”

 

“Io voglio divertirmi! Voglio uscire con le amiche, passeggiare, fare shopping, incontrare qualche bel ragazzo e flirtarci… Non essere intrappolata.”

 

Oddio, sono io a sedici anni… Qualcuno mi aiuti!

“Tesoro… Ti capisco benissimo: i sentimenti, quando forti, fanno paura. Ti chiedo soltanto di pensarci e di non commettere azioni di cui, in seguito, potresti pentirti.

 

 

 

 

 

Mao sorrise osservando sua nipote in abito da damigella: assomigliando da morire a Hilary, era una bella ragazza, lo era sempre stata.

Con le labbra piene, il naso dritto, gli zigomi niente affatto pronunciati o spigolosi, il viso ovale e la carnagione di un bel colorito misto tra il porcellana e l’ambra, di suo padre aveva preso soltanto il taglio e il colore degli occhi, oltre che un bel po’ del carattere.

 

Stretta in quel vestito che – a suo parere – le stava benissimo, Nadja pareva, però, essere di tutt’altro avviso: si osservava allo specchio come volesse fulminarsi o far accadere un cataclisma, e la cosa non era per nulla incoraggiante.

 

“Stai cercando di trasformarlo in una tuta con la forza del pensiero?” provò a scherzare, incrociando le braccia al petto.

 

Lei sbuffò, ravviandosi i corti capelli castani dietro l’orecchio. “No, sto soltanto notando quanto io sia ridicola.”

 

La donna inarcò le sopracciglia. “Io non credo.” ribatté, osservandola attentamente. “E’ uno stile diverso dal tuo, ma stai benissimo. Perché dovresti essere ridicola?”

 

Un altro sbuffo – l’ennesimo – venne cacciato dalle labbra della moscovita, che pareva essere sui carboni ardenti. “Non mi sento a mio agio, io…” si osservò da dietro, per poi scuotere la testa. “Ci vuole fascino…Ed eleganza! Io non possiedo né l’uno né l’altro.” borbottò, facendosi scura in volto. “Mi sento una foca a camminare sui tacchi.”

 

Mao prese a ridacchiare. “Tesoro, ti assicuro che la stragrande maggioranza delle ragazze si sente esattamente come hai detto tu quando deve camminarci.”

 

“E allora perché diavolo lo fanno?! Non possono usare le sneakers? Sono così comode!”

 

“Le sneakers fanno a pugni con un abito da sera.” Nadja fece una smorfia. “Sei bellissima, non sei ridicola – affatto. Hai classe, charme, fascino ed eleganza.”

 

La ragazza la fissò in tralice. “Ti sei confusa con Daphne.” borbottò. “Lei è quella che sta bene qualsiasi cosa indossi, io sono quella che per parere decente deve passare una mattina tra estetista e parrucchiere.” sibilò, roteando gli occhi e dirigendosi a cambiarsi d’abito. “E, onestamente, la cosa mi scoccia. Preferisco fare altro.”

 

Mao la osservò mentre si cambiava con gesti nervosi: sapeva che alla sua età quei complessi erano più che normali, e non sapeva cosa dirle per convincerla del fatto che fosse splendida così com’era, e che non c’era affatto bisogno che invidiasse la gemella, perché lei era bella esattamente così.

Una parte di lei si convinse che, esattamente come chiunque altro, l’avrebbe capito con il passare del tempo e non appena fosse sopraggiunta un altro po’ di maturità e consapevolezza, ma un’altra voleva disperatamente riuscire a convincerla. Ma come?

“Tu invidi tua sorella e tua sorella invidia te: non è strano?” fece, abbozzando un sorriso.

 

“Sì, abbastanza ironica come cosa.” infilandosi i jeans, e sbuffando Nadja rimise il vestito a posto, e inarcò le sopracciglia quando intravide un post-it con la scrittura della gemella: ricordare a Marina di registrare Overboard!

 

Mao incrociò le braccia, sospirando. “Secondo me dovreste parlarne. Affrontarvi. Confrontarvi. Non supererete questi ostacoli e le vostre paure, i vostri complessi se prima non vi confrontate faccia a faccia. Il punto è: hai il fegato per farlo?”

 

Negli occhi viola della ragazza arse lo spirito di una campionessa di bey, di una sportiva. “Certo che ce l’ho!” ribatté, indignata.

 

La donna mise le mani sui fianchi. “Non ti resta altro da fare che dimostrarlo.”

 

Eh, fosse facile

 

 

 

 

 

Quando Maryam entrò in salotto Hilary stava finendo di contare le risposte agli inviti per il matrimonio; le si sedette accanto e le porse una tazzina di caffè nel silenzio più assoluto, guardandola mentre si dannava a contare – e ad imprecare - sottovoce.

“Centotrentacinque persone.”sospirò infine, appuntandoselo su un post-it giallo; prese la tazzina e bevve il caffè in silenzio, per poi voltarsi. “Centotrentacinque persone ridotte all’osso, ci credi?”

 

L’altra annuì. “Sia tu che Kai siete persone che avete fatto strada: pur non avendo parenti, avete comunque contatti importanti che avrete dovuto invitare per forza, più gli amici stretti.”

 

“Esatto.” sbuffò. “Se ci allargavamo trecento o quattrocento invitati li raggiungevamo sicuramente.”

 

“Pronta per stasera?” Maryam cambiò discorso, vedendo che l’amica era stressata come non mai.

 

“Sì, direi di sì: devo solo comunicare al ristorante il numero esatto degli invitati, anche se dovrei far sapere loro le disposizioni dei tavoli, e-

 

“Hilary.” Maryam la interruppe di getto. “Ci penso io. Va’ a cambiarti.”

 

“Ma per le disposizione come-”

 

“Le comunicheremo domani.” rispose quella, decisa. “E ora va’.”

 

Quando suonò il telefono sbuffò rumorosamente – la quantità di telefonate ricevute in quel periodo in casa Hiwatari era pari a quelle che dovevano esserci regolarmente alla Casa Bianca di Washington – ma si affrettò a rispondere. “Sì?”

 

“Lo smoking che dovrò indossare è marrone.” era la voce di Kai.

 

Lei impallidì. “Nero! Assolutamente nero. Nero come il pugno che darò alla sarta!”

 

Si sentì ridacchiare. “Rilassati, è nero. Stavo scherzando.”

 

Hilary si sgonfiò come un palloncino: sospirò, chiudendo gli occhi, poi tamburellò con le dita sul piano del mobile antico su cui aveva posato il telefono. “Kai Hiwatari.” sibilò, piano. “Se non sai scherzare, ti prego: non farlo. Soprattutto con me in queste condizioni.”

 

Si sentì una pausa. “Perché? Come stai?” il tono era distratto.

 

“Distrutta. Stanca. Spossata. Fai un po’ tu.”

 

“Capito.” rispose, con voce casuale. “Ti aiuta se ti dico che ho prenotato il viaggio di nozze?”

 

Lei sospirò a lungo e a fondo: un altro mal di testa era in arrivo. “Per favore, dimmi che si tratta di un posto bello e rilassante.”

 

“Sì: il polo nord.”

 

Hilary schioccò le labbra, poi ridacchiò piano. “Dovrei preoccuparmi, con tutta questa voglia di scherzare? Chi sei tu, e che ne hai fatto del mio futuro marito?

 

“Se tu sei depressa e io mi trovo lontano, dovrò pur risollevarti il morale in qualche modo.” lo disse con un tono talmente neutro e apatico da farla scoppiare a ridere.

 

“Non vedo l’ora che tutto questo finisca: spero di rilassarmi un po’ stasera.”

 

Ma non troppo.”

 

Hilary sorrise. “Senti chi parla: so che gli altri hanno prenotato un privéé in un bel localino non esattamente castissimo…

 

Lo udì sbuffare. “Locale di strip-tease: scontatissimo.” disse, sbrigativo, come se non fosse minimamente interessato. “Il fatto, invece, che non so cosa farete voi mi preoccupa…

 

“Ah, non chiederlo a me: hanno scelto tutto loro, e di tutto quello che mi capiterà sarò solo una povera vittima.” dichiarò, con fare innocente.

 

“Immagino…” borbottò lui. “E le bambine?”

 

“Se ti riferisci ai figli di Maryam o di Tanya, li molleranno alle baby sitter, se ti riferisci alle nostre, di bambine… Verranno con noi.”

 

All’altro capo vi fu un pauroso momento di silenzio. “Non è un ambiente adatto a loro.”

 

Hilary rise. “Hanno sedici anni! Sapessi cosa facevo io, alla loro età!”

 

Ci fu un grugnito. “Lo so perfettamente cosa facevi tu alla loro età: è per questo che mi preoccupo.”

