Crossover
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Autore: Sparrowhawk    22/06/2011    0 recensioni
[Continuazione di: Cherryblossom]
E siccome mi diverto a fare cross-over impossibili...ecco che torno con il mio classico. L'unico che mi sia mai sprecata a scrivere, anche perchè il solo che in qualche modo mi abbia interessata.
Ancora Elliot e Célie alla riscossa, con i soliti noti Ciel, Sebastian e, udite udite, delle new entry!
Godetevi la lettura.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cherryblossom - Pillole di Crossover'
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Elliot si morse un labbro quasi a sangue, imprimendo nel suo sguardo tutto il disappunto che fino a quel momento aveva tenuto ben nascosto sotto alla sua maschera di falsa calma e pacatezza.
Sì, per quanto assurdo fosse, sino a quel momento si era trattenuto. Aveva lottato contro se stesso per giorni, forse perfino settimane per non dover dare letteralmente di matto. Alle volte era persino stato sull'orlo di rinunciare. Si era detto che non aveva alcun senso comportarsi giustamento quando, intorno a lui, tutti facevano bellamente di testa loro, ignorando le regole che qualunque persona normale avrebbe invece rispettato.
Anche ora, ora che era a tanto così dal mettere la parola fine a tutto quel caos, si sentiva come preso in giro.
Non aveva mai la fortuna di arrivare prima del suo nemico. Non era mai capace di essere un passo avanti al suo opponente, giusto per evitarsi alla fine di dover vedere scene che altrimenti si sarebbe risparmiato.
Per quanto infatti le cose non fossero proprio allo scatafascio, adesso Elliot non poteva fare a meno di sentire una grande rabbia a montargli dentro.
Aveva sempre saputo che Cèlie era debole, remissiva, così dolce da non riuscire mai a dire di no ad una persona per quanto cattiva si fosse dimostrata nei suoi confronti. Lui lo sapeva e lo aveva semplicemente accettato, immaginando di poter diventare per lei una sorta di ancora di salvezza per i momenti bui della sua vita. Si era caricato sulle spalle quell'onere e non si era mai tirato indietro di fronte alle difficoltà perché, il suo amore, era sempre bastato per tirarla fuori d'impaccio. Certo, non sempre poteva dire di non aver faticato, però il gioco valeva la candela e alla fine, lui, aveva comunque il suo bellissimo ed angelico sorriso come premio.
Ma ora, le cose erano decisamente diverse.
Come al solito Célie aveva pensato per sè, senza interpellarlo, e aveva teso la mano all'unica persona a cui invece avrebbe dovuto girare solo alla larga. Sebastian, pur sorridendo amabilmente, era la peggior serpe che Elliot avesse mai visto e si rifiutava di credere che perfino questo le fosse sfuggito.
Si poteva essere buoni, certo, e Dio solo sapeva quanto Elliot amasse l'innocenza e la purezza della sua giovane compagna, ma non si doveva per forza di cose essere buoni e stupidi.
«Cèlie» disse «allontanati da lui. Adesso.»
Sebastian guardò entrambi i ragazzini che erano apparsi alla porta e, sollevandosi in piedi, non mancò di lanciare loro il suo solito, enigmatico ed attraente sorriso.
«Elliot, Oz, non credevo che sareste arrivati così presto.»
«Ci stavi forse aspettando?» chiese il biondino, facendo un passo avanti, le mani strette in due pugni.
«Diciamo che non sono così sciocco da credere che due personaggi come voi non avrebbero fatto la loro comparsa. Dopotutto è risaputo che voi giovani d'oggi non sapete mai stare al vostro posto.»
L'uomo, ora del tutto spogliatosi del ruolo di semplice maggiordomo, si mosse sinuoso e veloce come sempre, comparendo loro alle spalle e spingendoli nella stanza. Chiuse poi la porta, con uno scatto secco e quasi fin troppo repentino, causando un tale tonfo che molto probabilmente anche gli altri Cacciatori nella casa avrebbero sentito.
Quando i due amici si ritrovarono con il rispettivo nemico alle spalle, presero la comune decisione di correre di filato da Cèlie girandosi poi in velocità per evitare di non vedere dove Sebastian si sarebbe andato a cacciare. Sapevano di non avere possibilità contro di lui ma, forse, non avevano ancora perso del tutto. Infondo non erano soli.
«Ehi, Célie, stai bene?» esclamò Elliot, accucciandosi vicino alla ragazza.
