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Autore: Loveless    19/06/2011    6 recensioni
Il mondo continua a girare, e loro non possono fare altro che raccogliere i pezzi di ciò che sono stati. Frammenti per trovare un inizio ed una fine.
[Anders/f!Hawke, menzione di altri personaggi]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo tutto questo tempo, i ricordi continuano ad assalirlo. Nei suoi sogni, quando è sveglio, continua a rivederla, e non importa quante volte Justice tenti di alleviare la sua sofferenza provando a sopprimere quei pensieri. Più cerca di affondarle, più le memorie tornano a galla, perché sono impresse in ogni parte di lui, ed ogni centimetro di se stesso trema; la risata di Hawke riecheggia ancora nelle sue orecchie, la sensazione delle dita di lei che gli sfiorano con delicatezza la mascella è marchiata nelle sue vene, e ciascuno dei suoi nervi la chiama, e la sua pelle la ricorda, e la sua mente si cristallizza nel veleno pantanoso della propria solitudine. Non se ne andrà mai. La ricorderà sempre.

Occhi dorati, alto, biondo, forte abbastanza da poter resistere a tutto. Con qualche cicatrice in più rispetto a quando l’ha conosciuto, forse, ma questo non può saperlo con sicurezza. Osserva Anders mentre si dedica ai suoi pazienti, andando da una parte all’altra della clinica senza concedersi un attimo di respiro mentre cura, dispensa parole di conforto, stringe le mani attorno ad arti feriti, sussurra. Lei, seduta su una panca lurida addossata ad una delle pareti, pensa che Anders è lo stesso uomo che ha incontrato per la prima volta tre anni prima, eppure le sembra di non averlo mai conosciuto davvero. Oltre i suoi occhi c’è una barriera che non è mai crollata nel corso degli anni; è come se Anders la guardasse sempre dall’altra parte di una parete di vetro, da lontano. C’è qualcosa, nel suo sorriso, che sembra tirato. C’è qualcosa, nella sua gentilezza, che somiglia alla disperazione – è qualcosa che lui si tiene dentro con cura, che lo costringe lentamente ad incurvare le spalle sotto il suo peso, ma che nessuno di loro può vedere.
Guardandolo in controluce, Anders sembra fatto di pezzi di vetro poi rimessi insieme, a formare una finestra attraversata da crepe. Le ha detto più volte che, prima di incontrare Justice, era un uomo diverso. Mentre lo guarda imporre le mani su un ragazzino di poco più di dieci anni, con la gamba ridotta ad un groviglio di bende e sangue secco, le sembra di poterlo capire, alla fine. Dopo aver perso suo padre e suo fratello, dopo essersi lasciata alle spalle sua sorella, sa che cos’è il vuoto. Sa che cosa significhi aggrapparsi a qualcosa che non significa niente nella speranza che diventi importante.
Forse nel tuo cuore non è rimasto nulla, se non rancore, pensa, e sposta lo sguardo sulle schegge di sole che si infrangono sul pavimento della clinica.

Hawke passa le sue giornate correndo da una parte all’altra di Kirkwall, aiutando tutti, maghi, elfi, qunari, persino templari, cercando di dare una mano il più possibile. All’inizio Anders ha pensato che lo facesse soltanto per racimolare in fretta il denaro necessario alla spedizione nelle Deep Roads; ma il pensiero è durato molto poco. Hawke è fatta così, e basta. Aiuta chi può, senza risparmiarsi, solo per rendere Kirkwall un posto migliore, i suoi cittadini persone più felici. Lei va avanti spinta da un ideale molto più realistico e realizzabile del suo.
Hawke è veloce a parlare quanto lo è ad usare le sue doppie lame. Non risparmia i commenti sarcastici, ma è anche capace di una gentilezza infinita. Lo prende in giro, lo stuzzica, cerca di farlo sorridere più spesso. È attenta a non offenderlo. Riesce a farlo ridere, quando si era ormai convinto che nessuno ci sarebbe più riuscito. Lo trascina all’Impiccato per festeggiare assieme agli altri, anche se lui non può bere. Quando Hawke entra nella sua clinica per proporgli di seguirla in qualche nuova missione, è come tornare a respirare dopo un’apnea durata anni.
Non riesce a capire come possa esserci tanta luce in una sola persona.

