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Autore: Amarantha    08/03/2006    10 recensioni
[Notre-Dame de Paris] Sei anni dopo le tragiche vicende di Esmeralda, Quasimodo e Claude Frollo, Pierre Gringoire fa uno strano incontro in una piazza di Parigi.
Genere: Commedia, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice: Questa è per il personaggio di Fiordaliso, che in tutta la drammatica e geniale vicenda di Notre Dame de Paris, non mi pare in effetti meno vittima degli altri della società e dell'implacabile fatalità. I personaggi (del libro, non del musical :-P) appartengono al grande Victor Hugo, immenso maestro della letteratura francese. Le cose meno interessanti, invece, sono mie.

LE POETE ET LA FLEUR DE LIS
Les portes de Paris
Déja se ferment sur la nuit
La nuit de tous les cris, de tous les rires
Et de tous les délires

Le luci del giorno scoloravano rapidamente sui muri esterni della cappella, quando il modesto gruppetto di signore fu finalmente dispensato dalla messa di vespro e potè uscirne. Il Kyrie Eleison rauco del vecchio padre Boulanger fu effettivamente accolto con un sospiro soddisfatto dall'uditorio, in massima parte composto da dame ancor giovani ma non abbastanza da non aver sulle spalle il peso di una famiglia da tendere e, data l'ora del giorno, quello di sfamarla con un'appetitosa cena.
Un piccolo fiotto di cuffie ricamate si riversò quindi sul sagrato di pietra della graziosa chiesetta, mescolandosi nel crepuscolo di un marzo che non aveva ancora portato altro che vento freddo e nuvole grigie con il brusio allegro e pungente delle chiacchiere a lungo trattenute dall'atmosfera intrisa di incenso della messa. Le comari avevano messo da parte i loro pettegolezzi riguardo alle vicine di panca impilandoli uno accanto all'altro insieme ai grani del rosario, e ora godevano di essi con le amiche tra i bisbigli e gli scoppi di risa gioiosi.
Per qualche minuto fu tutto un frusciare di sottane, un commentare frenetico, un salutare convulso. Poi, come una coppa di vino versata nel ruscello, la piccola folla si disperse, lasciando sulle pietre davanti alla cappella soltanto qualche residua macchia di colore. Le signore si affrettavano a coppie o a gruppi di tre riversandosi in minuscoli rivoli attraverso le più disparate viuzze aperte ai lati della piazza. Solo allora Colombe de Gaillefontaine, salutata l'ultima amica che si dirigeva verso il Louvre, si rese conto che la compagna che stava al suo fianco non aveva ancora aperto bocca dalla fine della funzione. Si volse dunque verso di lei, nella penombra della piazza rimasta ormai pressochè deserta, con aria di rimprovero: "Mia cara amica, non dovreste davvero tacere a questo modo. Non vi ho vista discorrere nemmeno con la vostra figlioccia, madonna Champchevrier! Vi si crederà malata. Non capisco cosa possa turbarvi! Vi siete rimessa splendidamente dalla…" (e qui abbassò la voce, con aria circospetta) "…dalla gravidanza del caro Guillaume, che pure ha le dimensioni di un cucciolo di mastino tanto è sano, caro piccolo! E' davvero tutto suo padre! Siete stata madre tre volte e la vostra linea non ne ha nemmeno risentito, per grazia di Dio!" aggiunse, con una vena di invidia e risentimento celata dal tono premuroso.