 

Roteò gli occhi, mettendosi le mani sui fianchi ma non smettendo di sorridere. “Sedici anni… L’età dei viennesi…” mugugnò, per poi scoppiare a ridere.

 

Lui borbottò qualcosa di non perfettamente comprensibile che suonò come l’inutilità di certi europei idioti, per poi decidere di cambiare definitivamente discorso. “E se litigano?”

 

Lei sospirò. “E’ un rischio che si deve correre.”

 

 

 

 

 

“Non vedere la sposa una settimana prima del matrimonio…” Max fece una smorfia. “Che idiozia.”

 

“Non dirlo a me.” brontolò Kai, parcheggiando nei pressi di una strada a lui sconosciuta. “E’ qui?”

 

“Quello, amico!” Takao scese dalla vettura assieme a Rei, indicandogli uno degli edifici della via, con una scritta a caratteri cubitali di per sé molto elettrizzante.

Perché il paradiso dei sensi la diceva già lunga.

 

Kai si voltò verso loro, non attendendo nemmeno che Yuri e gli altri parcheggiassero per lanciargli un’occhiataccia in tralice. “Chi ha deciso tutto questo?”

 

Rei indicò gli altri due, e Max indicò Takao, che si guardò intorno, smarrito. “Eh?”

 

“Ci avrei scommesso.” scuotendo la testa come a prepararsi ad un crudele destino, sbuffò, contrariato al massimo.

 

Ma dai, è il tuo addio al celibato! La tua ultima notte da single!” il giapponese era euforico. “Sei autorizzato a ballare con le spogliarelliste, a farti strusciare addosso i loro corpi, a-”

 

“Basta così.” ora il russo era nauseato. “Ricordo bene il tuo addio al celibato, e ti sei talmente ubriacato che hai avuto bisogno di un giorno per riprenderti.”

 

“Sì…” il giapponese assunse un’aria sognante. “Che cosa fantastica che è stata…”

 

“Se Karen lo sapesse ti staccherebbe la testa.” osservò Rei, lanciandogli un’occhiata di pura pietà.

 

Nah, si è divertita anche lei, ne sono sicuro.” scrollando le spalle, Takao accennò un sorrisetto. “Le donne fanno tanto le santarelline, poi però hanno pensieri sconci tanto quanto e anche più di noi. La differenza è che loro hanno classe, e sanno nasconderlo per benino.

 

“Vero, sono diaboliche.” Max rise.

 

“Allora, questo locale?” Yuri li raggiunse assieme agli altri, rivolse loro uno sguardo interrogativo per poi fissare l’edificio con aria prima scettica poi divertita. “Kai, mi meraviglio di te… Anni che ti conosco e non avrei mai immaginato che tutto questo fosse il tuo genere…

 

Sta’ zitto.” brontolò il diretto interessato, entrando di filato nel locale, come a volersi togliere un pensiero. Gli altri risero a vedere la sua faccia da condannato a morte.

 

Max scosse la testa. “Eh, sì: quando un uomo si converte alla famiglia, non c’è strip-tease che tenga.”

 

 

 

 

 

All’ennesima risata, Hilary nascose il viso tra le mani, sentendo le guancie arrossarsi per il vino e per il calore proveniente da quel ristorante.

Era in compagnia di altre dieci donne – incluse le sue figlie, Liz e Sam – e poteva giurare che quella fosse una di quelle serate da ricordare per tutta una vita.

Vestita con un elegante abito verde acqua – Marc Jacobs era il suo dio! – era giunta in compagnia delle gemelle e delle loro amiche al ristorante, per essere accolta dalle altre donne con una manciata di coriandoli, nemmeno fosse il suo compleanno.

“Eccola, la futura sfigata!” aveva esclamato Karen, e tutte erano scoppiate a ridere.

Aveva salutato, si erano accomodate, ed era partita una serata scoppiettante, fatta di risate, battute, musica di sottofondo e prese in giro sulla vita coniugale.

L’unica cosa che le dava un certo pensiero era vedere Daphne e Nadja sedute ai poli opposti della tavolata, ma cercava di non pensarci.

 

“Credimi, Hilary: dietro una donna stressata… Ci sono un marito e dei figli!” fece Tanya, la moglie di Yuri, una simpatica donna due anni più grande di lei, dotata di un fervente senso dell’umorismo.

 

“Ah, me ne sono accorta!” ridacchiò insieme alle altre per poi alzare il bicchiere in aria. “Ai figli. E ai mariti.”

 

Karen inarcò un sopracciglio, scrollando le spalle e alzando il suo bicchiere colmo di coca cola. “E ai mariti più infantili dei figli stessi?”

 

Tanya batté un pugno sul tavolo. “Perbacco, soprattutto a loro!”

 

KujM*¹!” esclamarono donne e ragazze, per poi bere.

 

 

 

 

 

Dire che era a disagio sarebbe stato un eufemismo: star seduto nel privéé e guardare tutte quelle ragazze che si strusciavano contro il palo o che, vestite con poco o nulla, si apprestavano a servire ai tavoli, era più imbarazzante che altro, per un uomo di quasi quarant’anni.

“Era proprio necessario, tutto questo?” sbottò, in direzione degli altri che parevano molto più a loro agio di lui.

 

Rei sorrise, sornione. “Io te l’avevo detto che questo non era posto per lui.” fece, rivolgendosi a Takao, intento a trangugiare un cocktail spaparanzato sul divano.

 

“Dai, cognato: rilassati e goditi la festa: vedi che spettacolo attorno a te?”

 

Max scosse la testa. “E’ inutile: un family addict lo è e tale resta.” fece, scrollando le spalle. “Guardiamoci: da campioni del mondo a… Sposati, con famiglia, lavoro e responsabilità. E io che a diciotto anni immaginavo per me una vita completamente diversa.”

 

Tutti ammutolirono, pensando a quanto le parole dell’americano fossero vere: avevano avuto un’adolescenza incredibile, scandita da intensi allenamenti, tornei emozionanti, amicizie solide che non si erano mai perse nel tempo… Chi l’avrebbe mai detto che quei ragazzi, quei bladers con tanta voglia di vincere ma anche di divertirsi sarebbero diventati degli uomini con la testa sulle spalle, con un lavoro degno di questo nome, e per di più con delle famiglie a cui badare?

 

“E’ automatico.” Rei scrollò le spalle. “Passa il tempo e ti accorgi che sei cresciuto, che il mondo cambia, le persone attorno a te pure…

 

“E non puoi fare più il cazzone.” Takao finì di bere il drink, e gli altri ridacchiarono.

 

“Ti senti pronto a formare una famiglia, e al sol pensarci ti viene in mente l’unica ragazza che ti abbia mai scombussolato.”

 

Vedere Kai sorridere alle parole di Max fu assurdo ma insieme naturale.”E per questo te la sposi, perché non puoi più farne a meno.”

 

Yuri e gli altri, che li avevano ascoltati, si scambiarono uno sguardo, per poi inarcare le sopracciglia. “Beh, un brindisi a noi povere vittime di queste donne che ci irretiscono con le loro arti femminili!”

 

Dei bicchieri si alzarono per quello che fu considerato un brindisi perfetto. “E, adesso, se non vi dispiace… Spostiamo la festa.” Rei sorrise come il gatto che ha mangiato il topo.

 

“Ehi, sai quanto ho faticato per ottenere questo privéé?” protestò Takao.

 

“Fidati, ciò che ho in mente ti piacerà molto di più.”

 

 

 

 

 

“Bastarde, siete delle bastarde!” Hilary scoppiò a ridere quando le amiche le tolsero la benda: l’avevano portata in un pub piccolo ma carino che quella sera era stato prenotato solo per loro, e due spogliarellisti molto sensuali stavano ammiccando verso lei in maniera… Scandalosa.

Le altre risero, e tanto, quando lo spogliarellista dai capelli color giallo sabbia la prese per mani, portandola al centro della pista per farle fare una piroetta, e le risate non furono normali.

 

“Io morirò stasera…” fece Maryam, solitamente non troppo incline al ridere, ma che in quel frangente aveva le lacrime agli occhi.

 

Quando dallo stereo uscì la canzone Gimme! Gimme! Gimme! degli Abba, le donne lanciarono un urlo per poi fiondarsi al centro del locale, escluse Karen – per ovvie ragioni – e Nadja che, pur essendo divertita, non amava per nulla ballare.

 

“Non vai?” Karen batté il ritmo con un piede, accontentandosi di guardare le altre.

 

“Ho mai ballato?” le rispose la nipote di rimando, accavallando le gambe.