Le posò le mani sulle spalle esili, cominciando a scuoterla con forza prima di rendersi conto di chi le giaceva alle spalle. Una volta che i suoi occhi chiari si posarono sul corpo immobile di Ciel, qualcosa si ruppe definitivamente dentro di lui: non gli era mai stato molto simpatico ma, ora che suo fratello era morto, nulla avrebbe impedito a Cèlie dal compiere l'ennesima sciocchezza. Lui non aveva abbastanza forza ormai e, il tempo passato l'uno lontano dall'altra, non aveva di certo contribuito a mantenere ben saldo il bel rapporto che avevano posseduto solo qualche mese prima.
Sospriò, tornando a guardare la sua piccola principessa in volta, Oz che intanto scuoteva il capo rassegnato di fronte al cadavere dell'amico. Poteva capire il suo stato d'animo, poteva capire lo stato d'animo di entrambi, però si sentiva comunque costretto nel rammentare loro contro chi stavano combattendo.
O meglio, contro chi stavano cercando di combattere. Forse avrebbero potuto rimandare la tristezza a dopo.
«...Célie, rispondimi.» tentò ancora, avvicinando il viso a quello di lei «Dimmi se...se stai bene.»
Che cosa sciocca da domandare. Era ovvio, quanto mai palese il fatto che no, Cèlie non stava bene. Dopo gli anni passati rinchiusa in una gabbia di cristallo dove veniva trattata peggio di uno straccio e dopo la morte della zia che non solo la aveva sempre picchiata e mortificata, ma che per di più aveva anche confessato di essere la mente dietro all'uccisione dei suoi genitori, ecco che ora si ritrovava a dover far fronte perfino alla morte del fratello.
Quella piccola, fragile creatura, la stessa che per bontà avrebbe dovuto avere solo cose belle dalla vita, non aveva mai avuto un attimo di respiro da che la conosceva e così nemmeno lui. Era bastato incontrarla che anche nella sua, di esistenza, era calato l'eterno buio. Raramente vedeva sorgere qualche nuova stella in quella notte senza fine, e se in passato la sua luce era stata la presenza di Célie, ora poteva dire con certezza che ciò non sarebbe più stato possibile. La sua Cèlie se ne era andata ormai, seguendo a ruota l'anima di Ciel.
I suoi occhi eterocromatici, sebbene non del tutto spenti, non lasciavano più trasparire tutta la vitalità di un tempo. La sua pelle era fredda più del ghiaccio ed il suo respiro era quasi inesistente, tanto era lieve ed appena accennato. Sebastian aveva dunque ottenuto ciò che voleva. Si era preso entrambi i gemelli, lasciado chi li aveva amati a bocca asciutta, con due gusci vuoti stretti fra le braccia.
Elliot posò un bacio sulla fronte di Célie prima di adagiarla, con grande delicatezza, al fianco del fratello. Sentiva dietro di sè gli occhi vigili del demone e, al contempo, percepiva il peso di quel suo stupido sorriso.
«Siamo arrivati tardi...?» gli domandò Oz, guardandolo di sottecchi, gli occhi lucidi.
Lui annuì, semplicemente.
«E adesso cosa prevede il tuo piano?»
«...lo hai detto tu stesso. Siamo arrivati tardi.» esordì Elliot, senza smettere di fissare la sua piccola Célie. Sembrava una bambola ora, immobile, bellissima. «Cosa vorresti che facessi?»
«Beh, per esempio potresti vendicarti.»
I due si guardarono, iridi celesti incontrarono iridi verdi.
«Vendicarmi?» chiese il moro, senza capire «Perché tu pensi davvero che siamo in grado di combattere contro...quello là?»
«No.»
«Ah, bene.»
«Però possiamo sempre provarci non credi? Insomma, siamo venuti qui per salvare i nostri amici, questo è vero, ma tuo zio ci ha detto dal principio che saremmo potuti arrivare qui troppo tardi. Eppure abbiamo deciso di venire lo stesso. E lo sai perché?»
«Perché siamo due idioti?»
«No! Perché avevamo già messo in conto di non vedere l'alba di domani. Saremmo morti comunque, non dirmi che non lo hai pensato pure tu...»
Oz gli sorrise mestamente, con fare complice. Aveva esattamente ragione, Elliot era stato il primo a credere che quella sarebbe stata la sua ultima crociata contro al male del mondo. Per quanto Glen e gli altri gli avessero insegnato molto, non era decisamente in grado di esorcizzare un demone nè tanto meno di affrontarlo a campo aperto, in un luogo a lui conosciuto. Aveva solo diciasette anni, non c'era verso che avrebbe vinto contro una creatura millenaria come Sebastian. Provava dubbi perfino nella vittoria di suo zio contro di lui!