La donna a cui Colombe si rivolgeva, mentre riprendevano a camminare a passo spedito attraverso la piazzetta rasentandone discretamente i muri come da etichetta, era effettivamente di aspetto ancora delicato e fragile, nonostante avesse da pochi mesi partorito il suo terzogenito, e l'ampio mantello di velluto nero che la nascondeva non impediva di intravedere un corpo ancora fresco e desiderabile tra i suoi morbidi panneggi (cosa che invero non si poteva purtroppo dire di madonna de Gaillefontaine, la cui prima gravidanza era stata fatale per i fianchi stretti che un tempo avevano, a dir suo almeno, attratto mille pretendenti). Vent'anni da poco compiuti, i lineamenti nobili, i capelli d'oro elegantemente intrecciati come si conveniva a quel tempo ad una donna sposata, la dama aveva in tutto e per tutto l'aspetto e il contegno della più rispettabile e amabile padrona di casa di Parigi. Solo l'espressione dei begli occhi celesti appariva un poco fredda e indifferente, quasi stanca, cosa peraltro non rara nelle sue coetanee, e tanto poco considerata da non esser mai notata da nessuno. Eran perciò in molte ad invidiarla, e fu giustappunto per Colombe una gran seccatura quando fu interrotta nel gran piacere di sgridare così graziosamente l'amica, a causa di un inciampo che la fece quasi cadere in avanti e provocò nella massa di stracci in cui era incappata il levarsi di uno sbuffo di lamentela. Abbassò repentina lo sguardo, minacciosa, presagendo cosa avrebbe veduto. E, cosa rara, questa volta non ebbe torto: ciò che aveva quasi provocato il capitombolo della sua persona e di tutte le sue sottane era in effetti una gamba umana, fasciata di un paio di brache lise, ed estremamente magra. Risalendo lungo di essa, la signora ritrovò un altrettanto magro corpo rivestito di abiti che avevano subito ben più di un rammendo, e infine un volto, solcato di rughe seppur ragionevolmente giovane, e coronato da capelli biondicci. E l'espressione di quel volto le parve oltremodo disperata, allorchè seguendone lo sguardo comprese di aver fatto cadere dalle mani al disgraziato, seduto com'era sul gradino di una casa, un tozzo di pane raffermo nella canaletta di scolo poco distante.
Per un momento l'uomo la guardò con sbigottito rimprovero, ma subito sembrò raddolcirsi nel notare l'abbigliamento delle due dame. I suoi occhi, che parevano abitualmente illuminati da una luce singolare, passarono da lei alla sua compagna, e la sua voce, finora palesatasi soltanto nel goffo gemito che il calcio di Colombe gli aveva strappato, si rivelò essere gentile e forbita quando parlò nuovamente, in tono speranzoso: "Ringrazio il Dio del Cielo di aver fatto si che un incontro con tanto drammatico esito sia avvenuto con due creature come voi, belle signore…perché di sicuro non vi saranno dubbi sul fatto che renderete a me, povero Orfeo, ciò di cui mi avete inavvertitamente privato…non è vero?"
"Via, accattone! Colpa vostra che siedevate sul gradino! Come avete potuto non vedermi? Siete forse un cieco, o un questuante?" rispose la de Gaillefontaine irritata, intuendo dove lo sconosciuto voleva andare a parare e maledicendo mentalmente padre Boulanger o chi diavolo decideva per lui di celebrar la messa di Vespro a quell'ora. Con quel buio illuminato solo dalla scarsa luce tremolante delle lampade, e quel cielo plumbeo, e quel freddo che non si decideva a mostrare la primavera, anche i pochi passi che la separavano da casa le parevano infiniti e irti di pericoli per la sua virtù e il suo borsellino. Prese dunque la sua compagna per il braccio, tirandola lievemente: "Venite, cara, allontaniamoci. C'è da non credere che il balivo non sia riuscito a sbarazzarsi di costoro dopo quello che è successo a Notre…"