 

La bionda si voltò a guardarla, e sorrise. “Sei molto bella vestita così. Dovresti indossare più spesso abiti del genere.” fece, riferendosi al vestito nero accollato sul davanti e scollato sulla schiena che Nadja indossava quella sera.

 

La ragazza storse il naso. “Mi trovo meglio in tuta che così, onestamente.”

 

Risero entrambe quando videro Hilary venir presa di scatto in braccio da entrambi gli spogliarellisti e, quando fecero per baciarla sulle guancie, fu Daphne ad illuminare la scena con il flash di una foto.

“Simboleggia la fine del tuo periodo d’oro!” esclamò, facendo ridere tutte.

 

“Perché non fai pace con lei?” quando sua zia glielo chiese, Nadja arrossì. “La guardi come se aspettassi qualcosa… Ma cosa?”

 

“Non lo so.” ammise, dopo svariati secondi di silenzio.

 

Karen si morse le labbra. “A volte chiedere scusa non significa che tu abbia torto e l’altro ragione. Significa che quell’altra persona è molto più importante del tuo dannatissimo orgoglio.

 

Nadja rimase in silenzio svariati secondi. “Sì, ma… E’ così difficile.”

 

La donna annuì. “Lo so: noi Hiwatari abbiamo questa parola scritta nel dna.”

 

La ragazza sospirò, mordendosi le labbra. “E’ vero.” sospirò, annuendo.

“Ora scusami, vado a prendere una boccata d’aria.” alzandosi e prendendo il trench, uscì fuori dal locale, per respirare quell’aria fredda e pungente tipica di Mosca.

Sua zia ci aveva preso: l’orgoglio era la cosa che la fregava, e lei odiava farsi fregare, soprattutto da se stessa. Stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne, sospirò, decidendo di rientrare per parlare con Daphne. Sarebbe stato semplice, non doveva far altro che andare da lei e chiedere di parlarle; semplice, semplice come bere un bicchiere d’acqua.

 

Fu un rumore a farla sobbalzare: quando vide due occhi uguali ai suoi fissarla, spaventati, sgranò i suoi. Questa davvero non se l’aspettava: cosa ci faceva lei lì?

 

Okay, è il momento: nessuno vi guarda, è davanti a te… Parla!

 

“Io sono convinta di avere ragione!” sbottò invece Daphne, stringendo le labbra, con occhi contriti; Nadja aggrottò le sopracciglia. “Però non me ne frega niente. Che vada affanculo come ti diverti tu, come mi diverto io, e-” le sue labbra iniziarono a tremare. Dimitrij Ivanov e tutto il resto. Non mi importa: sei mia sorella, e io ti voglio bene e… Diamine, come mi sei mancata!” eruppe, scoppiando definitivamente a piangere.

 

Nadja sorrise leggermente, avvicinandosi a lei e ponendole timidamente una mano sulla spalla. “Anche tu… Sì, insomma…” Ma non finì la frase, perché venne abbracciata di slancio dalla gemella e le servirono uno o due istanti per completare l’abbraccio.

Quando, trenta secondi dopo, il tempo passava e loro erano ancora lì, fu lei stessa a schiarirsi la voce. “Dobbiamo stare così ancora per molto?”

 

L’altra sbuffò. “Da domani un’ora di abbracci al giorno, così ti abitui.”

 

La moscovita alzò gli occhi al cielo, ma sorrise. Sì, mi sei proprio mancata. “Mi sa che dobbiamo chiarire delle cose.” fece, tornando seria.

 

L’altra si irrigidì. “Non c’è nulla da chiarire. Tutto quello che ho detto l’ho detto per rabbia e-”

 

“No.” incrociando le braccia al petto, fu categorica. “Okay, dimentica quello che ti ho detto io, la storia della finale e varie cazzate. Partiamo da noi.” il discorso non era semplice, ma doveva, doveva farlo. Peccato non sapesse che cosa dire.

Si fissarono per qualche istante, con il cuore che batteva all’impazzata, tremanti, e poi si decise a scrollare le spalle. “Io… Io mi vesto male.”

 

La gemella la fissò sbattendo gli occhi. “Eh?”

 

Quella annuì, decisa. “Cosa credi, che mi diverta, a non avere gusto?” sbottò. “Sono cresciuta con papà, e non è stata mica una passeggiata!” fece, storcendo il naso. “Niente da togliergli, ovvio, ma… Ogni volta che vieni a trovarmi in palestra, tu sopraggiungi e lasci come una scia… Noi dovremmo essere gemelle, uguali nel corpo e nel viso, e invece praticamente non lo siamo! Non lo siamo perché i ragazzi non mi guardano sbavando come fanno quando passi tu!” la fissò, in tralice. “La smetti di ridere?”

 

Ma Daphne non ci riusciva: si era portata una mano alla bocca e stava ridendo come non faceva da un paio di settimane. “Questo… Per dirmi che cosa?”

 

Nadja sbuffò, incrociando le braccia. “Che io potrò pure essere brava a scuola e una campionessa di beyblade… Ma sei tu che, dovunque vai, resti nel cuore della gente. Non io.”

 

Quella si ritrovò a ridere. “Oh-ho! Un complesso l’uno.” l’altra roteò gli occhi. “No, sul serio, è divertente sentire che pensi questo di me. E poi non sarei così sicura del fatto che non ti fai amare.

Inarcando le sopracciglia, la moscovita pose la domanda solo con l’espressione facciale.

“Beh… Se ti dico Andreij Sokolov che mi rispondi?”

 

Vedere Nadja arrossire fu qualcosa di entusiasmante; talmente, si pentì di non essersi portata dietro la digitale. “Di farti gli affari tuoi.” la londinese scoppiò nuovamente a ridere. “E se io ti dico Dimitrij Ivanov?”

 

Se Daphne ammutoliva, generalmente c’era qualcosa che non andava, un po’ come in quel frangente, quando si morse le labbra restando senza fiato per un bel po’ di tempo. “Ti dico che era un gioco.” soffiò.

 

Soppesando bene le sue parole, strinse le labbra, attenta. “E poi?”

 

“Poi è diventato una droga.” fece, nervosamente, come se non potesse credere di poterlo ammettere. “Mi capiva così bene… Decifrava ogni mia espressione, anche quella che tentavo di nascondere… E la cosa pazzesca era che, pur avendo un carattere non proprio alla mano… Io ci sapevo fare con lui. Sapevo comprenderlo, farlo sfogare…”

 

Nadja era sbalordita. “Ma chi? Iceman?!

 

“Sì… Lo facevo ridere, diceva che lo sorprendevo… Ma ero arrivata a non dormirci la notte, non sapevo che fare.” rivelò, passandosi una mano tra i capelli. “Poi quando, un giorno, all’apparenza tutta allegra, dopo aver parlato con te, riuscì a capire la mia inquietudine più profonda…” Nadja la vide impallidire e rabbrividire. “Non so come classificare i sentimenti che provavo quando ero con lui, ma ero terrorizzata.”

 

La domanda venne spontanea. “Perché?”

 

Daphne le si rivolse con tanto d’occhi. “Non lo so! La mia testa mi diceva soltanto di andare lontano più che potevo, e io l’ho fatto! Una persona che tiDecifra così… Non è normale!”

 

Nadja sospirò, mordendosi le labbra e cercando le parole giuste. “Le persone fanno tante cazzate quando hanno paura: le ha fatte mamma, e ora le stai facendo tu, ma è sempre la solita storia.”

 

Quella sgranò occhi e bocca. “Ma che stai dicendo?!

 

“Che la tua paura non ha senso, Daph.”

 

 

 

 

 

Alla fine, l’idea di Rei si era rivelata geniale, molto più di quella di Takao: utilizzare la palestra per rievocare per una sera i vecchi tempi, era quanto di più bello si potesse mai desiderare e, beyblade alla mano, stavano tutti provando a battersi l’uno contro l’altro, come vent’anni prima.

Lo stereo scandiva i secondi, l’adrenalina era alle stelle, e loro si sentivano tutti tornati indietro di anni, a quando, da adolescenti, si battevano l’uno contro l’altro, talvolta anche a rischio della propria salute.

 

In quell’istante in campo vi erano Max e Rei, memori del fatto che, anni prima, all’ultimo campionato, l’americano non si era presentato per andare ad inseguire una certa irlandese che poi non era divenuta altri che sua moglie.

 

“Ti sfido, mi devi la nostra ultima battaglia!” gli aveva detto il cinese, con un sorriso sghembo.

 

“Con piacere!” gli aveva risposto subito il biondo.

 

E così, sulle note dei Dashboard Confessional, si erano battuti rievocando il passato e lanciando i loro beyblade con la grinta e passione che li aveva sempre caratterizzati.