Quando non viaggia con lei e non si occupa dei rifugiati del Ferelden, Anders scrive il suo manifesto. Dopo iniziali battute più o meno scherzose, lei si è fatta consegnare le prime pagine ed ha cominciato a leggerle. Il testo è scritto con una buona dose di ragionevolezza, se non con una certa passione. Crede che, non potendo affrontare i templari, Anders sfoghi la sua frustrazione scrivendo una pagina dopo l’altra, cercando – cercando cosa? Di convincere qualcuno? I templari, il visconte, persone come Fenris? Lei?
Anders strappa la pagina che ha appena scritto, ancora fresca di inchiostro, e ne butta via i pezzi, prima di prendere un nuovo foglio e ricominciare daccapo. Se la sua presenza lo infastidisce, non lo dà a vedere. Hawke pensa al serpente che si morde la coda: un ciclo infinito.

Non è niente, si dice. È un desiderio momentaneo, prima o poi passerà, come una ferita che si estingue senza cicatrici. Dopo Karl l’ha promesso a se stesso: mai più. Hawke non si merita un eretico senza futuro, e lui si merita di più dell’ennesimo cuore spezzato. Forse questa è una delle prove che lui e Justice devono superare per capire a che cosa sono disposti a rinunciare per un bene più grande.
Lei è solo qualcosa di molto luminoso fra le tenebre della città oscura. Ma non c’è pericolo. Non si innamorerà mai più –

Dopo la morte di sua madre, è Anders che si presenta a casa sua. È tutta la notte che lei tenta di piangere, ma non ci riesce. Le lacrime, se esistono, sono bloccate in un punto tra lo stomaco e la gola. Continua a guardare la parete mentre il rumore del proprio sangue nelle orecchie la assorda. Anders le si siede vicino, dopo delle parole di circostanza che, in lui, sembrano davvero sincere. Si sente, per la prima volta, sola.
«Non mi ricordo quasi più dei miei genitori».
Lei non dice nulla. Anders si è sempre comportato come se il suo passato non esistesse. Non è sicura di voler sentire.
«Avevo dodici anni quando sono i templari venuti a prendermi. Mia madre piangeva e li supplicava di non portarmi via. Mio padre, invece, sembrava sollevato. Era terrorizzato da me. Forse pensava che i miei poteri fossero una punizione per qualcosa che aveva fatto. Io… Ero un bambino, avevo poco controllo. La mia magia non aveva mai fatto male a nessuno. Non so. Non li ho più rivisti, da allora. Forse è meglio così. Non so perché te lo sto dicendo».
Lei si sente troppo vuota per pensare. Quando si accorge che la perdita di tutti coloro che ha amato non è più uno squarcio ma una voragine, e tutto è semplicemente troppo per essere sopportato, comincia a piangere. Lui le stringe la spalla, e quel gesto è più confortante di qualsiasi cosa. Rimane con lei. È ciò che conta.

- mai più, si ripete Anders. Mai più.

Gli mette tra le mani l’amuleto della Chiesa del Tevinter. È un piccolo regalo per farsi perdonare, gli dice alla fine – senza spiegare altro, perché sa che Anders ha fin troppi motivi per disprezzarla, se non per odiarla. L’ha trascinato via dal suo piccolo santuario. L’ha esposto alle frecce ed a colpi che potrebbero essergli mortali. Lo ha reso più vulnerabile ai templari ed ai maghi del Circolo. Dovrebbe chiedergli perdono per tantissime cose. Di solito è brava a parlare, ma non riesce a fare altro che chiudere le dita di Anders attorno al medaglione ed andarsene. Non sa se sta scappando da lui oppure da se stessa.