Ma non finì la frase perché, per la prima volta dall'uscita dalla chiesa, la voce della dama dai capelli biondi che l'accompagnava risuonò inaspettata e divertita nell'aria della sera: "Avete detto Orfeo. Uno strano appellativo per un questuante. Dov'è la vostra lira?" "Oh, non gli date retta, Fleur-de-Lys!" sibilò allarmata e sorpresa Colombe (poiché la bionda fanciulla aveva fama di esser assai riservata), ma fu vano: il giovane seduto sul gradino era balzato in piedi e si inchinava in modo fin troppo affettato, l'aria estasiata di chi è riuscito a prendere la parola ed è sicuro di poterne cavare qualcosa di buono: "Se ne avessi una non esiterei a suonarla per voi come un vero Omero, gentile signora che vi degnate di rivolgermi la parola! Tuttavia è probabile che nella condizione in cui mi trovo l'avrei prima venduta che suonata, per procurarmi quel po’ di pane che disgraziatamente ho perduto in un così…ehm…bizzarro incidente. E se avessi un cappello, per Dio, è certo che lo toglierei per voi…se voi, ecco…"
La donna lo squadrò con aria critica, come considerandolo. "Parlate bene, siete davvero un accattone? Ricordate piuttosto un attore." "Un attore? Per la barba di Platone, signora, niente affatto!!Io sono Pierre Gringoire, umile poeta, drammaturgo, carpentiere e promettente filosofo! Educato - ma solo un poco - dall'arcidiacono di Josas in persona, che Dio l'abbia in gloria! La mia moralità fu rappresentata con gran trionfo e gran concorso di popolo nel salone del Palazzo, qualche anno fa, niente meno che per la regina Margherita di Fiandra, e voi senza dubbio non mancaste, poiché fu un tale successo…Ma veniamo al sodo, come si suol dire Tempus fugit, carpe diem, bella e gentile signora…Poiché con tanta grazia acconsentiste a parlarmi, ebbene, sento di dovermi confessare con voi in modo franco e spontaneo. Mi trovo ora in una disperata, ancorchè spero momentanea indigenza. Il mio ultimo baluardo di nutrimento fu testè allontanato dalla vostra ehm…buona compagna. Perciò, se solo poteste anticiparmi qualche moneta per procurarmi carta e penna e scrivere per voi, che sembrate amare le Muse, il più sublime dei sonetti, o la più leggiadra delle elegie a vostro piacimento, ricorderò il vostro nome con gratitudine, se vorrete dirmelo, e sarò vostro servo ancor più devoto per quanta riconoscenza vi…"

Un piccolo sorriso sfiorò il volto della donna. Era invero conosciuta per il suo carattere riservato, ma troppi erano stati i suoi affanni recenti, e un umore capriccioso si era impossessato di lei da quando aveva incontrato il curioso personaggio, quasi a dar sfogo e distrarla dei cupi pensieri che certo l'avevano turbata fino a quel momento ed erano stati la causa del suo mutismo di fronte alle precedenti rimostranze di Colombe. Lo stesso umore che qualche anno prima l'aveva spinta a far salire nella sua dimora una perfetta sconosciuta che danzava sulla piazza (un'imperdonabile leggerezza e un ricordo, quello, che ella d'altro canto evitava come la peste), e che ora rivelava nei suoi lineamenti alteri, per l'insperato colloquio che le pareva un lieto diversivo, la tenue luce della sua giovane età di solito offuscata dai gravosi quanto consueti doveri di moglie e di madre.