Il beyblade era un amore che non era mai sfiorito in loro, talmente che al momento di scegliere un lavoro, avevano optato per qualcosa di inerente al loro sport più amato.

Fondando l’ABA a Londra – una specie di BBA americana con sede Londinese – Max si assicurava di organizzare i tornei mondiali in combutta con le altre associazioni sparse per il globo, tra cui c’era anche quella parigina in cui lavorava Takao, in cui, essendo arruolato per viaggiare spesso e per contattare sponsor per la società, si occupava anche si stare a contatto con i giovani per reclutarne di nuovi, un po’ quello che a suo tempo aveva fatto suo fratello.

Pregettando quella scuola di beyblade a Mosca, Kai aveva dato la possibilità a migliaia di ragazzi di apprendere lo sport, nonché a Rei, Mao e Yuri di insegnare a bambini di varie fasce d’età l’amore e la tecnica di questo sport, tutto concentrato in un’unica soluzione.

 

Quando la partita finì con una vittoria da parte di Rei, fu Takao che si avvicinò al festeggiato con un sorrisetto. “Tu e io. Partitona.”

 

Quello inarcò un sopracciglio. “Ho mai rifiutato una sfida?”

 

 

 

 

 

Ci furono nuove risate quando Hilary scartò il regalo di Tanya e ne tirò fuori un completino che definire pornografico sarebbe stato un complimento: di pizzo nero, molto sgambato e alquanto indecente, pareva immettibile.

Uuuuuuh!” esclamarono tutte, battendo furiosamente le mani, e scattando diverse foto con le digitali ad una festeggiata decisamente imbarazzata.

Aveva già scartato tre regali un po’ assurdi, e quello non era da meno: c’erano stati un libro con una copertina che la diceva già molto lunga, un vibratore – e qui tutte si erano scompisciate “Non ne ha bisogno!” aveva esclamato Karen, e giù risate – e una giarrettiera bianca (“La si deve togliere con i denti!” aveva raccomandato una Liz visibilmente ubriaca, e tutte nuovamente a ridere.)

 

Ma quando Mao e Maryam le portarono un pacco enorme bucato come l’oblò della lavatrice, Hilary sgranò gli occhi. “Oh, cielo e adesso cosa diamine-”

 

“Ah, lo scoprirai.” Maryam incrociò le braccia al petto. “Infila la mano e scopri quello che c’è dentro.”

Inutile dire che si scatenarono per l’ennesima volta risatine, fischi, e applausi delle dieci donne che facevano per cento. Hilary arrossì e le guardò male, ma quando, all’interno del pacco, sentì qualcosa di strano, non ce la fece: le vennero i crampi allo stomaco e si piegò in due, tante le risate.

 

“Allora?” incalzò Karen. Nessuno aveva smesso un solo secondo di ridere. C’erano tutte che si stavano tenendo letteralmente la pancia a causa delle troppe risate.

 

“Boh.” la brunetta le guardò con aria implorante non sapendo che dire. “E’… Duro?” qui le risate arrivarono alle stelle, e ci fu Daphne che fu costretta ad appoggiarsi a Nadja per evitare di cadere.

 

“E’ rettangolare, sembra un vasetto…” provò ancora. “Ma non so che diamine possa essere.” quando lo tirò fuori, fece una smorfia, mandando affanculo le amiche. “Siete delle maniache pazze pervertite!” strillò, rossa in volto.

 

“Okay, che altro c’è?” chiese Mao, scuotendo la testa, sorridendo.

 

Hilary provò a concentrarsi, poi rise. “Nooooo, non posso dirlo.” coprendosi la bocca con le mani, scosse la testa. “Che diamine può essere una cosa che è stretta, lunga e dura?”

 

“Io ce l’avrei una mezza idea!” alle parole di Tanya nell’aria volteggiarono nuove risate e, quando Hilary estrasse l’oggetto incriminato, fece un gestaccio.

 

“Ma per piacere!” ululò, per poi ridere: gli altri oggetti furono un paio di manette (“Ma vi sembra che io sia il tipo?!”) e un frustino (“Okay, mi arrendo: probabilmente devo averne la faccia!”) e subito dopo i regali fu il tempo degli spogliarellisti che ballarono dinnanzi la festeggiata, e tutte si divertirono a prenderla in giro “Vai Hila: sculaccialo!” facendola ridere e arrossire.

 

 

 

 

 

Max rimase perplesso quando, alle undici del mattino, trovò sua moglie che dormiva ancora. Daisy e Jason erano con la tata assunta da Hilary per quei pochi giorni, quindi niente di cui preoccuparsi, tranne che… Perché Maryam, che solitamente era così mattiniera, ronfava come fosse mezzanotte?

Si avvicinò al letto, sedendosi sul bordo, e con un gesto delicato, le scostò i capelli dal viso, baciandole il collo: sorrise quando la sentì mugugnare, e passò il pollice sul suo profilo, come a volerne ripassare i lineamenti che in realtà sapeva a memoria.

 

“Pietà, sono tornata alle quattro, stanotte.” borbottò la donna.

 

Lui inarcò le sopracciglia. “Ah, ecco perché la popolazione femminile di questa casa è ancora addormentata! Io e Takao ci stavamo preoccupando.” sghignazzò. “Va bene, buon riposo; poi mi racconti.” fece, baciandola nuovamente per poi uscire dalla stanza. Sorrise quando udì un mugugno di lei in risposta, e andò via.

In sala da pranzo trovò Hilary, con tanto di occhiaie e capelli scompigliati, che beveva una tisana, e Daphne, nelle stesse condizioni. “E’ stato tanto distruttivo?” non poté evitare di chiedere, divertito.

 

La ragazza alzò brevemente lo sguardo. “Non puoi nemmeno immaginare.” fece, con una smorfia comica. “Peccato che stanotte Liz non mi abbia fatto dormire completamente.”

 

Hilary si passò stancamente una mano sul viso. “Come sta, ora?”

 

“Mi sa che dormirà tutto il giorno. Ha trascorso praticamente tutta la notte a vomitare.”

 

La donna fece una smorfia. “Se lo sa la signora Cooper sono morta: io che permetto a sua figlia di ubriacarsi.” fece, scuotendo la testa. “Che madre degenere.”

 

“Eri la festeggiata, non potevi mica badare a lei.” obbiettò la figlia. “Poi di base eravamo tutte, tutte brille. Tanya ha persino dovuto chiamare un taxi perché non poteva mettersi alla guida!

 

Max ascoltava a metà tra divertito e sorpreso. “E brave… Avete proprio spaccato, ieri notte!”

 

“Perché, voi no?” chiese Daphne, addentando un plumcake.

 

Max ridacchiò, sedendosi accanto alla nipote. “Guarda, abbiamo tentato, ma tuo padre talvolta è così noioso che rifiuta anche occasioni d’oro tipo l’addio al celibato.” al viso interrogativo delle due continuò: “In effetti un locale di strip-tease non era proprio il genere di Kai, infatti poi abbiamo cambiato posto.”

 

Hilary storse il naso. “Queste sono cose più tue e di Takao…”

 

“Lo so. ma alla fine, trasferirci tutti in palestra per una mega sfida come ai vecchi tempi che si è protratta fino alle tre… E’ stato molto meglio.” fece, con un sorriso soddisfatto.

 

La donna sorrise largamente. “Chissà come dev’essere stato emozionante!”

 

“Puoi dirlo, mi è parso di essere tornato a vent’anni fa.”

 

Hilary esibì un’espressione corrucciata. “Che cattivi, proprio per l’addio al celibato! Avrei voluto esserci e tifare per voi come ai vecchi tempi!

 

Daphne aggrottò le sopracciglia. “Perché non organizzate una rimpatriata? Magari non ora, tra qualche mese… E invitate i bladers che avete conosciuto.

 

Hilary e Max si schiacciarono il cinque. “Da fare. Assolutamente.” decretò la donna, entusiasta, per poi ricordarsi qualcosa e sbuffare. “A proposito di cose da fare assolutamente… Chi è che mi aiuta ad organizzare i posti per il ristorante?”

 

 

 

 

 

Subito dopo essere andati dall’hair stylist e aver deciso la pettinatura, Nadja si fece lasciare in palestra: aveva una voglia immensa di esercitarsi a beyblade, e scaricare un po’ di adrenalina. Mancavano due giorni al matrimonio, e i preparativi si erano fatti ancora più ferventi, anche se ormai era tutto pronto e si trattava solo di sistemare le ultime cose.

Fece per entrare nella sala quattro ad allenarsi – era quella con i dispositivi lancio più complicati – ma venne bloccata da una voce; anzi, da due.