Il loro primo bacio è appassionato, ma sfuggente. Non riesce a ricordarne il sapore, qualche ora dopo. Hawke è inesperta di certe cose, lo avverte con la stessa chiarezza con cui sente il taglio dei suoi denti contro il labbro e le dita aggrappate alle sue braccia. È poco più di una ragazzina. Non sa nemmeno quanti anni abbia. Conosce poco di lei, ma conosce abbastanza. L’ha sognata per anni, mentre Justice si rivoltava dentro il suo corpo come una belva rantolante e ferita, immaginando le sue dita lasciare lividi leggeri come cenere sulla pelle di Hawke, toccando se stesso con delicatezza per non far soffrire nemmeno lei, consapevole che, se solo fosse stato più forte, quel tocco l’avrebbe ridotta corrotta e ridotta in pezzi. Hawke, che ha visto sorridere, che ha visto gridare, che ha visto ferita, che ha visto in lacrime, che ha visto esultante; la conosce abbastanza da rendersi conto che è finita, per lui, fin dal loro primo incontro. Dopo aver lasciato il Circolo ed i Custodi Grigi, ha trovato qualcosa da cui non può scappare. Forse anche questo è un modo per morire.

Si morde il labbro, perché fa male, solo un po’. Anders le bacia la gola, come se avesse paura di farle male. Le sue dita lasciano sulle spalle di lui righe bianche e rosse, quelle di Anders una scia fredda che la fa rabbrividire, ma le labbra sono calde e alcune ciocche bionde le sfiorano la fronte e questo è tutto quello che ha sempre voluto. Anders sembra sapere esattamente cosa fare di lei, una mano sul suo fianco ed una impigliata fra i suoi capelli, - non mi romperai, gli mormora, lui le sorride, tutto combacia. Lei è forte abbastanza da sostenere il suo peso, ma gli si aggrappa con tutte le sue forze per non annegare. Ha le gambe strette attorno ai suoi fianchi, le dita sul labbro di lui, ancora gonfio del morso involontario di quel pomeriggio. Avverte, con più forza, il suo odore; sa di fughe, di battaglie all’ultimo sangue, di un'oscurità che inghiotte tutto.
Gli lecca piano la mascella ispida, e quando sente Anders sussurrare il suo nome direttamente contro il collo, capisce: ha bisogno di lui. Lo avrà sempre.

Ma in realtà non ha mai avuto scelta. Non si può scegliere, semplicemente, chi amare.

La mattina dopo, Anders la bacia davanti a tutti. Tutto il resto è inutile.

Lo so, dice a Justice, lo so. Ma non posso farne a meno.

Lo vede con i capelli spettinati e le bisacce in mano, davanti alla porta di casa sua. Sorride.

Vede il proprio respiro cristallizzarsi davanti ai suoi occhi. Hawke ha le mani intirizzite, quasi violacee. Si stringono di più nei mantelli di lana e si guardano, senza dirsi nulla. Sono legati assieme.

Da quando Anders è venuto a vivere con lei, le cose vanno meglio. Sembra quasi sereno, ora che i templari non possono toccarlo. Quando torna a casa, dopo le rare missioni in cui non lo porta con sé, lo vede sempre seduto allo scrittoio. Anders ha letto ogni libro presente in biblioteca, e a volte riesce persino a portare qualche nuovo volume, trovato chissà dove. La sera si siedono ad ascoltare le canzoni di Orana, le dita intrecciate a quelle di lui, mentre il mabari di famiglia è sdraiato ai loro piedi, scodinzolante. Si chiede se esiste un limite anche alla gioia, o se l’ha già superato.

Si guarda allo specchio. Quando fruga nella sua memoria, si scopre a non ricordare più il volto di Justice. Ormai è uguale al suo.