"Ecco cinque monete. Ho nome di fiore. Indovinatelo, e ne avrete altre dieci."
"E io ho nome d'uccello, lo indovinereste mai?" interloquì civettuola Colombe, che con suo grande disappunto non venne tuttavia punto considerata. Per qualche buffo motivo del Fato che ella non riusciva a spiegarsi, lo strano dialogo stava finendo col non appartenere che a colei che accompagnava, e al poeta straccione a cui aveva tolto il pane per errore.
Colombe sospirò seccata, più rumorosamente possibile, mentre quest'ultimo osservava l'altra con attenzione critica ed espressione d'importanza, gli occhi che brillavano di speranza mentre teneva sul palmo della mano la sua futura cena lanciatagli al volo sotto forma di danari. Era per lui un'occasione d'oro, tanto più che giungeva completamente inaspettata dopo un lungo periodo di vacche magre, e non aveva certo animo di sprecarla sebbene non si fosse mai cimentato nel genere romantico per mancanza di occasioni e di sostanze per procurarsele. "Ebbene", cominciò coraggiosamente, "…non sono tipo da donne, signora, ma posso certo indovinare che la vostra pelle profuma come una rosa, quindi…" Subito si interruppe, notando il fremere diverito e canzonatorio delle labbra della sua mecenate, ma ebbe il gran merito di continuare senza strappi scivolando con quanta più disinvoltura possibile su di un nuovo tentativo: "…quindi, cioè, tuttavia, il vostro contegno è simile a quello di una regina, signora, senza nulla togliere naturalmente alla nostra beneamata e riverita Regina di Fiandra…forse che Margherita, il suo nome, sia il…" Di nuovo la bella bocca rosa e altera tremò di scherno, e di nuovo il povero trovatore si corresse in gran fretta, sforzandosi eroicamente di mantenere la sua baldanza che si andava trasformando rapidamente in sgomento. Pensò allora che sarebbe stato più saggio sebbene rischioso tentar di prender tempo per rifletter meglio, e iniziò: "Ma ditemi se non vi incomoda, graziosa signora, venite qui spesso? Non vi ho mai vedute a quest'ora nella piazza! Certo, non che io sia da queste parti sovente, beninteso, sono un po’ qui e un po’ là, huc atque illuc, ma ecco…" "Non siate indiscreto, straccione! Siamo entrambe donne sposate, la signora ed io, non tollereremo oltre questa insolenza che…" proruppe allora Colombe, stizzita di non esser ancora presa in considerazione e lieta di poter dare al suo inciampo ciò che si meritava. Nuovamente prese il braccio dell'amica e la tirò con sé.
Ma Pierre Gringoire non era uomo da abbattersi tanto facilmente, specie se la prospettiva era quella di aggiungere un po’ di companatico alla cena che già si era fortuitamente sostituita al misero tozzo di pane con cui aveva iniziato la serata. Perciò insistette stoicamente, mentre la sua mente di poeta lottava con fierezza con mille nomi di fiori che scartava uno ad uno: "No, aspettate, aspettate! Buona signora, permettetemi ancora una parola! Signora, per l'amore che portate al vostro fortunato marito e ai vostri cari figlioli…"