 

“Non lo so, cazzo, non lo so!” sbottò la voce di Dimitrij Ivanov: parlava a denti stretti, pareva confuso e amareggiato, e Nadja fece per andar via, ma la seconda frase la spinse a restare. “Le mando sms e non risponde, la chiamo e… Figurati. Le ho pure mandato dei fiori!”

 

“Tu?!” la voce di Andrej Sokolov, in squadra con lei e miglior amico di Ivanov, ebbe il potere di farle trattenere il respiro.

 

“Sì, cazzo! Con delle scuse nel caso l’avessi ferita o chissà che altro…! Daphne Hiwatari mi manderà al manicomio con un biglietto di sola andata!

 

Fu quella frase che la spinse ad entrare, facendo sobbalzare i due ragazzi: con piglio deciso li squadrò, incrociando le braccia. “Cosa provi per mia sorella?” chiese, fissandolo dritto negli occhi.

 

Quelli verdi di Dimitrij si indurirono. “Non sono affari tuoi.” le ringhiò contro.

 

“Peccato: ho delle informazioni che potrebbero esserti utili, ma che non dirò nemmeno morta se non mi dici perché stai tormentando Daphne.”

 

Quello vide rosso. “Io non la tormento.” sibilò, la voce una lama di ghiaccio. “Lei… Lei è…” con un pugno affondato nel materasso appoggiato al muro, e i denti serrati, Dimitrij chiuse gli occhi per poi riaprirli lentamente. “Lei mi è entrata in testa e non ne vuole uscire. E’ lei che mi sta tormentando, e non so nemmeno perché; sento il bisogno di parlare con lei e non posso… Perché non mi vuole vedere!

 

Andreij lo fissava, divertito. “Tutto questo si chiama sentire la mancanza, amico. Per te sarà un concetto nuovo, ma…”

 

Nadja sorrise, ma Dimitrij lo freddò con lo sguardo. “Sta’ zitto. Non so che fare: sono uscito con altre ragazze e non è servito; mi sono imposto di non pensarla e non ci riesco… Che devo fare?

 

Scosse la testa. “Tu e mia sorella sarete pure i poli opposti tipo nord e sud, ma una cosa in comune ce l’avete: siete testardi da morire. La cosa che vi tormenta è sotto gli occhi di tutti e voi la negate perché vi fa piacere.

 

Hiwatari, se sei venuta qui per fare la maestrina…”

 

Lei roteò gli occhi. “Mia sorella è nel tuo stesso stato; quello stato che voi non riuscite a definire, e da cui vorrebbe fuggire, ma che io vedo chiaramente.”

 

Andreij sbuffò, lasciando sprofondare le mani nelle tasche. “Amico, sarai bravo con i bey e la matematica, ma per queste cose sei proprio negato…”

 

Quello parve lì per perdere la pazienza. “Giochiamo ancora agli indovinelli?”

 

Nadja e Andreij si scambiarono uno sguardo che la diceva lunga, infine la ragazza sospirò. “Va bene: ecco la storia dal punto di vista di Daphne.”

 

 

 

 

 

Hilary posò con cura il suo abito da sposa – finalmente pronto! –  dentro l’armadio, poi sospirò: anche quella era stata una giornata stressante, volata via tra decisioni, persone che premevano per avere acconti, o per suggerirle delle idee e tanto altro ancora.

Si sedette sul letto, sbuffando; per quella settimana, che grazie al cielo si stava concludendo, stava dormendo in una delle stanze degli ospiti, ed era più difficile di quanto pensasse. Era sempre stata uno spirito libero e indipendente, una ragazza diversa dalle altre, che non amava i legami e tutto ciò che poteva minacciare la sua libertà, ma… Kai era qualcosa di diverso.

Conducevano vite diverse, separate, lui con la scuola di bey che lo impegnava tutto il giorno, e lei con il nuovo studio che aveva aperto da pochi mesi… Ma si ritrovavano la sera quando, stanchi morti, lei si accoccolava tra le braccia di lui e tutto lo stress, la tensione del giorno pareva sfumare come nebbia.

Con un sorriso appena accennato, prese un post it: scrivergli sopra Я скучаю по тебе…*² fu automatico, così come appenderlo nella sua stanza, sopra la testata del suo letto, in modo che lo vedesse subito non appena rientrato. 

 

Uscì da lì prima che il profumo di lui le potesse dare alla testa, ma inarcò le sopracciglia non appena vide Takao gironzolare per quel corridoio. “Hai perso qualcosa?”

 

“Sì, la cucina.”

 

Lei scoppiò a ridere; lo prese a braccetto, conducendolo verso l’incrocio con il corridoio più avanti. “Vuoi farmi credere che dopo tutte la vacanze che hai trascorso qui, ancora non ti sai orientare?”

 

Lui aprì il frigo, estraendo una torta. “Ho mai avuto un buon senso dell’orientamento?”

 

In effetti no.” Hilary accavallò le gambe. “Com’è stato l’altra sera, tornare adolescente?”

 

Lui le rivolse un sorriso che raggiunse gli occhi. “Fantastico. Assolutamente fantastico. Una sensazione impossibile da spiegare.”

 

La donna sorrise. “Di tanto in tanto ci penso: tutta la gente conosciuta, i tornei, le sfide… Gli amici lasciati per strada…” scosse la testa, facendo una smorfia. “E’ qualcosa che non posso credere di aver condiviso con voi.”

 

Lui le sorrise. “E’ stato qualcosa che comprendeva non solo lo sport: si trattava di passione, di amicizia, di lealtà, di sentimenti… E’ come se fosse qualcosa di più grande di noi.”

 

Lei annuì. “Ma ci pensi che ci conosciamo dalla scuola materna, io e te? E mi hai dovuto sopportare anche lì, nello sport!” risero insieme. “Come hai fatto?”

 

Quello scrollò melodrammaticamente le spalle. “Eh, sono un santo, io.”

 

Per qualche strana ragione, Hilary si ritrovò ad arrossire, dopodiché schioccò le labbra. “Okay, mi sa che ho rimandato abbastanza: ti devo parlare.” lui la fissò, attento.

Mmm… Noi ci conosciamo da oltre trent’anni e… Dio, io davvero non saprei immaginare la mia vita senza di te. Ti voglio bene, per me sei come un fratello, e…” sospirò, come sulle spine, infine, intrecciò le sue dita con quelle di lui. “Non è che ti faresti la navata con me, dopodomani?”

 

Takao sorrise, ricambiando la stretta delle dita. “Gli amici condividono tutto, anche le navate, no?” scoppiarono a ridere entrambi, e quando la donna lo abbracciò, lui ricambiò immediatamente, beandosi di quella sorella mancata alla quale voleva un bene dell’anima.

 

 

 

 

 

Sam e Liz si fissarono, attendendo il momento buono per darsela a gambe: il matrimonio era solo l’indomani e, per sfuggire all’ansia, avevano convinto Daphne a portarle in giro per negozi. la ragazza si era mostrata entusiasta dell’idea, e in quel momento, in un camerino, stava provando un vestito Gucci.

In ansia per la realizzazione del piano che avevano ideato solo la sera prima con Nadja, scattarono sull’attenti quando videro avanzare verso di loro un bel ragazzo, un po’ più grande di loro, dai lineamenti decisi e i capelli rossi. Nel massimo silenzio, gli indicarono il camerino, e sparirono per intercettare Nadja che, assieme ad un altro ragazzo dai capelli scuri e gli occhi color ghiaccio, si era nascosta dietro uno scaffale.

Andreij, loro sono Liz e Sam; Liz, Sam, lui è Andreij.” fece sbrigativamente. Ci fu un cenno del ragazzo con le altre due, e poi tutti si concentrarono sulla scena.

 

“Come sto?” uscendo dal camerino e facendo una piroetta, Daphne sorrise: il vestito era a strisce bianche sul pezzo di sopra, per poi sfociare in un blu deciso nella gonna: si era già vista, e non stava per niente male, ma aspettava il giudizio delle sue amiche.

Si chinò ad aggiustare i tacchi, gettando i capelli indietro, ma quando si specchiò perse il colore del volto. “E tu che ci fai, qui?”

 

“La stessa cosa che ci facevano i miei sms, le mie lettere, i miei fiori.” rispose lui, fissandola dritto negli occhi.

 

Daphne si morse le labbra. “Proprio non capisci il significato della parola finito, eh?”

 

Lui inarcò freddamente un sopracciglio. “Mi hai scaricato dicendo non può continuare, basta; poi sei fuggita via. Esigo delle spiegazioni.” quando lei ammutolì, lui si ritrovò a sogghignare. “Non ci sono… E perché non ci sono?”