Le mancano i suoi genitori, soprattutto sua madre. Avrebbe voluto raccontarle tutto, parlarle di Anders. Sarebbe stata così felice.

Non sa se sta ancora sognando o se sta vedendo il suo futuro, quando si sveglia, la loro camera è inondata da una luce così bianca da sembrare irreale, ed è estate, ed Hawke è accanto a lui, stesa sulla schiena, i capelli sudati come ghirigori sulla pelle; le appoggia una mano sul ventre, che comincia appena ad incurvarsi, e cominciano a ridere mentre cercano di scegliere il nome da dare al loro bambino.

Dopo tre anni, ha ancora paura che un giorno potrebbe svegliarsi e lui se ne sarà andato senza dirle nulla. Ma Anders è ancora con lei. Si sveglia ancora con la testa sulla sua spalla. Conosce a memoria ogni suo muscolo, tutte le sue espressioni. Sono capaci di litigare furiosamente e di riappacificarsi qualche minuto dopo. Anders stringe un braccio attorno alle sue spalle, le bacia la fronte. Le dice che la ama.
Lei capisce di non poter fare di più. Ma non sarà mai abbastanza.

La decisione è presa con uno strano senso di sollievo. Vorrebbe discolparsi agli occhi del mondo dicendo che è Justice ad ordinarglielo, ma ormai sono una cosa sola: un solo animo. Si scopre più bravo a mentire del previsto. Sa quello che farà; ma non sa quando. Pensa ad Hawke, al male che le procurerà tutto questo, ma Justice è irremovibile.
Basta distrazioni, mago. Ci sono cose più grandi di te.
Vorrebbe tornare l’egoista di un tempo. Se potesse, si lascerebbe alle spalle i templari, i maghi del Circolo, i suoi fratelli oppressi, e si concentrerebbe solo su se stesso. E su Hawke. Sono tanti anni che vivono assieme. Ma ci sono cose più importanti perfino del suo stesso amore. Non può girare la testa dall’altra parte e fingere di non vedere. Non è cieco e non è sordo. Anche se dovrà soffrire, e far soffrire lei, Justice ha ragione.
Nessun compromesso, stavolta. E nessuna pietà. Per nessuno. Perché ci sia, finalmente, la giustizia che desiderano.

«Potrei trovare un metodo per separarmi da Justice» le dice Anders una sera, senza alzare lo sguardo dal suo scrittoio. Lei sorride e gli abbraccia la schiena, allungandosi per sbirciare gli appunti che Anders scrive con la sua calligrafia quasi illeggibile. Segue la linea del suo profilo con un dito.
«È questo quello che vuoi?».
«È quello che è meglio per tutti».
Lei chiude gli occhi ed ascolta lo scricchiolio della penna.

Le ha sempre detto che le avrebbe spezzato il cuore. Hawke non l’ha mai ascoltato. Se l’è cercata. È solo -

Il mondo finisce così. In mezzo alle fiamme, alle urla, alla cenere che le vortica attorno come neve nera. Cerca, dentro di sé, un briciolo di comprensione per il gesto di Anders. Non lo trova.

- è solo colpa sua.

Si passa una mano sul viso, asciugandosi il sudore, gli schizzi di sangue e la polvere. Nessuna lacrima, nè per i morti nè per i vivi.

Il mondo finisce così: per qualcosa di più grande di loro.

Compie i primi passi con difficoltà, come se avesse da poco imparato a camminare. Il dolore è quasi fisico, una continua trafittura alle gambe, perché ogni passo la allontana da lui per sempre, ma non può fare altro, perché se non ha la forza di ucciderlo deve avere almeno quella di lasciarlo. Ha paura che si girerà, che soccomberà a se stessa, che tornerà correndo da Anders, perché è lui che ama – perché sa che continuerà ad amarlo per il resto della sua vita, anche se tutto ciò che ha fatto è così ingiusto che la morte potrebbe davvero essere l’unica punizione possibile.
Cammina. Ricorda l’odore salato che aveva la pelle di Anders al mattino.
Riesce a non cedere. Continua a camminare.