«Ammetto di non essere partito con il piede giusto.»
«Ci si presente l'opportunità di morire vendicando i nostri amici.» continuò Oz «La vogliamo buttare nel cesso così, senza neanche provarci? Che ci cambia, infondo.»
Niente. Ecco qual'era l'unica risposta plausibile. L'unica risposta esatta.
I due amici si alzarono insieme, uniti ormai più dalla disperazione che da altro. La loro percentuale di vittoria era circa sullo 0,001 % eppure, contro ogni diagnostica, non si stavano tirando minimamente indietro. Avevano perso già così tanto, quel giorno, cosa volete che fosse per loro perdere anche la vita.
Tanto, uno senza la ragazza amata e l'altro senza l'amico di sempre, si sentivano già un pò morti dentro. Una parte importante di loro era stata strappata via, così come le anime dei due giovani che giacevano alle loro spalle erano state strappate dai rispettivi corpi.
Sebastian incrociò le braccia al petto, divertito e allo stesso tempo stupito. Era già raro che un uomo fatto e finito tentasse di contrastarlo, figurarsi che lo facessero due ragazzini. Scosse il capo, ridendo, e poi puntò su di loro lo sguardo.
«Siete coraggiosi, ve ne do atto.» asserì «Temo però che abbiate preso la decisione sbagliata.»
Fece una pausa, fissandoli.
«Ora, non voglio dire che le armi abbiano su di me un qualsivoglia rilevante effetto, ma avevate intenzione di lottare contro di me completamente disarmati sin dal principio?»
«Veramente...la nostra speranza era quella di essere salvati da chi, a nostra differenza, è armato sino ai denti.» commentò Oz, cercando di ritrovare il suo lato scherzoso persino in un momento teso come quello.
Il demone rise di fronte a quella piccola battuta, ma per quanto bella fosse la sua risata, nessuno si unì a lui.
«Ebbene...volete attendere l'arrivo dei vostri salvatori o...?»
«Vorrei che rispondessi ad una domanda.»
Sia Oz che Sebastian si voltarono verso Elliot, senza capire.
«Ho bisogno di sapere una cosa, prima di passare a miglior vita.»
«E se io non volessi rispondere?»
«Dubito che ti manchi il tempo. Sei immortale e, anche ammesso che mio zio e gli altri riescano a trovarci qui, a mio avviso ci metteresti poco a toglierli di mezzo. Una domanda non ti ucciderà.»
«No, immagino di no.» rispose l'altro, abbassando il capo come a dargli il permesso di parlare. «Cosa vuoi sapere, o mio giovane amico?»
Elliot si prese un attimo per riflettere. Era così teso e così pieno dubbi che, ora come ora, avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa. Purtroppo aveva detto di avere una sola domanda e non se la sentiva proprio di stare là a barattare altri minuti per prolungare quella loro tremenda agonia. Stava solamente facendo il suo gioco. Sebastian era un demone capriccioso che si divertiva con la preda prima di ucciderla, proprio come un gatto quando ha voglia di giocare con un topo. Gli sarebbe bastato poco per porre fine alle loro sofferenze e invece niente, aveva deciso di stare a vedere cosa sarebbe successo.
Deglutì. «Le loro anime...adesso dove sono?»
L'ex maggiordomo sospirò.
Non poteva esserci domanda più strana.
«Le ho divorate, dove pensi che siano?»
«No, intendo dire...sono perse per sempre o è possibile salvarle?»
«Diciamo che non le ho ancora digerite.»
Elliot strinse i pugni, fra il sollevato ed il cauto. Avevano una possibilità di salvarli ancora, dunque, ma prima bisognava vedere come sconfiggere il Boss finale, cosa già abbastanza difficile.
«Se vuoi, posso concedere una domanda anche a te, Oz.»
L'altro si riscosse. «N-Non saprei che chiedere.»
«Oh, andiamo. So bene che c'è una domanda che ti urge porre.»
«...perché proprio loro?» sputò Oz, stringendo gli occhioni verdi in due fessure «Cosa ti ha attratto delle anime di Ciel e di Célie.»
Sebastian inclinò leggermente il capo da un lato. Quella sì che era un bel quesito. C'erano così tante cose nelle anime dei due gemelli Phantomhive che nemmeno lui, che era una sorta di veterano in quel senso, sapeva dare una risposta chiara e tonda. Avrebbe potuto definirli semplicemente appetibili, il che era vero, ma non sarebbe mai bastato. No, c'era decisamente di più. Dove uno lo attraeva per l'oscurità, l'altra lo portava a smaniare per la sua assoluta purezza.
