Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
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Autore: BellDarkoNovak    23/06/2011    1 recensioni
Questa e' la mia prima ff, siate clementi. Racconta di una ragazza, stranamente somigliante a me, che va nell'Alice Academy prima di Mikan, qualche mese di anticipo, e che vive una sua avventura piena di emozioni e ricordi. Non dico altro, altrimenti rovino tutto.
Genere: Malinconico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Era sabato. Fuori si moriva dal caldo pur essendo mattina. Per colazione non mangiai nulla allora accesi la TV e guardai il TG: facevano vedere il solito cretino che decide di buttarsi da un palazzo per il lavoro appena perso ma non ci riesce perché ha troppa paura, aspetta un attimo, ma quello è il prof. di scienze! O almeno lo era... credo sia stato licenziato due settimane fa. Io abito subito accanto alla scuola per cui non mi preoccupai di fare tardi e quindi vidi il servizio fino alla fine, per sapere se quel disgraziato che ci riempiva di compiti a casa e di quiz a sorpresa restava in vita, un poliziotto l’ha afferrato prima che potesse lanciarsi nel vuoto … in fondo, in fondo volevo che si buttasse. Una volta finito andai davanti alla scuola ad aspettare che la campanella suonasse. (Oh, dimenticavo, io sono Sara, ho tredici anni, sono alta 1e65 e ho i capelli neri come la pece. I miei occhi sono grigi con poche striature nere e, secondo l’opinione di mia zia, sono magra. Ho una carnagione molto chiara, direi diafana. Abito in un paese “sperduto” dell’Italia. Sono al 2^ anno delle medie, ai primi giorni precisamente.)
 

Finalmente iniziò l'orario scolastico, certo non è normale che a una ragazza di tredici anni piaccia andare a scuola ma quello era uno dei pochi momenti in cui potevo stare fuori di casa, lontana da tutto e tutti. E poi ero considerata un genio, non per i miei voti altissimi, massimo 8/9 neanche, ma per i pessimi voti dei miei compagni (quasi tutti ripetenti da due o più anni), però la scuola passa in fretta. Bisogna tornare ognuno alla propria abitazione, io non tornavo a casa mia ma andavo nell’appartamento di zia Adelaide, perché la mia vera dimora non sapevo dov’era. Mia madre, essendo molto giovane e non potendo mantenersi da sola, mi ha lasciato a casa di sua sorella e se né andata quando ero molto piccola, mentre mio padre era lontano, non sapevo neanche dove. Non sa neanche di avere una figlia ed io non conosco né il suo nome né il suo aspetto ma mia zia ha detto che mi somiglia quindi credo sia alto, magro e con i capelli neri, forse.
 

Saranno passati sì e no una decina di giorni da quando ho scopertouna cosa sensazionale: il cane di mia zia, Muffin, era deceduto per la vecchiaia davanti ai miei occhi ed io in quel momento ho desiderato tanto che tornasse in vita, dopo pochi secondi lui si è alzato ed è andato a bere. Poi ho scoperto che quel potere che avevo era un Alice.
Si è fermata davanti casa una limousine nera e da essa è sceso un uomo alto, con i capelli corti e neri, vestito alla Matrix tranne il fatto che al posto degli occhiali neri ha una maschera bianca che ricopre solo metà del viso, gli occhi. Io non l’ho mai visto. Bussò alla nostra porta e si mise a parlare con mia zia dicendo << Devo portare Sara all’accademia >> sembrava mi conoscesse, ma mia zia sa essere più testarda di chiunque altro e rispose << No! Lei non andrà mai in quel posto! >> allora m’intromisi nel discorso per saperne di più e chiesi all’uomo, che dopo scopro chiamarsi Persona, cos’ è l’accademia e lui mi rispose in tono freddo << L’accademia è una scuola apposta per quelli che possiedono gli Alice, come te, dove potranno imparare a usare i loro poteri e a controllarli del tutto. >>È per questo che decisi di andarci, perché ci sono altri come me, anche se la zia si è messa a piangere, chissà come mai. Non provava molto interesse per me, una volta sono stata tre giorni da un’amica a sua insaputa senza neanche una sua telefonata. Quando tornai a casa, non mi disse niente, se ne infischiava di me.
Quando sono salita in macchina, ho notato di non essere sola. C’era un ragazzo dai capelli neri e corti, credo fosse della mia età e quando Persona entrò, disse di chiamarsi Natsume e che possedeva un Alice anche lui, quello del fuoco. Portava la divisa scolastica delle medie dell’Alice Academy (l’istituto scolastico dove mi stavo dirigendo), pantaloni lunghi blu in stile scozzese, una camicia bianca e sopra una giacchetta estiva nera, e poi capii perché: era stato mandato per proteggermi durante il tragitto perché il mio Alice era molto raro e importante per la scuola.
Natsume aveva lo sguardo rivolto all’esterno e rimaneva in silenzio. Qualche volta si girava verso di me e mi guardava con occhi curiosi poi, appena si accorgeva che Persona lo guardava male, difficile capirlo perché portava la maschera, tornava a guardare fuori, sempre in silenzio. Un silenzio che mi mandava in bestia. Ero sul punto di dire una frase a caso pur di rompere quell’assenza di rumori quando lo fece Natsume << Che Alice possiedi tu? >> disse in tono gelido e distaccato, quasi come se non fosse una domanda, con i suoi occhi che continuavano a guardare fuori. Ma come, era lì per proteggermi e non sapeva davvero qual era il mio Alice? Io non sapevo cosa dire, poi cercai di ricordare se Persona lo aveva detto, inutilmente, <> fu tutto quello che potevo dire.
Dopo qualche minuto la macchina sbandò e ci portò fuori strada, a sbattere contro un albero. Dalla macchina che ci venne in contro, scese un uomo che somigliava a un agente segreto che mi puntava una pistola, Natsume e Persona si misero davanti a me a mo’ di difesa, come se io non fossi capace di difendermi da sola. << Natsume, dobbiamo difendere la ragazza, da sola non ce la farà mai! >>, appunto, disse Persona e Natsume annuì guardandomi con un sogghigno. Maschilisti. Ci circondarono e, mentre Natsume e Persona erano impegnati a “difendermi”, due o tre mi accerchiarono << Volete vedere come “non mi so difendere?!” >> gridai nella loro direzione con aria di sfida, poi incominciai a combattere: ne misi a terra quattro con mosse di Karate e uno con un pugno nello stomaco, ero stanca e non mi andava di usare un’altra mossa. Natsume mi guardò un po’ stupefatto ma no più di tanto, Persona invece mi osservò come se lo sapesse già. Risalimmo in macchina e ci rimettemmo in viaggio.

 

   
 
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