Ciò che è più duro da accettare è la consapevolezza che il mondo andrà avanti, nonostante tutto ciò che è già successo e che succederà. Molte vite andranno perdute, ma la terra non si aprirà per inghiottire i loro corpi. La battaglia infurierà ovunque, ma il cielo non andrà in pezzi. Molte altre persone continueranno a respirare, i fiumi continueranno a scorrere fino al mare, il sole continuerà a sorgere. Il ciclo continua, indifferente a loro come a chiunque altro. Chissà ora dov’è Hawke, - forse assieme ad Isabela, lontano da tutto, su una barca in mezzo all’oceano ed il vento attorno a lei. In un punto qualsiasi di questo mondo. Senza di lui.
Ed Anders sa che penserà a questo per il resto dei suoi giorni, che sarà condannato a portare il peso della propria colpa da solo: per sempre, per sempre, per sempre.
Ma il mondo non avrà la pietà di fermarsi solo perché si è fermato il suo cuore.



Poche note sbrigative, perchè dopo una giornata divisa tra studio e lavoro io non avrei nemmeno dovuto toccare questo pc. Ma dovevo.
Punto primo: amo il personaggio di Anders. Anche se alla fine, prima di portarmelo dietro e fuggire con lui, almeno una mazzata in faccia gliel'avrei mollata. Avrei tanto voluto che fosse disponibile l'opzione "Razza di deficente!". Non so perchè, ma risparmiarlo mi fa sentire in colpa, ed ucciderlo mi fa sentire ugualmente in colpa. Perciò, per questa fic ho scelto la via di mezzo: risparmiare Anders, difendere i maghi ma rifiutare il suo aiuto. Il finale "fuga con Anders" mi sembrava troppo scontato, dopo una storia così.
Punto secondo: Karl. Visto che nella relazione con f!Hawke non viene fatta una sua menzione in quanto compagno di Anders, avrei dovuto lasciarlo lì dov'era. Ma dopo aver sentito quello che Anders dice di lui a m!Hawke, mi sembrava doveroso fare almeno un piccolo riferimento alla storia. Ma i casi sono due: o i gusti di Anders sono migliorati col tempo, oppure da giovane Karl doveva fare la sua dannata figura. Altrimenti non me lo spiego. Andeeeers, ma che ci combini? Posso capire l'"oddio, sono solo con i templari cattivi che giocano con i nostri sentimenti e se ne fregano, devo per forza trovare qualcuno", ma questo è davvero da... Okay, non dico niente. Meno male che è tornato sulla retta via. Grazie, Anders.
Punto terzo: no, io Origins - Awakening non l'ho giocato, quindi datemi pure la colpa se ho sparato una qualche scemenza colossale. I dettagli sull'infanzia di Anders sono raccontati in una breve storia scritta da Jennifer Hepler, ovvero la gran donna che si è occupata della caratterizzazione del personaggi di Anders in DA2. Mi hanno detto che in Awekening era completamente diverso, praticamente un pagliaccio nato. Ora sono curiosa...
Punto quarto: ser "il mondo brucerà del fuoco della Giustizia! Buahahah!". Sort of. Ho tenuto semplicemente il nome Justice perchè tradurre con "il mio amico Giustizia" mi ha fatto venire i crampi allo stomaco. MAI NELLA VITA.
Punto quinto: sparatemi. Io il fluff e/o romanticismo ai massimi livelli di mielosità non lo toccavo da quando avevo tredici anni. Come m'è venuta fuori una cosa del genere? Non ho fumato assolutamente niente, giuro. A questo punto, l'eccesso di zucchero è da imputare alla Coca Cola. Maledetta.
E, uhm, non dovrebbe esserci altro. La betata è rimandata a domani, o a data da destinarsi, o a che so io. *sbadiglia*
  
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