Da che aveva convissuto sotto al loro stesso tetto, tutti e tre insieme, si era sentito sempre e costantemente combattuto fra una fragranza e l'altra.
«Se fossi anche tu un demone capiresti ciò che ho provato io in questi mesi.» cominciò «Non ho mai provato niente di simile, e io, lo sapete, ho vissuto molto a lungo.»
«Tutto qui?»
«Non vedo come due semplici umani possano comprendere il mio punto di vista. Sprecherei fiato nell'andare avanti.»
«Ciel e Cèlie sono morti solo perché tu ti eri invaghito delle loro anime?! E ti aspetti che una risposta del genere mi soddisfi?»
«In realtà solo Célie è definitivamente morta.»
Elliot ed Oz trasalirono.
«Il nostro patto era semplice. Io riportavo in vita Ciel e lei mi donava la sua anima. Da un momento all'altro dovrebbe riaprire gli occhi.»
Oz si girò di scatto e si chinò verso l'amico, scrollandolo con forza.
«Ciel!» urlò «Ciel, svegliati, forza!»
«Oz, aspetta...non credo che quello che vedremo sarà il vecchio Ciel.»
Il biondino alzò gli occhi su di lui. «Che intendi dire?»
«Ciel...sarà senza l'anima vero, Sebastian?»
«Qualcosa del genere, sì.» rispose il demone.
«...proprio come mio padre.»
Sebastian donò loro un ultimo sorriso prima di svanire per rimaterializzarsi poco dopo di fronte ad Elliot. Lo afferrò per il collo e lo sollevò in aria, le gambe esili del ragazzo che si dimenvano colpendo distrattamente le sue. Gli afferrò il polso con le mani, cercando di lottare per liberarsi, conscio della completa inutilità di quel gesto. La fine era vicina, pensava Sebastian, a che serviva lottare contro l'inevitabile? Non esisteva che un semplice umano potesse qualcosa contro di lui.
Il suo compagno tentò di sorprenderlo saltandogli addosso, aggrappandosi alla sua schiena, ma anche quello fu decisamente fuori luogo. Lo scacciò con un solo colpo, lanciandolo oltre il letto e contro la piccola libreria che il Conte di Phantomhive teneva nella sua stanza.
«Ho paura che il gioco sia finito.» sussurrò, avvicinando a sè il giovane Nightray «Mi sono divertito, davvero, ma adesso è il momento di porre fine a tutto questo.»
Stava per stringere ancora di più la presa sul suo collo, nel tentativo di rompergli l'osso in tutta fretta, però qualcosa lo bloccò all'istante. Sebastian urlò di dolore, lasciando la presa ed indietreggiando di qualche passo. Si strinse la mano completamente bruciata al petto prima di rialzare lo sguardo su Elliot, il quale se ne stava abbandonato a terra a massaggiardi il collo.
«Ma che...?!»
Non fece in tempo a finire, che una scarica elettrica gli percorse tutto il corpo: Sebastian inarcò la schiena, gli occhi sbarrati, la bocca aperta in uno strillo muto. Si illuminò per un breve lasso di tempo, come una stella, e dalle sue labbra schiuse uscìrono due fiotti di luce, una bluastra e l'altra rosata, che corsero infine dentro ai corpi dei due fratelli.
Elliot osservò la scena senza capire che stesse succedendo. Il suo nemico ora era inginocchiato sul pavimento, ansimante, mentre Ciel e Cèlie parvero riprendere conoscenza. Fra i due, solamente la ragazza si alzò in piedi, titubante, gli occhi coperti dalla lunga frangetta blu.
«L-Li...potreggerò...tutti.» le sentì dire, in quella voce appena udibile «...io...Li proteggerò tutti...io!»
Quando finalmente sia Elliot che Sebastian -e perfino Oz poco distante, che lentamente si era rimesso in piedi- furono in grado di vederla bene in faccia, rimasero giustamente attoniti.
L'occhio del Conte brillava solo quando evocava il potere del suo maggiordomo, del suo demone personale, e sebbene quello di sua sorella fosse del medesimo colore il suo splendeva per ben altri motivi.
La porta della stanza si spalancò e irrupperò Glen e Fang, tutti trafelati.
Ad entrambi bastò uno sguardo per capire cosa le stesse succedendo.
«...una strega.» disse, sicuro, il Capofamiglia dei Baskerville.

  
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