 

“Forse ho capito che non mi piacevi.” disse tutto d’un fiato lei. “Che il nostro rapporto non poteva continuare: siamo troppo-

 

“Diversi?” il tono da lui usato era quasi ironico. “Che scoperta. Eppure tu eri quella che capiva le mie emozioni all’istante, e così facevo io. Ho capito che stavi male persino da un sms, una volta.

 

Lei abbassò lo sguardo. “Io sapevo ciò che cercavo, ed era divertimento; non so nemmeno classificare cosa sei per me.”

 

Lui sorrise, divertito. “Non lo sapevo neanche io, fino a quando tua sorella non mi ha detto che sei uscita con Nicolaij Petrovic.”

 

Lei arrossì. “E allora?”

 

Lui roteò gli occhi, come se non avesse colto qualcosa che era ovvio. “Conosci Anya Jusupova?”

 

Sbuffò. “Quell’idiota montata: suo padre è uno degli sponsor della scuola di bey del mio.”

 

Dimitrij annuì. “E’ carina… E’ stato interessante uscire con lei; certo, l’ho scaricata dopo essermela portata a letto, ma è una tale rompipalle…

 

Daphne si sentì invadere da una rabbia pungente che la colse del tutto impreparata: immaginarsi quell’oca della Jusupova con Dimitrij, magari mentre si rotolavano sul letto, era qualcosa di assolutamente-

“Bene.” il suo fu uno sputo, più che una parola. “Ti suggerisco anche Tamara Vodianova, per completare la collezione.” ringhiò, furiosa. “Visto che ho scoperto che tipe ti piacciono.” fece, andando verso la parte opposta della boutique.

 

“Non mi suggerisci proprio nessuno.” prendendola per il polso, Dimitrij la fissò, deciso. “Anya è soltanto servita a farmi capire che chiodo scaccia chiodo, con me, non funziona.” sbuffò. “Quando hai in testa una persona, non c’è molto da fare.”

Daphne rimase fulminata: aveva visto migliaia di commedie romantiche, sentito tante dichiarazioni, e più volte i ragazzi le si erano proposti, ma mai nessuno era riuscito a farla sentire così.

Ginocchia tremanti, cuore galoppante verso chissà che meta e rossore improvviso, si sentiva come avesse la febbre, ma guardando gli occhi verdi di lui, all’apparenza duri e freddi, ma che dentro erano ansiosi di conoscere una risposta, fece la sola cosa che l’istinto le suggeriva di fare: gli buttò le braccia al collo e lo baciò, dicendogli con quel gesto tutte le cose che non si sentiva pronta a dire con le parole.

 

Due scaffali dopo, Liz e Sam si schiacciarono il cinque, esultando, e Nadja sospirò: ce l’aveva fatta, finalmente ce l’aveva fatta. Si scambiò un’occhiata trionfante con Andreij, e sorrise.

 

 

 

 

 

Hilary e Karen batterono le mani al racconto di Nadja, facendo completamente arrossire Daphne, mentre Maryam si limitò a sorridere, contenta per la nipote.

“Aveste visto, erano così carini!” esclamò Liz, accavallando le gambe.

 

“Oh, tesoro, sono così felice per te.” la bruna sorrise largamente cercando di dimenticare l’agitazione per il matrimonio.

 

La ragazza divenne di un colorito tendente al rosso mattone. “Per favore domani non mettetemi in imbarazzo…” pigolò.

 

“Se sei fortunata sarai solo chiamata con lui a ballare un lento al centro della pista.” osservò Maryam, scrollando le spalle e facendo ridere tutte.

 

Daphne scosse categoricamente la testa. “Niente lenti, niente foto, niente di niente.”

 

Intervenne prontamente Nadja per salvarla, accingendosi a cambiare discorso. “Piuttosto a che ora ci dobbiamo svegliare domani?”

 

L’espressione di Hilary tradì la sua agitazione. “Alle sette, visto che le parrucchiere saranno qui alle otto e le estetiste alle nove.” respirò a fondo. “Spero solo di non morire d’infarto durante la notte.”

 

“Sei sopravvissuta ai preparativi, sopravvivrai anche al gran giorno.” fece Maryam, pratica.

 

Daphne si alzò in piedi fissando le amiche e la gemella. “Che ne dite di andare a nanna?”

 

Le altre fecero per aprire bocca, ma Hilary si intromise nel discorso. “Mi sembra un’ottima idea: di filato, senza intermezzi né pigiama party, su!” quelle sbuffarono per augurare velocemente la buonanotte, e sparire dalla sala da pranzo.

 

A quel punto Karen si voltò verso la quasi cognata, sorridendo. “Sul serio, come ti senti?”

 

La bruna sprofondò nella sedia, tesa. “Come un parafulmine, come in attesa di una sfiga qualsiasi.”

 

Mh, dodici ore al matrimonio: il momento più critico.” sorrise Maryam.

 

Hilary si volse verso la mora. “Mi vuoi far credere che anche tu sei stata tesa?”

 

“Certo che sì.” sorpresa come fosse ovvio, l’irlandese sbatté gli occhi. “Quando fu, al tempo stesso mi sentivo patetica, perché sia tu che lui avevate già fatto così tanto per me, ma… Ricordo di aver pensato, la sera prima del matrimonio, che Max avrebbe fatto meglio a sposare una persona come te, piuttosto che una come me che-”

 

“Oddio, ma allora è legittimo mettersi a pensare stronzate!” esclamò Hilary, battendo le mani. “Davvero hai pensato queste emerite cazzate?!

 

Maryam sgranò gli occhi per poi sorridere. “Sì, ero così nervosa, nonostante lo conoscessi da anni-

 

“Ah, non dirlo a me.” fece Karen, sbuffando. “La vigilia del mio matrimonio mi sono messa in testa che non amavo Takao, che avevo ancora un mondo da vedere, e miliardi di uomini da conoscere. Se non ci fosse stata Mao accanto a me, per la paura avrei mandato tutto a quel paese.

 

“Chi è che manda tutto a quel paese?” fece la nominata, uscendo dalla cucina con una torta di pan di spagna e panna tra le mani.

 

“Stiamo parlando della paura pre-nozze.” spiegò Karen, puntando gli occhi sul dolce.

 

Mao rise, ponendo la torta sul tavolo e prendendo a tagliarla; per quella sera villa Hiwatari era abitata tutta al femminile – esclusi i bambini che già dormivano – invece i maschi si erano trasferiti tutti a casa Kon.

“Ah, è un must.” fece la cinese. “Tu come stai, Hila?”

 

“Bah, non male: ho soltanto voglia di chiudermi in un bagno e vomitare. Oltre a questo fattore, niente di che.” tutte risero.

 

“Tesoro, andrà tutto bene.” le assicurò Mao. “E adesso distraiamoci con questa torta, vediamo un po’ com’è venuta fuori e scordiamoci le preoccupazioni, okay?”

 

 

 

 

 

Max, Takao e Rei si guardarono, perplessi, come a chiedersi implicitamente se per caso uno di loro stesse capendo la scena che si srotolava davanti ai loro occhi: in effetti vedere Kai sprofondato sul divano, con gli occhi sbarrati, non era una cosa che si vedeva proprio tutti i giorni… Lo avevano chiamato già più volte, tentando di attirare la sua attenzione, ma nulla: era come sordo.

Avevano passato una serata a ridere e a scherzare come al solito, e tra le leccornie preparate dal cinese e le battute degli altri due, le ore erano passate veloci, tra risate e ricordi, ma in quel frangente… Era bastato qualche istante di silenzio per far cadere il futuro sposo in uno stato di trance in cui non l’avevano mai visto, e più lo chiamavano, più pareva sordo a qualsiasi cosa.

 

Facendo un cenno agli altri due, Rei li mandò nelle altre stanze, con la scusa di ricontrollare le ultime cose. “Secondo te dovrei preparare un discorso per domani?” chiese ingenuamente, come se nulla fosse. Per tutta risposta Kai si alzò, come se non volesse nemmeno pensarci. “Se te la stai facendo sotto, è del tutto nella norma.” esclamò, un sorrisetto sul volto.

 

Non è affatto così.” ribatté, voltandosi di scatto.

 

“Ah, no, uomo di ghiaccio?” Rei aveva le sopracciglia ironicamente inarcate. “Che hai, allora?” il russo non rispose. “Kai, domani sarà una giornata assurda, ed è pressoché normale sentirsi strani, nervosi, agitati…

 

“Ti sbagli.” fece lui, scrollando le spalle.

 

Rei roteò gli occhi. “Okay, mi sbaglio.”

 

Per qualche secondo si fronteggiarono, il russo tutto impettito, fermo nella sua posizione, il cinese tranquillo di fronte a lui, come in attesa di qualcosa.

