FernandaFernandino è fermao davanti allo specchio grande.
Le mani a coprire la visuale del suo riflesso, che detesta profondamente.
Il cuore che batte desideroso di un qualcosa che non potrà avere.
Gli occhi chiusi a immaginarsi tra le gambe una minuscola fica.
Perché FernandaFernandino sa che quella superficie non rispecchia la sua persona.
Sa e rimedia.
Sa e immagina.
Sa e odia.
Odia Dio, per averlo reso ciò che è, un rifiuto.
Odia se stesso, per essere ciò che è, una via di mezzo.
Odia la sua genitrice, sua madre, perché non gli ha impedito di diventare ciò che è, nessuno.
Odia le parole che diceva per giustificare il suo non far nulla.

A ricordargli che è nato maschio sarà l'istinto, sarà la vita.

Odia l'istinto, per non essersi fatto vivo.
Odia la vita, per la sua crudeltà.

Ma FernandaFernandino è stran  a  o.
Perché sa e, nonostante tutto, ama.
Ama un avvocato di Milano.
E per questo, ama Dio, per averlo reso ciò che è, qualcuno.
Ama sua madre, perché non gli ha impedito di diventare ciò che è, un amante.
Ama l'istinto, per non essersi fatto vivo, o, almeno, non nel modo consono a un lui.
Ama la vita, per la sua crudeltà, che spesso sfocia nella pietà.

Ama un avvocato di Milano.
Ed è, sopratutto, per questo che ha deciso di andare là.
Là, all'incanto dei desideri.
Là, a correggere la fortuna.
Là, dove ad albeggiare sarà magia,
saranno seni miracolosi.

Perché Fernanda è proprio una figlia,
come una figlia vuol far l'amore,
ma Fernandino resiste e vomita
e si contorce dal dolore.

E   Fernandino  Fernanda lo sente.
Sente il suo agitarsi frenetico, segno di un ultima, vana, speranza.
Lo sente, ma non lo da a vedere.
Perché sente anche un'altra cosa.
Sente e desidera di non essere più né Frenandino né Fernanda.
Sente e desidera di essere solo Prinçesa.
E ciò è più importante del suo contorcersi.
È più importante della sua sofferenza.

E allora il bisturi per seni e fianchi,
in una vertigine di anestesia,
finché il suo corpo gli rassomigli,
sul lungo mare di Bahia.