A quelle parole, tuttavia, la dama si irrigidì nel mantello scuro. Le fu sufficiente un solo gesto di elegante ma ferrea decisione a far desistere madonna Gaillefontaine dallo strattonarla, tanto più che il suo volto si era tinto di una tale imperscrutabile espressione che la stessa Colombe esitò nel fare un nuovo tentativo. Gli occhi azzurri saettarono su Gringoire, acuti, pieni di amara ironia e di accusa, come se questi avesse, nominando quel termine, osato insultarla con una bugia da quattro soldi.

"Parlate d'amore." disse gelida "Conoscete l'amore? Avete voi mai amato?"

Ahimè, il nostro trovatore non colse nel suo sguardo tutta questa profondità, e credette invece di ravvisarvi il disprezzo poiché non aveva indovinato il suo nome. Si risolse perciò a far dono alla bella dama di qualche altra chiacchiera, nella disperata speranza che un santo o qualche dettaglio del suo abbigliamento o della sua persona gli fornissero infine misericordiosamente l'indizio determinante per ottenere le tanto sospirate dieci monete, e rispose distratto: "Si signora, la fanciulla più leggiadra di Egitto e di Boemia! Me la diede in dono il Duca d'Egitto in persona per una brocca rotta! Gente strana, quella…In vero non l'ho toccata…avremmo dovuto averne per quattro anni, ma la piccina era, perdonatemi, un poco restia, se capite cosa intendo…Fu un amore non consumato, è vero, ma credo di averla amata per una notte intera almeno…"
E continuò, ignaro delle gote della donna che sotto le luci tremule della piazza impallidivano per un sinistro presagio: "Danzava nelle piazze e nelle strade, quella fanciulla. Non posso davvero credere fosse…" -qui si interruppe, come rendendosi conto che una parola di più sarebbe stata sconveniente e avrebbe forse indisposto le due signore. Cambiò dunque prontamente argomento, proseguendo con voce ispirata, quasi perdendosi lui stesso nel ricordo- "…oh, ma era davvero bella, madonna! Pareva libera come una rondinella, pura come la neve e ardente come il sole! E invero, aveva una bella ossessione per il sole, quella fanciulla! Non faceva che ripetere Phoebus qua, Phoebus là…"
"Oh, cara Gondelaurier, che coincidenza! Dunque il nome di vostro marito, il capitano degli arceri De Chateaupers, significa sole? Lo ignoravo! Deve essere il nome di una divinità gitana, si dice che quei pagani adorino ancora gli astri!" esclamò con aria competente Colombe de Gaillefontaine, che si era completamente scordata dell'incidente di sei anni prima, ed era felice di poter intervenire finalmente nella conversazione. Nemmeno stavolta però la poverina ricevette risposta. Il colore aveva abbandonato completamente le labbra della donna dai capelli biondi e le sue mani di alabastro che stringevano il borsellino, nascoste sotto il mantello, avevano preso a tremare lievemente: "Una zingara, dite?" sussurrò, guardando il poeta come se questi d'improvviso si fosse mutato in un groviglio di serpenti velenosi. Gringoire annuì vigorosamente, impietoso e ostinato come tutti coloro che ignorano la verità: "Proprio così, signora! E se attendete ancora un momento vedrete bene apparir anche la sua capretta dalle corna dorate, quando rientrerà dall'aver placato con l'erba che cresce nel cortile qui accanto quel vuoto interiore che ha indotto me ad importunar voi. E' tutto ciò che della Esmeralda mi rimane, in effetti…" aggiunse, in tono pensieroso.

Le sue parole furono allora interrotte dal tintinnio delle monete che caddero sul selciato insieme al borsellino di damasco ricamato. Madonna Fleur-de-Lys aveva gettato ai suoi piedi la sua intera borsa. Vi era, nella mutata espressione dei suoi occhi che scintillavano nel volto fattosi bianco come la luna, la feroce e ironica rassegnazione esasperata di chi conosce la propria colpa e ne riceve la punizione, pur avendone già scontata molta parte.
"Teneteveli tutti, o fatene quel che volete. E se lei ha una tomba, e voi la conoscete, vi prego di andare e dirle che ben sordido era invero il suo prezioso Sole, volubile come il vento, di quel vento che sconfessa ogni voto e uccide ogni illusione d'infanzia. Ditele che un matrimonio fondato sulle menzogne è più crudele di un cappio alla gola, e che è meglio morir d'amore che viver di risentimento. E ditele che siamo pari, perché Fleur-de-Lys ha forse aiutato a privarla della vita, ma che vi ha perso in cambio la sua innocenza di fanciulla e la sua purezza di vergine." disse, lanciando un'ultima occhiata al poeta. "E che la notte vi faccia scomparire, strana e sciagurata apparizione forse uscita dagli incubi delle mie colpe. Davvero non so se rider della fatalità di questo incontro, o piangerne."

Detto questo gli volse le spalle e si allontanò senza voltarsi, puntando diritta alla sua casa dove la attendevano i suoi tre figli urlanti, Phoebus forse di ritorno da una gita di piacere al Val D'Amour, i suoi squallidi tradimenti, le sue grossolane bugie, i sogni infranti, la cena, e le faccende che a quei tempi vessavano tutte le donne maritate. Colombe de Gaillefontaine esitò ancora un istante, incapace di comprendere quello a cui aveva assistito. Poi si sollevò un poco le sottane, e si affrettò ad inseguirla chiamandola a gran voce.

"A…Allora vi chiamate Fleur-de-Lys, signora? Non lo volete un sonetto? Un'elegia?" tentò di gridarle dietro Pierre Gringoire, perplesso, ma la voce gli morì in gola. "Mah, che tipo. D'altro canto, che ci si vuol fare? Carpe diem..." ripetè in un bisbiglio alzando le spalle. Raccolse in fretta le sue monete e, senza esitare, zoppicando un poco per il calcio ricevuto, richiamò Djali con l'intenzione di dirigersi quanto prima alla taverna più vicina.

FIN

  
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