“Se stessi sbagliando?” lo chiese all’improvviso, facendo inarcare le sopracciglia all’altro. “Io sono una testa di cazzo, lei è una donna in gamba, poi non ho un passato così-

 

Trattenendosi per non ridergli in faccia, Rei cercò di fare il punto della situazione. “Hilary è donna in gamba: lo è sempre stata, e lo sarà sempre. E non credo non si sia resa conto con chi si stia sposando, quindi lascia perdere. E lascia stare anche il tuo passato e robe simili, okay? Avete dei sentimenti in comune, due figlie. Direi che è sufficiente.”

 

Kai abbozzò un sorriso. “Si è sempre fatta rispettare… Fin dal primo momento in cui l’ho conosciuta.” sospirò. “Messo al tappeto da una trenta centimetri più bassa di me.”

 

Rei prese a ridacchiare. “Non me ne parlare: non mi ricordo quando ho conosciuto Mao per il semplice fatto che lei c’è sempre stata… E la spuntava sempre, in qualunque situazione.”

 

Il russo scosse la testa. “Mi avessero detto che avrei avuto ben tre donne, nella mia vita…” alzò gli occhi al cielo. “Fregato, sono fregato.”

 

L’altro ridacchiò. “Ah, donne: croce e delizia. Ma come potremmo fare senza?”

 

 

 

 

 

 

“Veloce, veloce!”

 

“Muoviti, muoviti!” il gran giorno era arrivato, e a villa Hiwatari pareva essere scoppiata una bomba: le parrucchiere sarebbero state lì tra pochi minuti, e tutte le donne si stavano preparando con i loro abiti, ma il tutto pareva essere un’impresa titanica.

 

Rika, devi metterti i collant!” Mao inseguì sua figlia, che pareva di gran lunga intenzionata ad andare alla cerimonia con l’abito e le gambe nude nonostante il freddo che caratterizzava Mosca.

 

“Ma oggi c’è caldo! Non lo vedi che sole?” sbuffò la bambina di nove anni.

 

Mammaaaaaaa, io non lo metto il farfallino! Stringe!” piagnucolò Lee, pestando i piedi.

 

Vedendo la donna in difficoltà, Daphne intervenne all’istante, entrando nella stanza e sistemandosi gli orecchini. “Perché non vuoi metterlo? Pensavo fossi grande, ma evidentemente sei piccolo…” fece, con fare altezzoso.

 

Il bambino si incupì. “Io sono grande, è che questo stringe.” borbottò, contrariato.

 

La ragazza guardò il farfallino, poi lo regolò in maniera più lenta. “Va meglio?” il bambino annuì. “Ehi, zia, guarda che bell’ometto abbiamo qui!”

 

Mao, che stava ancora discutendo con Rika, si volse un attimo. “Sei bellissimo, tesoro.”

 

Daphne si rivolse alla ragazzina. “Ti consiglio di mettere in collant: sono così in con l’abito che-”

 

“E’ successa una catastrofe!” tutti si voltarono verso chi aveva parlato: capelli raccolti in una coda, vestaglia, occhiaie… La sposa era lì di fronte a loro con l’aria di chi aveva appena visto un fantasma. “Ho un brufolo, cazzo! Un brufolo gigantesco!”

 

“Oddio, dove?” Daphne si lanciò verso la madre, e Mao era indecisa se mandarle a quel paese o partecipare al loro dolore. “Caspita, è enorme…”

 

La cinese si avvicinò. “Vediamo questa mostruosità…” ma non ebbe bisogno di avvicinarsi ulteriormente, perché era lì: spiccava sul mento di Hilary, brillante come una lampada, enorme, bruttissimo. “Classico: tanto stress e il giorno incriminato… Puff!”

 

La bruna sembrava disperata. “Grazie al cacchio, ci sono io, però, qui consta roba schifosa.” piagnucolò. “Che merda! Nelle foto, nel filmino, dappertutto consto coso appresso…”

 

“Okay, calmati.” Daphne esaminò il viso della madre attentamente. “Chiederemo all’estetista di fare la miglior base che le sia mai capitata di fare. E di mettere tanto, tanto, tanto fissatore.

 

“Mamma! Sono arrivate le parrucchiere!” esclamò Nadja, dall’ingresso.

 

“Coraggio, si va.” alla frase di Mao, tutti annuirono.

 

 

 

 

 

In casa Kon erano solo in quattro, ma quella mattina parevano essere più imbranati del solito: persino Rei e Kai, che solitamente erano le spalle su cui appoggiarsi, in quel frangente parevano avessero perso tutti i loro neuroni in un solo colpo.

Infatti, quando venne il barbiere per acconciare lo sposo e i testimoni, vide soltanto la scena patetica che c’era in quel frangente in casa Kon: il russo che tentava di allacciarsi la cravatta, il cinese che pareva essere in cerca di qualcosa assieme all’americano, e il giapponese  che, ancora in pigiama, tentava di ricordarsi i passi per procedere alla navata.

 

“Ehm… Signor Hiwatari, il tempo stringe… Dovrei occuparmi di lei, oltre che dei suoi amici.” si decise a dire, accigliato, dopo una manciata di secondi.

 

Kai borbottò una sequela di imprecazioni, mollò la cravatta sul divano e sbuffò. “Certo.”

Mentre lo sposo veniva acconciato a dovere, Takao, disperato, andava in cerca del suo smoking, tentando di ricordare dove diavolo l’avesse messo: quello di Kai era accanto a quello di Rei, quello di Max era nella stanza di Lee… E il suo?

 

Okay, calma: l’ho portato da villa Hiwatari a qui, ieri?

 

Quando con orrore si rese conto che non se lo ricordava, si precipitò al telefono, facendo in fretta e furia il numero di Karen. “Ehi, amore, ciao.” fece, incerto. “C’è un piccolo problema, ma niente di che… Non è che il mio smoking è lì?”

 

“Te lo sei portato, zucca vuota.” borbottò la moglie. “L’hai perso?”

 

“Chi, io? Ma nooooo…”  fece, cominciando a pensare a dove diamine potesse essere. “Va bene, ci vediamo tra qualche ora. Ciao, amore, ciao.” e, senza darle possibilità di replica, chiuse la comunicazione.

Dove diavolo poteva essersi cacciato? Non restava che chiederlo agli altri…

 

Quando vide Max e rei girovagare per casa come disperati, si accigliò. “E’ successo qualcosa?”

 

“Dicci che hai preso tu le fedi!” sussurrò il biondo, e quando vide l’altro sgranare gli occhi sbuffò, imprecando. “Le stiamo cercando dappertutto, e non si trovano, non si trovano per niente!”

 

Kai darà di matto.” osservò Takao, deglutendo a vuoto e immaginando la reazione dell’amico. “Ma è possibile di debba perdere tutto oggi?!” piagnucolò. “Non trovo nemmeno il mio smoking, cazzo!”

 

Gli altri due si accigliarono. “L’hai caricato in macchina, lo ricordo.” osservò Rei. “Ma poi dove l’hai messo?”

 

“Non so, guarda, non me lo ricordo proprio.” sbuffò il giapponese. “E ho girato tutta la casa!”

 

“Hai controllato tutti gli armadi, tutte le stanze?” Quello annuì. “Proviamo allora a ricostruire il percorso sia delle fedi che dello smoking, e salteranno fuori.” suggerì Max; sia Rei che Takao annuirono.

Il giapponese fu tentato di cercare ancora una volta in giro per casa ma, consapevole che la prima tappa del suo maledetto abito era l’auto, prese le chiavi e scese in garage. La BMW di Rei era sgombra, e fu soltanto per pigrizia che aprì il portabagagli, già pronto a tornar su a cercare… Quando vide l’oggetto incriminato. Restò di sale, per poi rilasciare un sospiro, sollevato.

 

“Missione compiuta!” annunciò agli amici, non appena li vide.

 

Non è che per caso c’era anche altro?” chiese nervosamente Max; Takao scosse la testa, dispiaciuto, poi andò nell’altra stanza a cambiarsi.

 

Max e Rei si fissarono: avevano cercato dappertutto, in ogni angolo della casa, sotto ogni tappeto, ma pareva tutto inutile…

“Avanti un altro.” annunciò il barbiere, quando Kai si alzò dalla postazione: gli uomini si fissarono e con un cenno Rei fece capire a Max di andare, che ci avrebbe pensato lui a sbrogliare la situazione.

 

“Ehm, Kai…” iniziò, attirando la sua attenzione. “C’è un problema.” fece, sospirando, non sapendo minimamente come continuare: in quell’istante squillò il telefono. “Ehm, scusa; sì?”

 

“Ehi, sono io.” fece la voce di sua moglie. “Volevo solo dirti che Lee ha preso le fedi per esercitarsi meglio nel suo ruolo da paggetto.” ridacchiò. “Quindi non preoccupatevi inutilmente, okay?”

 

Rei spalancò occhi e bocca, dopodiché sospirò a lungo. “Certo amore, ovvio.” la salutò non sapendo se ridere o sbattere la testa al muro, e chiuse la conversazione.

 

Kai lo fissò, sospettoso. “Stavi dicendo?”

 

Scosse la testa. “Niente… Non hai ancora messo la cravatta: ti aiuto con il nodo?”

 

 

 

 

 


“Sono le dieci meno cinque: capisco che la sposa debba arrivare il ritardo, ma-Nadja entrò velocemente nella stanza in cui la parrucchiera e l’estetista stavano avendo a che fare con sua madre e quando Hilary si voltò verso di lei, rimase senza fiato. “Sei… Bellissima, mamma.”

 

Hilary le lanciò uno sguardo emozionato. “Sono così nervosa, non puoi nemmeno immaginare quanto vorrei urlare…” la moscovita stava per risponderle che sarebbe andato tutto bene, ma fu la voce di Maryam a bloccarla:


“E’ arrivata la limousine!” annunciò dal piano inferiore, e si fissarono: la sposa era senza dubbio pronta, si poteva andare.



Erano le dieci meno un quarto quando la grande macchina approdò nei pressi del municipio dove si sarebbe tenuto il matrimonio. Maryam si sistemò l’abito e scese dalla macchina, andando a prendere il posto come testimone della sposa.

Daphne e Nadja, invece, si posero vicino l’inizio della navata, pronte a sfilare come damigelle accanto a Liz e Sam.


Quando tutto fu pronto, fu Daisy che cominciò a percorrere la navata, cospargendo petali di rosa lungo il tragitto, lentamente.

Poi sfilò Daphne, Nadja e subito dopo Liz e Sam, graziosissime nei loro abiti color avorio, percorrendo la navata con i loro bouquet di fresie, e si andarono a sedere nei primi posti, trepidanti. Le labbra di Mao tremarono vistosamente quando Hilary fece il suo ingresso al braccio di Takao. E Karen poté giurare di aver visto Kai trattenere il respiro, alla vista di Hilary.


Tutti gli invitati ammutolirono quando videro la sposa che percorreva, radiosa, la navata. Nel momento in cui Takao diede un bacio sulla guancia alla migliore amica e le dita di Hilary si intrecciarono con quelle di Kai, tutti si sedettero.


La cerimonia incominciò, e Nadja e Daphne si strinsero le mani a vicenda, come a voler condividere insieme quel momento.


Fu quando Lee portò le fedi e Hilary prese quella di suo marito, che Mao scoppiò definitivamente in lacrime, commossa. Le promesse furono altrettanto piene di sentimento e commoventi, e non appena finirono, le labbra degli sposi si incontrarono in un bacio che fece scoppiare tutta la sala in un fragoroso applauso.


Mentre gli sposi venivano riempiti di riso e complimenti, a Daphne si affiancò un Dimitrij che all’apparenza aveva un’espressione neutra, come al solito.

“Sai che sei sexy in abito da giorno?” ironizzò la ragazza, con un sorriso.

 

“Non lo avrei indossato per nessun’altra, Hiwatari.” borbottò lui.

 

Mmm… la prendo per una dichiarazione d’amore spassionata.” ridacchiò, sporgendosi per baciargli brevemente le labbra.

 

Nadja, in bilico sui suoi tacchi alti sette centimetri, ondeggiò pericolosamente, ma venne sostenuta al volo da Andreij, che la prese brevemente per mano, causandole uno sconvolgimento interiore.

Lo ringraziò con un sorriso e insieme andarono verso Daphne e Dimitrij che stavano punzecchiandosi amabilmente su qualcosa: era incredibile vedere il giovane Ivanov ridere, ma da quando stava con sua sorella non faceva altro.

 

“Gran bella cerimonia.” Andreij fece sprofondare le mani nelle tasche, emettendo un sospiro soddisfatto.

 

“Aspetta di vedere il ricevimento.” Ribatté Daphne, facendo ridacchiare tutti. “Oh, Nad: ti sei ricordata di dire a Marina di registrare Overboard, non è vero? Sì che lo posso guardare su youtube, ma in televisione è tutta un’altra roba!

 

Nadja alzò gli occhi al cielo. “Sì, sì, sì, che palle! Sono giorni che rompi con questa serie televisiva, voglio proprio vedere che diamine ha di speciale.” borbottò; la gemella fece per ribattere prontamente, ma lei colse il richiamo dei suoi che, molti metri più in là, stavano facendo le famose foto. “Dobbiamo andare.” Sbuffò. “Il fotografo.”

 

Daphne scosse la testa e, abbandonando la mano del suo ragazzo per dirigersi verso i suoi genitori, si ritrovò a prendere a braccetto la sorella, un gran sorriso ad illuminarle il volto.

Quella era stata una giornata importante, ogni secondo era stato scandito da qualcosa di fondamentale che era accaduto e, in quel frangente sentiva quanto fosse fortunata.

 

 La sua era stata una vita strana, inusuale, piena di colore, amore ma soprattutto di rumore.

C’era rumore quando passava i pomeriggi a giocare con Daisy ad insegnare al cagnolone a riportare il legnetto indietro; c’era rumore quando con sua zia Mariam prendeva in giro Max per la sua abitudine di cospargere ogni cosa di maionese; c’era rumore quando parlava, ballava, rideva con sua madre, che era stata e continuava ad essere la colonna portante della sua vita, la sua roccia, il suo pilastro.

E ora continuava ad esserci, questo rumore. Continuava ad esserci quando faceva solletico a Nadja; quando si rinchiudevano nella loro stanza a confidarsi delle cose; quando lei si lamentava per i troppi abbracci. O quando ne sbuffava suo padre – anche se, si vedeva, ne era segretamente contento – o quando lei gli ricopriva la guancia di baci, di prima mattina.

 

Il bello era che c’era anche in quel frangente, Daphne lo udì distintamente, ma lo udì.

Quando si accostò ai suoi genitori – emozionati, sorridenti, semplicemente felici – e il fotografo disse loro come impostarsi, la ragazza sorrise.

Faceva parte della sua vita, non avrebbe potuto essere altrimenti.

 

Stretta nell’abbraccio di sua madre sorrise emozionata dinnanzi all’obbiettivo, e mentre il flash l’abbagliava, capì più cose: quell’udire più cuori battere allo stesso ritmo era qualcosa di sublime, di fantastico, di magico. Un cuore prende a battere per l'eco delle cose che ha nelle persone.

E l’eco di Daphne era assolutamente, completamente, irrevocabilmente sublime.

Una cosa non da poco.

 

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

*¹: alla salute

*²: mi manchi

 

 

 

 

 

Soddisfatti? Rimborsati?

Onestamente, spero nella prima, anche perché questa è davvero, davvero la fine di RMA et similia; questo vuol dire niente più Daphne, niente più Nadja, Karen o tutti gli altri personaggi che Russie Mon Amour ha generato. ç.ç

Okay, cerchiamo di guardare avanti. *lo dice soprattutto per se stessa*

 

 

Sapete che è iniziata l’estate, le vacanze, eccetera eccetera?

Mi scuso con chi in questo periodo starà sostenendo degli esami, e dopo questa mia ultima affermazione vorrebbe farmelo crescere per poi castrarmi, ma sono troppo contenta – per alcuni aspetti.

In fondo, per il fattore esami io ho già dato. u.u

 

Tranquilli: l’anno prossimo ripiglierò il ritmo e ci sarà la vostra vendetta, okay?

However, visto che è iniziata la cosiddetta bella stagione, io mi ritiro verso lande desolate.

A scrivere.

 

Ho in mente un paio di progetti da sganciare come bombe da Settembre in poi. Quindi, credetemi, è opportuno che io mi ritiri. (Opportuno… Dipende dai punti di vista. xD)

 

Prima, però, lasciate che io vi dica una cosa: noi ci vediamo qui, su efp Martedì 6 Settembre con un’altra mia creazione.

 

Ci sarete?

Io spero di sì.

 

Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti, in da ricordare, tra le seguite, i timidoni che hanno solo letto, e coloro che hanno recensito: I love yah all!

 

 

E, dopo aver fatto tutte le comunicazioni di servizio, vi lascio.

 

 

 

 

-         sul serio, non ho più nulla da dire. xDDD

 

 

 

Un bacione schioccoso,

 

Hiromi

   
 
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